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2 settembre 2022 Deontologia forense
Sospeso dall’esercizio della professione l’avvocato che non paga l’affitto di casa

Per il CNF, l'inadempimento delle obbligazioni verso terzi riferibili alla vita privata dell'avvocato ha rilevanza deontologica se si traduce in una compromissione della credibilità e affidabilità della professione forense verso terzi.

di La Redazione

All'esito del procedimento disciplinare, il CDD di Bologna irrogava ad un avvocato la sanzione della sospensione di mesi sei per non aver pagato canone di locazione e spese condominiali per l'uso abitativo di un immobile di proprietà degli esponenti per un ammontare di oltre 10mila euro.
L'avvocato ricorre dinanzi al CNF eccependo, in via preliminare, la prescrizione dell'azione disciplinare sul rilievo che le condotte contestate fossero inquadrabili come illeciti istantanei e non permanenti. In particolare, affermava che le pretese risarcitorie oggetto degli esposti non fossero state accertate giudizialmente e ne sosteneva la relativa intervenuta prescrizione da un punto di vista civilistico, posto che a suo parere, «non poteva sopravvivere la rilevanza di una condotta sotto il profilo deontologico, quando quello civilistico era prescritto».
In relazione al merito, precisava che non era stata raggiunta la prova dei fatti addebitati e di aver sempre regolarmente pagato i canoni di locazione dovuti.
Da ultimo, chiedeva la riduzione della sanzione con una meno afflittiva ritenendo quella irrogata eccessiva e sproporzionata rispetto ai fatti contestati, a suo avviso di scarso spessore e fatui, e anche pregiudizievole per la sua attività professionale (secondo la ricorrente, alla sua età – 60 anni – la lontananza per sei mesi potrebbe causare la chiusura anticipata dell'attività forense).

In primo luogo, il CNF considera infondata l'eccezione di prescrizione sollevata dalla ricorrente sul rilievo dell'istantaneità degli illeciti. A tal proposito, «pur volendo considerare le condotte contestate come istantanee, cose che non è, alle stesse sarebbe applicabile la disciplina previgente, e dunque, l'art. 51 RDL n. 1578/1933 (…) in quanto antecedenti alla legge n. 247/2012». Secondo il consolidato orientamento delle SS.UU., «l'istituto della prescrizione, la cui fonte è legale e non deontologica, resta operante il criterio generale dell'irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative».
Secondo il CNF, le condotte ascritte alla professionista sono da considerare più correttamente «degli illeciti permanenti/continuati trattandosi di una pluralità di illeciti omissivi» e non essendo cessata la condotta posta in essere dalla stessa. Nel caso di specie, non solo non risultava che l'avvocato avesse saldato i debiti ma neppure era stata in grado di dimostrare gli intervenuti pagamenti pur avendo offerto di farlo. Pertanto, conclude il CNF, posto che la permanenza cessa solo nel momento dell'adempimento omesso, «è chiaro che nel caso in esame le condotte della ricorrente sono riconducibili a illeciti permanenti» e che l'eccezione di prescrizione è da ritenersi infondata.

In merito all'illecito deontologico contestato alla ricorrente, il CNF osserva che gli esponenti avevano riposto fiducia nella correttezza e solvibilità della medesima proprio in relazione alla sua professione di avvocato. Secondo il Consiglio, la ricorrente avrebbe violato l'art. 64 Cod. deontologico forense il quale prevede «l'obbligo di provvedere regolarmente all'adempimento di tutte le obbligazioni assunte nei confronti di terzi senza alcuna limitazione o distinzione tra attività privata e professionale e si traduce in una forte compromissione della credibilità e dell'affidabilità dell'avvocato verso terzi». Un principio costantemente confermato dalla Cassazione, la quale ha affermato che «l'onere di natura deontologica, oltre che di natura giuridica è finalizzato a tutelare l'affidamento del terzo nella capacità dell'avvocato al rispetto dei propri doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva dall'inadempimento che si riflette non solo sulla reputazione professionale, ma anche sull'immagine della classe forense. Ne consegue l'evidente l'infondatezza dell'assunto della ricorrente secondo cui gli inadempimenti delle obbligazioni verso terzi riferibili ad un ambito privatistico e non professionale non sarebbero connotate di rilevanza deontologica».

Per quanto attiene il trattamento sanzionatorio, il CNF condivide la doglianza della ricorrente ritenendo congrua e conforme alla giurisprudenza domestica una riduzione della sanzione disciplinare da irrogare in due mesi di sospensione dall'esercizio della professione forense.

In conclusione, con sentenza n. 55 del 13 maggio 2022, il Consiglio Nazionale forense riforma la decisione emessa dal CDD limitatamente alla sanzione irrogata alla ricorrente.

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