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11 dicembre 2023 Deontologia forense
Anche le condotte riferibili alla vita privata possono pregiudicare l’iscrizione nel registro speciale dei praticanti avvocati

I doveri di dignità, probità e decoro sono doveri generali e concetti guida a cui l'avvocato deve sempre ispirarsi nel proprio agire e deve rispettare nella vita privata e nei rapporti con i terzi.

di La Redazione

Il COA di Palermo rigettava l'istanza con la quale l'attuale ricorrente chiedeva di essere iscritto nel registro speciale dei praticanti avvocati senza il patrocinio. A fondamento di tale rigetto, il COA rilevava l'insussistenza del requisito di cui alla lett. h) c. 1, art. 17 L. n. 247/2012. In particolare, nel corso dell'interrogatorio il ricorrente aveva affermato di essere stato condannato in via definitiva con sentenza di primo grado confermata in appello e dalla Cassazione, per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose. Inoltre, il ricorrente aveva anche subito un procedimento penale per ricettazione e per calunnia.
L'istante ricorre dinanzi al CNF richiamando a fondamento della sua tesi quanto affermato dal sin dal 2014: «le condotte apprezzabili sotto il profilo morale non sono quelle riferibili alla dimensione privata dell'individuo, bensì quelle che rilevano ai fini della valutazione rispetto all'affidabilità del soggetto per il corretto svolgimento della specifica attività».

Nelle sue argomentazioni, il CNF ricorda anzitutto che nel nuovo ordinamento professionale forense, la formula della «specchiatissima e illibata» (D.L. n. 1578/1933) è stata sostituita dalla «condotta irreprensibile» (L. n. 247/2012), che tuttavia non modifica il contenuto sostanziale del requisito, dovendo valutare l'irreprensibilità della condotta alla stregua del Codice deontologico forense.
Pertanto, escludono la sussistenza della «condotta irreprensibile» i comportamenti non conformi alla disciplina positiva o alle regole deontologiche in quanto idonei ad incidere negativamente sull'affidabilità del richiedente anche e soprattutto in ordine al corretto svolgimento dell'attività forense.
Tuttavia, precisa il CNF, «non dovrebbero essere considerate ostative all'iscrizione all'Albo dei praticanti condotte che, per la loro natura occasionale o per la distanza nel temponon appaiono suscettibili di incidere attualmente (cioè al momento in cui la condotta assume rilievo) sull'affidabilità del soggetto in ordine al corretto svolgimento della specifica funzione o attività».

Non deve essere sottaciuto che i doveri di dignità, probità e decoro sono doveri generali e concetti guida a cui l'Avvocato deve sempre ispirarsi nel proprio agire e devono essere rispettati dal professionista, come prescritto anche dal Cdf, nella vita privata e nei rapporti con i terzi. A ben vedere la condotta tenuta dal ricorrente è per il CNF censurabile in quanto violativa dei precetti e dei doveri di correttezza, rispettabilità, discrezione. Infatti secondo il Codice deontologico forense, l'avvocato, anche al di fuori dell'attività professionale deve osservare i doveri di decoro.

Risulta evidente che i fatti occorsi hanno inciso negativamente sul prestigio, la dignità e decoro della classe forense: tale principio mira infatti a tutelare l'immagine dell'avvocato che, in quanto collaboratore della giustizia, deve improntare la sua condotta a criteri di correttezza e dignità. Per questi motivi, il CNF rigetta il ricorso con sentenza n. 205 del 19 ottobre 2023.