Costituisce grave illecito disciplinare (oltreché penale) il comportamento dell'avvocato che, in violazione dei doveri deontologici, sottrae dal fascicolo d'ufficio di un procedimento giudiziario atti e/o documenti per appropriarsene e/o distruggerli.
Il CDD di Bologna disponeva ad un avvocato la sospensione dall'attività professionale per anni due e mesi dieci per aver sottratto alcuni documenti dal fascicolo che si trovava presso la Segreteria della Procura della Repubblica. Per tali fatti, il legale veniva colto sul fatto, arrestato in flagranza e quindi condannato a nove mesi di reclusione per il reato di violazione aggravata della pubblica custodia di cose.
L'avvocato ricorre dinanzi al CNF lamentando, tra i motivi di doglianza, il difetto di motivazione per omessa autonoma valutazione a livello disciplinare del fatto accertato in sede penale. Nello specifico, il ricorrente si duole del fatto che il CDD di Bologna non abbia riferito i motivi per i quali i fatti accertati in sede penale avessero rilevanza deontologica.
Il CNF rigetta il ricorso con sentenza n. 87 del 9 maggio 2023. A fondamento della sua decisione, il Consiglio ribadisce che il CDD può basare la propria decisione sulle prove raccolte in paralleli procedimenti penali, fermo restando il principio dell'autonoma valutazione dei comportamenti dal punto di vista disciplinare.
Venendo al caso di specie, il CNF osserva che «la medesimezza della condotta, la circostanza che l'incolpato abbia ammesso i fatti in sede di convalida dell'arresto, i luoghi, il grado del dolo, le implicazioni degli atti dallo stesso posti in essere, per come risultanti dalla sentenza penale, oggetto peraltro di conferma nei due gradi di impugnazione, rendono del tutto legittima la decisione del CDD che senza discostarsi dall'accertamento penale ha ritenuto autonomamente la rilevanza deontologica del comportamento dell'incolpato».
Pertanto, il Consiglio conferma la valutazione di congruità della sanzione applicata dal CDD e la motivazione da quest'ultimo adottata.