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21 febbraio 2023 Avvocati
Irrilevante il virus che ha colpito i pc dello studio legale, l’impugnazione effettuata dopo i 30 giorni resta comunque tardiva

I termini per impugnare le decisioni sono perentori e non possono quindi essere prorogati, sospesi o interrotti, se non nei casi eccezionali espressamente previsti dalla legge.

di La Redazione

Il CDD Palermo riuniva diversi procedimenti disciplinari a carico dell'attuale ricorrente, avvocato accusato di aver violato i doveri di probità, dignità e decoro nella salvaguardia della professione forense, oltre al dovere di comportarsi in modo da non compromettere la dignità della professione e per avere violato la legge penale. In sostanza, l'avvocato si era reso protagonista di false accuse avanzate nell'ambito di una denuncia-querela presentata dinanzi all'autorità giudiziaria nei confronti degli esponenti di un partito politico che aveva respinto la sua richiesta di tesseramento affermando falsamente che egli era stato rinviato a giudizio per il reato di estorsione aggravata e lesioni personali gravi, quando invece egli era stato sì condannato ma con le forme del giudizio abbreviato.
All'esito del dibattimento, il CDD aveva constatato la sussistenza della prova che l'avvocato avesse usato ripetutamente e consapevolmente le espressioni, i termini e le condotte poco confacenti ad un professionista legale e gravemente lesive dell'onore e della reputazione dei colleghi e dei magistrati, alcune delle quali erano anche state accertate in sede penale; pertanto, tenendo in considerazione anche i suoi precedenti, irrogava la sanzione aggravata della sospensione per 12 mesi.
L'avvocato propone ricorso dinanzi al CNF contro la suddetta decisione.

Con la sentenza n. 188 del 21 ottobre 2022, il CNF dichiara il ricorso inammissibile, confermando la sanzione inflitta al ricorrente.
A motivo della decisione la tardività dell'impugnazione ai sensi dell'art. 61 L. n. 247/2012, considerando che essa risultava spedita dopo che erano trascorsi 30 giorni dalla notifica tramite PEC all'incolpato della decisione del CDD.
A nulla rileva in tal senso la scusante del ricorrente secondo cui un virus avrebbe colpito i pc dello studio impedendo il deposito dell'atto entro il termine indicato e nemmeno l'affermazione per cui il medesimo avrebbe consegnato l'atto ad un servizio di poste private, trattandosi di circostanze innanzitutto prive di riscontri probatori, e poi irrilevanti perché le scusanti sono relative a un giorno comunque successivo alla scadenza dei detti 30 giorni.
Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la stabilizzazione della sanzione inflitta.

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