
Come ricorda il CNF, la sanzione da irrogare deve tener conto delle circostanze del caso concreto e va emessa al termine di una valutazione globale del comportamento dell'avvocato.
Il COA Milano riceveva un esposto di un avvocato nel quale si evidenziava la condotta di altro avvocato che durante un giudizio dinanzi al Tribunale aveva prodotto due lettere qualificate come “riservata personale e non producibile” eliminando tale dicitura e qualificando il medesimo come contratto di affitto di azienda tra le parti. Dal canto suo, il legale evidenziava che la suddetta dicitura non era pertinente in quanto riconducibile ad una svista della segretaria e che comunque la missiva non conteneva nessuna proposta transattiva.
Considerando che il CDD al termine del procedimento disciplinare aveva inflitto all'avvocato la sanzione del richiamo verbale, il COA Milano propone ricorso dinanzi al CNF ritenendo errato il provvedimento nella parte in cui, in relazione alla violazione accertata di cui all'art. 48 CDF, ha irrogato la sanzione del richiamo verbale anziché quella della censura, tenendo conto che la produzione in giudizio di lettere tra colleghi qualificate come riservate costituisce un divieto generale fondato sull'esigenza di garantire la massima libertà di espressione nel rapporto tra colleghi.
Con la sentenza n. 154 del 30 settembre 2022, il CNF dichiara infondato il ricorso confermando la lievità e scusabilità dell'infrazione addebitata all'avvocato, così come sufficientemente motivata nel provvedimento impugnato. A tal proposito, il Consiglio evidenzia che in vista del potere di integrazione della motivazione, la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che la sanzione da irrogare deve tener conto di tutte le circostanze del caso concreto e va emessa dopo aver valutato complessivamente la condotta dell'avvocato, ivi compresa la presenza/assenza di precedenti disciplinari a suo carico e la condotta da lui tenuta al processo.