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21 dicembre 2021
Niente assegno alimentare al figlio disoccupato che non ha richiesto il reddito di cittadinanza

L'accertamento dell'impossibilità per l'alimentando di provvedere al suo sostentamento non può, infatti, prescindere dalla verifica dell'accessibilità a forme di provvidenza che gli consentano di elidere, anche temporaneamente, lo stato di bisogno.

La Redazione

L'attore conveniva in giudizio i genitori per sentirli condannare al pagamento di un assegno alimentare, domandando che esso fosse posto a carico del padre nella misura di 250euro al mese e a carico della madre in misura pari a 400euro mensili.
A sostegno della sua richiesta, l'attore riferiva di avere conseguito una laurea breve in informatica ma, nonostante si fosse attivato per la ricerca di un impiego, la sua condizione di lavoro era rimasta precaria al punto da non consentirgli la conduzione di una vita dignitosa.
Il Tribunale di Torino dichiarava cessata la materia del contendere e, a seguito di impugnazione, la Corte d'Appello respingeva il gravame, dunque lo stesso attore proponeva ricorso per cassazione lamentando, tra i vari motivi, il fatto che la Corte di merito avesse inteso malamente il requisito della impossibilità dell'alimentando di mantenersi, indispensabile ai fini della percezione dell'obbligazione alimentare.

Con l'ordinanza n. 40882 del 20 dicembre 2021, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso infondato, rilevando come il diritto agli alimenti sia legato alla prova dello stato di bisogno e dell'impossibilità di provvedere (in tutto o in parte) al proprio sostentamento tramite lo svolgimento di un'attività lavorativa. Dunque, se l'alimentando non dimostra la sua invalidità al lavoro per incapacità fisica o per impossibilità causata da circostanze non a lui imputabili di trovarsi un'occupazione adatta alle sue condizioni e attitudini, la domanda da lui proposta deve essere rigettata.
Ciò posto, gli Ermellini evidenziano che «l'accertamento dell'impossibilità per il soggetto di provvedere al soddisfacimento dei suoi bisogni primari non può poi prescindere dalla verifica dell'accessibilità dell'alimentando a forme di provvidenza che consentano di elidere, ancorché temporaneamente, lo stato di bisogno (si pensi, oggi, al reddito di cittadinanza di cui al d.l. n. 4/2019, convertito dalla l. n. 26/2019). È da credere, infatti, che, nella partita del diritto agli alimenti, la colpevole mancata fruizione di tali apporti giochi lo stesso ruolo dell'imputabile mancanza di un reddito di lavoro; nell'uno e nell'altro caso si delinea l'insussistenza di quell'impedimento oggettivo ad ovviare al lamentato stato di bisogno che è condizione per l'insorgenza del diritto in questione».

Del resto, come correttamente argomentato dalla Corte d'Appello, l'incapacità dell'alimentando si identifica con la sussistenza di una situazione che non dipende dalla sua volontà e che non gli permette di procurarsi da solo i mezzi necessari al suo sostentamento.
Anche per questo motivo, gli Ermellini rigettano il ricorso.

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