
L'avvocato ha l'obbligo di emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi, restando irrilevante l'eventuale ritardo nell'adempimento in parola. Inoltre, la natura di illecito permanente comporta che la decorrenza del termine prescrizionale ha inizio dalla data della cessazione della condotta omissiva.
A seguito di esposto, il CDD di Torino comminava ad un avvocato la sanzione della sospensione disciplinare dall'esercizio della professione per due mesi per una serie di violazioni del Codice deontologico forense, tra cui l'art. 29, comma terzo, ossia per non aver emesso i prescritti documenti fiscali per ogni pagamento ricevuto.
L'esponente aveva infatti dichiarato di aver versato mensilmente e in contanti all'incolpato, tra il 2004 e il 2013, somme di denaro a 6mila euro e di non aver mai ricevuto alcune fattura o ricevuta di tali versamenti.
L'avvocato ricorre in Cassazione, eccependo l'intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare in ordine a tutti gli illeciti contestati in quanto risalenti ad oltre dieci anni prima della data di sottoscrizione del ricorso e aventi carattere non continuativo.
Il CNF rigetta il ricorso con sentenza n. 262 del 30 dicembre 2022. A fondamento della sua decisione, il Consiglio sostiene che le violazioni contestate al ricorrente risultano integrate da condotte protrattasi e mantenute nel tempo, conseguendone la natura permanente degli illeciti.
Nello specifico, in relazione alla mancata fatturazione, l'ultima condotta addebitata al ricorrente è del 2013. Pertanto, la condotta non può ritenersi prescritta.