
Secondo il CNF, la nomina dei difensori d'ufficio ex articolo 97, comma 4, del Codice di rito conferma il disinteresse dell'avvocato di delegare validamente la difesa ad un collega.
Il CDD di Catania contestava ad un avvocato la violazione dei doveri di lealtà, correttezza, dignità e competenza per essere mancato a tutte le udienze del processo senzanominare sostituti processuali, costringendo quindi il proprio assistito ad avvalersi della difesa del difensore di ufficio. Il processo si era concluso con la condanna dell'imputato.
Nella stessa sede, il legale veniva condannato anche per non aver presentato la richiesta di misura alternativa alla detenzione, dopo aver ricevuto la notifica dell'ordine di esecuzione della sentenza di condanna.
L'avvocato propone ricorso dinanzi al CNF sostenendo di aver nominato sostituti processuali per ogni udienza alla quale non aveva potuto partecipare, che tuttavia non si erano potuti qualificare come tali, dal momento che all'epoca dei fatti non esisteva ancora la delega orale. A sostegno della sua tesi, il legale rileva di aver effettuato la designazione come difensore di ufficio
In relazione al secondo capo di imputazione, il ricorrente sostiene di aver interrotto ogni rapporto con il cliente dopo la condanna in appello, invitando l'assistito a rivolgersi ad un avvocato cassazionista, non essendo lo stesso abilitato alla difesa presso le giurisdizioni superiori.
Il Consiglio Nazionale Forense ritiene infondato il primo motivo di ricorso, sul rilievo che proprio la nomina dei difensori di ufficio
Il CNF ritiene invece fondato il secondo motivo, non condividendo le argomentazioni del CDD nella parte in cui sostiene che il legale avrebbe potuto indicare, nell'istanza di sospensione dell'esecuzione, il domicilio presso il proprio studio legale. Secondo il CNF, l'elezione di domicilio è un atto della parte e non del difensore, e dunque, in mancanza di un contatto con l'assistito, e difettando l'elezione di domicilio presso l'avvocato, questi non avrebbe potuto validamente presentare la domanda per una misura alternativa alla detenzione.
Il Consiglio Nazionale Forense, in parziale riforma della decisione impugnata, applica al ricorrente la sanzione dell'avvertimento con sentenza n. 198 del 5 novembre 2021.