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13 marzo 2023 Deontologia forense
Non è responsabile il praticante avvocato che indotto in errore dal dominus si sostituisce a lui in udienza
Lo conferma il CNF con sentenza 201 del 28 ottobre 2022.
di La Redazione
Sulla base di un esposto depositato da Tizio, il CDD di Salerno procedeva in via disciplinare nei confronti di un praticante che si costituiva alle udienze pubbliche dinanzi al TAR di Napoli violando perciò l'art. 36 CDF che stabilisce il divieto di attività professionale senza titolo e di uso di titoli inesistenti
Tuttavia, il praticante produceva copia conforme di due deleghe che gli erano state rilasciate dalla Cancelleria del TAR di Salerno dove l'avvocato Caio, quale patrocinatore, gli affidava l'incarico di sostituirlo nelle udienze in qualità di praticante avvocato abilitato.
Il CDD, all'esito dell'istruttoria riteneva il praticante colpevole di aver esercitato illecitamente l'attività di patrocinio legale davanti a un organo collegiale e procedeva così all'invalidazione degli atti processuali.

Il praticante ricorre dinanzi al Consiglio Nazionale Forense lamentando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 14, comma 2, della nuova legge professionale, che così prevede: «gli avvocati possono farsi sostituire da altro avvocato, con incarico anche verbale, o da un praticante abilitato, con delega scritta», ritendo perciò non violata alcuna norma.

Secondo il CNF tale disposizione va combinata con quanto prevede l'art. 41, comma 12 in merito al patrocinio sostitutivo, ossia che «nel periodo di svolgimento del tirocinio il praticante avvocato, decorsi sei mesi dall'iscrizione nel registro dei praticanti, purché in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza, può esercitare attività professionale in sostituzione dell'avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo, in ambito civile di fronte al tribunale e al giudice di pace, e in ambito penale nei procedimenti di competenza del giudice di pace, in quelli per reati contravvenzionali e in quelli che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, rientravano nella competenza del pretore. L'abilitazione decorre dalla delibera di iscrizione nell'apposito registro. Essa può durare al massimo cinque anni, salvo il caso di sospensione dall'esercizio professionale non determinata da giudizio disciplinare, alla condizione che permangano tutti i requisiti per l'iscrizione nel registro».

Secondo il CNF, dunque, l'attività del praticante si limita alla sola sostituzione del dominus, sempre sotto il suo controllo e responsabilità, anche se si tratta di affari non trattati direttamente dall'avvocato davanti agli uffici giudiziari specificamente indicati dalla legge per una durata di cinque anni, tra cui però non è previsto il TAR ma solo il Tribunale ordinario e il Giudice di pace con certi limiti.

Infine, quanto all'elemento soggettivo dell'illecito deontologico commesso, il CNF ha rilevato che non si trattava di una condotta cosciente e volontaria del ricorrente, il quale ha solo presenziato come sostituto del suo dominus all'udienza di merito innanzi al TAR, agendo in virtù della delega scritta da parte dello stesso, nei cui confronti nutriva grande stima e fiducia. Pertanto, ritenendo insussistente l'elemento psicologico della condotta del praticante, indotto in errore dal proprio dominus, il Consiglio Nazionale Forense ne accoglie il ricorso.

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