Il Consiglio di Stato chiarisce quali sono i connotati specifici della valutazione prefettizia sul pericolo di infiltrazioni mafiose e cosa accade nel momento in cui sopravvengono fatti nuovi e ulteriori idonei a far venire meno la situazione di pericolo che ha portato all'adozione dell'interdittiva antimafia.
Con la sentenza n. 21 del 4 gennaio 2022, il Consiglio di Stato ha chiarito che la valutazione inerente al pericolo di infiltrazioni mafiose (di competenza del Prefetto) si connota per l'utilizzo di specifiche cognizioni di tecnica investigativa e poliziesca, le quali escludono che il giudice amministrativo possa sostituire una propria valutazione. Allo stesso tempo, però, ciò non impedisce al giudice stesso di rilevare se i fatti riferiti dal Prefetto configurino oppure no la fattispecie prevista dalla normativa e dunque di formulare in tal senso un giudizio di congruità e logicità sulle informazioni acquisite e sulla valutazione a loro riferita dal Prefetto.
A tal proposito, con la stessa pronuncia il Consiglio di Stato ha evidenziato che in materia di informativa antimafia, fino al momento in cui non intervenga un aggiornamento in virtù dell'evoluzione della situazione delle imprese e dei soggetti interessati, gli elementi indizianti posti alla base dell'interdittiva restano inalterati fino al sopravvenire di fatti nuovi e ulteriori rispetto alla valutazione precedente, elementi che devono comunque rivelarsi idonei a far venire meno la situazione di pericolo.
La legittimità della valutazione del Prefetto, infatti, deve esaminarsi alla luce della situazione di fatto esistente al momento dell'adozione dell'interdittiva stessa; dunque, i fatti sopravvenuti esulano dal giudizio di legittimità poiché saranno oggetto di valutazione da parte dell'Amministrazione competente in sede di aggiornamento del provvedimento. In tal senso, il Codice antimafia stabilisce il principio della temporaneità del provvedimento di interdizione antimafia, il quale è soggetto ad aggiornamento su istanza di parte ovvero d'ufficio da parte del Prefetto laddove siano cambiate le condizioni di fatto che avevano condotto alla sua adozione.
Ai fini dell'aggiornamento, il Consiglio di Stato precisa poi che l'istanza dell'impresa non delimita l'ambito di valutazione discrezionale spettante alla Prefettura, né vincola la medesima al solo spazio di indagine costituito dagli elementi nuovi indicati dall'impresa.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza (ud. 11 novembre 2021) 4 gennaio 2022, n. 21
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. - Con la sentenza n. - omissis - il TAR per la Lombardia, sede di Milano, ha respinto il ricorso, seguito da motivi aggiunti, proposto dalla - omissis -, avverso, quanto al ricorso principale e al primo atto recante motivi aggiunti:
- l'informazione interdittiva antimafia emessa dal Ministero dell'Interno U.T.G. – Prefettura di Milano ai sensi degli artt. 89-bis, 84 comma 4 e 91 comma 6 del Decreto Legislativo del 6 settembre 2011 n. 159, prot. Fasc. - omissis - del - omissis - e dell'atto conseguente, ovvero la revoca dell'autorizzazione rilasciata alla - omissis - emessa da Regione Lombardia - omissis -;
quanto al secondo atto recante motivi aggiunti:
- del provvedimento di revoca dell’autorizzazione alla - omissis - di - omissis - per uso - omissis - rilasciata alla - omissis - con atto – omissis - emanato dall’- omissis -, quale atto conseguente alla informazione antimafia interdittiva.
2. - Avverso tale sentenza ha proposto appello la ricorrente in primo grado con ricorso RG 5046/2019 denunciando plurimi vizi della sentenza impugnata e chiedendone l’integrale riforma.
2.1 - Nelle more della decisione, la società ha presentato istanza di riesame alla Prefettura di Milano; l’appellante ha quindi chiesto il rinvio della causa in attesa della pronuncia del Prefetto.
3. - A seguito di riesame il Prefetto di Milano ha adottato il provvedimento - omissis -, di conferma della precedente interdittiva antimafia.
3.1 - Tale atto è stato impugnato dalla - omissis - con il successivo ricorso - omissis -, seguito da motivi aggiunti, proposto anch’esso dinanzi allo stesso TAR Lombardia.
3.2 - Tale giudizio è stato definito con sentenza di rigetto - omissis -.
4. - Tale decisione è stata impugnata con due separati ricorsi, portanti rispettivamente il numero di RG 4198/2021 (proposto dalla stessa - omissis -) ed il numero di RG 4234/2021 (proposto dal - omissis -).
4.1 - Nel frattempo, con sentenza - omissis -, il Tribunale di Milano, - omissis -, ha decretato - omissis -
4.2 - Si è costituito con un nuovo difensore il - omissis - - omissis - al fine della prosecuzione del giudizio sia nella causa RG 5046/2019 che in quella RG 4198/2021.
4.3 - Le parti, costituitesi in giudizio, hanno depositato scritti difensivi a sostegno delle rispettive tesi.
5. - All’udienza pubblica del giorno 11 novembre 2021 gli appelli sono trattenuti in decisione.
6. - Gli appelli riuniti vanno respinti.
7. - Preliminarmente ritiene il Collegio di dover disporre la riunione dei tre appelli sussistendo evidenti ragioni di connessione.
Dalla precedente breve ricostruzione in fatto emerge, infatti, il legame intercorrente tra di essi:
- le cause RG 4198/21 e 4234/21 sono appelli proposti avverso la stessa sentenza - omissis - e vanno quindi riuniti ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a.;
- le cause RG 5096/2019 e RG 4198/21 sono strettamente connesse, in quanto riguardano, rispettivamente, il primo provvedimento di interdizione antimafia - omissis - e gli atti consequenziali di revoca delle autorizzazioni emessi dall’- omissis - ed il successivo provvedimento di conferma dell’interdittiva antimafia - omissis - (RG 4198/21).
Sussiste, evidentemente, un intreccio tra le tre cause che richiede la loro disamina contestuale.
7.1 - Per ragioni logiche è necessario seguire il criterio cronologico e, dunque, iniziare con la disamina dell’appello RG. 5096/2019 avverso la sentenza - omissis - che ha pronunciato sull’impugnazione del provvedimento prefettizio di interdizione antimafia - omissis - e sugli atti consequenziali adottati dall’- omissis -.
7.2 - L’Amministrazione dell’Interno e la Prefettura di Milano hanno eccepito l’improcedibilità dell’appello avverso l’interdittiva originaria - omissis -, sostenendo che tale provvedimento sarebbe stato superato dal successivo provvedimento di conferma del provvedimento di interdizione, oggetto del successivo giudizio RG 4198/21; inoltre, il rilascio dell’informativa liberatoria - omissis - da parte del Prefetto di Milano, avrebbe eliso ogni interesse alla coltivazione dell’appello e del ricorso di primo grado.
7.3 - Tenuto conto delle ripercussioni prodotte dal provvedimento di interdizione antimafia - omissis - sui provvedimenti autorizzatori rilasciati dall’- omissis -, ritiene il Collegio di poter assorbire tale eccezione al fine di esaminare nel merito la complessa controversia che investe i due provvedimenti di interdizione antimafia - omissis - e - omissis -.
Come già rilevato, la prima interdittiva costituisce il presupposto sul quale si fondano gli atti di revoca delle autorizzazioni all’esercizio - omissis - rilasciate dall’- omissis -, provvedimenti sui quali si è ormai concentrato concretamente l’interesse all’impugnativa da parte del - omissis -, visto che dopo la fuoriuscita del - omissis -, è stata rilasciata dal Prefetto di Milano la liberatoria antimafia - omissis -.
Il - omissis -, che dispone ormai della liberatoria antimafia, ha interesse ad ottenere la caducazione dei provvedimenti di revoca delle autorizzazioni, tenuto conto del loro indubbio “valore economico”.
La declaratoria di improcedibilità, quindi, non sarebbe satisfattiva dell’interesse azionato in giudizio.
8. – Prima di procedere alla disamina delle censure, ritiene il Collegio di dover riassumere la vicenda seguendo lo schema utilizzato dal TAR.
8.1 - La - omissis -, disponeva di un capitale sociale di - omissis -, con oggetto sociale consistente nella - omissis -.
Il capitale sociale era detenuto interamente dal - omissis -, amministratore unico era - omissis -.
Nel corso delle verifiche effettuate ai sensi dell’art. 89-bis del d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, erano emersi legami della società ricorrente con la - omissis -, destinataria di interdittiva antimafia emanata dalla Prefettura di Milano - omissis -. Con nota - omissis -, l’- omissis - aveva rappresentato che dal giorno - omissis - la - omissis - era subentrata all’- omissis - (anche “-omissis -”) nella gestione, - omissis -, della - omissis.
8.2 - In particolare, dalle risultanze istruttorie era emerso che - omissis -:
- aveva conferito alla “-omissis -” i due rami d’azienda (-omissis -) che costituivano oggetto dell’- omissis -;
- era titolare del - omissis - delle quote di entrambe le imprese (mentre il - omissis - - omissis - rivestiva la carica di amministratore unico - omissis -, nonché - omissis -).
8.3 - La “osmosi” tra le due imprese, aveva indotto la Prefettura di Milano ad emanare - omissis - il provvedimento di interdizione impugnato, ex art. 89-bis, 84, comma 4 e 91, comma 6, del d.lgs. 159/2011, sulla scorta di evidenze documentali ed istruttorie, e delle relative inferenze deduttive, sintomatiche della esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nella società ricorrente.
8.4 - Il provvedimento di interdizione antimafia si fonda sui seguenti presupposti:
- l’ordinanza - omissis -, con cui è stata disposta la - omissis - nei confronti di - omissis - in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81, 648-ter c.p. (-omissis -) e all’art. 7, comma 1, del d.l. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in l. 12 luglio 1991, n. 203 perché, “in concorso tra loro e con - omissis -, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso [...], impiegavano in attività economiche e, in particolare, per l’acquisto della - omissis - - omissis -, sita in Milano - omissis - - omissis - n. - omissis - la somma
complessiva di - omissis - proveniente da numerosi delitti di - omissis -;
- il ruolo centrale rivestito da - omissis - nell’acquisto della - omissis -, con il pagamento di - omissis - provenienti da attività delittuosa, in particolare da soggetti utilizzati da - omissis - per riciclare denaro proveniente da attività illecita; la mancata applicazione della misura cautelare nei confronti di - omissis - (non essendo stata raggiunta la prova della piena contezza da parte sua della provenienza illecita) - non era stata ritenuta rilevante, tenuto conto in ogni caso dell’oggettivo vantaggio ritratto;
- l’ordinanza di applicazione di misure cautelari n. - omissis - R.G.G.I.P. del- omissis -, emessa nei confronti di - omissis -, - omissis - e - omissis – omissis - , per associazione finalizzata alla truffa nei confronti di - omissis -; nell’ordinanza - omissis - è stato individuato come promotore e coordinatore della associazione criminosa;
- la presenza all’interno della - omissis -, - omissis -, di - omissis - - omissis -, nonché di - omissis - - omissis - del - omissis -;
- l’operatività delle imprese riferibili ai -omissis- -omissis- e-omissis- come un unico soggetto economico;
- i forti e ramificati legami tra -omissis-;
- i -omissis- erano stati protagonisti dei principali processi -omissis- in materia di associazione per delinquere di stampo mafioso e -omissis-; lo stesso omissis--omissis-, -omissis-, risultava essere sorvegliato speciale per mafia e condannato -omissis-; anche il processo “-omissis-” confermava le esistenza di legami tra -omissis- e -omissis-, avendo coinvolto contemporaneamente alcuni parenti prossimi ai suddetti; numerosi contatti tra -omissis- e -omissis- erano, di poi, riscontrati nell’analisi dei tabulati telefonici e delle intercettazioni telefoniche (ordinanza -omissis-).
8.5 - All’esito della valutazione delle risultanze istruttorie, condotta dalla Prefettura congiuntamente al Gruppo Ispettivo Antimafia, è stato quindi emanato -omissis- il provvedimento di informazione antimafia interdittiva, seguito dalla consequenziale revoca della autorizzazione all’esercizio dell’attività relativa alla -omissis-, disposta dalla -omissis- in data -omissis-.
8.6 - Con il ricorso di primo grado la società ricorrente aveva contestato diffusamente il provvedimento di interdizione antimafia articolando tre motivi; con il quarto motivo aveva invece impugnato il provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di gestione della -omissis emesso -omissis-.
8.7 - Con il primo atto di motivi aggiunti la società ricorrente aveva integrato le proprie doglianze, sostenendo che sarebbero stati assenti i presupposti contemplati dall’art. 94, comma-omissis- d.lgs. 159/11; con tali motivi aggiunti era stata articolata anche la domanda risarcitoria.
8.8 - Con il secondo atto di motivi aggiunti la società ricorrente aveva invece impugnato il successivo e consequenziale provvedimento dell’-omissis- di revoca dell’autorizzazione all’attività di -omissis- di -omissis- per uso -omissis-, ai sensi del d.lgs. 219/06.
8.9 - Infine, in data -omissis-, l’Autorità prefettizia -omissis- avevano rigettato la richiesta di riesame in autotutela avanzata dall’-omissis- della -omissis-, nominato dal GIP presso il Tribunale di Milano con la ordinanza -omissis.
9. - Come già anticipato, il TAR ha respinto il ricorso richiamando principi consolidati nella giurisprudenza della Sezione e ha sottolineato che l’informativa antimafia si è fondata “tra l’altro, sulle risultanze istruttorie rivenienti da due provvedimenti di applicazione di misure cautelari (-omissis- e-omissis-), dai quali emergono, siccome ampiamente illustrato supra in punto di fatto:
- i legami tra -omissis-, e nelle cui fila si annoverano soggetti di “altissima caratura criminale”;
- la presenza, all’interno della -omissis-, di dipendenti ovvero di soggetti legati alle -omissis-;
- il ruolo che viene assegnato a -omissis-, nella ordinanza di custodia cautelare del-omissis-, di promotore e coordinatore di una associazione finalizzata (con-omissis- e -omissis-) alla truffa ai danni dello Stato, -omissis-.
9.1 - Il TAR ha correttamente applicato il principio, più volte espresso da questa Sezione, secondo cui la legittimità della valutazione prefettizia, trasfusa nel provvedimento di interdizione antimafia, va esaminata alla stregua della situazione di fatto esistente al momento della sua adozione; i fatti sopravvenuti al provvedimento interdittivo esulano dal giudizio di legittimità, in quanto devono essere oggetto di valutazione da parte dell’Amministrazione competente in sede di aggiornamento del provvedimento.
Il codice antimafia prevede infatti il principio della temporaneità del provvedimento di interdizione antimafia (cfr. Corte Cost. n. 57/2020) che è passibile di aggiornamento su istanza di parte o d’ufficio da parte dello stesso Prefetto al mutare delle condizioni di fatto che avevano condotto alla sua adozione -omissis-.
9.2 - Nella sentenza della Corte Costituzionale sopra citata sono stati esaminati e respinti anche i profili dedotti in questa sede, in merito alla asserita incongruenza della disciplina dettata per le interdittive antimafia e per le comunicazioni antimafia (definitività e modulabilità degli effetti tenuto conto della condizione economica dei destinataria), sicché possono qui richiamarsi i principi ivi espressi.
9.3 - Nel caso di specie, inoltre, le problematiche rappresentate nell’appello e nelle memorie difensive che si riferiscono alle circostanze favorevoli sopravvenute, sono state oggetto di valutazione da parte del Prefetto in sede di riesame e, quindi, verranno esaminate nell’ambito dello scrutinio di legittimità del decreto di interdizione antimafia -omissis.
10. - Nell’atto di appello la parte appellante ha dedotto il vizio di error in judicando articolandolo sotto diversi profili diretti a sostenere l’errata, non attuale, parziale e inattendibile rappresentazione degli elementi posti a fondamento del provvedimento di interdizione antimafia; è stato denunciato il difetto di accertamento di fatti rilevanti e la valutazione di dati attuali e aggiornati e, quindi, in definitiva l’erroneità del provvedimento interdittivo ed il grave difetto di istruttoria.
10.1 - Nessuna di tale censure risulta condivisibile.
La sentenza del TAR risulta correttamente motivata in quanto fondata sui principi costantemente espressi da questa Sezione (cfr., in particolare, -omissis-oltre alle ulteriori decisioni in seguito indicate):
- l'interdittiva antimafia costituisce una misura preventiva diretta a neutralizzare i fattori distorsivi che nell'economia nazionale, in genere, e nei rapporti con la pubblica amministrazione, in particolare, possono generare la presenza e l'azione di soggetti in rapporto di collegamento qualificato con il crimine organizzato trattandosi di uno strumento che si pone a presidio di valori di rango costituzionale rivelandosi strettamente funzionale alla salvaguardia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato e del corretto utilizzo delle risorse pubbliche e che, a fronte della insidiosa pervasività e mutevolezza del fenomeno mafioso, è opportunamente calibrato sull'utilizzo di tecniche di tutela anticipata oltre che costruito su un catalogo di situazioni sintomatiche aperto al costante aggiornamento indotto dalla realtà empirica (Cons. Stato -omissis-);
- l’informativa antimafia, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del d. lgs. n. 159/2011, presuppone «concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata»;
- rilevano i provvedimenti del giudice penale che dispongano una misura cautelare o il giudizio o che rechino una condanna, anche non definitiva, di titolari, soci, amministratori, di fatto e di diritto, direttori generali dell'impresa, per uno dei delitti-spia previsti dall'art. 84, comma 4, lett. a), del D.Lgs. n. 159 del 2011;
- tra questi delitti (rilevanti pur se 'risalenti nel tempo'), un particolare rilievo hanno quelli di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), turbata libertà di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.), estorsione (art. 629 c.p.), truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.), usura (art. 644 c.p.), riciclaggio (art. 648-bis c.p.) o -- omissis -, e quelli indicati dall'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., cioè, tra gli altri, i delitti di associazione semplice (art. 416 c.p.) o di associazione di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.) o tutti i delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 416-bis c.p. o per agevolare le attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché l'art. 12-quinquies del D.L. n. 306 del 1992, convertito con modificazioni dalla L. n. 356 del 1992;
- rilevano anche tutti i provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali, di cui all'art. 91, comma 6, del D.Lgs. n. 159 del 2011;
- le sentenze di proscioglimento o di assoluzione hanno una specifica rilevanza, ove dalla loro motivazione si desuma che titolari, soci, amministratori, direttori generali dell'impresa, pur essendo andati esenti da condanna, abbiano comunque subìto, ancorché incolpevolmente, un condizionamento mafioso che pregiudichi le libere logiche imprenditoriali;
- può rilevare, più in generale, qualsivoglia provvedimento del giudice civile, penale, amministrativo, contabile o tributario, quale che sia il suo contenuto decisorio, dalla cui motivazione emergano elementi di condizionamento, in qualsiasi forma, delle associazioni malavitose sull'attività dell'impresa o, per converso, l'agevolazione, l'aiuto, il supporto, anche solo logistico, che questa abbia fornito, pur indirettamente, agli interessi e agli affari di tali associazioni;
- rileva anche la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso D.Lgs. n. 159 del 2011, siano esse di natura personale o patrimoniale, nei confronti di titolari, soci, amministratori, direttori generali dell'impresa e dei loro parenti, proprio in coerenza con la logica preventiva e anticipatoria che sta a fondamento delle misure in esame.
- ai fini dell’adozione del provvedimento interdittivo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: una visione ‘parcellizzata’ di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua rilevanza nel suo legame sistematico con gli altri;
- è estranea al sistema delle informative antimafia, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (cfr. Cons. Stato -omissis-) (né – tanto meno – occorre l’accertamento di responsabilità penali, quali il «concorso esterno» o la commissione di reati aggravati ai sensi dell’art. 7 della legge n. 203 del 1991), poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell’informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante;
- il rischio di inquinamento mafioso deve essere valutato in base al criterio del più «probabile che non», alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali, qual è, anzitutto, anche quello mafioso (cfr. Cons. Stato -omissis-);
- pertanto, gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione (cfr. Cons. Stato -omissis-);
- quanto ai rapporti -omissis- tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del «più probabile che non», che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto (cfr. -omissis-);
- nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una «influenza reciproca» di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza (cfr. Cons. Stato -omissis-);
- una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia’, sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione;
- hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale);
- circa i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia, di titolari, soci, amministratori, dipendenti dell'impresa con soggetti raggiunti da provvedimenti di carattere penale o da misure di prevenzione antimafia, l'Amministrazione può ragionevolmente attribuire loro rilevanza quando essi non siano frutto di casualità o, per converso, di necessità;
- rilevano altresì le vicende anomale nella formale struttura dell'impresa, sia essa in forma individuale o collettiva, nonché l'abuso della personalità giuridica;
- la valutazione del pericolo di infiltrazioni mafiose, di competenza del Prefetto, è connotata, per la specifica natura del giudizio formulato, dall'utilizzo di peculiari cognizioni di tecnica investigativa e poliziesca, che esclude la possibilità per il giudice amministrativo di sostituirvi la propria, ma non impedisce ad esso di rilevare se i fatti riferiti dal Prefetto configurino o meno la fattispecie prevista dalla legge e di formulare un giudizio di logicità e congruità con riguardo sia alle informazioni acquisite, sia alle valutazioni che il Prefetto ne abbia tratto (-omissis-);
- gli elementi raccolti ai fini dell’interdittiva antimafia non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento a carico dell’impresa sottoposta all’attenzione della criminalità organizzata (Cons. Stato -omissis-);
- i fatti sui quali si fonda l'interdittiva antimafia possono anche essere risalenti nel tempo nel caso in cui vadano a comporre un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata. Il mero decorso del tempo, di per sé solo, non implica, cioè, la perdita del requisito dell'attualità del tentativo di infiltrazione mafiosa e la conseguente decadenza delle vicende descritte in un atto interdittivo, né l'inutilizzabilità di queste ultime quale materiale istruttorio per un nuovo provvedimento, donde l'irrilevanza della 'risalenza' dei dati considerati ai fini della rimozione della disposta misura ostativa, occorrendo, piuttosto, che vi siano tanto fatti nuovi positivi quanto il loro consolidamento. (Cons. Stato -omissis-);
- in tema di informativa antimafia, fino a che non intervenga un aggiornamento alla luce dell'evoluzione della situazione delle imprese e delle persone interessate, gli elementi indizianti posti a fondamento di un'interdittiva, rimangono inalterati fino al sopraggiungere di fatti nuovi e ulteriori rispetto alla precedente valutazione circa la presenza di tentativi siffatti, che siano idonei ad evidenziare il venir meno della situazione di pericolo. Infatti, ai fini dell'aggiornamento, l'istanza dell'impresa, per quanto fondata su specifici e documentati elementi di novità rappresentati alla Prefettura, non delimita l'àmbito di valutazione discrezionale che a questa spetta, nel rinnovato esercizio del suo potere ai fini dell'aggiornamento, né la vincola al solo spazio di indagine costituito dagli elementi sopravvenuti indicati dall'impresa, entro, per così dire, binari precisi o rime obbligate (cfr. Cons. Stato -omissis-).
10.2 - Quanto ai profili dedotti dall’appellante nel secondo motivo, relativamente ai principi espressi dalla CEDU nella sentenza De Tommaso, questa Sezione li ha già esaminati e superati nella propria precedente giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. -omissis- e n. -omissis-) alla quale, per ragioni di sinteticità, si fa rinvio.
11. - Con i successivi motivi l’appellante ha contestato le statuizioni della sentenza appellata sostenendo l’irrilevanza dell’ordinanza cautelare -omissis- R.G. G.I.P. dell’-omissis-, con è stata disposta la -omissis- nei confronti di -omissis- in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81, 648-ter c.p. (-omissis-) e all’art. 7, comma 1, del d.l. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in l. 12 luglio 1991, n. 203 perché, “in concorso tra loro e con -omissis-, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso [...], impiegavano in attività economiche e, in particolare, per -omissis-, la somma complessiva di -omissis- proveniente da numerosi delitti di -omissis- in quanto il sig. -omissis- non è stato sottoposto ad alcuna misura cautelare in ragione della mancanza di prova della consapevolezza circa la provenienza illecita delle somme prestate; la sua posizione è stata infine archiviata con decreto del -omissis-.
11.1 - Secondo l’appellante, quindi, il rinvio a giudizio del Sig. -omissis- non avrebbe assunto alcun rilievo se si considera l’avvenuta archiviazione della posizione del -omissis- per la mancata consapevolezza della provenienza illecita del denaro prestato.
La mancanza di prova su tale specifico punto sarebbe confermata nella sentenza del Tribunale di Milano del -omissis-, emessa nei confronti di altri soggetti implicati nella vicenda, da cui si evincerebbe che non vi sarebbe prova neppure della provenienza da -omissis- della somma in contanti.
11.2 - Quanto alla posizione della -omissis- -omissis-, -omissis- di -omissis- all’interno -omissis- e alla sua qualificazione come “-omissis-” della -omissis-, tale circostanza non avrebbe un significato univoco, avendo svolto quest’ultima mera attività di dipendente; inoltre il -omissis- avrebbe restituito le somme prestate dal sig. -omissis- come finanziamento, e la -omissis- di quest’ultimo sarebbe stata -omissis-.
11.3 - Nell’appello l’appellante ha contestato la pronuncia del TAR sottolineando che:
- il TAR non avrebbe valutato la condotta dissociativa del -omissis- vista alla luce dei provvedimenti giurisdizionali favorevoli;
- il contatto con il sig. -omissis- sarebbe intercorso -omissis- quando sarebbe stata acquistata la -omissis-: pertanto sarebbero trascorsi -omissis- tra l’acquisto della -omissis- ed il provvedimento di interdizione antimafia;
- il vantaggio economico derivante dal prestito (-omissis-) sarebbe stato del tutto marginale, tenuto conto del costo della -omissis- pari ad -omissis-, il cui prezzo è stato sostenuto in massima parte da -omissis-;
- la tesi del TAR secondo cui sarebbe emersa la permeabilità del -omissis- in quanto inserito nel meccanismo del riciclaggio, sarebbe confutata dall’avvenuta assoluzione del sig. -omissis- con sentenza passata in giudicato.
11.4 - Con riferimento ai rapporti -omissis- l’appellante ha contestato la loro rilevanza, assumendo, in particolare, che non sarebbe stata dimostrata alcuna cointeressenza con soggetti controindicati, dalla quale sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata.
11.5 - Quanto all’ordinanza del-omissis-, che dispone la misura cautelare nei confronti del -omissis, l’appellante ha sostenuto che i reati ivi indicati non rileverebbero ai fini antimafia, essendo estranei alla criminalità di stampo mafioso.
11.6 - In merito alla figura del sig.-omissis- -omissis-,-omissis- del -omissis-, l’appellante ha dedotto che sarebbe incensurato, che la misura della sorveglianza speciale non sarebbe mai stata applicata, che la sentenza di condanna per -omissis- sarebbe stata riformata in appello, ed egli sarebbe stato assolto con formula piena -omissis-.
L’appellante ha quindi insistito con tali motivi per la riforma del capo di sentenza che aveva ritenuto legittima l’interdittiva antimafia.
12. - I motivi, così riassunti, non possono essere condivisi.
La decisione del TAR resiste, infatti, alle doglianze proposte.
12.1 - Occorre tener conto, innanzitutto, che il provvedimento di interdizione antimafia si fonda su provvedimenti di applicazione di misure cautelari per reati spia ex art. 84, comma 4, lett. a) d.lgs. 159/2011 (art. 648 ter c.p. con l’aggravante di cui all’art. 7 della l. n. 203/91 per quanto concerne l’ordinanza cautelare emessa nei confronti di -omissis-, e – tra l’altro – ex art. 648 ter c.p. per quanto concerne l’ordinanza cautelare emessa nei confronti del -omissis-); da tali provvedimenti cautelari emergono collusioni con la criminalità organizzata; in particolare il primo provvedimento è stato adottato per la commissione di reati aggravati ai sensi dell’art. 7 della L. 203/91.
12.2 - Al momento dell’adozione del provvedimento di interdizione antimafia, l’unico provvedimento giurisdizionale “favorevole” alla tesi dell’appellante era quello di archiviazione emesso nei confronti del -omissis-, in quanto non era stata raggiunta la prova della consapevolezza circa la provenienza illecita del denaro che gli era stato fornito dal sig. -omissis-.
Tutti gli altri provvedimenti giurisdizionali sono intervenuti in pendenza del giudizio di appello, non a caso più volte rinviato su richiesta dello stesso appellante, che ha volontariamente atteso l’esito del riesame da parte del Prefetto e la definizione dei processi penali pendenti, essendo ben conscio della “solidità” dei presupposti sui quali si fondava il provvedimento di interdizione antimafia -omissis-.
12.3 - Peraltro, oltre alle ordinanze cautelari, il provvedimento di interdizione antimafia -omissis- (che era stato adottato poco dopo il precedente provvedimento interdittivo emesso nei confronti della -omissis-), faceva riferimento a collegamenti con -omissis- (attraverso il sig. -omissis-) e a rapporti -omissis- con la criminalità organizzata (-omissis-): si trattava, quindi, di un solido quadro indiziario che – valutato alla stregua del criterio del più probabile che non, e tenuto conto delle cointeressenze esistenti tra il titolare della -omissis- e il sig. -omissis-, a sua volta legato alla criminalità organizzata (la cui -omissis- doveva considerarsi presumibilmente una “-omissis-” della -omissis-) -, sorreggeva il provvedimento di prevenzione antimafia.
12.4 - Occorre evidenziare, infatti, che:
- le sentenze di assoluzione con formula piena della -omissis- e di proscioglimento del -omissis- dai reati contestati con il procedimento penale relative ai capi a), d), e), i), s) e w) “perché il fatto non sussiste” sono intervenute in data successiva all’adozione del provvedimento impugnato risalente al omissis-;
- la sentenza invocata dall’appellante -omissis- (Tribunale di Milano del -omissis-) che ha affermato l’insussistenza di elementi per procedere nei confronti del -omissis- è anche essa successiva al provvedimento interdittivo;
- il -omissis- della -omissis- -omissis è intervenuto -omissis del provvedimento interdittivo, ma dopo l’adozione della precedente interdittiva antimafia emessa nei confronti della -omissis- e, dunque, non assume la valenza che vorrebbe assegnargli l’appellante, ben potendo costituire un mezzo per cercare di aggirare la misura di prevenzione.
12.5 - In sintesi, la gran parte degli elementi indicati dalla difesa dell’appellante a sostegno dell’illegittimità del provvedimento impugnato sono emersi dopo la sua adozione, e hanno costituito oggetto di valutazione da parte del Prefetto in sede di disamina dell’istanza di aggiornamento, conclusasi in senso sfavorevole per l’appellante, che costituisce l’oggetto del successivo ricorso proposto dalla -omissis-: se si seguisse la tesi dell’appellante diretta ad ottenere la valutazione di legittimità dell’interdittiva -omissis- alla luce dei fatti sopravvenuti, si verificherebbe il sovvertimento delle rispettive competenze tra organo amministrativo e giurisdizionale.
Ne consegue che i fatti sopravvenuti non possono costituire motivo di illegittimità del provvedimento; come pure è estranea alla presente controversia la rilevanza dell’ordinanza -omissis-, non essendo stato esercitato alcun potere da parte dell’Amministrazione (-omissis-)
12.6 – Esaminando il provvedimento -omissis alla luce del quadro indiziario esistente a quella data, la valutazione relativa al rischio di permeabilità da parte della criminalità organizzata, alla stregua dei principi della probabilità cruciale propria delle misure di prevenzione, risulta immune da vizi.
Ciò tanto più se si considera -omissis- -omissis- e del sig. -omissis- (a lui vicino avendogli fornito una parte del denaro per l’acquisto della -omissis-), e suffragato anche dalla presenza della -omissis-, formalmente in qualità di dipendente della -omissis-, ma presumibilmente come “-omissis-” per le ragioni emerse in sede istruttoria (intercettazioni), tenuto anche conto che, secondo la costante giurisprudenza della Sezione prima richiamata, la presenza di dipendenti collegati, -omissis-, a soggetti riconducibili a clan malavitosi, costituisce indice presuntivo del rischio di infiltrazione della criminalità organizzata a prescindere dal loro specifico ruolo all’interno della società (cfr. Cons. Stato -omissis-).
In tema di prevenzione, infatti, non assume rilievo la qualificazione formale dei dipendenti, quanto piuttosto il loro ruolo fattuale.
12.7 - Peraltro alle dipendenze -omissis- vi era anche -omissis-, nelle cui fila si annoverano soggetti di “altissima caratura criminale” come rappresentato dal Prefetto.
12.8 - Se si analizzano tali elementi alla luce della vicenda penale che ha interessato direttamente il -omissis-, rappresentata nell’ordinanza cautelare del-omissis, come promotore e coordinatore di una associazione (con-omissis- e -omissis-) diretta alla truffa ai danni dello Stato, -omissis-, il quadro indiziario posto a presupposto dell’interdittiva assume una valenza persuasiva alla luce del principio del più probabile che non, proprio della materia della prevenzione antimafia.
Quanto ai -omissis-, come pure sono rilevanti i reati di grave disvalore sociale commessi.
Nel caso di specie, inoltre, sussiste la cointeressenza tra il titolare -omissis- e il sig. -omissis-, soggetto controindicato a causa dei suoi legami con la criminalità organizzata.
12.9 - Quanto all’entità della somma fornita dal sig. -omissis- (-omissis-), può obiettarsi che ciò che rileva è la circostanza in sé della dazione di denaro (al di là della sua commisurazione), in quanto indicativa del rischio di infiltrazione mafiosa nella gestione -omissis-; la restituzione della somma è intervenuta -omissis-
Infine, per quanto concerne, la pretesa dell’appellante secondo cui rileverebbero ai fini antimafia i soli reati “di mafia”, si fa rinvio al costante orientamento di questa Sezione in precedenza richiamato che ha respinto tale tesi in considerazione della natura di prevenzione della misura in questione.
13. - Resta da esaminare il settimo motivo di appello, riferito ai provvedimenti di revoca delle autorizzazioni emanate -omissis-.
13.1 - La tesi dell’appellante diretta a sostenere l’illegittimità degli atti -omissis- non può essere condivisa.
La Sezione ha da tempo chiarito (cfr. Cons. Stato, -omissis-) che anche le attività soggette al rilascio di autorizzazioni, licenze o a s.c.i.a. soggiacciono alle informative antimafia e che è pertanto ormai superata la rigida bipartizione e la tradizionale alternatività tra comunicazioni antimafia, applicabili alle autorizzazioni, e informazioni antimafia, applicabili ad appalti, concessioni, contributi ed elargizioni (-omissis).
Già nel parere del Consiglio di Stato, -omissis-, si era in particolare evidenziato che "le perplessità di ordine sistematico e teleologico sollevate in ordine all'applicazione di tale disposizione anche alle ipotesi in cui non vi sia un rapporto contrattuale - appalti o concessioni - con la pubblica amministrazione non hanno ragion d'essere, posto che anche in ipotesi di attività soggette a mera autorizzazione l'esistenza di infiltrazioni mafiose inquina l'economia legale, altera il funzionamento della concorrenza e costituisce una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubbliche".
Il chiaro indirizzo ermeneutico seguito dal Consiglio di Stato ha poi trovato l'autorevole conforto della Corte costituzionale, la quale, nella sentenza -omissis- ha chiarito che "nel contesto del D.Lgs. n. 159 del 2011, e sulla base della legge delega n. 136 del 2010, nulla autorizza a pensare che il tentativo di infiltrazione mafiosa, acclarato mediante l'informazione antimafia interdittiva, non debba precludere anche le attività di cui all'art. 67, oltre che i rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione, se così il legislatore ha stabilito".
Il principio è stato sviluppato anche dall'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato (cfr. A.P. -omissis-), la quale ha ulteriormente chiarito che il provvedimento di cd. "interdittiva antimafia" determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione riconducibili a quanto disposto dall'art. 67 D. Lgs.159/2011, n. 159.
13.2 - Tali considerazioni hanno trovato recente e piena conferma nella sentenza della Corte Costituzionale n. 57/2020, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 89-bis e 92, commi 3 e 4, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
Dunque, le revoche disposte d’ufficio costituiscono corretta applicazione delle norme e dei principi richiamati, esattamente come già affermato in primo grado.
Nondimeno essendo i provvedimenti di revoca consequenziali al provvedimento di interdizione antimafia, e diretti ad evitare l’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale, in presenza della liberatoria antimafia rilasciata dal Prefetto di Milano -omissis-, attestante il superamento della problematica che aveva comportato gli atti revoca, -omissis- dispone del potere di rideterminarsi in ordine ai provvedimenti di revoca alla luce dei fatti sopravvenuti.
13.4 - In conclusione, l’appello RG 5046/2019 va rigettato.
14. - Vanno ora esaminati gli appelli RG 4198/21 e RG 4223/01 proposti, rispettivamente, dalla -omissis- e dal -omissis- avverso la sentenza -omissis-.
Tali appelli possono essere esaminati congiuntamente tenuto conto che prospettano i medesimi motivi di gravame.
15. - Gli appelli sono infondati e vanno, quindi, respinti.
16. - Va quindi assorbita l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dal -omissis- (ricorso RG 4234/21) sollevata dall’Amministrazione, tenuto conto dell’infondatezza dell’appello.
17. - L’interdittiva antimafia -omissis- è stata emessa a seguito delle istanze di aggiornamento presentate dalla -omissis- appellante in data -omissis- con le quali erano stati rappresentati i seguenti fatti sopravvenuti:
- la sentenza di assoluzione del GIP presso il Tribunale di Milano -omissis nei confronti del sig. -omissis- per tutti i reati a lui contestati ed, in particolare, per i reati previsti dagli artt. 110, 648-ter c.p., 7 d.l. 152/91, perché in concorso -omissis-, con più azione esecutive di un medesimo disegno criminoso, impiegavano somme derivanti dal delitto di -omissis- per partecipare all’acquisto della citata -omissis-;
- fin dal -omissis-, succedutisi nella gestione dell’azienda, avevano richiesto l’applicazione dell’art. 35 bis comma 3 del d.lgs. 159/11 che prevede, -omissis-, la sospensione degli effetti dell’interdittiva antimafia -omissis-, istanza mai riscontrata dalla Prefettura;
- la sentenza di assoluzione -omissis- del GUP presso il Tribunale di Milano perché il fatto non sussiste nei confronti della -omissis- -omissis- imputata ai sensi della L. 231/2001, disponendo anche il dissequestro delle quote -omissis-, del patrimonio della stessa, dell’azienda nonché dei conti correnti ad essa riconducibili;
- nella stessa data il G.U.P. ha emesso anche il non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p. nei confronti dell’imputato -omissis- per i reati di -omissis- ed altri reati fine.
17.1 - Il Prefetto, dopo aver svolto la necessaria istruttoria, ha ritenuto che, nonostante tali elementi sopravvenuti, nondimeno permanessero i presupposti per la conferma dell’interdittiva, tenuto conto:
- delle plurime relazioni parentali di -omissis- e -omissis- con le -omissis- -omissis-, soggetti di altissima caratura criminale;
- -omissis-;
A tale scopo ha precisato che:
- --omissis-;
- -omissis-;
- -omissis-
- -omissis-
Quanto alla -omissis--:
- -omissis-
- -omissis- è -omissis- di -omissis- e -omissis-, che a sua volta è -omissis- di -omissis- di -omissis-.
Il Prefetto ha quindi sottolineato (-omissis-) che nell’esercizio -omissis- lavoravano dipendenti gravati da precedenti penali -omissis-, e cioè:
- -omissis--omissis-,-omissis- del -omissis-, sorvegliato speciale di mafia sottoposto a custodia cautelare -omissis- finalizzata al -omissis- (-omissis-);
- -omissis-, pregiudicato per reati inerenti il -omissis - legato da vincoli -omissis- sia con -omissis- che con -omissis-.
Il Prefetto ha poi rilevato che:
- -omissis- continua ad essere -omissis-;
- non sono emersi elementi di “reale ed effettiva discontinuità nella gestione tali da escludere un giudizio prognostico di pericolo di infiltrazione mafiosa”;
- nella sentenza di assoluzione di -omissis- (impugnata in Cassazione dalla Procura per il solo reato ex art. 648-ter c.p.) emergono comunque elementi sintomatici della contaminazione mafiosa;
- dall’analisi dei tabulati telefonici e dalle intercettazioni telefoniche emergono plurimi rapporti di frequentazione e di interesse tra -omissis- e il -omissis-, esplicata dalla collaborazione professionale della -omissis- -omissis-;
- il Tribunale di Milano, Sezione Autonoma Misure di Prevenzione ha respinto la richiesta di controllo giudiziario ex art. 34 bis del d.lgs. 159/11 ritenendo che la serie di legami tra il titolare -omissis- ed esponenti di rilievo di -omissis- costituiva un “preciso fattore di inquinamento strutturale della attività economica richiedente da misura di prevenzione come tale qualificata da contaminazioni irreversibili”;
- quanto alla nomina -omissis- il giudice ha previsto che dovesse “risolvere le pendenze e gestire le rimanenze” in quanto la -omissis-, colpita da interdittiva antimafia “non può svolgere l’attività propria dell’oggetto sociale” (cfr. -omissis-);
- la non applicabilità dell’art. 35 bis comma 3 del d.lgs. 159/11 in quanto la sospensione degli effetti dell’interdittiva antimafia, tale da consentirle di continuare ad operare, avrebbe dovuto essere disposta dall’Autorità Giudiziaria, circostanza non verificatasi;
- il -omissis- è stato assolto dai reati più gravi -omissis-, ma è stato rinviato a giudizio per altri reati;
- -omissis--omissis- e -omissis- (-omissis- e -omissis- del titolare -omissis-) sono stati condannati per -omissis-);
- i rapporti tra il -omissis- ed il -omissis- -omissis- emergono anche dal -omissis-;
- la sentenza di non luogo a procedere del GIP -omissis- nei confronti del -omissis- per i reati di -omissis- ed altri reati fine, è stata appellata dalla Procura;
- l’appello è stato proposto anche nei confronti delle assoluzioni di -omissis- e di -omissis--omissis- per il reato associativo e per l’assoluzione dell’-omissis- imputata ai sensi della L. 231/2001;
- è stata infine sottolineata la “gestione societaria incentrata all’illecito e all’opacità” tenuto conto dell’imponente attività di -omissis- al fine di guadagnarsi una formale legittimazione nel proprio commercio illegale.
Sulla base di tali considerazioni, il Prefetto, in accordo con la valutazione negativa resa dal Gruppo Ispettivo antimafia del giorno -omissis- ha ritenuto che non fossero venuti meno i collegamenti e le interessenze con gli ambienti contigui alla criminalità organizzata.
18. - Gli appellanti hanno contestato le statuizioni contenute nella sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. relativamente al capo 3.1, sostenendo che il TAR:
- avrebbe motivato la sentenza sulla base di argomentazioni abbandonate dal Prefetto (acquisto della -omissis- con denaro del -omissis-);
- avrebbe aggiunto argomentazioni proprie per sostenere la decisione (la somma prestata dal Sig. -omissis- avrebbe presumibile -omissis- e l’appellante sarebbe “sia pure inconsapevole” inserito in un meccanismo di riciclaggio di denaro);
- l’assoluzione sarebbe intervenuta a causa della mancata prova dello stabile vincolo associativo finalizzato alla commissione dei reati di truffa e riciclaggio, ma secondo il TAR l’impresa sarebbe comunque truffaldina nel campo -omissis- mediante l’utilizzo, non importa quanto consapevole, di soggetti contigui alla criminalità organizzata;
- secondo l’appellante non ci sarebbe tra i dipendenti alcun soggetto legato alla -omissis-, né la -omissis- sarebbe stata ritrovo di mafiosi o persone in contatto con tali organizzazioni;
- l’assetto societario sarebbe rimasto immutato e, dunque, sarebbero persistenti gli elementi di condizionamento mafioso dell’impresa;
- in realtà, invece, -omissis - ;
- l’affermazione secondo cui la -omissis- sarebbe un supporto logistico per attività delittuose mafiose sarebbe del tutto infondata, indimostrata ed inaccoglibile;
- il -omissis- non sarebbe -omissis-;
- egli è stato assolto dai reati più gravi (-omissis-) ed è stato rinviato a giudizio per reati minori estranei a vicende di criminalità organizzata di stampo mafioso;
- i dipendenti (-omissis-) non dimostrerebbero i legami con le organizzazioni mafiose.
19. - La doglianza non può essere condivisa.
Al di là di talune considerazioni svolte dal TAR richiamando stralci della sentenza del GIP di Milano (-omissis-) in ordine all’inconsapevole inserimento del -omissis- in un meccanismo di riciclaggio di denaro e, quindi dell’aiuto o supporto delle associazioni mafiose, “prestandosi così ad incrementare il potere di etero-direzione ed i profitti illeciti delle stesse”, è indubitabile che lo stesso Prefetto ha sottolineato la “gestione societaria incentrata all’illecito e all’opacità” che trova conferma dagli atti, visto che la vicenda relativa al -omissis- non è stata né archiviata né definita in modo favorevole per gli imputati.
Il TAR – può aver utilizzato talvolta qualche improprietà lessicale nel descrivere la vicenda, può essersi spinto eccessivamente in alcune affermazioni contestate nell’appello - ma gli elementi che ha richiamato sono stati evidenziati dal Prefetto e sono persuasivi, ove valutati secondo il principio del più probabile che non.
19.1 - Occorre considerare che – come ricordato in precedenza – l’assoluzione in sede penale (motivata con riferimento al mancato raggiungimento della prova - non impedisce al Prefetto di valutare la materialità dei fatti, di tener conto di elementi desumibili da intercettazioni, di poter svolgere previsioni di tipo induttivo utilizzando il principio della probabilità cruciale per la loro interpretazione; per l’adozione del provvedimento di interdizione antimafia, infatti, è sufficiente il mero rischio di condizionamento da parte della criminalità organizzata e non l’effettivo condizionamento.
Come in precedenza ricordato, non occorre la prova certa – propria del processo penale -, ma trattandosi di una misura di prevenzione che persegue la tutela anticipata, possono valere anche una serie di elementi induttivi che, valutati nel loro complesso, possono far desumere in modo “più probabile che non” la ragionevole previsione del rischio di condizionamento.
La vicenda che ha interessato la -omissis- appellante, valutata unitamente agli altri elementi posti in luce dal Prefetto, presenta indubitabilmente le connotazioni, ritenute sufficienti secondo il costante orientamento della giurisprudenza di questa Sezione, per integrare i presupposti del rischio di condizionamento -omissis-.
19.2 - Del resto la decisione del Tribunale di Milano –Sezione Misure di Prevenzione che ha negato la misura del controllo giudiziale ex art. 34 bis del d.lgs. 159/2011, è indicativa dell’esistenza del rischio di condizionamento, visto che è stato escluso il mero contagio occasionale con la criminalità organizzata, essendo stata considerata l’impresa come affetta da “inquinamento strutturale” in quanto affetta da “contaminazioni irreversibili”.
Ne consegue che il drastico giudizio del TAR, contestato in appello, risulta conforme a quello svolto in sede di prevenzione da parte del giudice penale.
20. - Le ulteriori critiche alla sentenza non possono essere condivise:
- le -omissis- con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata sono stati puntualmente indicati dal Prefetto di Milano e sono state richiamati in precedenza, e dunque la tesi degli appellanti non può essere condivisa;
- la presenza degli -omissis- non assume la rilevanza che gli attribuiscono gli l’appellanti: dopo l’interdittiva la -omissis- è stata chiusa; in seguito l’-omissis- ha operato nei soli limiti previsti dall’autorità giudiziaria e non ha gestito “in toto” la società in modo da eliminare il rischio di condizionamento;
- tale rischio è venuto meno solo con le modifiche apportate da ultimo nella società, tanto da consentire -omissis- il rilascio della liberatoria antimafia da parte del Prefetto essendo persistente tanto da giustificare la conferma del provvedimento interdittivo.
20.1 - Altrettanto infondato si appalesa il secondo motivo di appello: la rete -omissis- è stata puntualmente indicata nel provvedimento impugnato, è stata valutata in modo ragionevole in base al principio del più probabile che non dal Prefetto, ed è stata condivisa pure dal giudice penale, specializzato in misure di prevenzione.
Del resto con tale doglianza vengono reiterate prospettazioni già svolte in precedenza, ritenute non condivisibili in sede giurisdizionale con valutazioni ritenute da questo Collegio immuni da vizi.
20.2 - Quanto alla doglianza relativa al parere del Gruppo Investigativo Antimafia è sufficiente rilevare che, come richiesto dal Gruppo Investigativo sono stati acquisiti gli atti di appello della Procura al fine di sostenere la conferma dell’interdittiva: l’acquisizione di tali atti era stata ritenuta necessaria, quindi, solo per meglio articolare la motivazione del provvedimento, il cui contenuto negativo era stato già deliberato in sede istruttoria.
Non sussiste quindi l’asserito travisamento dei fatti ed il difetto di motivazione dedotto in appello.
21. - Pertanto, anche gli appelli RG 4198/21 e RG 4234/21 vanno respinti.
22. - In conclusione, per i suesposti motivi, i tre appelli riuniti vanno respinti.
23. - Tenuto conto della particolarità e complessità della fattispecie esaminata sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese del grado di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, così dispone:
- riunisce gli appelli RG 5046/2019, RG 4198/2021 e RG 4234/2021 e li respinge.
Spese del grado di appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti -omissis- del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone indicate in motivazione.