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23 novembre 2022 Deontologia forense
Confermata la censura per l’avvocato che ha prodotto in giudizio la mail indirizzata al collega contenente proposte transattive

Tale divieto assume infatti valenza di principio invalicabile di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali, a prescindere dagli effetti processuali della produzione vietata, poiché la norma è volta a tutelare la riservatezza del mittente e la credibilità del destinatario.

di La Redazione

La vicenda trae origine dall'esposto presentato al COA di Venezia da parte di un avvocato che segnalava il fatto che un collega, durante una causa di lavoro, avesse allegato alla memoria di costituzione una e-mail qualificata come riservata personalenon producibile in giudizio, nella quale erano contenute alcune ipotesi conciliative volte a definire la lite tra le parti, evitando così il giudizio.
Così facendo, l'avvocato si sarebbe reso responsabile degli illeciti deontologici di cui agli artt. 12 e 48 CDF. All'esito del procedimento disciplinare, l'avvocato veniva ritenuto responsabile degli illeciti, dunque a lui veniva irrogata la sanzione della censura.
Contro la decisione, il professionista propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense.

Con la sentenza n. 147 del 26 settembre 2022, il CNF rigetta il ricorso, rilevando come nel caso di specie non possa ravvisarsi la scriminante dell'esercizio di difesa poiché essa va sempre contemperatacon il rispetto dei precetti deontologici.
Del resto, il CNF ha già avuto modo di affermare che «L'illecito disciplinare si configura indipendentemente dalla produzione e dall'entità del danno subìto dal cliente a seguito della condotta illecita posto che il fine del procedimento disciplinare è quello di salvaguardare il decoro e la dignità dell'intera classe forense mediante la repressione di ogni condotta che sia contraria ai doveri imposti dalla legge». Inoltre, «Il divieto di produrre in giudizio la corrispondenza tra i professionisti contenente proposte transattive assume la valenza di un principio invalicabile di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali, indipendentemente dagli effetti processuali della produzione vietata, in quanto la norma mira a tutelare la riservatezza del mittente e la credibilità del destinatario».
Quanto all'elemento soggettivo dell'illecito, invece, il CNF precisa che non è necessaria la consapevolezza dell'illegittimità dell'azione, dolo generico o specifico, essendo sufficiente la volontarietà con la quale l'atto deontologicamente scorretto è stato compiuto, non rilevando in tal senso la ritenuta sussistenza di una causa di giustificazione o di non punibilità.
Essendo stata la volontarietà dell'azione addirittura sostenuta da parte del ricorrente, il CNF non può fare altro che rigettare il suo ricorso.

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