
Nel caso concreto, infatti, il legale non era a conoscenza delle condizioni di salute della donna che avevano contribuito ad accentuare il suo turbamento a seguito dell'episodio.
Il COA di Bologna notiziava l'odierno ricorrente dell'esposto presentato nei suoi confronti da parte di alcuni avvocati legati ad una condotta da lui tenuta nei confronti dell'impiegata del loro studio legale.
In sintesi, mentre i due si trovavano nei locali del Tribunale per svolgere alcune pratiche, l'avvocato si sarebbe rivolto all'impiegata notando l'uso di un profumo costoso e affermando le seguenti parole «Del resto tutti abbiamo un prezzo, tu quanto costi?». L'impiegata, indignata, rispondeva a tono: «non tutto ha un prezzo perché si può comprare solo quello che è in vendita».
Tuttavia, l'avvocato insisteva a chiederle ripetutamente quanto volesse, al punto che era intervenuto il cancelliere chiedendogli di smetterla.
Così facendo, l'avvocato aveva posto in essere condotte moleste in violazione non solo delle norme del CDF, ma anche del Codice penale, e per questo il CDD irrogava nei suoi confronti la sanzione della censura.
L'avvocato impugna la decisione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense.
Con la sentenza n. 254 del 15 dicembre 2022, il CNF ritiene che la sanzione dell'avvertimento, più attenuata rispetto a quella applicata dal CDD, sia più appropriata al caso di specie, tenendo conto della condotta complessiva tenuta dal ricorrente, in particolare di quella successiva all'episodio per cui si procede.
Il ricorrente, infatti, aveva affermato di non avere percepito la forza offensiva delle sue parole, né era a conoscenza del fatto che l'impiegata ne fosse rimasta particolarmente turbata, anche per via della malattia dalla quale era colpita e della quale egli non era a conoscenza. Pertanto, in un momento successivo, l'avvocato aveva presentato le sue scuse giustificando il ritardo nel non aver percepito, se non dopo averla ascoltata, la sua malattia e la portata lesiva del suo agire.
Ciò posto, come si sa la sanzione deve essere commisurata alla gravità del fatto, al grado della colpa, al precedente e al successivo al fatto, con riguardo alle circostanze nel cui contesto è avvenuta la violazione, e in tal senso il CNF sostiene che l'incolpazione possa essere valutata in modo più mite dal punto di vista sanzionatorio.
Come afferma il CNF, il fatto non appare di per sé grave e il vulnus risulta accentuato in relazione alle allora non note condizioni di salute dell'impiegata dello studio legale e, in relazione a ciò, la condotta successiva dell'incolpato deve essere senz'altro valutata in termini positivi.
Segue l'irrogazione della sanzione dell'avvertimento, in luogo di quella della censura.