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16 novembre 2023
Penale e processo
Chi “aiuta” l’estorsore può rispondere del meno grave reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni
Nel caso in cui le componenti soggettive siano diverse, ad esempio se convinto della ragionevole giustizia dell'azione criminale; l'equivalenza causale del contributo causale di tutti i correi non può consentire fughe, salvo limitati casi, dal criterio della personalità del reato.
di Avv. Francesco G. Capitani
Il caso

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Venivano assoldati da un locatore per sfrattare malamente inquilini morosi; vengono tutti condannati, locatore/mandante ed esecutori materiali, per estorsione ex art. 629 c.p.; i complici del locatore contestano di aver agito nella convinzione della giustizia (quanto meno dichiarata) della pretesa del locatore e chiedono la configurazione (solo) a loro capo del meno grave reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ai sensi dell'art. 393 c.p.: il locatore li avrebbe convinti dell'abuso del conduttore moroso, riottoso a lasciare l'abitazione.

La Cassazione accoglie il ricorso e precisa, in primis, in punto di differenze costitutive fra i reati ex artt. 629 e 393 c.p. e, di seguito, sulla possibilità di attribuire ai concorrenti di una condotta penalmente illecita diversi titoli di reato, in ragione delle diverse consapevolezze criminali degli esecutori.

Il diritto

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Sull'eco delle Sezioni Unite, n. 29541/2020, la Cassazione insiste: nel reato di estorsione gli agenti prefiggono un vantaggio ingiusto, nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni gli esecutori vantano un diritto ragionevolmente tutelabile, pur se infondato.

Il terzo (extraneus) che concorre all'azione estorsiva dell'agente e che non vanta dall'azione un interesse suo proprio nei confronti della persona offesa, risponde a titolo della fattispecie meno grave ex art. 393 c.p. solo se assente, in suo capo, qualsivoglia interesse o utilità dalla produzione dell'azione (la promessa di una dazione di denaro, ad esempio, per la buona riuscita dell'operazione criminale); se viene ravvisato un vantaggio ulteriore (un compenso per il delitto), risponde anch'egli del reato di estorsione.

Il vantaggio deve però essere realmente prospettato e configurabile in concreto; se ritenuta dall'esecutore extraneus l'insorgenza di una sorta di credito di riconoscenza (e nulla in più) da vantare nei confronti dell'estorsore (mandante, nei confronti del quale matura un'aspettativa di gratitudine), non potrà essere ravvisata la fattispecie più grave di estorsione per irrilevanza dei moventi i quali, come noto, sono stimoli giudicati penalmente irrilevanti; a differenza del dolo, che riguarda specificamente la rappresentazione e la volizione dell'evento.

Sì precisata la possibilità per i concorrenti di rispondere per reati diversi (estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in questo caso, ma per ogni altre fattispecie in cui a una sostanziale similarità degli elementi costitutivi del reato si oppone una diversità dei fini), viene ridotta la possibilità, paventata dagli artt. 116 e 117 c.p., di amalgamare nella stessa fattispecie di reato condotte tenute da chi, nutriva differenti coscienza e volontà nel compimento del reato (come nel caso sub iudice), sulla scorta della sola equivalenza causale alla produzione del reato (quando, obbiettivamente, tutti concorrono al reato con azione od omissione).

Va preferito, per la Cassazione, il ricorso agli artt. 47 e 48 c.p. i quali, se ravvisati un errore sul fatto (art. 47 c.p.) da parte dell'extraneus (come nel caso, la convinzione indotta dal locatore di un conduttore moroso) o un inganno da parte del concorrente intraneus (art. 48 c.p.) consentono di diversamente configurare le componenti soggettive in capo all'extraneus, e gli attribuiscono un reato diverso e meno grave.

La lente dell'autore

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La soluzione prospettata respinge l'idea ex artt. 116 e 117 c.p. che, in ragione della medesimezza del fatto compiuto, con azione od omissione, dai concorrenti, rispondano dello stesso reato agenti distintamente motivati in volontà e coscienza; sarebbe pregiudicata la personalità del reato e il ritaglio della pena all'azione concretamente prodotta dai concorrenti, nelle componenti oggettive e soggettive; quest'ultime prevalgono sull'equivalenza causale dei contributi degli agenti di reato (nel caso, di mandante ed esecutori materiali, convinti dal mandante di un inadempimento dei conduttori che non trovava riscontro nella realtà).

All'art. 117 c.p., che equipara tutti i correi, andrebbe residuata la sola ipotesi (da intendersi restrittivamente) della presenza di relazioni personali fra persona offesa e reo o in ragione delle qualità personali dell'offeso, dovendo nelle altre preferire un intervento penale, mediante distinte contestazioni penali, quanto più adeguato alle specifiche colpevoli degli agenti di reato, in particolare delle componenti soggettive nella produzione dell'azione criminale.