
L'appropriazione indebita di somme spettanti a persone prive in tutto od in parte di autonomia costituisce un gravissimo illecito disciplinare e la sentenza di patteggiamento esplica funzione di giudicato anche nel procedimento disciplinare quanto all'accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e alla responsabilità dell'incolpato.
La Procura della Repubblica informava il COA dell'esercizio dell'azione penale nei confronti dell'avvocato iscritto a seguito di richiesta dell'applicazione della pena
La condotta contestata all'avvocato consisteva nell'essersi impossessato, nelle vesti di amministratore di sostegno, di una somma pari a 15mila euro, utilizzandola per spese personali, e di un'ulteriore somma pari a 23mila euro utilizzata per spese riferibili all'amministrazione di sostegno ma senza l'autorizzazione del Giudice Tutelare.
All'esito dell'istruttoria, il CDD riconosceva la responsabilità disciplinare in capo all'avvocato, irrogando nei suoi confronti la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per un anno.
L'avvocato propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, sostenendo che il CDD avrebbe dovuto irrogare una sanzione minore come la censura, considerando la sua condotta collaborativa nell'ambito del procedimento penale.
Con la sentenza n. 172 del 17 ottobre 2022, il CNF accoglie il ricorso nei termini che seguono.
Innanzitutto, il CNF evidenzia che l'efficacia del giudicato penale vale solo per la prima contestazione e non anche per la seconda, poiché l'utilizzo non autorizzato di somme spese nell'interesse dell'interessato non trova sostegno né nella sentenza del GUP, né in quella del CDD, dunque risulta indimostrata la condotta criminosa del ricorrente su tale capo.
A questo punto, occorre verificare l'equità della sanzione inflitta dal CDD in relazione al solo capo d'incolpazione riguardante l'appropriazione della somma di 15mila euro.
A tal proposito, il Consiglio ricorda che la mancata descrizione di una o più condotte e della relativa sanzione non genera l'immunità, bensì impone l'applicazione dell'art. 21 CDF secondo cui le sanzioni devono essere adeguate e proporzionate alla violazione deontologica commessa e vanno scelte fra quelle previste al successivo art. 22.
Con riferimento alla condotta addebitata all'avvocato, la giurisprudenza domestica ha più volte affermato che «Costituisce gravissimo illecito disciplinare il comportamento dell'avvocato che, nella sua qualità di amministratore di sostegno o tutore del beneficiario o dell'interdetto, prelevi indebitamente dal conto corrente di questi ingenti somme, ingiustificate e comunque non autorizzate dal Giudice tutelare, quand'anche a preteso titolo di rimborso spese».
Alla luce di tali argomentazioni, il CNF afferma che il CDD ha correttamente motivato la determinazione della sanzione, valutando comunque in senso favorevole la scelta del rito del ricorrente per evitare il discredito per la classe forense.
Valutando dunque la condotta complessiva del ricorrente e il venir meno di una parte del capo di incolpazione, il CNF rideterminala sanzione in 8 mesi di sospensione dall'esercizio dell'attività professionale.