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30 marzo 2023 Deontologia forense
Censurato l’avvocato che mente al cliente sullo stato della causa

Nel caso concreto, il professionista aveva fornito al cliente false informazioni riguardanti lo svolgimento del mandato con specifico riguardo all'avvenuto deposito del ricorso civile, deposito al quale egli non aveva provveduto perché afflitto dai dubbi sulla completezza documentale del medesimo.

di La Redazione

Le condotte addebitate all'avvocato consistono nell'avere, da un lato, reso informazioni false al cliente circa lo svolgimento del mandato lui affidato e, dall'altro, nell'avere trattenuto indebitamente le somme ricevute dallo stesso a titolo di spese vive senza averle mai sostenute.
All'esito del procedimento, il CDD aveva ritenuto responsabile disciplinarmente l'avvocato per entrambe le condotte addebitate e di conseguenza irrogava nei suoi confronti la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione forense per due mesi, sanzione aggravata dal fatto che le condotte dell'avvocato si erano protratte per lungo tempo, provocando un danno al cliente.
Contro tale decisione, l'avvocato propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense.

Con la sentenza n. 210 dell'11 novembre 2022, il CNF esamina la vicenda e rileva che l'avvocato, dopo un preliminare incontro con il cliente, aveva da quest'ultimo ricevuto mandato per avviare un giudizio civile, concordando il compenso professionale. Una volta richiesto di notizie circa lo stato del procedimento, però, l'avvocato mentiva poiché anziché manifestare chiaramente al cliente i suoi dubbi in merito alla carenza documentale del fascicolo, egli comunicava di aver predisposto l'atto introduttivo e di accingersi al suo deposito. In tal senso, il CNF conferma la decisione del CDD laddove ha ritenuto responsabile il ricorrente della violazione deontologica di cui all'art. 27 CDF.
Quanto, invece, al trattenimento delle somme ricevute per il deposito dell'atto introduttivo, il CNF osserva che l'avvocato aveva svolto quell'attività di preparazione e redazione del ricorso ma non aveva poi proceduto al suo deposito perché afflitto dai dubbi in merito alla completezza documentale. Ciò significa che le somme a titolo di contributo unificato erano state legittimamente ricevute e trattenute dal legale, in quanto l'atto era stato effettivamente predisposto, in attesa di ricevere le integrazioni documentali richieste.
Alla luce di ciò, il CNF non condivide quanto affermato dal CDD a proposito della condotta ritenuta aggravata per essersi protratta per un lungo periodo.
Per queste ragioni, il CNF conferma la responsabilità disciplinare del ricorrente quanto al primo capo di incolpazione ma assolve il medesimo dalla violazione dell'art. 30 CDF, rideterminando la sanzione nella censura.

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