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3 agosto 2023 Deontologia forense
Il cliente che trasferisce denaro all’avvocato mediante deposito fiduciario deve sempre dare istruzioni scritte
È quanto emerge dalla sentenza in commento. Per il CNF, infatti, è necessario precisare per iscritto l'utilizzo di dette somme al fine di evitare ambiguità e rischi nella gestione del denaro.
di La Redazione
«Qualsiasi somma corrisposta all'avvocato ed estranea al compenso professionale, deve essere custodita nel rispetto di precise regole. In particolare, al fine di evitare che si verifichino situazioni ambigue e poco trasparenti che potrebbero nuocere all'immagine dell'avvocatura, è necessario che la gestione del denaro avvenga sulla base di istruzioni scritte e ben definite (art. 30, co. 4, cdf), a prescindere dalla richiesta della parte assistita: la ratio di una disciplina così rigorosa nasce, evidentemente, dalla volontà del Legislatore di evitare che la disponibilità del denaro nelle mani dell'Avvocato sia “libera ed incontrollata”, al punto da potersi concretizzare abusi di tale situazione in danno del rapporto fiduciario che si instaura tra difensore e cliente ed in spregio delle eccezionali condizioni per cui l'Avvocato entra in possesso di tali somme (la sua qualifica professionale), senza contare il rischio patrimoniale che la confusione indotta dalla allocazione delle somme in rapporti non immediatamente riconducibili al cliente, possono produrre».
Questo è quanto afferma il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 86 del 9 maggio 2023.
Nel caso di specie, il cliente conferiva mandato all'avvocato ricorrente al fine di procedere esclusivamente alla nomina di altri professionisti, esperti in materia fiscale e tributaria, affinché potessero tutelare e assistere i fratelli dell'esponente (cliente) che erano indagati per gravi reati in materia fiscale.
All'atto di conferimento del mandato, su espressa richiesta dell'avvocato, la ricorrente corrispondeva l'importo di € 30.000,00 euro mediante assegno circolare.
Tale somma, era destinata a garantire il pagamento dei compensi che sarebbero stati concordati dall'avvocato con i diversi professionisti, esperti in materia fiscale e tributaria.
I clienti decisero di revocare l'incarico e chiesero la restituzione di quanto versato.
Tuttavia, a seguito del mancato adempimento dell'avvocato, la controversia giunge dinanzi al CDD, il quale riconosce la responsabilità dell'avvocato.
In particolare, secondo il Giudice, se è vero che l'importo corrisposto non costituiva un compenso per la prestazione professionale che avrebbe reso al difensore, sarebbe stato altrettanto vero che, trattandosi di una somma ricevuta in deposito, doveva essere comunque fatturata entro 60 giorni dalla ricezione della stessa ai sensi dell'art.3 del D.M. 31 ottobre 1974.
Il legale ha quindi violato l'obbligo di fatturazione. Infatti, ogni somma corrisposta al difensore ed estranea al compenso professionale deve essere custodita nel rispetto di precise regole. Questo per evitare che si verifichino situazioni ambigue e poco trasparenti che potrebbero nuocere all'immagine dell'avvocatura. È quindi necessario che la gestione del denaro avvenga sulla base di regole scritte e ben definite, indipendentemente dalla richiesta della parte assistita, al fine di tutelare maggiormente il cliente ed evitare che la disponibilità del denaro nelle mani del difensore sia "libera ed incontrollata".