
La condotta integra una violazione del dovere di comportarsi con correttezza e lealtà nei rapporti con i colleghi, come previsto dagli artt. 19 e 38 del CDF.
La vicenda trae origine dalla presentazione di una denuncia con la quale un avvocato asseriva di essere stato vittima da anni di denunce penali e disciplinari infondate da parte dell'attuale ricorrente, chiedendo che si procedesse disciplinarmente nei confronti di quest'ultimo, oltre che penalmente per il reato di calunnia. Nello specifico, le denunzie-querele erano tutte connesse e conseguenti a controversie civili che vedevano contrapposte l'assistita dell'esponente e l'avvocato ricorrente per alcune questioni di carattere condominiale.
Tale condotta avrebbe integrato, sempre secondo l'esponente, una violazione dei doveri di probità, dignità e decoro, compiendo atti che si erano riflettuti negativamente sulla sua reputazione.
Il CDD di Bari riteneva responsabile l'avvocato delle suddette violazioni deontologiche, applicando la sanzione della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per 6 mesi.
Contro tale decisione, l'avvocato propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense.
Con la sentenza n. 57 del 13 maggio 2022, il CNF rigetta il ricorso proposto dall'avvocato, rilevando come la sua condotta, consistente nell'avere denunciato infondatamente il collega all'autorità penale costituisce una violazione del dovere di colleganza, la quale ha carattere istantaneo. Di conseguenza, il computo del decorso del termine di prescrizione decorre dal giorno della commissione dell'illecito.
Come osserva il CNF «Indubitabilmente quindi la ricorrente, mediante la reiterata e infondata proposizione di atti di denuncia querela nei confronti dell'avv., ha violato il dovere di comportarsi con correttezza e lealtà nei rapporti con i colleghi come previsto dagli art. 19 e 38 del CDF indicati nel capo di incolpazione».
Per questa ragione, il CNF conferma la sanzione irrogata nei confronti dell'avvocato.