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24 gennaio 2024 Penale e processo
PPT: prime prassi e criticità applicative
Il deposito (non solo telematico) degli atti del procedimento penale è uno dei temi che sta affannando gli operatori pratici (in primis gli avvocati). Dopo l'entrata in vigore del D.M. Giustizia n. 217/2023 cominciano a formarsi le prime prassi nei vari uffici giudiziari ma, al tempo stesso, aumentano paradossalmente le criticità. Infatti, l'ingresso a tappe dell'esclusività del deposito telematico degli atti penali (previsto dall'art. 111-bis c.p.p., introdotto dalla riforma Cartabia) ha creato nelle cancellerie profili problematici che ci apprestiamo ad affrontare per cercare nell'operazione (in verità ardua) di orientarci.
di Avv. Carmelo Minnella
Premessa
Il completamento del percorso di completa digitalizzazione del processo penale è ancora lontano. Il D.M. n. 217/2023 ha previsto vari step e cadenze temporali nei quali andrà a regime per tutti gli uffici il deposito esclusivo degli atti del procedimento penale (fino al 2026, rinvio a scheda operativa PPT: ecco le regole da seguire per il deposito telematico degli atti processuali penali e all'informativa Nuove regole tecniche per il processo penale telematico).
Questa scheda operativa nasce dal proficuo confronto con le cancellerie degli uffici giudiziari (soprattutto quelli delle impugnazioni), ossia i primi destinatari del deposito degli atti (sia esso cartaceo, sia via Pec che tramite il portale) e dai quali sono emerse le prime prassi applicative e le nuove criticità.
Canali di deposito attualmente vigenti dopo il D.M. n. 217/2023
  • Portale deposito atti procedimento penale: deposito esclusivo per atti nella fase delle indagini preliminari (tranne per impugnazioni cautelari e sequestro), opposizione richiesta archiviazione, riapertura delle indagini e la nomina, revoca e rinuncia del difensore (anche in tutte le fasi successive alle indagini preliminari)
  • PEC: tutti gli atti per i quali è ancora ammesso il deposito con modalità non telematiche (quindi nella fase delle indagini preliminari solo impugnazioni cautelari e sequestro; tutti gli atti nelle fasi successive, tranne per la nomina, revoca e rinuncia del difensore per le quali è previsto il deposito esclusivo nel portale
  • Cartaceo: tutti gli atti per i quali non vi è l'obbligo del deposito telematico, in sostanza tutti gli atti che possono essere inviati via PEC
Il portale unico mezzo di deposito telematico degli atti del procedimento penale
  • L'art. 111-bis c.p.p. non fornisce una definizione di “modalità telematica”: non individuano cioè quale sia il mezzo – portale o PEC – attraverso il quale avviene la trasmissione e il deposito del documento informatico.

legislazione

Il D.M. n. 217/2023 ha invece modificato il Regolamento n. 44/2011, introducendo l'art. 13-bis, rubricato trasmissione dei documenti da parte dei soggetti abilitati esterni nel procedimento penale, a norma del quale 

«1. Nel procedimento penale, gli atti e i documenti in forma di documento informatico di cui agli articoli 11 e 12 sono trasmessi da parte dei soggetti abilitati esterni attraverso la procedura  prevista  dal portale dei depositi telematici o dal portale delle notizie di  reato previa autenticazione del soggetto depositante, secondo le specifiche tecniche previste dall'articolo 34. 

2. Gli atti e i documenti di cui al comma 1, si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione da parte del portale dei depositi telematici, che attesta il deposito dell'atto o del documento presso l'ufficio giudiziario competente, senza l'intervento degli operatori della cancelleria o della segreteria, salvo il caso di anomalie bloccanti».

  • Quindi, il D.M. n. 217/2023 individua il portale come unico mezzo di deposito telematico degli atti del procedimento penale.
  • Tale aspetto assume rilievo fondamentale per dirimere la quaestio – in verità rimasta ancora nell'ombra ma parecchio insidiosa – del perimetro applicativo della trasmissione degli atti a mezzo PEC, che ci apprestiamo ad affrontato.
Ammesso il deposito via PEC?

attenzione

Siamo sicuri che è ammesso il deposito via PEC per gli atti in cui il D.M. n. 217/2023 ha previsto comunque il deposito facoltativo (lasciando il doppio binario, attraverso il deposito cartaceo)?

  • Infatti, a seguito del nuovo regolamento sulla individuazione delle modalità tecniche e degli uffici sul deposito telematico degli atti del procedimento penale, contenute nel D.M. n. 217/2023, di attuale ed immane rilievo è la questione relativa dell'ammissibilità del deposito via PEC – espressamente prevista dal comma 8 dell'art. 3 del D.M. n. 217/2023 – per i depositi da parte dei difensori «per tutti i casi in cui il deposito può avere luogo anche con modalità non telematiche».
  • Sembra chiaro che tale disposizione del regolamento è in chiaro contrasto (e non può derogare) ad le norme di legge, dettate dalla disciplina transitoria della riforma Cartabia, ossia gli artt. 87 e 87-bis del D.Lgs. n. 150/2022

legislazione

In tale cornice normativa è previsto

  • all'art. 87, comma 3 che «Con uno o più decreti del Ministro della giustizia sono individuati gli ulteriori atti per i quali è consentito il deposito telematico con le modalità di cui al comma 6-bis»;
  • correlativamente, l'art. 87-bis, comma 1, prescrive che «Sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'articolo 87, ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 del medesimo articolo per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati, per tutti gli atti, i documenti e le istanze comunque denominati diversi da quelli previsti nell'articolo 87, comma 6-bis, e da quelli individuati ai sensi del comma 6-ter del medesimo articolo, è consentito il deposito con valore legale mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui all'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44».
  • al successivo comma 6-quinquiesche «Per gli atti di cui al comma 6-bis e per quelli individuati ai sensi del comma 6-ter, l'invio tramite posta elettronica certificata non è consentito e non produce alcun effetto di legge». 
  • L'interpretazione letterale e sistemica del quadro normativo induce a ritenere che il regolamento (emanato ai sensi dell'art. 87, commi 1 e 3, del D.Lgs. n. 150/2022) ha individuato gli atti per i quali è ammesso il deposito, obbligatorio fin da subito o momentaneamente facoltativo, tramite il portale (stavolta facendo riferimento non al criterio dell'elencazione dei singoli atti ma agli uffici giudiziari). Per cui deve ritenersi che, pur differendo e scaglionando il D.M. n. 217/2023 l'entrata in vigore dell'obbligo del deposito tramite portale, siano stati individuati gli atti per i quali è già previsto il deposito, obbligatorio o facoltativo, al portale, la conseguenza è per gli stessi, ai sensi dell'art. 87, commi 3 e 6-quinquies, della riforma Cartabia, non è ammesso il di canali diversi dal portale, quindi né cartaceo né PEC.
  • Si potrebbe obiettare che l'art. 87, comma 6-bisD.Lgs n. 150/2022 la conseguenza dell'inefficacia del deposito via PEC parte dal «quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati …». Pertanto, si potrebbe argomentare che fino a quando non si scade la data in cui scatterà l'esclusività del deposito telematico (con conseguente definitivamente abbandono del deposito cartaceo), sono ammessi – così come prevede l'art. 3, comma 8, del D.M. n. 217/2023 il deposito a mezzo PEC.
  • Tale lettura, però, non tiene conto che il successivo comma 6-ter prevede statuisce che «Con uno o più decreti del Ministro della giustizia sono individuati gli ulteriori atti per i quali è consentito il deposito telematico con le modalità di cui al comma 6-bis». E, come detto, l'art. 87-bis consente il deposito via PEC solo per gli atti diversi da quelli indicati nel regolamento.
  • Ebbene, il D.M. n. 217/2023 ha previsto gli atti per i quali è “consentito” il deposito telematico. Ergo, entra in gioco il comma 6-quinquies: per gli atti di cui al comma 6-bis e per quelli individuati ai sensi del comma 6-ter, il deposito tramite PEC non è consentito e non produce alcun effetto di legge. 
  • Invece, solo per gli atti diversi da quelli individuati dall'art. 87, commi 6-bis e 6-ter continua ad essere consentito, ai sensi del successivo comma 6-quinquies, il deposito via PEC.
  • Ecco, allora che un atto di fonte secondaria – il D.M. n. 217/2023 – non può derogare la norma di rango primario superiore che consente il deposito via PEC in via transitoria soltanto fino all'individuazione degli atti da parte dell'emanato regolamento, ai sensi dell'art. 87, commi 1 e 3, della riforma Cartabia.
  • È indubbio allora che il D.M. n. 217/2023 abbia sconfinato i contorni definiti dal potere legislativo e, sul punto, risulti illegittimo.
  • Tale possibilità di affiancare il deposito via PEC ai casi in cui il deposito può momentaneamente avvenire anche con modalità non telematiche ma è stato già previsto il deposito ‘con modalità telematiche' (queste ultime riferibili esclusivamente al portale e non alla PEC, come si evince chiaramente dall'introdotto neo art. 13-bis del D.M. n. 44/2011, proprio ad opera del D.M. n. 217/2023) dovrebbe essere prevista con apposita norma avente forza di legge.

precisazione

Se tale lettura risulta corretta, solo laddove il D.M. n. 217/2023 ha espressamente escluso il deposito tramite portale (comma 3) deve ritenersi ancora ammissibile il deposito dei relativi atti via PEC. Si fa riferimento, come già supra esplicitato:
  1. agli atti degli uffici diversi da quelli indicati dal comma 2 e quindi a Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni; il Tribunale per i minorenni, il Tribunale (e Ufficio) di sorveglianza; la Procura generale presso la Corte di cassazione; la Corte di cassazione;
  2. gli atti relativi alle fasi disciplinate dai libri X (fase esecutiva) e XI (rapporti con le autorità straniere) del codice di rito.
  • Si dirà che il D.M. n. 217/2023, accogliendo le richieste dei massimi organi dell'avvocatura, rende manifesta l'intenzione del Guardasigilli e della componente governativa è nel senso di ammettere (expressis verbis) il deposito via PEC.

attenzione

Attenzione

Si è consapevoli che la lettura qui proposta è contraria all'impostazione del Ministero della Giustizia e del DGSIA. In attesa di avere notizie certe (che orientino gli operatori) e per non trovarsi spalancate le porte di pericolose inammissibilità – qualora se nei successivi gradi dei giudizi e soprattutto in Cassazione, dovesse passare tale ricostruzione del dato normativo – si reitera il consiglio di non utilizzare il canale PEC per il deposito degli atti – in primis quelli di impugnazione - ma solo quello del portale dei depositi dei servizi telematici e quello cartaceo.

Le cancellerie, ovviamente, sono tenute a scaricare l'impugnazione via PEC e ad inserirla nel fascicolo (che al momento resta cartaceo, visto che l'art. 111-ter c.p.p., sul fascicolo informatico, abbisogna che tutti gli uffici sia previsto il deposito esclusivo tramite il portale ad esempio, per il ricorso per cassazione, alla Suprema Corte andrà inviato il fascicolo cartaceo, non essendo previsto il deposito al portale per tale fase processuale per tutto il 2024).

Insomma, bisognerà vedere qual è intenzione del legislatore (e non della fonte secondaria, non abilitata a fornire interpretazioni autentiche) e come i giudici dei vari gradi del giudizio e soprattutto il Giudice nomofilattico interpreterà il puzzle normativo relativo al combinato disposto di atto avente forza di legge (D.Lgs. n. 150/2022) e rinvio al regolamento attuativo (sulle competenze e profili in ordine alle inammissibilità telematiche si rinvia alla informativa Recenti interventi e arresti sui giudizi di impugnazione: tra proroghe e insidie per gli avvocati).

Diritti di copia per il deposito delle impugnazioni: ancora dovuti?

attenzione

L'emanazione del regolamento ex art. 87, commi 1 e 3 D.Lgs. n. 150/2022 – per l'appunto il DM n. 217/2023 – dovrebbe portare le cancellerie a non richiedere più i diritti di copia, sia per le impugnazioni depositate tramite il portale che per quelle (laddove consentite) a mezzo PEC.

  • Sappiamo che la questione si è posta, all'indomani dell'entrata in vigore della riforma Cartabia per le impugnazioni via PEC.

esempio

Molti avvocati, dopo aver proceduto con il deposito via PEC dell'appello e del ricorso per cassazione, si sono visti recapitare, a loro volta, una PEC dalla cancelleria del giudice a quo che ha ricevuto l'atto, invitandoli ad inviare copia della ricevuta di pagamento effettuato tramite PST per diritti di copia per gli appelli da stampare ai sensi dell'art. 164 delle disposizioni attuative, rimasto vigente (a loro dire) fino all'emanazione dei regolamenti previsti dal D.Lgs. n. 150/2022. Altri uffici, invece, hanno invitato, sempre via PEC, gli avvocati, in alternativa al pagamento dei diritti di copia, a depositare le copie cartacee presso lo stesso ufficio impugnazioni.

  • Per risolvere la quaestio, l'Ufficio Affari a servizio dell'amministrazione della giustizia ha diramato il 16 marzo 2023 una circolare avente ad oggetto il seguente Quesito Filo Diretto del Dirigente del Tribunale ordinario di Bari: all'esito della conversione del D.L. n. 162/2022, da un lato risulta l'abrogazione dell'art. 164 disp. att. c.p.p. per via dell'art. 98, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 150/2022; dall'altro risulta invece che la stessa norma sia stata resa ultrattiva a causa della norma transitoria ex art. 87, comma 6, D. Lgs. cit. a norma della quale «sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati, continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 164».

precisazione

Ebbene, proprio tale ultrattività rende necessari i chiarimenti oggetto della presente circolare, interrogandosi se l'art. 164 cit. abbia valenza limitata al solo caso della presentazione dell'impugnazione tramite deposito degli atti in forma analogica oppure riguardi anche l'invio telematico dell'impugnazione. 

Al fine di scongiurare danni all'erario per l'inosservanza della disposizione sopra citata, ove cogente, l'Ufficio chiede di chiarire

  • se sia obbligatorio, anche in caso di invio dell'impugnazione tramite PEC, il deposito delle copie previste in base al tipo di impugnazione; 
  • in caso di risposta affermativa se, in difetto di deposito delle copie, da parte del difensore, si debba richiedere “il pagamento dei diritti di copia e in caso di mancata corresponsione procedere al recupero coattivo”.

Si risponde al primo quesito in senso affermativo, ritenendo che l'art. 164 disp. att. c.p.p. resti applicabile, ai sensi e per gli effetti dell'art. 87, comma 6, D.Lgs. n. 150/2022, anche quando l'atto d'impugnazione sia stato trasmesso tramite PEC, così come consentito dal successivo art. 87-bis.

Consequentur, vi è la necessità, di dare risposta affermativa anche al secondo quesito. Ed in caso di mancato deposito delle copie prescritte dalla legge, l'ufficio applicherà la disposizione di cui all'art. 272 D.P.R. n. 115/2002, a norma del quale il diritto dovuto per le copie ai sensi dell'art. 164 è triplicato (comma 1). Inoltre, se il diritto di copia non è pagato spontaneamente dall'impugnante, il funzionario addetto all'ufficio procede alla riscossione mediante iscrizione a ruolo, e relative norme transitorie, in solido nei confronti dell'impugnante e del difensore (comma 2). 

Dopo l’emanazione del D.M. n. 217/2023 il quadro cambia
  • Deposito al Portale: non dovuti i diritti di copia per espressa previsione dell'art. 87, comma 6, della riforma Cartabia. 
  • Deposito a mezzo PEC: anche qui una volta emanato il regolamento ministeriale non dovrebbero applicarsi più i diritti di copia. Vero è la Pec non viene considerata una modalità telematica di deposito (l'unica, come detto, alla luce del neo art. 13-bis D.M. n. 44/2011 è quella tramite il portale) ma risulta dirimente il chiaro disposto normativo dell'art. 87, comma 6, D.Lgs. n. 150/2022.
La transizione digitale costa, è vero. Ma essa non può essere pagata con le tasche degli avvocati (rectius, dei cittadini) ma con i fondi del Netx Generation EU, a cui la riforma Cartabia sulla giustizia (civile e penale) si ispira ed è diretta.
Pagamento diritti e spese esclusivamente con pagoPA
  • In ogni caso si ricorda che il pagamento dei diritti può avvenire ormai solo con pagoPA.
  • Il D.M. n. 217/2023, infatti, mette fine all'annosa questione (inerente per la verità solo il procedimento penale), sul pagamento dei diritti e spese di cancelleria con il canale di pagoPA. Modificando l'articolo 30 del D.M. n. 44 del 2011, l'art. 2 lett. g) del neo regolamento ha previsto che potranno effettuarsi «esclusivamente tramite pagoPA, accedendo al portale dei servizi telematici».
E se il Portale non funziona? Tra anomalie bloccanti, malfunzionamento del sistema e restituzione nel termine
Cosa succede che alcuni uffici giudiziari non sono abilitati col portale o se, pur avendolo, dicono agli avvocati che non riescono a vedere 
  • Si sconsiglia di accettare il suggerimento di depositare l'atto (in primis quello di impugnazione) via PEC! E comunque si suggerisce di farsi rilasciare attestazione dall'ufficio impugnazione di non avvenuto ricevimento nel portale dell'impugnazione o di mancata attivazione o funzionamento del portale.
  • Si consiglia di stampare e soprattutto conservare il file della ricevuta digitale del deposito dell'atto generata dal portale.
  • Non siano in queste ipotesi nell'area del malfunzionamento del sistema, previsto dal sistema transitorio disegnato dalla riforma Cartabia nell'art. 87, comma 6-quater D.Lgs n. 150/2022, che opera solo se «è attestato dal Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, con provvedimento pubblicato nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia con indicazione del relativo periodo. In tali ipotesi, il termine di scadenza per il deposito degli atti è prorogato di diritto fino al giorno successivo al ripristino della funzionalità del portale».
  • La norma sul malfunzionamento del sistema peraltro, a rigore, doveva restare in vigore in vigore fino dal 15 gennaio 2024, ossia fino all'entrata in vigore del regolamento attuativo, ai sensi dell'art. 87, commi 1 e 3, D.Lgs. n. 150/2022, quindi del D.M. n. 217/2023
  • Se tale lettura è corretta, nessuna proroga può essere disposta in tali casi salvo rifugiarsi entro gli angusti spazi della restituzione del termine dovendo però dimostrare che siamo all'interno della forza (informatica) maggiore o del caso (telematico) fortuito.
  • Dovremmo rientrare in questi casi nell'alveo delle “anomalie bloccanti” per le quali – come visto – ai sensi del neo art. 13-bis D.M. n. 44/2011 (introdotto proprio dal D.M. n. 217/2023) gli atti e i documentali non si intendono ricevuti.
Il mandato specifico ad impugnare rilasciato dall’imputato assente dopo la sentenza non va obbligatoriamente depositato tramite Portale

legislazione

Com'è noto, ai sensi del neo art. 581, comma 1-quater, c.p.p., «Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l'atto d'impugnazione del difensore è depositato, a pena d'inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio».

Qualcuno inizia a porsi il problema se tale specifico mandato vado caricato esclusivamente al portale in quanto è da equipararsi ad una nomina a difensore di fiducia (come tale il D.M. n. 217/2023 ne ha previsto il deposito esclusivo al portale).
Non sembra corretta tale lettura e non appare fondato l'obbligo di deposito telematico del mandato di cui all'art. 581, comma 1-quater, c.p.p., per diverse ragioni:
  • il mandato specifico ad impugnare si sostanzia, semmai, in una procura speciale ma mai in una nomina a difensore di fiducia, già presente in atti;
  • laddove il portale ha già incamerato la nomina del difensore, il mandato ad impugnare non costituisce né una nomina, né una procura speciale;
  • poiché si tratta di dare – col mandato specifico – la legittimazione al difensore a presentare l'impugnazione da allegare a quest'ultima, il deposito esclusivo di quest'ultima peraltro farebbe venire meno la contestualità (che sembra richiesta dall'art. 581, comma 1-quater, c.p.p.) tra il mandato specifico e l'atto di impugnazione in caso di deposito cartaceo del gravame (a tacere del fatto che la cancelleria dell'ufficio impugnazioni non conosce il deposito telematico del mandato ad hoc per impugnare);
  • il mandato ex art. 581, comma 1-quater, non può mai essere equiparato ad una nomina di fiducia in quanto anche senza di esso il difensore resta l'avvocato già nominato a rappresentare il proprio assistito anche nelle fase successive del processo (si pensi al caso di appello o ricorso in cassazione del PM) e financo, in alcuni casi, nella fase esecutiva (nella quale – come ricorda da ultimo, Cass. pen., Sez. 1, n. 43933/2023 – pur non valendo la nomina della cognizione nella successiva esecuzione, è prevista la deroga dell'art. 656, comma 5, c.p.p., per la sospensione dell'ordine di carcerazione delle pene detentive brevi).
Che fine fanno le richieste di archiviazione con avviso alla persona offesa?
Per quanto concerne gli atti per i quali è stato introdotto il deposito esclusivo tramite portale a partire dal 15 gennaio 2024, il CSM, nel suo parere all'emanando regolamento del 6 dicembre 2023, ha messo in luce le problematiche che emergono per il flusso archiviazione-riapertura delle indagini, perché l'applicativo PPT al momento non consente né la notifica esterna alla persona offesa né la possibilità di prendere visione del fascicolo. Idem per l'archiviazione per particolare tenuità del fatto.
  • La mancata piena informatizzazione di tale flusso, potrebbe (aveva messo in guardia il CSM) provocare un aggravio organizzativo a causa della necessaria attività di conversione in digitale degli atti analogici dell'intero procedimento qualora ciò fosse ritenuto necessario per attivare il flusso PM-GIP ai fini dell'archiviazione in APP, come attualmente impone il testo del decreto.
  • Il CSM aveva proposto una soluzione – prevedendo, in via alternativa o congiunta, che l'obbligatorietà del deposito digitale: a) riguardi i soli procedimenti iscritti a partire dall'1.1.24; b) attenga alla sola richiesta di archiviazione del PM nonché ai successivi provvedimenti del GIP e non anche al deposito digitale degli “atti, documenti, richieste e memorie” come risulta attualmente dal testo del comma 8 dell'art. 3 del D.M. in esame, letto in relazione all'art. 408, comma 1, secondo periodo, c.p.p. – che non è stata seguita dal decreto n. 217/2023.
Ad ogni modo le Procure iniziano ad organizzarsi prevedendo:
  • quanto al profilo intertemporale, nel silenzio della norma regolamentare, che le richieste di archiviazione depositate entro il 13 gennaio 2024 verranno gestite attraverso la modalità analogica di sottoscrizione e trasmissione al GIP del fascicolo (in questo senso per data di deposito si ritiene possa intendersi quella di sottoscrizione della richiesta di archiviazione); mentre le richieste di archiviazione depositate a partite dal 15 gennaio 2024 (anche se inerenti a procedimenti iscritti in data precedente) verranno sottoscritte digitalmente, depositate e trasmesse al GIP solo tramite l'applicativo informatico APP (disposizioni organizzative della Procura di Perugia in materia di processo penale telematico in materia di archiviazioni dell'11 gennaio 2024; e quelle della Procura di Siracusa del 16 gennaio 2024);
  • per i fascicoli relativi a procedimenti per i quali è richiesto o dovuto l'avviso alla persona offesa, non essendo stato implementato in APP il modello di avviso ed il relativo flusso telematico, «esse dovranno essere allo stato accantonate, fino al rilascio dell'aggiornamento, comunque previsto nei prossimi giorni; ci si riserva, comunque, di prevedere con una nuova disposizione l'invio cartaceo dei fascicoli indicati ove la problematica non venisse risolta in tempi brevi» (ancora Procura Perugia). Mentre la Procura di Siracusa, prevede che nell'immediatezza verrà trasmesso al GIP il fascicolo cartaceo.
Manca nel portale la possibilità di depositare la nomina al GIP
Come faccio se devo depositare una nomina all'ufficio del Giudice per le indagini preliminari? Nell'attuale versione del PDP sembrano proprio essersi dimenticati dell'ufficio GIP.
Soluzioni: depositare al Tribunale e inserire nell'oggetto che l'atto è indirizzato al GIP.
Tuttavia, scrivendo a info.ppt@giustizia.it, chiedendo, ad esempio, di depositare una nomina indirizzata al GIP e, come atto contestuale una memoria. 
A rigore, l'atto deve essere depositato obbligatoriamente al PDP (essendo esclusi quindi il deposito cartaceo che PEC) il quale, però, allo stato, non consente il deposito al Gip, ma solo al Tribunale. 

esempio

La risposta dell'Ufficio ministeriale del PPT è in questi termini: 

«Con l'attuale versione del PDP, si possono mandare al GIP gli atti solo come atti successivi. 

Al GIP non si può depositare un sollecito o una nomina e di conseguenza nessun atto contestuale. Tale scelta funzionale subirà un'evoluzione a seguito di un intervento sui sistemi coinvolti.

Gli Uffici e gli Ordini forensi saranno avvisati con apposita nota.

Poiché non viene esclusa la possibilità di depositare in maniera telematica tramite PEC, la invitiamo ad utilizzare tale modalità».

In questo caso, quindi, non essendo tecnicamente possibile il deposito all'ufficio GIP, sarebbe uno dei casi in cui è ammesso il deposito cartaceo e certamente la PEC.
Tra ritardi e incerte rotte di navigazione
Si ribadisce che il D.M. n. 217/2023 risponde all'urgenza di arrivare alla digitalizzazione del processo penale, in attuazione delle due riforme “Cartabia” e nei tempi stabiliti dal PNRR, ossia proprio alla fine del 2023. Obiettivo che non può ritenersi raggiunto sul versante penalistico, visto che l'obbligo di deposito esclusivo col portale è stato disposto solo per una piccola fetta degli atti procedimentali (quelli per i quali dal 15 gennaio 2024 è stato previsto il deposito esclusivo al portale). Siamo pertanto lontani dall'approdo alla completa digitalizzazione del processo penale.
Lo slittamento del deposito esclusivo della maggior parte degli atti del procedimento penale degli atti processuali, rende la situazione del processo penale telematico alquanto caotica e problematica, come dimostrano le accennate criticità applicative e quelle che continueranno ad affiorare (e delle quali vi continueremo a darvi prontamente conto).
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