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21 marzo 2022 Avvocati
Quando l’avvocato può trattenere per sé le somme riscosse per il suo assistito?

Quando gli importi siano stati liquidati in sentenza a carico della controparte a titolo di diritti e onorari e il professionista non li abbia già ricevuti dal cliente. 

di La Redazione
Il CDD competente comminava all'avvocato la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per 6 mesi, per aver egli indebitamente trattenuto parte delle somme riscosse per il suo assistito e non averne reso conto sollecitamente.
 
Il professionista impugna così il provvedimento davanti al CNF, deducendo a sostegno delle proprie ragioni che le somme in questione servirebbero per coprire oneri e spese relative ad attività successive alla causa nella quale aveva prestato assistenza. Egli, inoltre, evidenzia la presenza di un accordo avvenuto a suo tempo con il rappresentante della controparte, col quale la stessa si impegnava a corrispondere all'attuale ricorrente alcune somme a parziale copertura di spese e competenze liquidate in sentenza.
 
In risposta ai motivi, l'Autorità riforma parzialmente il provvedimento impugnato, riconoscendo in parte le ragioni dell'appellante. 
 
Essa rileva come il professionista non abbia trattenuto somme spettanti agli assistiti ma anzi una volta ricevuti i relativi assegni li abbia consegnati agli stessi in termini ragionevolmente congrui. Gli unici importi che risultano effettivamente incamerati sono, all'evidenza, quelli corrisposti dalla controparte a titolo di compenso professionale, nella misura di quanto stabilito in sentenza. Azione che non viola il Codice Deontologico, secondo cui l'avvocato può trattenere le somme da chiunque ricevute imputandole a titolo di compenso qualora si tratti di importi liquidati giudizialmente come onorari a carico della controparte e le stesse non siano già state pagate dal cliente o dalla parte assistita. 
 
Residua nel caso di specie solamente la violazione dell'obbligo di rendicontazione. Infatti la possibilità di poter trattenere somme spettanti al cliente a titolo di compenso liquidato in sentenza, non fa comunque venir meno il dovere di rendiconto che deve, anzi, essere ancor più puntuale e dettagliato proprio in virtù della coesistenza di reciproci rapporti di debito e credito. L'unico addebito riferibile al professionista incolpato quindi è quello di aver omesso di informare compiutamente il cliente in merito alle operazioni di entrata e di uscita verificatesi per effetto dell'attività svolta, come emerso dalla prova raccolta innanzi al Consiglio Distrettuale di Disciplina.
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