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24 ottobre 2023 Deontologia forense
L’avvocato non può offrire prestazioni professionali ad un costo simbolico
Costituisce illecito disciplinare l'informazione, veicolata anche attraverso il web, fondata sull'offerta di prestazioni professionali gratuite ovvero a prezzi simbolici o comunque contenuti, in quanto volta a suggestionare il cliente sul piano emozionale.
di La Redazione
Nel 2018, un treno aveva deragliato e si era schiantato contro due palli della linea elettrica, causando parecchi feriti nonché alcuni morti. Pochissime ora dopo l'incidente, era apparso sulla pagina Facebook di uno studio legale un post in cui veniva offerta assistenza legale (definita «altamente qualificata») alle persone lese ed i congiunti delle vittime, aggiungendo che il pagamento dei compensi sarebbe stato effettuato solo a risarcimento ottenuto.
Da tale fatto, originavano una seria di esposti e segnalazioni, a seguito dei quali venivano promossi diversi procedimenti disciplinari nei confronti degli avvocati titolari dello studio. Ad esito dell'attività istruttoria, il CDD applicava ad alcuni professionisti la sanzione della censura, mentre ad altri quella della sospensione per 3 mesi, in quanto ritenuti responsabili di alcuni capi d'incolpazione, tra cui:
- violazione dell'art. 35.2 CDF, poiché «il post in questione travalica i limiti informativi del messaggio pubblicitario consentito all'avvocato: il messaggio è suggestivo, ingannevole e non corretto, contrario alla dignità e al decoro, comparativo e autocelebrativo»;
- -violazione dell'art. 37.5 CDF, poiché «è stata offerta, senza richiesta, l'assistenza (definita “altamente qualificata”) nelle azioni da promuovere in favore delle persone coinvolte e danneggiate, direttamente o indirettamente, nell'incidente ferroviario, quindi non una informativa rivolta ad un pubblico indefinito o ad una pluralità indistinta e non identificabile di persone».
Gli incolpati presentano ricorso chiedendo l'annullamento della decisione del CDD, evidenziando, tra vari motivi, l'insussistenza degli illeciti contestati.
Con sentenza n. 177/2023 del 20 settembre 2023, il CNF rigetta le doglianze dei ricorrenti e conferma la decisione impugnata, riformandola solo limitatamente al trattamento sanzionatorio.
Innanzitutto, costituisce violazione del divieto di accaparramento di clientela (art. 37 Cdf, già art. 19 Codice previgente), il comportamento dell'avvocato che, senza esserne richiesto, offra una prestazione personalizzata, cioè rivolta a una persona determinata per uno specifico affare, specie sfruttando un evento tragico come quello di specie.
In secondo luogo, per quanto attiene all'accaparramento mediante l'offerta di prestazioni professionali ad un costo simbolico, integra illecito disciplinare «l'informazione, diffusa anche attraverso siti internet, fondata sull'offerta di prestazioni professionali gratuite ovvero a prezzi simbolici o comunque contenuti bassamente commerciali, in quanto volta a suggestionare il cliente sul piano emozionale, con un messaggio di natura meramente commerciale ed esclusivamente caratterizzato da evidenti sottolineature del dato economico».
Da ultimo, l'avvocato risponde dei contenuti pubblicati dalla segretaria nelle pagine social dello studio. Quando egli attribuisca ad un terzo la facoltà di pubblicare, senza alcun effettivo controllo preventivo, contenuti nelle pagine social e/o sul sito web dello studio legale, risponde personalmente dell'eventuale rilevanza disciplinare dell'attività stessa per culpa in eligendo ed in vigilando. Mediante l'incauta delega, infatti, egli assume colposamente il rischio sufficiente ad integrare l'illecito deontologico, che non è nemmeno scriminato dal fatto che la pubblicazione sia avvenuta per un errore umano o tecnico del terzo, ovvero dalla successiva rimozione del contenuto stesso.