
Il praticante ricorre dinanzi al Consiglio Nazionale Forense lamentando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 14, comma 2, della nuova legge professionale, che così prevede: «gli avvocati possono farsi sostituire da altro avvocato, con incarico anche verbale, o da un praticante abilitato, con delega scritta», ritendo perciò non violata alcuna norma.
Secondo il CNF tale disposizione va combinata con quanto prevede l'art. 41, comma 12 in merito al patrocinio sostitutivo, ossia che «nel periodo di svolgimento del tirocinio il praticante avvocato, decorsi sei mesi dall'iscrizione nel registro dei praticanti, purché in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza, può esercitare attività professionale in sostituzione dell'avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo, in ambito civile di fronte al tribunale e al
Secondo il CNF, dunque, l'attività del praticante si limita alla sola sostituzione del dominus, sempre sotto il suo controllo e responsabilità, anche se si tratta di affari non trattati direttamente dall'avvocato davanti agli uffici giudiziari specificamente indicati dalla legge per una durata di cinque anni, tra cui però non è previsto il TAR ma solo il Tribunale ordinario e il
Infine, quanto all'elemento soggettivo dell'illecito deontologico commesso, il CNF ha rilevato che non si trattava di una condotta cosciente e volontaria del ricorrente, il quale ha solo presenziato come sostituto del suo dominus all'udienza di merito innanzi al TAR, agendo in virtù della delega scritta da parte dello stesso, nei cui confronti nutriva grande stima e fiducia. Pertanto, ritenendo insussistente l'elemento psicologico della condotta del praticante, indotto in errore dal proprio dominus, il Consiglio Nazionale Forense ne accoglie il ricorso.