
Il principio di stretta tipicità dell'illecito proprio del diritto penale non trova applicazione nella materia disciplinare forense. Di conseguenza, l'eventuale mancata “descrizione” di uno o più comportamenti e della relativa sanzione non genera l'immunità.
La vicenda trae origine dalla segnalazione pervenuta al COA Bergamo circa l'esercizio dell'azione penale nei confronti dell'avvocato per plurime condotte commesse nelle vesti di amministratore di sostegno.
All'esito di istruttoria preliminare, il CDD di Brescia approvava il capo di incolpazione vertente sull'esercizio della funzione di amministratore di sostegno e/o curatore in violazione dei doveri, abusando dei poteri inerenti a tale funzione e compiendo condotte lesive della sua reputazione professionale e della dignità della professione, nonché dell'affidamento dei terzi.
Una volta condannato in sede penale, il CDD riteneva accertata la responsabilità dell'avvocato e irrogava nei suoi confronti la sanzione della radiazione.
Contro tale decisione, l'avvocato propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense.
Con la sentenza n. 127 del 5 settembre 2022, il CNF rigetta il ricorso, ribadendo che «il principio di stretta tipicità dell'illecito, proprio del diritto penale, non trova applicazione nella materia disciplinare forense, nell'ambito della quale non è prevista una tassativa elencazione dei comportamenti vietati, giacché il nuovo sistema deontologico forense è informato al principio della tipizzazione della condotta disciplinarmente rilevante e delle relative sanzioni “per quanto possibile”, poiché la variegata e potenzialmente illimitata casistica di tutti i comportamenti (anche della vita privata) costituenti illecito disciplinare non ne consente una individuazione dettagliata, tassativa e non meramente esemplificativa». Da ciò deriva che in assenza della “descrizione” di una o più condotte e della relativa sanzione non dà luogo ad immunità perché è comunque possibile contestare l'illecito anche in base alla norma di chiusura secondo la quale «la professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale e della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza».
Ciò chiarito, il CNF afferma che non vi sono dubbi circa il fatto che la valutazione disciplinare risulti ben motivata nella parte in cui ha evidenziato la gravità della condotta del ricorrente, riconoscendo a carico di quest'ultimo la violazione dell'illecito deontologico atipico anche per via della funzione pubblica rivestita.
Concludendo, il CNF conferma la sanzione della radiazione.