
La continuità o contiguità delle due sedi è sufficiente a far dubitare dell'imparzialità ed indipendenza dell'avvocato-mediatore ed integra una indubbia situazione di potenziale accaparramento e/o sviamento di clientela.
Il CDD di Messina comminava ad un avvocato la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per due mesi per aver instaurato una procedura di mediazione dinanzi all'Organismo, che presiedeva e che aveva sede al medesimo indirizzo del proprio studio legale, in violazione dell'art. 62 cdf.
Il professionista ricorre dinanzi al CNF censurando la sentenza impugnata per aver il CDD accertato la contiguità tra lo studio legale e sede dell'organismo, ma non la coincidenza: il ricorrente precisava che le due sedi si trovavano nel medesimo appartamento, ma non nel medesimo studio, avendo i due uffici ingressi e locali diversi.
La questione che il CNF deve dirimere è la seguente: l'accertata separazione dei locali, la loro continuità ma non coincidenza, vale ad escludere la violazione della disposizione del codice deontologico pertinente, oppure no?
Il CNF ha, innanzitutto, rilevato che il disvalore ascritto alla coincidenza, ovvero contiguità, tra sede dell'organismo di mediazione e sede dello studio legale deriva «dalla necessità di evitare anche la mera apparenza di una commistione di interessi, di per sé sufficiente a far dubitare dell'imparzialità dell'avvocato mediatore» ovvero ad integrare una indubbia situazione di potenziale accaparramento e/o sviamento di clientela.
Tali considerazioni portano a concludere che la separazione di locali all'interno del medesimo appartamento non valga ad escludere l'applicabilità dell'art. 55-bis comma IV (ora 62, c. 5) del CDF al caso in esame, poiché si tratta di tutelare una condizione astratta di indipendenza ed imparzialità, di garantire, anche visivamente una divisione tra l'attività di difesa e quella di mediazione.
Per questo motivi, il CNF rigetta il ricorso con sentenza n. 265 del 30 dicembre 2022.