Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
24 maggio 2024
Penale e processo
Caso Contrada: la Corte EDU condanna l’Italia per mancanza di tutela contro l’abuso delle intercettazioni

La mancanza di tutela giurisdizionale per gli individui intercettati ma non imputati o indagati viola l'art. 8 della Convenzione.

di La Redazione

ilcasope

Un cittadino italiano, ex alto ufficiale di polizia e vicedirettore del servizio segreto civile (“SISDE”), si rivolge alla Corte EDU sostenendo che le intercettazioni disposte dall'autorità giudiziaria in relazione a un procedimento penale nel quale non era né indiziato, né imputato, avevano portato a una violazione di alcuni diritti convenzionali.

puntoeu

Con la decisione in commento, la Corte EDU ha ritenuto all'unanimità che vi fosse stata violazione dell'art. 8 (diritto al rispetto della privacy vita e corrispondenza) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo per quanto riguarda l'intercettazione e trascrizione delle comunicazioni telefoniche del ricorrente.

In via preliminare, la Corte osserva che le intercettazioni telefoniche erano previste dalla legge e, quindi, l'ingerenza aveva una base giuridica nell'ordinamento italiano. A tal proposito, ha ritenuto che le norme interne indicano con precisione i possibili destinatari, le circostanze e le condizioni che giustificano le intercettazioni, soddisfacendo così il requisito di prevedibilità della Convenzione nel contesto speciale della intercettazione delle comunicazioni.
In merito ai destinatari, occorre distinguere a seconda che l'individuo intercettato faccia parte o meno del procedimento penale. Infatti, mentre coloro che sono parte nel procedimento penale hanno accesso alle registrazioni e alle trascrizioni e possono rivolgersi al giudice nazionale per contestare la legittimità e la necessità delle intercettazioni, ai soggetti non coinvolti nel procedimento penale non è consentita tale possibilità.

Nel caso di specie, sebbene il ricorrente non fosse stato informato del fatto che il suo telefono fosse stato intercettato, aveva avuto conoscenza indirettamente del provvedimento durante la lettura del mandato di perquisizione; tuttavia, in base alla normativa nazionale sopra descritta, non aveva potuto contestarne la legittimità.
Per questo motivo, conclude la Corte, «la legge italiana non offriva garanzie adeguate ed effettive contro gli abusi a soggetti che erano stati sottoposti ad una misura di intercettazione ma che, poiché non lo erano stati sospettati o imputati di coinvolgimento in un reato, non erano parti nel procedimento».
In particolare, non esisteva alcuna disposizione secondo la quale tali soggetti potessero rivolgersi ad un'autorità giudiziaria per ottenere un controllo efficace della legittimità e della necessità della misura nonché per ottenere un risarcimento adeguato, a seconda del caso.

Segue la condanna all'Italia per violazione dell'art. 8 con un obbligo, per lo Stato italiano, di corrispondere al ricorrente 9mila euro per i danni non patrimoniali subiti.

La Corte EDU ha invece dichiarato irricevibile il ricorso nella parte relativa al mandato di perquisizione perché non è stato rispettato il previo esaurimento dei ricorsi interni.

Documenti correlati