La Cassazione conferma la condanna della maestra accusata di aver maltrattato i propri alunni con atti di violenza fisica e psicologica. Priva di fondamento la tesi difensiva che sostiene il difetto dell'abitualità delle condotte, in quanto è sufficiente la loro ripetizione.
Una maestra di una scuola per l'infanzia era stata ritenuta responsabile del reato di cui all'
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 572 cod. pen., pronunciata dal Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Vicenza il 1 febbraio 2017 in esito a rito abbreviato, nei confronti di G. P., rideterminava la pena alla stessa irrogata nella misura di anni 1, mesi 1 e giorni 10 di reclusione, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, riduceva l'entità del risarcimento in favore delle costituite parti civili ad euro 3.500,00 per ciascuna di esse e confermava le ulteriori statuizioni.
La responsabilità dell'imputata, maestra in una scuola per l'infanzia, è stata ritenuta per avere la stessa maltrattato i propri alunni, di età tra i tre e i cinque anni, in un arco temporale compreso tra il mese di ottobre 2014 ed il mese di marzo 2016, con atti sistematici e reiterati di violenza fisica e psicologica, tali da determinare sofferenze pregiudizievoli per il loro equilibrio psicofisico (siccome risultati essere bersaglio di percosse sulla testa e sulle mani, strattonamenti, trascinamenti per le orecchie e per i capelli, insulti ed intimidazioni, tra i quali l'odiosa minaccia di dover mangiare le loro feci se mai si fossero sporcati, sputi in viso).
2. Propone ricorso l'imputata, deducendo i motivi di seguito sintetizzati nei limiti funzionali alla motivazione, ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. con riferimento alla valutazione della prova a carico.
Viene dedotta l'inattendibilità delle dichiarazioni rese dalle colleghe dell'imputata, le cui segnalazioni risultano tardive rispetto al momento di verificazione dei fatti ed amplificano oltre misura gli atteggiamenti autoritari di lei, siccome espressive del livore nutrito nei confronti dei suoi metodi educativi e della sua superiore esperienza nonché suggestionate dai contrasti tra la stessa e il dirigente scolastico, da poco insediato, che soprattutto le docenti in prova e sottoposte a valutazione, con le loro false accuse, avevano inteso compiacere.
Nel dettaglio si assume che:
- S. L. rimase ripetutamene assente e per lunghi periodi durante l'anno scolastico 2014/15, perché affetta da una lieve forma depressiva;
- C. S. acquisì conoscenza dei fatti solo de relato, per quanto riferitole dalla madre di un alunno;
- C. C. ebbe ad assistere a pochi episodi, sicuramente non consoni al ruolo educativo di un insegnate, ma non connotati da violenze fisiche, che la stessa ha definito come sintomatici, al più, di abuso di mezzi di correzione;
- S. D. P. fu spettatrice di due soli episodi di intemperanza verbale della maestra P., la quale aveva alzato la voce nel redarguire due alunni, e così pure M. S., la quale escluse di avere personalmente assistito a violenze fisiche;
- M. Z. dichiarò di avere solo sentito l'imputata sgridare i bambini.
La difesa richiama, altresì, le dichiarazioni dei genitori degli alunni che avrebbero direttamente subito condotte maltrattanti (D.. M. n. M.), evidenziando come gli stessi non avessero inizialmente registrato significative anomalie nel comportamento dei bambini, salvo poi mutare versione; rappresenta che, nella informativa riepilogativa redatta dai Carabinieri che procedettero alle riprese audiovisive, si dava atto del comportamento autoritario della imputata, siccome connotato da reazioni eccessive ed inopportune nei confronti dei bambini più vivaci, per certo confliggenti con il codice deontologico di una educatrice, al tempo stesso ponendosi tuttavia in risalto come tale modalità relazionale fosse sostenuta da animus corrigendi, e come, nondimeno, ella riuscisse ad esercitare sui piccoli affidati alle sue cure un forte ascendente.
Si evidenzia, da ultimo, come la dirigente scolastica M. P. avesse avviato un procedimento disciplinare nei confronti di G. P., concluso con l'archiviazione all'esito dell'audizione della interessata e dell'acquisizione delle dichiarazioni (scritte) di tre genitori su quattro, tutte a lei favorevoli.
2.2. Violazione di legge, con riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti.
Difetterebbe, nella specie, il requisito cli abitualità previsto dalla norma incriminatrice, atteso il carattere sporadico delle condotte, e non vi sarebbe prova che esse abbiano causato sofferenze fisiche o indotto un reale disagio psichico nelle persone offese.
In subordine, si sostiene che la condotta della imputata debba essere riqualificata nel reato di abuso di mezzi di correzione, in quanto i comportamenti tenuti, espressivi di uno stile educativo poco consono, ma indotto dalle difficoltà di "gestione" di alunni molto vivaci, sarebbero comunque scevri da vessatorietà e sorretti dalla sola finalità educativa.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato.
2. Le censure sulla inattendibilità delle fonti dichiarative, talora prospettate in forma di travisamento della prova, reiterano pedissequamente quelle dell'atto di appello, senza rapportarsi ai passaggi argomentativi della sentenza della Corte territoriale, che aveva dato ad esse puntuale riscontro.
Sminuendo la portata offensiva dei singoli gesti, ovvero le dichiarazioni di testimoni che non hanno assistito direttamente a comportamenti vessatori, ovvero hanno registrato ben poche espressioni di intemperanza da parte della imputata, la difesa sviluppa censure in fatto, che non si confrontano con la condanna ed indebitamente parcellizzano le risultanze istruttorie.
Al riguardo, occorre premettere che il vizio di nullità della sentenza, rilevante in questa Sede, non può essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei singoli punti di essa, costituendo la pronuncia un tutto coerente ed organico, in cui ogni punto va posto in relazione agli altri, potendo la ragione di una determinata statuizione anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito. (Sez. 2, n. 38818 del 07/06/2019, M., Rv. 277091). Né sono ammissibili, innanzi a questa Corte, doglianze che sollecitino un diverso apprezzamento delle prove o una differente comparazione dei significati dalle stesse traibili (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, C., Rv. 280747; Sez. 6, Sentenza n.. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965; Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015, Miccichè, Rv. 262948).
Nel caso in esame, la lettura coordinata dei diversi elementi dimostrativi, come argomentata dalla Corte di merito, convalida, senza distonie logiche, l'ipotesi accusatoria.
In particolare, in uno alle fonti dichiarative, vi sono le registrazioni audiovisive ritraenti l'aula della maestra, per una finestra temporale più limitata (circa un mese), ma comunque significativa, a restituire gesti violenti e gratuite vessazioni (trascinamento dei bambini per le orecchie e per i capelli, calci, percosse), non quotidiani, ma che si reiteravano con cadenza costante nelle classi monitorate.
La motivazione con cui si giustificano le ragioni dell'iniziale, mancato rilevamento di criticità da parte dei genitori degli alunni, nel comportamento della maestra, non appare illogica, né contraddittoria.
Al contrario, gli assunti difensivi sulla scarsa attendibilità delle altre docenti, siccome mosse dal solo intento di assecondare l'impostazione colpevolista della dirigente, ovvero da un marcato livore verso la più autorevole e temuta maestra P.. costituiscono un puro enunciato difensivo.
Mancano, dunque, i presupposti per ritenere il prospettato travisamento della prova nei casi di duplice statuizione conforme di responsabilità, avuto riguardo al consolidato principio di diritto per ili quale tale vizio ricorre solo nelle ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite, ma in forma di così macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, T., Rv. 280155). Al riguardo, giova ribadire che il vizio motivazionale deducibile innanzi a questa Corte deve essere desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, ed è ravvisabile e determinativo di nullità solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del devolutum e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758).
2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso.
L'abitualità della condotta maltrattante della imputata è rivelata dalla serialità o reiterazione dei suoi comportamenti, puntualmente ricostruiti nelle sentenze di merito e protrattisi per un intero anno scolastico ed oltre, stando ai contributi dichiarativi acquisiti; abitualità che qui certamente ricorre in uno alla volontà sopraffattrice, quale elemento intenzionale che affascia e cementa i singoli episodi, evincibile dalla orgogliosa affermazione della stessa ricorrente - riferita dalle colleghe che hanno segnalato le sue intemperanze - di seguitare nel proprio collaudato stile "educativo", siccome assai efficace e premiante in termini di disciplina della classe.
La Corte territoriale ha dunque fatto corretta applicazione del principio, ampiamente sedimentato, ed al quale va data continuità, per cui il paradigma delineato dall'art. 572 cod. pen. esige il compimento di una sequenza di fatti, per lo più commissivi, ma anche di natura omissiva, i quali isolatamente considerati possono anche essere non punibili (atti di infedeltà, di umiliazione generica), ovvero non perseguibili (ingiurie, percosse o minacce lievi), o procedibili solo a querela, ma che acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo; sicché può affermarsi che la condotta si perfeziona allorché si realizza un minimum di tali condotte, collegate da un nesso di abitualità (Sez. 6, n. 56961 del 19/10/2017, F., Rv. 272200; Sez. 6, n. 4636 del 28/02/1995, C., Rv. 201148). E non è necessario che tali atti, delittuosi o meno, vengano posti in essere per un tempo prolungato, essendo, invece, sufficiente la loro ripetizione anche se perimetrata entro un limitato contesto temporale; mentre non rileva in senso ostativo alla configurabilità del reato, proprio in ragione della sua natura abituale, che durante tale periodo siano riscontrabili nella condotta dell'agente periodi di cosiddetta "normalità" e anche di intesa con il soggetto passivo (in tal senso, con riferimento ad una fattispecie in cui la condotta era stata attuata nel corso di soli tre mesi di convivenza con la vittima, frammezzata da periodi di quiete, v. Sez. 3, n. 6724 del 22/11/2017, dep. 2018, D.L., Rv. 272452).
3. Di contro, non ha fondamento la invocata riqualificazione, avanzata dalla difesa in linea gradata, della condotta accertata nel reato previsto dall'art. 571 cod. pen..
Essa è contrastata da un indirizzo anch'esso assestato, che il Collegio condivide e ritiene convintamente di ribadire.
Si è osservato, al riguardo, che l'elemento differenziale tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e quello di maltrattamenti non può individuarsi nel grado di intensità delle condotte violente tenute dall'agente, in quanto l'uso della violenza per fini correttivi o educativi non è in nessun caso consentito.
In alcuni arresti, specificamente riferiti ad insegnanti di piccoli allievi, si è puntualizzato che il reato di abuso dei mezzi cli correzione presuppone l'uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, che però in via ordinaria devono essere consentiti, individuabili, in via esemplificativa, nella esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, nella imposizione come obbligo di condotte riparatorie o nel ricorso assai mortificante a forme di rimprovero non riservate (Sez. 6, n. 11777 del 21/01/2020, P., Rv. 278744; Sez. 3, n. 17810 del 06/11/2018, dep. 2019, B.P., Rv. 275701).
Nulla di paragonabile a quanto accertato nel caso in scrutinio.
L'assunto difensivo secondo il quale le condotte della ricorrente sarebbero state ispirate da finalità puramente educative non merita, poi, alcuna considerazione. I comportamenti della imputata costituiscono, anzi, l'antitesi di un corretto metodo educativo, il quale presuppone che l'insegnante crei, o si adoperi per creare, condizioni favorevoli all'apprendimento ed all'armonico sviluppo psico-fisico dei soggetti che sono affidati alle sue cure. D'altro canto sono intuibili, e non abbisognano di particolare dimostrazione, gli effetti imitativi che possono derivare, soprattutto nei bambini in tenerissima età, da agiti sistematicamente aggressivi, e ciò anche a prescindere dal rilievo che la violenza sia da essi solo percepita e non anche subita; come non richiedono dimostrazione, alla stregua di una massima di esperienza consolidata, le negative ripercussioni che hanno sul processo di sviluppo della personalità dell'individuo e sulla costruzione delle relazioni interpersonali future le esperienze vessatorie ed umilianti che si collocano nella infanzia.
Insostenibile, infine, è il rilievo che, nell'accudimento di bambini, specie così piccoli, i comportamenti violenti del docente possono essere scriminati da stanchezza e tensione legate alla difficile tenuta di una classe vivace.
4. Al rigetto consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.