
Tale situazione di incompatibilità non ricorre, invece, quando il professionista sia stato privato dei poteri di gestione dell'attività commerciale mediante nomina di un amministratore delegato.
La vicenda trae origine dall'esposto presentato da un avvocato nei confronti di un altro poiché, nonostante l'iscrizione all'Albo degli avvocati stabiliti, quest'ultimo era socio e amministratore di diverse società che esercitavano attività di natura commerciale.
All'esito di istruttoria, il CDD irrogava la sanzione della censura.
Contro tale provvedimento, l'interessato propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense.
Con la sentenza n. 170 dell'11 ottobre 2022, il CNF accoglie parzialmente il ricorso, riscontrando che effettivamente il ricorrente, nel lasso temporale compreso tra la fine del 2011 e l'inizio del 2014, aveva esercitato il ruolo di amministratore unico di alcune società ed era stato socio unico di altre, rilevando che esse, seppur inattive in base alle visure camerali, risultavano comunque essere operative secondo le dichiarazioni dell'incolpato.
In base all'orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione:
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«il legale che ricopra la qualità di presidente del consiglio di amministrazione o di amministratore delegato o unico di una società commerciale si trova, ai sensi dell'art. 3, primo comma, numero 1, del r.d.l. 27.11.1933 n. 1578, in una situazione di incompatibilità con l'esercizio della professione forense (esercizio del commercio in nome altrui), qualora risulti che tale carica comporti effettivi poteri di gestione o rappresentanza, ed a prescindere da ogni indagine sulla consistenza patrimoniale della società medesima e sulla sua conseguente esposizione a procedure concorsuali; pertanto, tale situazione di incompatibilità non ricorre quando il professionista, pur rivestendo la qualità di presidente del consiglio di amministrazione, sia stato privato, per statuto sociale o per successiva deliberazione, dei poteri di gestione dell'attività commerciale attraverso la nomina di un amministratore delegato». |
Detto ciò, il CNF reputa comunque sproporzionata la sanzione inflitta al ricorrente, tenendo conto del suo comportamento complessivo, oltre al fatto che egli non aveva precedenti, dunque riduce la sanzione in quella dell'avvertimento.