Un avvocato veniva sottoposto a procedimento disciplinare in relazione all'attività professionale prestata in favore del cliente – esponente – nel corso di procedimento penale e di una vertenza in ambito lavoristico. Nello specifico, all'incolpato era stato contestato di non aver emesso fattura per la somma complessiva di €13.000,00, ricevuta in più tranches.

 

Ad esito dell'istruttoria, il CDD dichiarava l'avvocato responsabile della violazione contestata, dimostrata dagli atti versati nel procedimento disciplinare (il contratto di prestazione d'opera professionale e le matrici degli assegni consegnati, con la precisa indicazione delle date e degli importi dei versamenti), e gli comminava la sanzione della censura.

 

Contro tale decisione, l'incolpato propone ricorso davanti al Consiglio nazionale Forense.

 

Con sentenza n. 135 del 23 settembre 2022, il CNF ricorda che i motivi di impugnazione devono essere formulati con un unico ricorso, in quanto si applica anche in sede il principio di diritto, di carattere generale, della consumazione del diritto di impugnazione. Di conseguenza, con la successiva memoria illustrativa, che ha solo la funzione di chiarire le ragioni esposte a sostegno dei motivi tempestivamente esposti nel ricorso, non possono proporsi, per la prima volta, motivi nuovi non dedotti nell'atto di impugnazione.

 

Ciò non di meno, la prescrizione dell'azione disciplinare è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche in sede di legittimità, a causa della natura pubblicistica della materia e dell'interesse superindividuale dello Stato e della comunità intermedia, quale l'ordine professionale.