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4 maggio 2021 Deontologia forense
Sanzionato l'avvocato che svolge attività professionale durante il periodo di sospensione

Lo ha chiarito il CNF nella sentenza in commento, affermando che «durante il periodo di sospensione dall'esercizio della professione, l'avvocato deve astenersi dal compiere non solo gli atti strettamente giudiziali ma anche tutti quelli comunque rientranti nella attività professionale forense».

a cura di La Redazione

La Sezione Lavoro del Tribunale di Milano segnalava al COA milanese che un avvocato aveva svolto attività difensiva nonostante fosse stato sospeso in via cautelare dall'esercizio della professione. A sua difesa, l'avvocato sosteneva di aver provveduto a nominare tempestivamente un altro legale e che la sua presenza in udienza era finalizzata alla mera consegna al nuovo difensore di alcuni atti relativi alla causa in essere.
La Sezione del Consiglio Distrettuale di Disciplina accertava la violazione dell'art. 36, comma 1, del Codice Deontologico da parte dell'avvocato sospeso e gli comminava la sanzione della censura.
Avverso tale decisione, il legale propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, lamentando, tra i vari motivi di impugnazione, che il Consiglio Distrettuale aveva interpretato la sua condotta alla stregua di esercizio dell'attività professionale, sebbene si trattasse di una «mera presenza in udienza».

Con sentenza n. 192 del 15 ottobre 2020, il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso ribadendo il principio secondo il quale «pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che, quandanche in asserita buona fede, svolge attività professionale durante il periodo di sospensione. A tal fine sono idonei a configurare la condotta illecita anche la sola accettazione del mandato professionale, trattandosi di comportamenti espressivi, di per sé soli, dell'esercizio di attività di avvocato giacché, durante il periodo di sospensione dall'esercizio della professione, l'avvocato deve astenersi dal compiere non solo gli atti strettamente giudiziali ma anche tutti quelli comunque rientranti nella attività professionale forense».

Secondo il CNF, tale principio trova applicazione anche nel caso in esame, dove «la chiara volontà di proseguire nella difesa della parte assistita», si desume sia dalle allegazioni documentali, che confermano l'effetto svolgimento di un'attività difensiva da parte del ricorrente che ha partecipato all'udienza, sia dal fatto di aver conservato l'incarico difensivo, congiuntamente all'altro professionista,nonostante la misura interdittiva.

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