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7 settembre 2021
Distinguere la bancarotta fraudolenta distrattiva da quella preferenziale: la Cassazione fa un po’ di chiarezza

Con la sentenza in oggetto, gli Ermellini precisano in quali casi si può parlare di bancarotta fraudolenta per distrazione ed in quali, invece, di bancarotta preferenziale.

La Redazione

La Corte d'Appello di Milano rideterminava la pena inflitta all'imputato, ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva.
Contro tale decisione, l'imputato propone ricorso per cassazione, eccependo la mancata riqualificazione della condotta di reato in bancarotta preferenziale, avendo egli incassato la somma di 75mila euro allo scopo di soddisfare parzialmente un proprio credito certo, liquido ed esigibile nei confronti della società della quale era stato legale rappresentante.

Con la sentenza n. 32930 del 6 settembre 2021, la Suprema Corte dichiara fondato il motivo di ricorso prospettato dal ricorrente, evidenziando che la giurisprudenza di legittimità ha tracciato linee di confine ben definite per differenziare i casi in cui si configura il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva e quelli in cui si configura quello di bancarotta fraudolenta preferenziale. Per fare chiarezza, la Corte richiama le 3 direttrici ermeneutiche che sono state elaborate dalla giurisprudenza sul tema, le quali hanno una base in comune: «gli amministratori o i soci risponderanno di bancarotta distrattiva o di bancarotta preferenziale a seconda della ragione creditoria soddisfatta attraverso il prelievo di somme durante la fase di dissesto della fallita». Ciò posto, tali direttrici possono così riassumersi:

  • Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti (effettuati dai soci a favore della società poi fallita) in conto capitale integra la fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo ad alcun credito liquido ed esigibile nel corso della vita della società. Per tali somme opera, dunque, il criterio di postergazione ex art. 2467 c.c.;
  • Il prelievo di somme in qualità di restituzione di versamenti effettuati dai soci a titolo di mutuo o prestito integra, invece, la fattispecie di bancarotta preferenziale. In questi casi, non avendo i finanziamenti natura di conferimenti di capitale di rischio, essi rappresentano la nascita di crediti effettivi ed esigibili in capo ai soci, senza andare incontro ad un «depauperamento dell'asse patrimoniale»;
  • Il prelievo di somme da parte dell'amministratore a titolo di pagamento per le prestazioni lavorative svolte a favore della società poi fallita durante il periodo di dissesto della stessa, integra infine il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, non essendo possibile distinguere la sua qualità di creditore da quella di amministratore.

Ciò chiarito, la Corte di Cassazione rileva che nel caso in oggetto, il versamento del cui rimborso l'imputato è accusato era stato corrisposto a titolo di prestito; dunque, esso avrebbe dovuto essere inquadrato più correttamente come delitto di bancarotta preferenziale (previa verifica della natura del conferimento), anziché di bancarotta distrattiva.
Ad avvalorare la tesi della ricorrente, la Corte richiama, inoltre, il principio di diritto già affermato secondo cui «in tema di reati fallimentari, mentre il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; viceversa, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale». Per distinguere, invece, la natura dei versamenti effettuati dal socio o amministratore, lo stesso precedente afferma che ciò rientra in una questione di interpretazione della volontà delle parti.
Segue l'annullamento della pronuncia impugnata per un nuovo esame.

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