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8 giugno 2023 Deontologia forense
Sanzione più mite per l’avvocato che è riuscito a ridurre il danno cagionato ai clienti

Come afferma il CNF, la mancanza di precedenti disciplinari a carico del legale e l'intervento prestato affinché i clienti si vedessero ridotta la somma da pagare alle controparti sono elementi da tenere in considerazione ai fini sanzionatori.

di La Redazione

Gli esponenti presentavano un esposto nei confronti dell'avvocato al COA di Sulmona in relazione all'incarico lui affidato nell'ambito di un giudizio risarcitorio instaurato contro l'istituto scolastico ove era occorso il sinistro ai danni di un minore.
L'esposto aveva ad oggetto il fatto che l'avvocato avesse omesso di rendere loro informazioni circa il procedimento, le eccezioni presentate dalla controparte nel corso del giudizio e la loro fondatezza o meno, né sul pregiudizio economico cui sarebbero andati incontro e nemmeno circa il fatto che essi avrebbero potuto promuovere il giudizio anche nei confronti del MIUR. L'avvocato, dal canto suo, si difendeva sostenendo di aver concordato ogni scelta processuale con i clienti.
Una volta aperto il procedimento disciplinare a carico del legale, il CDD sentiva gli esponenti e il testimone della difesa, concludendo con l'irrogazione della sanzione disciplinare della censura.
L'avvocato impugna la decisione del CDD dinanzi al Consiglio Nazionale Forense lamentando, tra le altre cose, il fatto che il CDD non avesse valutato fatti decisivi ai fini del procedimento e che avesse inflitto erroneamente la sanzione della censura.

Con la sentenza n. 8 del 9 febbraio 2023, il CNF afferma innanzitutto che la decisione che si fonda sulle testimonianze e sugli atti acquisiti in conseguenza degli esposti si ritiene legittima allorché risulti coerente con le risultanze documentali acquisite al procedimento. Per questa ragione, secondo il CNF la decisione impugnata risulta corretta sotto questo profilo.
Per quanto concerne, invece, la sanzione inflitta al ricorrente, il CNF sottolinea che la mancanza di precedenti disciplinari a suo carico, oltre all'intervento prestato affinché gli esponenti si vedessero ridotta la somma da pagare alle controparti, erano elementi da tenere in considerazione ai fini sanzionatori poiché, come più volte affermato, la determinazione della sanzione disciplinare non è il risultato di un calcolo matematico ma la conseguenza della valutazione complessiva dei fatti e ciò impone una valutazione di diverse circostanze che il CDD non ha svolto.
La circostanza per cui l'avvocato sia riuscito a ridurre il danno cagionato merita infatti di essere considerata nella valutazione richiesta ai fini della determinazione della sanzione, come anche il fatto che gli esponenti non siano incorsi in prescrizioni nell'esercizio del loro diritto risarcitorio nei confronti del MIUR.
Ebbene, la valutazione di questi elementi porta il CNF ad accogliere parzialmente il ricorso del professionista e ad applicare la sanzione dell'avvertimento in luogo della censura.

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