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22 giugno 2023 Deontologia forense
Anche in ambito di volontaria giurisdizione può sussistere il conflitto di interessi

Il conflitto di interessi non è escluso dal fatto che la prestazione sia resa nell'ambito della volontaria giurisdizione e non rileva che in quella sede il giudice non abbia rilevato il conflitto stesso, la cui valutazione ai fini disciplinari è rimessa al giudice della deontologia.

di La Redazione

La vicenda trae origine dall'incarico professionale conferito all'avvocato dai genitori di un minore vittima di gravi lesioni cagionate in occasione della nascita. Nell'arco del giudizio risarcitorio incardinato contro la ASL, le parti sottoscrivevano diverse convenzioni sul compenso professionale spettante al legale. Dopo la sentenza di appello il padre, nelle vesti di amministratore di sostegno del figlio, rivolgeva istanza al Giudice tutelare per essere autorizzato al pagamento della somma prevista dall'accordo con riguardo alla parte pertinente al figlio, richiesta che veniva rigettata, allorché l'amministratore di sostegno, con il patrocinio dell'avvocato, interponeva reclamo contro tale diniego.  
Il Tribunale rigettava il reclamo e disponeva la trasmissione degli atti al COA, ravvisando diversi profili deontologicamente rilevanti nella condotta dell'avvocato, tra i quali emerge il potenziale conflitto di interessi tra amministrato e amministratore.
Avendo il CDD ritenuto sussistente la violazione dell'art. 24, comma 2, CDF, l'avvocato propone ricorso dinanzi al CNF contestando, tra le altre cose, l'eccessività della sanzione applicata.

Con la sentenza n. 1 del 9 febbraio 2023, il CNF ritiene che in astratto possa ravvisarsi, nella condotta del legale che assume la difesa del suo cliente che intende ottenere la riforma di un provvedimento che gli dia la possibilità di corrispondere proprio a quel legale una somma significativa, anche il perseguimento di un interesse proprio del legale. Nel caso concreto, peraltro, si tratta di un interesse indiretto ma rilevante e al momento dell'assunzione dell'incarico era senza subbio sussistente, almeno in termini potenziali, visto che il ricorrente era ben consapevole delle difficoltà ad ottenere il proprio compenso, altrimenti non si sarebbe adoperato per sottoscrivere una convenzione con cui i genitori del minore si accollavano l'onere di corrispondere quel significativo compenso pattuito.
Del resto, il CNF ha recentemente affermato che la finalità della norma violata è quella di vietare la prestazione di attività professionale in conflitto di interessianche solo potenziale, offrendo garanzia al bene giuridico dell'indipendenza effettiva e dell'autonomia dell'avvocato e anche alla loro apparenza. In tal senso, deve essere protetta la dignità dell'esercizio professionale e l'affidamento della collettività sulle capacità professionali dell'avvocato di far fronte ai doveri imposti dalla sua funzione. Di conseguenza, l'eventuale autorizzazione della parte assistita, benché consapevole della condizione di conflitto di interessi, non vale ad assolvere il professionista dall'obbligo di astenersi dal prestare la sua attività ed è irrilevante l'asserita mancanza di un danno effettivo.
Preso atto di ciò, il CNF accoglie parzialmente la richiesta dell'avvocato circa la riduzione della sanzione, valutando con favore le condotte successive dello stesso rispetto all'assunzione dell'incarico.

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