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3 novembre 2022 Avvocati
L’obbligo di corrispondere il compenso al domiciliatario presuppone un incarico diretto da parte del dominus

Il rapporto che interviene tra i due avvocati prende la forma del contratto di mandato e non quella del contratto a favore di terzi, con la conseguenza per cui l'onorario del domiciliatario deve essere versato dall'avvocato mandante e non dal cliente. Tale principio non si applica se il domiciliatario è scelto direttamente dall'assistito.

di La Redazione

Un avvocato presentava esposto al COA di Bologna assumendo di essere stato nominato dall'attuale ricorrente quale suo domiciliatario per esperire un'azione esecutiva presso il Tribunale di Pistoia. Ultimata la propria attività, l'esponente inviava la propria nota spese all'altro avvocato chiedendone il pagamento. Avviato il procedimento disciplinare, l'incolpato assumeva che il professionista domiciliatario era stato inserito nella procura alle liti, per cui sarebbe venuto meno il suo obbligo solidale nel pagamento del compenso. Lo stesso rilevava di aver comunicato alla comune cliente le richieste dell'avvocato esponente, le quali tuttavia non potevano trovare soddisfacimento a causa delle difficoltà finanziarie in cui versava l'assistita.
Il CDD di Bologna irrogava la sanzione disciplinare della censura ritenendo l'avvocato responsabile di non aver provveduto al pagamento dell'onorario del proprio domiciliatario in violazione dell'art. 43 Cdf. A fondamento della sua tesi, il COA ribadiva l'indirizzo secondo cui «il rapporto che interviene tra i due avvocati prende la forma del contratto di mandato e non quella del contratto a favore di terzi, con la conseguenza per cui l'onorario del domiciliatario debba essere versato dall'avvocato mandante e non dal cliente».

L'incolpato ricorre dinanzi al CNF deducendo l'inapplicabilità del principio predetto al caso di specie poiché il domiciliatario era stato scelto direttamente dal cliente, e pertanto fra i due legali incaricati non si era costituito alcun rapporto di mandato con conseguente esclusione di solidarietà passiva fra il cliente e l'avvocato ricorrete per il pagamento delle competenze del domiciliatario.
Al più, sostiene il ricorrente, avrebbe potuto configurarsi un'obbligazione del dominus accessoria rispetto a quella principale del cliente, attivabile solo qualora il domiciliatario avesse provato di essersi infruttuosamente rivolto all'assistito.

Per il CNF il motivo è infondato. Sebbene sia corretto quanto asserito dal ricorrente circa l'inapplicabilità del principio allorquando l'incarico di co-difesa o mera domiciliazione non sia pervenuto dall'avvocato dominus ma direttamente dal cliente, il CNF rileva che nel caso di specie l'incarico di domiciliazione si avvenuto su indicazione e per scelta del ricorrente, il quale è stato l'unico interlocutore del domiciliatario, da cui fa ricevuto le direttive e le indicazioni relativa alla procedura esecutiva.
Ciò, peraltro, è comprovato dall'assenza di documentazione attestante contatti e rapporti diretti tra la comune cliente e il domiciliatario, oltre che dalla circostanza per la quale quest'ultimo ha fatto riferimento al ricorrente anche per ottenere le sue spettanze e quest'ultimo afferma di essersi adoperato presso l'assistita per sostenere, pur vanamente, le ragioni del collega.
Pertanto, non rilevano nel caso di specie elementi di fatto che possano consentire di disattendere al principio di diritto correttamente applicato dal CDD di Bologna, non evincendosi alcun rapporto diretto tra l'assistita e il domiciliatario.

Il CNF dichiara inammissibile la doglianza in esame con sentenza n. 129 del 13 settembre 2022.

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