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28 settembre 2022 Deontologia forense
La violazione del principio di correlazione tra pronuncia e addebito si configura solo nelle “decisioni a sorpresa”

Ciò si verifica quando la sussistenza della violazione deontologica venga riconosciuta per fatto diverso da quello di cui alla contestazione e, dunque, la modificazione vada al di là della semplice diversa qualificazione giuridica di un medesimo fatto.

di La Redazione

La vicenda trae origine dal procedimento disciplinare instaurato nei confronti dell'avvocato per via della violazione degli obblighi a lui imposti per la gestione del denaro altrui e comunque per l'inosservanza del divieto di trattenimento delle somme a pagamento dei suoi compensi senza l'autorizzazione dei clienti, oltre che per l'inosservanza del mandato per avere sottoscritto e accettato una transazione diversa da quella autorizzata con la procura notarile.
Per le suddette ragioni, il CDD, una volta accertata la responsabilità disciplinare del legale, irrogava a quest'ultimo la sanzione della sospensione dalla professione forense per un anno.
Contro tale decisione, l'avvocato propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense eccependo, tra i vari motivi, l'avvenuta prescrizione dell'azione disciplinare. Secondo il ricorrente, infatti, le condotte non avevano carattere permanente e il dies a quo per calcolare il termine di prescrizione dovrebbe decorrere dalla data indicata nel capo di incolpazione. In relazione a tale aspetto, il ricorrente ritiene che non sia stato rispettato il principio di corrispondenza tra accusa e sentenza nella parte in cui nel capo di incolpazione si fa risalire la commissione dei fatti ad un fatto istantaneo e nella motivazione del provvedimento i fatti sono stati definiti quali permanenti.

Con la sentenza n. 98 del 13 giugno 2022, il CNF respinge il ricorso.
Con riferimento alla doglianza del ricorrente, il CNF ha ribadito il principio recentemente affermato dalla Suprema Corte secondo il quale «Le sanzioni disciplinari contenute nel codice deontologico forense hanno natura amministrativa con la conseguenza che, con riferimento al regime giuridico della prescrizione, non è applicabile lo ius superveniens, ove più favorevole all'incolpato. In particolare, punto di riferimento di applicazione del regime della prescrizione dell'azione disciplinare resta la commissione del fatto, se illecito istantaneo, ovvero la cessazione della permanenza, nel caso di illecito omissivo, continuato o permanente».
Ciò posto, considerando che la condotta tenuta dall'avvocato aveva carattere di permanenza ed era tuttora in atto, il CNF afferma che è priva di pregio la censura che contesta il dies a quo del termine di prescrizione ritenendo violato il principio di correlazione tra pronuncia e addebito. A tal fine, il CNF ricorda che la violazione del suddetto principio si configura solo nelle ipotesi delle cd. “decisioni a sorpresa”, cioè quando la violazione deontologica venga riconosciuta per un fattodiverso da quello oggetto di contestazione.
Segue il rigetto del ricorso proposto dall'avvocato.

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