Con il parere trasmesso in data 19 novembre 2021, il CNF ha chiarito che essendo uno strumento di verifica dell'affidabilità contributiva delle imprese fornitrici di lavori/servizi alle PP.AA., il DURC non può essere richiesto a soggetti che esulano dal contesto soggettivo indicato dalle norme in tema di contratti pubblici.
Nella seduta amministrativa del 22 ottobre 2021, il Consiglio Nazionale Forense ha adottato il parere in merito all'obbligatorietà in capo agli avvocati affidatari di incarichi da parte delle Pubbliche Amministrazioni di esibire il DURC (documento unico di regolarità contributiva).
Come osserva il Consiglio, tale prassi è stata infatti sostenuta dalla posizione espressa dall'ANAC sul tema e recentemente ribadita con la delibera n. 303 del 1° aprile 2020.
A tal proposito, il CNF ritiene la suddetta posizione infondata ed errata poiché i servizi legali sono indicati espressamente come esclusi dalle direttive europee in materia di appalti, nonché dall'art. 17, comma 1, lett. d), punto n. 1, del Codice dei contratti pubblici. Ciò si spiega in quanto il conferimento del mandato professionale si caratterizza per essere un contratto d'opera professionale del tutto peculiare, considerando che ha quale oggetto una prestazione professionale tipica e riservata, come tale basata sul principio fiduciario e sull'intuitus personae.
Proprio per tali ragioni, il CNF ha già impugnato le Linee guida ANAC n. 12 del 2018 dinanzi al TAR Lazio ed il relativo giudizio è ancora pendente. In attesa della definizione del medesimo, il Consiglio ribadisce come «il DURC non possa essere validamente richiesto agli avvocati, e al contempo, allo scopo di non frapporre ostacoli e/o difficoltà all'esercizio professionale da parte degli avvocati affidatari di incarichi da parte di PP.AA., ritiene utile segnalare agli iscritti la disponibilità della Cassa forense al rilascio di documentazione analoga al cd. DURC».