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18 novembre 2022 Deontologia forense
Se l’avvocato intende promuovere un’azione giudiziaria contro il cliente dopo l’istanza di parere di congruità della parcella deve prima rinunciare al mandato

La rinuncia, infatti, è l'unico mezzo idoneo ad eliminare ogni situazione di incompatibilità tra mandato professionale e contemporanea pendenza della lite promossa contro la propria parte assistita o il proprio cliente.

di La Redazione

L'art. 34 CDF stabilisce il divieto per l'avvocato di agire nei confronti del cliente o della parte assistita ai fini del pagamento delle sue prestazioni professionali se prima non abbia rinunciato a tutti gli incarichi ricevuti. In relazione tale divieto, il COA di Ancora chiede al CNF di esprimersi in merito alla violazione indiretta di tale disposizione laddove l'avvocato presenti l'istanza di parere di congruità della parcella quando sia ancora difensore d'ufficio del debitore e, precisamente, nel momento che si colloca tra il decreto che dispone il giudizio e la prima udienza dibattimentale, precedendo essa l'azione giudiziaria per il recupero del credito. Inoltre, il COA chiede altresì se in tale ipotesi possa configurarsi anche la violazione dell'art. 24, considerando che così facendo il professionista si pone consapevolmente in una situazione di conflitto di interesse con la parte assistita officiosamente.

Con il parere n. 34 del 17 ottobre 2022, il CNF richiama quanto già affermato con la sentenza n. 38/2018, ovvero che «L'illecito disciplinare di cui all'art. 46 CDF (corrispondente all'attuale 34 CDF, ndr) si configura ogni qualvolta l'avvocato intenti un'azione giudiziaria contro il proprio cliente senza aver preventivamente rinunciato al mandato alle liti, e quindi senza aver evitato, con l'unico mezzo possibile, qualsiasi situazione d'incompatibilita` esistente tra mandato professionale e contemporanea pendenza della lite promossa contro il proprio assistito», derivandone che l'ambito di applicazione della norma è quello strettamente giudiziario, per cui non può estendersi anche all'ipotesi contemplata dal COA di Ancona.
Come afferma il CNF, in via generale quando l'avvocato voglia intentare un'azione giudiziaria nei confronti del cliente dopo l'istanza di parere di congruità, egli deve rinunciare al mandato, in quanto la rinuncia è l'unico strumento in grado di eliminare ogni situazione di incompatibilità che sussiste tra mandato professionale e contemporanea pendenza della lite promossa contro la propria parte assistita o il proprio cliente, ferma restando l'osservanza dell'art. 97 c.p.p. nel caso della difesa d'ufficio e, in particolare, del comma 5.

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