Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
18 luglio 2022 Deontologia forense
Il richiamo verbale è impugnabile dinanzi al CNF

Inoltre, il CNF chiarisce che il Presidente del CDD appartenente allo stesso Ordine dell'avvocato sottoposto a procedimento disciplinare non ha l'obbligo di astenersi dal compiere l'attività utile ai fini della valutazione preliminare della condotta addebitata al professionista.

di La Redazione

A seguito di un'intervista rilasciata dall'avvocato ad un quotidiano, il COA Torino deliberava all'unanimità di richiedere al CDD la verifica delle dichiarazioni rese dal medesimo per riscontrare un'eventuale violazione disciplinare a suo carico. Dal canto suo, l'avvocato asseriva che, mediante le sue dichiarazioni, egli aveva avuto l'intento di replicare ad un precedente articolo sul quotidiano che avrebbe leso la reputazione dello Studio legale a cui apparteneva.
Attribuendo carattere di legittima difesa alle dichiarazioni rilasciate dall'avvocato, il CDD deliberava l'irrogazione del richiamo verbale nei suoi riguardi.
Contro tale provvedimento, il COA depositava tempestivo ricorso per due ordini di ragioni:

  • La prima a carattere processuale, lamentando l'incompatibilità del Presidente del CDD a promuovere decisioni di cui all'art. 14 Regolamento CNF n. 2/2014 nei confronti di un iscritto appartenente allo stesso Ordine;
  • La seconda mirante al sindacato di merito, sostenendo che le dichiarazioni rilasciate dall'avvocato avessero un intento piuttosto autocelebrativo, risolvendosi in una non consentita pubblicità.

Con la sentenza n. 209 del 30 novembre 2021, il Consiglio Nazionale Forense dichiara fondato il ricorso.
Con riguardo al primo motivo, il CNF afferma che il procedimento disciplinare che si svolge dinanzi al CDD ha natura amministrativa giustiziale, e non giurisdizionale, dunque non possono essere applicati i principi del giusto processo di cui agli artt. 111 e 112 Cost., bensì quelli racchiusi nell'art. 97 Cost. sul buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. In tal senso, il CNF rammenta che le ipotesi di astensione e ricusazione sono tassative e tra esse non rientra l'ipotesi in esame, dunque spetta al singolo decidere se prendere o meno parte alla decisione.
Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, invece, esso è fondato. Il CNF osserva, infatti, come l'intervista dell'avvocato costituisse una sorta di reazione riparativa al buon nome dello Studio legale cui egli apparteneva, dunque le dichiarazioni non avevano un fine commerciale di richiamo alla clientela. Per questa ragione, sotto il profilo soggettivo può dirsi assente l'intento di accaparramento della clientela, rivelando la conseguente tenuità della condotta.
Tuttavia, come ricorda il Consiglio, «al fine di integrare la violazione disciplinare, è sufficiente la c.d. suitas della condotta, intesa come volontà consapevole dell'atto che si compie, dovendo la coscienza e volontà essere interpretata in rapporto alla possibilità di esercitare sul proprio comportamento un controllo finalistico e, quindi, dominarlo». L'evitabilità della condotta acquisisce in tale contesto valenza di soglia minima della sua attribuibilità all'agente, a nulla rilevando la sussistenza di una causa di giustificazione o di non punibilità.
Proprio in merito a tale aspetto, il CNF ritiene che la posizione dell'avvocato vada approfondita mediante l'apertura di un procedimento disciplinare, nel quale dovranno essere tenuti in considerazione i principi sopra espressi.
Per queste ragioni, il CNF accoglie il ricorso e dispone la trasmissione degli atti al CDD Torino.

Documenti correlati
Il tuo sistema integrato di aggiornamento professionale
Non sei ancora abbonato?
Non sei ancora abbonato?