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22 settembre 2022 Deontologia forense
Commette un illecito deontologico l’avvocato che pubblicizza lo studio offrendo assistenza legale a “zero spese di anticipo”
Nel caso in esame è stato contestato ad una professionista di aver pubblicizzato il suo studio usando l'immagine di un medico in manette a corredo dell'offerta di prestazioni gratuite in favore di pazienti malati.
di La Redazione
La Cisl Medici segnalava al COA la presenza su Facebook di alcune pubblicità lesive dell'onore della categoria, raffiguranti una persona con indosso un camice bianco e stetoscopio in manette, associate all'offerta di servizi professionali da parte di un'avvocatessa. Successivamente, il segretario ed il consigliere del COA svolgevano alcune indagini relative all'affissione di un cartellone pubblicitario all'esterno di un ospedale, riconducibile alla stessa professionista, recante il seguente messaggio «Se pensi di aver conseguito un grave danno derivante da casi di malasanità, contattaci subito per una valutazione del tuo caso - zero spese di anticipo pensiamo a tutto noi». Ricevuti gli atti, il CDD competente avviava la fase istruttoria e, dopo aver citato in giudizio l'avvocatessa, disponeva nei suoi confronti l'applicazione della sanzione della sospensione di mesi cinque dall'esercizio dell'attività professionale. Infatti, sia la pagina Facebook raffigurante la pubblicità offensiva, sia la cartellonistica presente nei pressi dei nosocomi erano certamente riconducibili all'incolpata, avendo entrambe le condotte lo scopo di promuovere l'attività professionale mediante modalità contrarie al Codice deontologico forense.
 
Contro tale decisione, l'avvocatessa propone ricorso davanti al Consiglio Nazionale Forense deducendo, tra più motivi, l'errata interpretazione degli episodi contestati, motivazione contraddittoria, lacunosa ed irragionevole del provvedimento di condanna, nonché l'errata interpretazione dell'art. 21 CDF.
 
Con sentenza n. 65 del 13 maggio, il CNF conferma la responsabilità disciplinare della ricorrente.
 
L'utilizzo dell'immagine di un medico ammanettato a corredo dell'offerta di prestazioni legali ha senz'altro rilevanza deontologica in quanto veicola un messaggio fortemente denigratorio nei confronti della categoria, evocando la responsabilità di questa come causale rispetto alla stato del malato. Tale condotta, infatti, integra la violazione dei doveri generali di correttezza, probità, dignità, decoro che incombono sul professionista forense ex art. 9 C.d.f, nonché del dovere di fornire un'informazione corretta, non denigratoria, né suggestiva. 
 
Anche l'offerta di assistenza legale a “zero spese di anticipo” è contraddistinta da forti connotati suggestivi e comparativi poiché prospetta al potenziale cliente la possibilità di avvalersi del servizio senza alcun esborso economico, fruendo quindi di una prestazione maggiormente conveniente rispetto a quella di altri professionisti. In precedenti occasioni, il CNF ha evidenziato il disvalore deontologico della offerta di prestazioni professionali resa in termini vaghi e generici, in assenza di adeguati requisiti informativi o di indicazioni circa il contenuto dei servizi resI e dei suoi costi, «in quanto orientata a suggestionare il cliente sul piano emozionale, con un messaggio di natura meramente commerciale ed esclusivamente caratterizzato da evidenti sottolineature del dato economico». Trattasi di pubblicità intrinsecamente comparativa in quanto diretta a porre in evidenza caratteri di primazia in seno alla categoria, e pertanto incompatibile con la dignità e il decoro della professione e con la tutela dell'affidamento della collettività.
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