Il nuovo Codice deontologico si applica retroattivamente solo se più favorevole all’incolpato
Il procedimento disciplinare origina dalla nota trasmessa il 17 gennaio 2013 dalla Procura della Repubblica di Napoli al COA di Napoli con la quale si informava l'Ordine che era stata eseguita dal GIP del Tribunale di Napoli un'ordinanza di custodia cautelare emessa in data 8 gennaio 2013 nell'ambito di un procedimento penale a carico di quattro avvocati tra cui l'odierno ricorrente, accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, omissione in atti di ufficio e abusiva intromissione nel sistema informatico SICP.
In particolare, veniva contestato in sede penale ai suddetti professionisti il fatto per cui, con il necessario apporto di vari cancellieri in servizio presso la Corte d'Appello e il Tribunale e dietro pagamento di somme di danaro, gli stessi ritardavano la trasmissione di fascicoli ora in Cassazione ora alla Corte di Appello determinando vantaggi processuali ai propri assistiti, come per esempio scarcerazione per scadenza termini o prescrizione del reato.
Il COA di Napoli disponeva la sospensione cautelare dell'avvocato dall'esercizio dell'attività forense. In seguito all'esercizio dell'azione penale, il GIP presso il Tribunale di Napoli condannava lo stesso alla pena di 4 anni e 8 mesi di reclusione, disponendo altresì la revoca della misura cautelare cui l'incolpato era sottoposto.
Il COA di Napoli apriva il procedimento disciplinare e provvedeva alla citazione dell'odierno ricorrente per la seduta del 4 marzo 2014, poi differita all'11 marzo 2014, data in cui il procedimento disciplinare veniva sospeso in attesa dell'esito del procedimento penale.
Il CDD di Napoli, investito della vicenda, disponeva la citazione a giudizio dell'incolpato. All'esito del dibattimento, il CDD di Napoli comminava al difensore la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per 2 anni e 6 mesi.
Il professionista impugnava la decisione del CDD di Napoli chiedendo il proscioglimento per intervenuta prescrizione dell'illecito e la riduzione della sanzione nei limiti della sospensione già patita dal 29 gennaio 2013 al 22 luglio 2014 per un anno, 5 mesi e 23 giorni.
Il ricorso proposto dall’avvocato sottopone alla valutazione del CNF la verifica della maturazione del tempo per la prescrizione dell’illecito disciplinare e, in subordine, l’entità della sanzione da contenere, secondo la richiesta del ricorrente, nei limiti del presofferto.
Al fine di valutare la fondatezza del motivo di ricorso relativo alla prescrizione dell’azione disciplinare va verificata quale disciplina risulti applicabile al caso di specie, stante l’intervenuta novella normativa (l. 247/2012, art. 56) che ha modificato l’art. 51 del RDL 1578/1933.
In materia di sanzioni disciplinari a carico degli avvocati, l’art. 65, c. 5, della L n. 247/2012, nel prevedere, con riferimento alla nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, che le norme contenute nel nuovo codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli all’incolpato, riguarda esclusivamente la successione nel tempo delle norme del previgente e del nuovo codice deontologico. Ne consegue che per l’istituto della prescrizione, la cui fonte è legale e non deontologica, resta operante il criterio generale dell’irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative, sicché è inapplicabile lo jus superveniens introdotto con l’art. 56, comma 3, della legge n. 247 cit. e ciò anche alla luce della giurisprudenza costituzionale e comunitaria.
Non vi è dubbio, pertanto, che nel caso di specie trovi applicazione la normativa vigente al momento della consumazione degli illeciti (giugno/ottobre 2022), cioè quella di cui all’art. 51 RDL 1578/1933.
Applicandosi il vecchio regime e trattandosi di illeciti disciplinari in relazione ai quali è stata esercitata l’azione penale, opera il principio secondo il quale, nel caso in cui il procedimento disciplinare abbia luogo per i fatti costituenti anche reato e per i quali sia stata esercitata l’azione penale, il termine di prescrizione decorre solo dal momento del passaggio in giudicato della sentenza penale, nel caso di specie, con la sentenza della Corte di Cassazione del 21 febbraio 2018).
In conclusione, va affermato quindi che il termine di prescrizione dell’azione disciplinare non è maturato.

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«Il trattamento sanzionatorio, invece, non merita conferma. La nuova disciplina codicistica si applica ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore (15 dicembre 2014) se più favorevole per l’incolpato, ai sensi dell’art. 65 L. n. 247/2012 (che ha esteso alle sanzioni disciplinari il canone penalistico del favor rei, in luogo del tempus regit actum applicato in precedenza dalla prevalente giurisprudenza). Tale valutazione è da effettuarsi in concreto ed è pertanto necessario procedere al raffronto tra le disposizioni di cui agli articoli del Codice deontologico precedentemente vigente con le corrispondenti previsioni del nuovo Codice applicabili al caso di specie, al fine di verificare se siano mutati (in melius) l’inquadramento della fattispecie ed il regime sanzionatorio».
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In definitiva, il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 260 del 28 novembre 2023, ridetermina, in maniera più favorevole, la sanzione irrogata all’avvocato in un anno di sospensione dall’attività professionale.