Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 99 del 27 marzo 2024, riduce la sanzione disciplinare, comminata dal CDD, della sospensione dall'esercizio della professione forense a un anno al professionista per aver violato i doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza, previsti dall'art. 9 c.d.f., non avendo dato seguito alla richiesta formulata dall'avvocato di ricevere l'atto di citazione corredato della relata di notifica e per aver violato l'obbligo di collaborare con i difensori delle altre parti, anche scambiando informazioni, atti e documenti.
Inoltre, l'avvocato ricorrente ha violato anche l'articolo 50 c.d.f. per aver introdotto e coltivato un giudizio in primo grado, nella fase esecutiva e in appello, utilizzando un documento falso, avvalendosene per ottenere una sentenza di accoglimento della domanda, in contumacia del convenuto e per aver ottenuto fraudolentemente il pagamento dell'indennizzo e delle spese legali liquidate da parte di una compagnia assicuratrice e per aver applicato nella nota spese allegata alla sentenza notificata, voci di compenso non dovute.
L'avvocato ricorrente avrebbe, inoltre, consapevolmente attestato falsamente l'avvenuta notifica dell'atto di citazione mediante produzione di documento fraudolentemente predisposto, con l'intento di indurre in errore anche l'organo disciplinare.
Il procedimento disciplinare trae origine da un esposto depositato presso il COA di Velletri, dall'avvocato Caio che riferiva che il Comune di Albano Laziale veniva condannato, a titolo di risarcimento danni al pagamento di una somma di denaro di favore del cliente dell'avvocato ricorrente.
La relativa sentenza veniva notificata in forma esecutiva al Comune e l'avvocato Caio atteso che presso l'ufficio contenzioso comunale non risultava pendente alcun giudizio promosso dal cliente del ricorrente, effettuava una ricerca, all'esito della quale emergeva che, nonostante l'iscrizione a ruolo del giudizio presso il Tribunale di Albano Laziale non risultava pervenuto, tra i mesi di settembre e di ottobre 2012, al protocollo informatico del Comune di Albano Laziale alcun atto di citazione a firma dell'avvocato ricorrente.
L'avvocato ricorrente rilasciava all'avvocato Caio rassicurazioni generiche e contraddittorie e, dopo ulteriori sollecitazioni, dichiarava che l'atto di citazione era stato regolarmente notificato a mani, dall'Ufficiale giudiziario al signore dell'Ufficio Comunale, limitandosi ad inviare solo la prima pagina dell'atto di citazione.
Il COA di Velletri, invitava l'incolpata a controdedurre ex art. 11 Reg. CNF n. 2/2014 e questa precisava di aver prontamente inviato l'atto di citazione, indicando chi lo aveva ricevuto, ed attribuendo il fatto che l'avvocato Caio avesse ricevuto solo la prima copia dello stesso ad un mero errore nell'invio, di cui non era responsabile.
Il CDD comminava la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per 3 anni e 6 mesi, per la complessità della falsificazione posta in essere dall'incolpata non può essere stata il frutto di un momentaneo impulso, ma la realizzazione di un'idea pensata, sviluppata e quindi realizzata nel corso dei due gradi di giudizio.
Il CDD riteneva necessario aggravare la sanzione vista l'estrema gravità della condotta, il pregiudizio ai terzi e all'amministrazione della giustizia, la continuazione della condotta, il pregiudizio patrimoniale provocato, il vantaggio indebito dell'incolpata, le violazioni di principi fondamentali della deontologia.
Solo in ragione dell'incensuratezza disciplinare si poteva escludere l'applicazione della sanzione della radiazione, che sarebbe stata compatibile con la gravità delle condotte contestate e accertate.
La questione giunge dinanzi al CNF il quale nel ridurre la sanzione comminata dal CDD afferma che costituisce gravissima violazione dei principi di probità, dignità, decoro e lealtà, ai quali la professione forense deve sempre ispirarsi, oltre che del dovere di verità, il comportamento dell'avvocato che falsifica gli atti giudiziari, avvalendosene in giudizio e nelle altre sedi, collazionando in modo artificioso un atto giudiziario in realtà mai notificato, apponendovi la relata di un'altra notifica.