Come già affermato dalla Corte Costituzionale, la mancata soggezione a misure cautelari costituisce un requisito essenziale ai fini dell'ottenimento del reddito di cittadinanza, così come l'assenza di una condanna per specifici reati.
Il GIP presso il Tribunale di Catanzaro sospendeva con effetto immediato l'erogazione del reddito di cittadinanza nei confronti dell'imputato, al quale era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di cui all'
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Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con l'ordinanza di cui in epigrafe il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Catanzaro, in applicazione del disposto del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, art. 7, comma 1 e 4, sospendeva con effetto immediato l'erogazione del beneficio del reddito di cittadinanza nei confronti di P.F., imputato del reato di cui all'art. 612 bis c.p., e sottoposto, per tale reato, alla misura cautelare degli arresti domiciliari.
2. Avverso la suddetta ordinanza, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando: 1) l'abnormità del provvedimento di cui si discute, alla cui adozione, rileva il ricorrente, il giudice procedente non era legittimato, in quanto, da un lato, il suddetto giudice è intervenuto d'ufficio, dunque in violazione dell'art. 328 c.p.p., comma 1, al di fuori di una specifica istanza di parte, in occasione della decisione da assumere sulla richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, formulata dal P.; dall'altro, il provvedimento è stato adottato in una fase processuale in cui era venuto meno il potere di provvedere, poichè, non solo si era già esaurita la fase delle indagini preliminari, ma era già stata fissata la data dell'udienza preliminare innanzi ad altro giudice; 2) violazione di legge, in quanto nell'ordinanza impugnata il giudice per le indagini preliminari ha disposto che la sospensione del reddito di cittadinanza fruito dall'imputato debba operare retroattivamente a far data dal 15.9.2020, in palese violazione del D.L. n. 4 del 2019, art. 7-ter, secondo cui "I provvedimenti di sospensione di cui al comma 1 sono adottati con effetto non retroattivo".
3. Con requisitoria scritta del 21.1.2021, depositata sulla base della previsione del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, che consente la trattazione orale in udienza solo dei ricorsi per i quali tale modalità di celebrazione è stata specificamente richiesta da una delle parti, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
4. Il ricorso va dichiarato inammissibile, per le seguenti ragioni.
Come è noto, ai sensi del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, art. 7 ter, comma 1 e 2, recante "Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza", "Nei confronti del beneficiario o dei richiedente cui èappiicata una misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, nonchè del condannato con sentenza non definitiva per taluno dei delitti indicati all'art. 7, comma 3, l'erogazione del beneficio di cui all'art. 1 è sospesa.
2. I provvedimenti di sospensione di cui al comma 1 sono adottati con effetto non retroattivo dal giudice che ha emesso la misura cautelare, ovvero dai giudice che ha emesso la sentenza di condanna non definitiva, ovvero dal giudice che ha dichiarato la latitanza, ovvero dal giudice dell'esecuzione su richiesta del pubblico ministero che ha emesso l'ordine di esecuzione di cui all'art. 656 c.p.p., al quale il condannato si è volontariamente sottratto".
Come rilevato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 122 del 20 maggio dei 2020, con cui è stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale del citato D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, art. 7, "il provvedimento di sospensione del reddito di cittadinanza, nel caso di sopravvenuta misura cautelare a carico del richiedente o del beneficiario, appare trasparentemente collegato alla circostanza che la mancata soggezione a tali misure, così come l'assenza di una condanna per taluni specifici reati (intervenuta nei dieci anni antecedenti), costituiscono due requisiti essenziali per l'ottenimento del reddito di cittadinanza".
Chiarita la ratio della citata previsione normativa, ritiene il Collegio che il provvedimento di sospensione della erogazione del beneficio del reddito di cittadinanza adottato dal giudice che ha emesso una misura cautelare nei confronti del beneficiario debba considerarsi un provvedimento non impugnabile, non essendo previsto contro tale provvedimento alcun mezzo di impugnazione, nè risulta ipotizzabile, in relazione ad esso, alcuna abnormità.
Al riguardo si osserva che, per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'abnormità dell'atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorchè l'atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo (cfr. Cass., sez. II, del 10.12.2013, n. 7320, rv. 259158; Cass., Sez. 2, n. 2484 del 21/10/2014, Rv. 262275; Cass., Sez. 3, n. 3910, del 22/06/2016, Rv. 269065).
Non è, pertanto, abnorme, come chiarito dal Supremo Collegio nella sua espressione più autorevole, il provvedimento del giudice emesso nell'esercizio del potere di adottarlo, se ad esso non consegua la stasi del procedimento e non si tratti di provvedimento avulso dal sistema processuale.
Non può, infatti, considerarsi abnorme il provvedimento che, pur essendo illegittimo, perchè espressione di un potere male esercitato, non è avulso dal sistema processuale, in quanto espressione di un potere comunque riconosciuto al giudice dall'ordinamento (cfr. Cass., sez. un., 26/03/2009, n. 25957, rv. 243590).
Orbene, alla luce di tali principi il provvedimento oggetto di ricorso non può considerarsi abnorme.
Esso, infatti, non si colloca al di fuori del sistema normativo, in quanto espressione di un potere che l'ordinamento processuale riconosce al giudice ed, in particolare, al giudice che ha applicato la misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo. E tale era, quando adottò il provvedimento oggetto di ricorso, la condizione del giudice per le indagini preliminari, che, come evidenziato dallo stesso ricorrente, in data 15.9.2020, aveva applicato al P. la misura cautelare degli arresti domiciliari, in sede di udienza di convalida dell'arresto, nel corso della quale lo stesso P., premesso di essere beneficiario del reddito di cittadinanza, aveva chiesto al suddetto giudice di essere ammesso al patrocinio a carico dello Stato, essendo del tutto irrilevante che il provvedimento di sospensione sia intervenuto solo in una data successiva, vale a dire il primo dicembre 2020.
Nessuna istanza di parte, dunque, era necessaria per attivare un potere/dovere, sicuramente esercitabile d'ufficio senza bisogno di alcuna sollecitazione ad opera delle parti, espressamente riconosciuto al giudice che ha emesso la misura cautelare, anche a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, il quale, senza avere la possibilità di esercitare alcuna valutazione discrezionale, è tenuto a sospendere l'erogazione del reddito di cittadina nei confronti del beneficiario cui sia applicata una misura cautelare, proprio perchè, come chiarito dalla Corte Costituzionale, la mancata soggezione a una misura cautelare personale rappresenta uno dei due requisiti essenziali per godere dell'erogazione del reddito di cittadinanza.
Nè il provvedimento in questione ha determinato una stasi indebita del procedimento, in quanto la sospensione della erogazione del reddito di cittadina non è idonea a produrre alcuna conseguenza sulla prosecuzione del procedimento, le cui vicende prescindono del tutto da tale provvedi mento.
L'originaria non impugnabilità del provvedimento di cui si discute rende del tutto irrilevante il secondo motivo di ricorso, che, per tale ragione, non può essere scrutinato in questa sede di legittimità, apparendo, comunque, manifestamente infondato, in quanto il giudice per le indagini preliminari ha disposto correttamente la sospensione della erogazione del beneficio del reddito di cittadinanza con effetto immediato, a partire dal momento (15.9.2020) in cui, applicata al P. la misura cautelare degli arresti domiciliari, si è verificata la condizione che non consentiva al beneficiario di goderne.
Sicchè nessuna violazione del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, art. 7-ter, comma 2, risulta configurabile.
5. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della circostanza che l'evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest'ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
Va, infine, disposta l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, comma 5.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.