
L'art. 182, comma 2, c.p.c. non si applica nel caso in cui il ricorso sia stato originariamente proposto in proprio da un soggetto privo di jus postulandi oppure a mezzo di avvocato non abilitato alle giurisdizioni superiori (oltre ad essere privo di procura speciale).
All'avvocato ricorrente veniva inflitta la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione forense per 10 mesi in quanto, attraverso l'irrituale modifica del domicilio eletto della propria cliente, egli avrebbe voluto giustificare la tempestività del gravame da lui proposto, deducendo che la sentenza di primo grado avrebbe dovuto essere notificata presso il nuovo domicilio. Per gli stessi fatti, lo stesso era stato sottoposto anche a procedimento penale, definito con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
L'avvocato si rivolge al Consiglio Nazionale Forense lamentando l'irregolarità della decisione assunta dal Consiglio Distrettuale di Disciplina, in quanto egli risultava essere cancellato dall'Albo prima ancora dell'emissione del provvedimento disciplinare a suo carico.
Con la sentenza n. 136 del 7 luglio 2021, il CNF dichiara il ricorso inammissibile poiché il ricorrente risulta sì cancellato dall'Albo ma aveva sottoscritto il ricorso senza affidarsi ad un professionista abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, difettando dello jus postulandi. A tal proposito, il Consiglio rileva che se la legge professionale consente, da un lato, all'incolpato regolarmente iscritto all'Albo e in possesso dello jus postulandi di difendersi personalmente, d'altro lato l'art. 60, comma 4, R.D. n. 37/1934 prevede la possibilità di farsi assistere da un difensore abilitato al patrocinio di fronte alle giurisdizioni superiori e munito di procura speciale. In tal senso, deve escludersi l'applicabilità dell'