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17 gennaio 2024 Deontologia forense
L’avvocato deve emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi
È sanzionabile l’inadempimento del dovere di emettere il prescritto documento fiscale per ogni pagamento ricevuto.
di La Redazione
Un avvocato veniva sottoposto a procedimento disciplinare con l’accusa di aver, tra le altre, ricevuto dalla parte assistita una certa somma a titolo di acconto, senza emettere il prescritto documento fiscale. Ad esito del dibattimento, il CDD riconosceva il professionista colpevole dell’illecito in questione e gli comminava la sanzione della sospensione per mesi due.
 
Contro questa decisione, l’incolpato presenta ricorso deducendo, tra vari motivi, di aver quantificato per iscritto le cifre ricevute, fatto che dimostrerebbe la sua volontà di emettere fattura una volta ricevuto l’intero importo. Inoltre, lamenta egli che la fattura per l’acconto non sarebbe stata emessa a causa della situazione psico-fisica in cui si trovava, che sarebbe qualificabile come «forza maggiore».
 
Con sentenza n. 230 del 31 ottobre 2023, il CNF rigetta il ricorso.
 
Innanzitutto, obbligo dell’avvocato, sanzionato dagli artt. 16 e 29 Codice deontologico, è quello di emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi, restando irrilevante l’eventuale ritardo nell’adempimento in parola, non preso in considerazione dal Codice stesso.
 
In secondo luogo, ai fini dell’integrazione dell’illecito deontologico, è sufficiente la suitas” della condotta, intesa come volontà consapevole dell’atto che si compie, dovendo la coscienza e volontà essere interpretata in rapporto alla possibilità di esercitare sul proprio comportamento un controllo finalistico e, quindi, di dominarlo e di poterlo evitare.
 
Ciò presupposto, è evidente, nel caso in esame, la violazione da parte dell’incolpato dell’art. 29 Codice deontologico, che sanziona l’inadempimento del dovere di emettere il prescritto documento fiscale per ogni pagamento ricevuto. Condotta non scriminata dalle sue condizioni di salute, che non erano tali da costituire causa di «forza maggiore».
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