
In ambito disciplinare, l'illecito deontologico può essere “consumato” o “tentato”.
Il COA di Roma applicava ad un avvocato la sanzionedisciplinare della cancellazione avendolo riconosciuto responsabile di essersi abusivamente introdotto, munito di appunti e trasmettitori, esibendo tesserino simile a quello in dotazione ai commissari di esame e qualificandosi delegato del COA, nelle aule ove si svolgeva la sessione di esami di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato per l'anno 2010, ed aver tentato di favorire partecipanti all'esame. Proposto gravame, il CNF lo rigettava confermando integralmente la sanzione irrogata dal COA.
Successivamente, la Cassazione accoglieva il ricorso dell'avvocato limitatamente alla doglianza sulla misura della sanzione con conseguente passaggio in giudicato degli altri capi della decisione impugnata e, segnatamente, con riferimento alla condotta materiale ascritta all'odierno ricorrente in riassunzione. Con tale pronuncia, la Suprema Corte, richiamato il contenuto dell'
Sulla scorta di tali indicazioni, il CNF comminava all'avvocato la sanzione della sospensione per anni due. Avverso tale sentenza, l'incolpato presentava ricorso, il quale veniva accolto dalla Cassazione limitatamente al motivo relativo all'individuazione ed applicazione della disciplina più favorevole e sulla determinazione della sanzione. Per questo motivo, rinviava al CNF per procedere «alla definitiva riqualificazione della condotta ascritta, alla determinazione della sanzione anche alla luce della disciplina sopravvenuta».
In punto di qualificazione della condotta, il CNF disattende l'eccezione del ricorrente circa l'inconfigurabilità della condotta ascrittagli, in quanto non risulterebbe provato che lo stesso «abbia fatto pervenire testi o scritti ad uno o più candidati». Infatti, prosegue il Consiglio, «la circostanza appare del tutto irrilevante in sede di qualificazione deontologica del fatto in quanto, in ambito disciplinare non è necessaria la consumazione dell'illecito, giacché la potenzialitàdella condotta è già per sé idonea e configurare l'illecito deontologicamente rilevante».
Successivamente, il CNF si occupa di individuare la sanzione. Tenuto conto che la violazione più grave tra quelle ascritte è quella dell'art. 72 C.d.f., del comportamento complessivo dell'incolpato, della gravità del fatto, delle circostanze, soggettive e oggettive nel cui contesto è avvenuta la violazione, nonché della compromissione che ne è derivata all'immagine della professione forense, il Consiglio ritiene congruo determinare la sanzione in anni uno e mesi quattro di sospensione, peraltro già scontati.
Con sentenza n. 44 del 25 marzo 2023, il CNF accoglie parzialmente il ricorso e ridetermina la sanzione inflitta all'avvocato.