L'accertamento antimafia, infatti, può essere operato esclusivamente su persone fisiche e giuridiche appartenenti alla categoria degli “operatori economici”.
Il TAR di Reggio Calabria, con la sentenza n. 3 del 3 gennaio 2022, si è espresso sulla legittimità dell'informazione interdittiva applicata alla persona fisica slegata da attività imprenditoriale.
L'Autorità ha, dapprima, chiarito che l'accertamento antimafia su tali soggetti giuridici, tra cui direttore tecnico, dipendente, socio ed...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Considerato che:
-il sistema della documentazione antimafia, previsto dal D.lgs. n. 159/11 (c.d. Codice antimafia), si basa sulla distinzione tra le fondamentali misure di prevenzione amministrative: le comunicazioni antimafia (artt. 87-89)- richieste per l’esercizio di qualsivoglia attività dei privati soggetta ad autorizzazione, concessione, abilitazione, iscrizione ad albi, segnalazione certificata di inizio attività (c.d. SCIA) e c.d. silenzio assenso- e le informazioni antimafia (artt. 90-95), operanti nei rapporti dei privati con le pubbliche amministrazioni (es. contratti pubblici, concessioni e finanziamenti).
In particolare, la comunicazione antimafia consiste nell’attestazione, a carico di determinati soggetti individuati dall’art. 85 del D.lgs. n. 159/11, della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67 (art. 84, comma 2), mentre l'informazione antimafia consiste “nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67, nonché, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 91, comma 6, nell'attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate indicati nel comma 4”, (art. 84, comma 3);
- ai sensi dell’art. 10 comma 4 del D.M. n. 120/2014, “le imprese e gli enti che fanno richiesta di iscrizione all'Albo devono nominare, a pena di improcedibilità della domanda, almeno un responsabile tecnico in possesso dei requisiti professionali stabiliti dal Comitato nazionale e dei requisiti di cui al comma 2, lettere c), d), f) e i)”. In particolare, si legge alla lettera f) che non devono sussistere, nei confronti del titolare dell’impresa (nel caso di impresa individuale) o del legale rappresentante, “le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all’articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”;
- il citato art. 67 prevede che l’applicazione di una misura di prevenzione impedisce di ottenere “iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati” e che il provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione determina la decadenza di diritto da tali autorizzazioni.
Ritenuto che:
- la richiesta di comunicazione antimafia, sollecitata dalla Camera di Commercio di Catanzaro, era dovuta, in quanto rivolta a verificare la sussistenza del requisito di moralità professionale del ricorrente, coinvolto nella sua qualità di responsabile tecnico della società -omissis- richiedente l’iscrizione all’albo dei Gestori Ambientali che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 83 e 67 cod. antimafia, presuppone l’esibizione della documentazione antimafia.
Le informative interdittive sono applicabili, infatti, anche ai provvedimenti di tipo abilitativo-autorizzativo, nei quali rientra l'iscrizione all'albo Nazionale Gestori Ambientali, la quale abilita l'operatore economico allo svolgimento delle attività individuate nel D.M. n. 120 del 2014 (cfr. TAR Napoli, sez. I, 11 luglio 2018 n. 4614; TAR Milano sez. I, 4 gennaio 2018 n. 21);
- purtuttavia, l’accertamento antimafia sulla persona fisica (direttore tecnico, dipendente, socio ed amministratore) è pur sempre funzionale ad una valutazione di permeabilità criminosa dell’impresa individuale o societaria cui la medesima è collegata e che abbia chiesto una licenza, una concessione, un’autorizzazione o di contrattare con la P.A. ovvero, come nel caso concreto, l’iscrizione ad un Albo.
Depongono in tal senso elementi di carattere testuale e logico-sistematico:
a) la definizione di informativa antimafia interdittiva, emergente dal tenore letterale del menzionato art. 84 c.a.m. che, rispetto alla comunicazione, “presenta un quid pluris individuabile nella valutazione discrezionale da parte del Prefetto del rischio di permeabilità mafiosa capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell'impresa…interdicendole l’inizio o la prosecuzione di qualsivoglia rapporto con l’Amministrazione o l’ottenimento di qualsiasi sussidio, beneficio economico o sovvenzione” (cfr. parere n. 1060 del 12 maggio 2021 dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato).
b) l’elenco tipizzato dei soggetti sottoposti a verifica antimafia indicato nell’art. 85 c.a.m a seconda che i destinatari dell’interdittiva siano un’impresa individuale (comma 1) ovvero associazioni, imprese, società, consorzi e raggruppamenti temporanei di imprese (comma 2).
La sottoposizione a verifica antimafia di una persona fisica, quindi, deve essere necessariamente funzionale a significare eventuali condizionamenti criminosi nei confronti di un’impresa individuale o societaria organizzati dalla mafia, onde prevenire il rischio di inquinamento dell’economia legale; ed infatti, per la ditta individuale si richiede la sottoposizione a verifica del titolare o del direttore tecnico o dei familiari conviventi; per le società, associazioni, consorzi, etc., la platea di soggetti sottoposti a verifica è estesa ad altre categorie di persone, quali i soci, i legali rappresentanti, i membri dei collegi sindacali, etc… oltre a tutti i familiari conviventi ( si veda l’art. 91 c.a.m. secondo cui che “il prefetto competente estende gli accertamenti pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell'impresa, ampliando le categorie dei soggetti sottoposti a verifica a coloro che non fanno parte dell’impresa”);
c) come chiarito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 6 aprile 2018, n. 3, l’informazione interdittiva antimafia “è un provvedimento amministrativo al quale deve essere riconosciuta natura cautelare e preventiva, in un’ottica di bilanciamento tra la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e la libertà di iniziativa economica riconosciuta dall’art. 41 Cost.; costituisce una misura volta – ad un tempo – alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica amministrazione. Tale provvedimento, infatti, mira a prevenire tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese, volti a condizionare le scelte e gli indirizzi della Pubblica amministrazione e si pone in funzione di tutela sia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, riconosciuti dall’art. 97 Cost., sia dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato, sia, infine, del corretto utilizzo delle risorse pubbliche.
L’interdittiva esclude, dunque, che [solo] un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni (sia cioè da queste da considerarsi come “affidabile”) e possa essere, di conseguenza, titolare di rapporti contrattuali con le predette amministrazioni, ovvero destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, come individuati dalla legge”.
Ciò sta a significare che le informazioni antimafia interdittive, attestanti la sussistenza di possibili tentativi di infiltrazione mafiosa, riguardano specificamente soggetti che sono ascrivibili alla categoria degli “operatori economici”, comprensiva delle persone giuridiche (società, imprese, associazioni) ovvero a quella delle ditte individuali, laddove la ditta coincide con la persona fisica.
Non si rinviene, invece, nella normativa, il riferimento all’adozione di informazioni interdittive antimafia nei confronti della persona fisica slegata da qualsivoglia attività imprenditoriale.
La ratio va ricercata nella funzione assolta dall’accertamento antimafia sulla persona fisica che è quella di misurare il grado di probabile inquinamento mafioso dell’impresa in cui essa risulta inserita o collegata al punto da impedire a quest’ultima di avere rapporti con la P.A. o di ottenere “iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati”.
d) ipotizzare l’interdicibilità di una persona fisica non imprenditore significherebbe forzare inammissibilmente la tenuta costituzionale del sistema antimafia, fuoriuscendo dai limiti “strutturali” dell’istituto dell’informazione interdittiva che da misura amministrativa di tipo cautelare e preventivo finirebbe per tramutarsi in una sorta di anticipazione di pena accessoria tipica dell’ordinamento penale (v. artt. 32 bis e ss. c.p.), in violazione di ogni principio di legalità formale e sostanziale e di “prevedibilità” della sanzione;
Si rivela pertanto non costituzionalmente né convenzionalmente orientata la tesi esegetica della difesa erariale che, predicando l’assenza di limiti oggettivi e soggettivi nell’art. 89 bis c.a.m, estende, nell’ambito dei provvedimenti lato sensu autorizzatori, la portata espansiva e lesiva dell’informativa antimafia anche alla semplice persona fisica;
Considerato che anche la giurisprudenza del Tribunale di Prevenzione (cfr. Decreto Tribunale Catanzaro n. 9/2021), sembra escludere che la persona fisica possa essere direttamente colpita, all’infuori della sua qualità di imprenditore o di operatore economico, da un’informazione interdittiva, avendo osservato che “il sistema normativo non consente l’avvio della procedura sul controllo giudiziario sulla persona fisica, per come emerge dell’art. 34 bis D.lgs n. 159/2011 (il quale, pur adoperando la terminologia più ampia possibile, includendo diverse categorie di operatori economici quali “attività economiche, “aziende”, e “imprese” fa comunque riferimento ad un ente imprenditoriale, distinto dalla persona fisica”;
Ritenuto in definitiva che, nel caso di specie, non v’è ragione di giustificare, all’infuori dell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67 c.a.m, l’adozione di un provvedimento come quello impugnato, così gravemente pregiudizievole della sfera giuridica del singolo, sia a livello economico (si pensi all’impossibilità di reperire un posto di lavoro o di presentare una semplice SCIA) che a livello personale e sociale, con conseguente distorsione della finalità dell’informazione interdittiva orientata alla tutela dell’ordine pubblico economico e della libera concorrenza del mercato e non a “punire” la vita privata del singolo;
Ritenuto che alla luce delle suesposte argomentazioni il ricorso sia fondato nella parte in cui solleva la questione della soggettività passiva del destinatario di un’informazione interdittiva che sia una persona fisica ancorché non imprenditore e che quindi meriti di essere accolto, con conseguente annullamento della medesima misura adottata dalla Prefettura in data 16.04.2021 nei confronti di -omissis-;
Ritenuto che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla l’informazione interdittiva n. 4532 del 16.04.2021 emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria nei confronti di -omissis-.
Condanna le Amministrazioni statali resistenti al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di giudizio che liquida in € 1.000,00 (mille/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare -omissis-, -omissis-, -omissis-.