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22 ottobre 2021 Avvocati
Sospensione cautelare: non è una sanzione disciplinare ma presuppone comunque fatti deontologicamente rilevanti

Lo ha stabilito il CNF accogliendo il ricorso presentato dal legale al quale era stata comminata la sospensione cautelare dall'esercizio della professione a seguito dell'applicazione della misura degli arresti domiciliari da parte del GIP.

di La Redazione

Con un'ordinanza cautelare, il Tribunale del Riesame di Potenza confermava la decisione del GIP e applicava ad un avvocato la misura degli arresti domiciliari.
A seguito di tale sanzione, il CDD di Potenza ritenendo sussistenti i presupposti ex art. 60, c. 1, L. n. 247/2012 comminava al professionista la sanzione della sospensione cautelare dall'esercizio della professione per la durata di sei mesi, sulla scorta della seguente motivazione: «essendo stato il ricorrente destinatario di misura cautelare personale detentiva definitiva, riconosciuta ex se quale presupposto tipico da cui far derivare, in forma cogente e senza possibilità di valutazione discrezionale alcuna circa la fondatezza delle imputazioni penali, l'obbligo per il CDD di disporre la sospensione cautelare».

Contro tale decisione, l'avvocato propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense lamentando, tra i vari motivi, l'illegittimità del provvedimento per intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare, la quale avrebbe dovuto essere rilevata anche in sede cautelare dal CDD, conseguendone l'assenza del fumus giustificativo della misura.

Con sentenza n. 141 del 17 luglio 2021, il Consiglio Nazionale Forense accoglie il ricorso.
Sulla questione il CNF sostiene che, sebbene il secondo comma dell'art. 60 cit. sancisca la sussistenza di un legame tra la sospensione cautelare e il procedimento disciplinare, tuttavia tale legale «porta ad escludere la possibilità di irrogazione della sospensione cautelare del professionista qualora non possa essere ipotizzata da parte dell'organo disciplinare la riconduzione della fattispecie di reato contestata o accertata in sede penale in tutto o in parte in fattispecie deontologicamente rilevante».

Nel caso in esame, il CDD non aveva assolto tale onere valutativo limitandosi a riportare le norme del codice penale corrispondenti ai capi di imputazione che hanno determinato l'irrogazione degli arresti domiciliari da parte del GIP.

Con un'ordinanza cautelare, il Tribunale del Riesame di Potenza confermava la decisione del GIP e applicava ad un avvocato la misura degli arresti domiciliari.
A seguito di tale sanzione, il CDD di Potenza ritenendo sussistenti i presupposti ex art. 60, c. 1, L. n. 247/2012 comminava al professionista la sanzione della sospensione cautelare dall'esercizio della professione per la durata di sei mesi, sulla scorta della seguente motivazione: «essendo stato il ricorrente destinatario di misura cautelare personale detentiva definitiva, riconosciuta ex se quale presupposto tipico da cui far derivare, in forma cogente e senza possibilità di valutazione discrezionale alcuna circa la fondatezza delle imputazioni penali, l'obbligo per il CDD di disporre la sospensione cautelare».

Contro tale decisione, l'avvocato propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense lamentando, tra i vari motivi, l'illegittimità del provvedimento per intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare, la quale avrebbe dovuto essere rilevata anche in sede cautelare dal CDD, conseguendone l'assenza del fumus giustificativo della misura.

Con sentenza n. 141 del 17 luglio 2021, il Consiglio Nazionale Forense accoglie il ricorso.
Sulla questione il CNF sostiene che, sebbene il secondo comma dell'art. 60 cit. sancisca la sussistenza di un legame tra la sospensione cautelare e il procedimento disciplinare, tuttavia tale legale «porta ad escludere la possibilità di irrogazione della sospensione cautelare del professionista qualora non possa essere ipotizzata da parte dell'organo disciplinare la riconduzione della fattispecie di reato contestata o accertata in sede penale in tutto o in parte in fattispecie deontologicamente rilevante».

Nel caso in esame, il CDD non aveva assolto tale onere valutativo limitandosi a riportare le norme del codice penale corrispondenti ai capi di imputazione che hanno determinato l'irrogazione degli arresti domiciliari da parte del GIP.

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