Bigamia o poligamia non trovano riconoscimento in Italia per contrasto con l'ordine pubblico, dunque l'accertata falsità di una sentenza straniera di divorzio determina l'invalidità del matrimonio contratto successivamente.
La Corte d'Appello di Roma confermava la sentenza con la quale il Tribunale aveva assolto l'imputata dal reato di uso di un atto falso, costituito nello specifico da una sentenza di divorzio emessa dal Tribunale situato nella Repubblica Dominicana.
La vicenda trae origine dalla denuncia-querela sporta dal figlio del marito (ormai defunto)...
Svolgimento del processo
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione del Tribunale capitolino, che aveva assolto, ai sensi dell'art. 530 co. 2 cod. proc. pen., J.L.A. dal reato di uso di un atto falso (artt. 81 cpv. - 489 cod. pen.), costituito dalla sentenza di divorzio tra l'imputata e A.H.G.V.D.H., emessa il 26 settembre 1980 dal Tribunale di Primo grado del Distretto Giudiziario di Duarte (Repubblica Dominicana).
1.1. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, il procedimento trae origine dalla denuncia - querela, sporta, in data 01/10/2015, da O.C., il quale lamentava che l'imputata aveva fatto ripetutamente uso - sia dinanzi all' Ufficio Matrimoni del Comune di Roma ( in data 2 marzo 2010 e 3 febbraio 2012), sia nel corso di un giudizio civile di natura successoria tuttora sub judice dinanzi a questa Corte - di una falsa sentenza di divorzio, apparentemente emessa da un Tribunale di Santo Domingo, e del relativo certificato con cui l'atto medesimo era entrato nel circuito giuridico nella Repubblica Dominicana.
Esponeva il denunciante che il proprio, defunto, padre, U.C. di Paliano, già vedovo, aveva sposato l'imputata in Florida il 27 dicembre 1991, ed era deceduto il 13 aprile 2004; che, in occasione delle nozze, l'imputata aveva dichiarato all'Ufficiale di stato civile americano il proprio stato libero, in quanto divorziata, dal 29 novembre 1974, dal cittadino indiano K.K., sposato a Roma il 26 giugno 1970, nondimeno, omettendo di dichiarare le seconde nozze, contratte con il cittadino sudafricano A.H.G.V.D.H., sposato a Roma il 6 dicembre 1978, così come ometteva di citare l'avvenuto divorzio - che qui si assume falso - asseritamente avvenuto, come detto, in Repubblica dominicana nel dicembre 1980. D'altro canto, l'imputata aveva omesso di dichiarare il divorzio dal secondo marito anche in occasione della registrazione, negli uffici dello stato di civile di Roma, del terzo matrimonio, quello contratto con il defunto U.C. di Paliano, giacché la trascrizione del secondo divorzio nei registri dello stato civile italiano era avvenuta solo nel 2010 ( a distanza di quasi trent'anni dalla data presente sulla sentenza).
1.2. La Corte di appello di Roma ha giudicato insufficiente il quadro indiziario, in mancanza di una prova diretta della falsità, considerando, in particolare - in presenza di elementi di prova, già condivisibilmente valutati come non equivoci dal Tribunale - che neppure possa considerarsi decisiva, ai fini del giudizio di falsità, la dichiarazione, prodotta in giudizio dalla parte civile, resa dal Consejo del Poder Judicial dominicano il 15 febbraio 2017, circa la falsità dell'atto in questione, non trattandosi di atto avente natura di sentenza, poiché non adottato da "un organo giurisdizionale in senso stretto': quanto da uno avente" per legge, compiti e poteri contabili, amministrativi e di natura disciplinare del potere giudiziario della Repubblica dominicana". La Corte di appello ha, inoltre, considerato non realistica la possibilità di acquisizione, attraverso ulteriore attività istruttoria, di elementi di prova diretta a distanza di un così ampio lasso temporale.
2. Ricorre per cassazione, ai soli effetti civili, la parte civile, O.C., con il ministero del difensore di fiducia, avvocato M.G.S., il quale svolge un unico motivo, denunciando vizio della motivazione della sentenza impugnata, contraddittoria e illogica.
2.1. Nel censurare la motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente richiama, a sostegno della falsità del certificato di divorzio, la deposizione del 28 marzo 2018, resa, nel dibattimento, dalla consulente della Difesa di parte civile, avv. G.L.B. circa l'assenza, negli archivi dominicani, di tutti i documenti necessari per la emanazione di una valida sentenza di divorzio, e il mancato rispetto della relativa procedura prevista da quella legislazione. La teste aveva, inoltre, richiamato il provvedimento emesso dal Consejo del Poder Judicial di Santo Domingo in data 15 febbraio 2017, con cui quell'organismo aveva attestato, all'esito di specifica attività ispettiva, la falsità della sentenza di divorzio esibita dall' imputata, e riferito, altresì, di essersi recata presso gli uffici dello stato civile dominicano, dove il funzionario sottoscrittore della copia del certificato di divorzio prodotta in giudizio dalla imputata, apparentemente rilasciata nel 2010, ha disconosciuto la firma.
2.1.1. Assume, ancora la parte civile che, recatasi presso gli archivi del Tribunale di Santo Domingo, unitamente al proprio legale dominicano, aveva verificato che, sulla pagina del registro dello stato civile, era stato aggiunto, ex post - accanto al numero di repertorio riportato sul provvedimento di divorzio esibito in giudizio - n. 849/1980, riguardante non già la sentenza di divorzio, ma un atto di nascita, di persona estranea ai fatti - un protocollo 849-bis/1980 con annotazione del divorzio in questione, all'evidente fine di far risultare una doppia annotazione in corrispondenza del medesimo numero di protocollo, un atto di nascita di una bimba e il divorzio della J.L.A..
2.1.2. Aggiunge il ricorrente che l'imputata - raggiunta da numerose cause civili in materia successoria dopo il decesso del coniuge, attinenti a beni di rilevantissimo valore - non aveva mai riferito della esistenza della citata sentenza di divorzio, esibita solo nel procedimento per bigamia a suo carico iscritto dalla Procura di Roma, e sulla base di tale produzione, archiviato.
2.2 Si contesta, in primis, per travisamento del petitum difensivo, la parte in cui la Corte di appello ha ritenuto non praticabile l'interpello di coloro che furono autori o partecipi della falsificazione, in quanto di non agevole individuazione, per un verso, e dubitando della loro capacità di apportare prove decisive per la affermazione certa della affermata falsità. La richiesta dell'appellante era, infatti, finalizzata, non già alla individuazione degli autori della falsificazione accertamento del tutto irrilevante - quanto, piuttosto, all'attivazione di rogatoria internazionale con interpello dell'autorità dominicana, affinché chiarisse la natura, gli effetti e il grado di vincolatività del provvedimento promanante dall'organo costituzionale che l'aveva emesso. Il medesimo esito avrebbe potuto, alternativamente, raggiungersi attraverso le modalità suggerite dalla stessa Procura generale di Roma, escutendo l'Ambasciatore dominicano in Italia o un suo delegato. Si segnala, all'uopo, che, come riferito dal rappresentante dell'Ambasciata, durante il giudizio di merito, la attestazione in parola risulta liberamente consultabile sulla pagina web dello stesso Consejo del Poder Judicial. In sostanza, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, la richiesta istruttoria di parte era finalizzata ad acquisire un riscontro di un dato probatorio già acquisito agli atti, che ratificasse la falsità del provvedimento di divorzio già dimostrata in giudizio.
2.3. Ulteriore travisamento viene denunciato con riferimento alla interpretazione data dalla Corte di appello del provvedimento emesso dall'organo costituzionale straniero, sindacandone non solo l'aspetto formale ma anche il suo contenuto precettivo, erroneamente richiamando l'art. 730 e ss. cod. proc. pen., per sancirne la inutilizzabilità, giacchè il provvedimento in questione non è una sentenza penale.
3. Con memoria del 21 ottobre 2021, depositata il 22 ottobre 2021 a mezzo PEC, il ricorrente ha formulato motivi nuovi, facendo riferimento a un elemento di prova sopravvenuto, costituito dalla certificazione n. 030/2021, del 9 febbraio 2021, rilasciata, tramite l'Autorità Diplomatica della Repubblica Dominicana in Italia, dalla Segreteria Generale del Consiglio del Potere Giudiziario della Repubblica Dominicana, munita di rituale 'postilla' datata marzo 2021 relativa alla traduzione giurata a firma del Ministro Consigliere incaricato della Sezione Consolare della Repubblica Dominicana, attestante la falsità della sentenza di divorzio del matrimonio contratto tra l'imputata J.L.A. K. ed il sig. A.H.G.V.D.H..
3.1. La certificazione in questione proviene dagli archivi del Consiglio del Potere Giudiziario della Repubblica Dominicana ed è quindi riferita a vicende definitivamente concluse, senza alcuna ulteriore pendenza in corso. Nel documento si afferma che l'Ispettorato Generale del Consiglio del Potere Giudiziario della Repubblica Dominicana, il 18 aprile 2016, ha eseguito un'ispezione negli archivi della Prima Camera Civile del Tribunale di primo grado del Distretto Giudiziario di Duarte, e ha accertato che, sebbene la falsa sentenza di divorzio n. 849, datata 26 settembre 1980, tra la A. ed il G.V.D.H., fosse annotata nel libro indice dell'inventario dell'Archivio, nondimeno, non risultava annotata nel registro ufficiale delle sentenze emesse dalla Prima Camera Civile del Tribunale di San Francisco de Macorìs dell'anno 1980, dove è , invece, custodita una sentenza, archiviata e definitiva, recante il numero 849, foglio 248, del 26 settembre 1980, che corrisponde alla ratificazione della nascita di J.A.y.C.. L'Ispettore conclude che la presunta sentenza di divorzio contrassegnata con il numero 849, datata 26 settembre 1980, corrispondente ad un divorzio consensuale tra J.L.A. K. ed A.H.G.V.D.H., non si trova nel libro ove vengono registrate le sentenze emesse dal Tribunale in questione. Il ricorrente insiste, quindi, nell'accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata, agli effetti civili, con rinvio al giudice di merito per nuovo esame.
1.La Costituzione italiana, all'art. 29, riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio in cui è garantita l'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Il codice civile, all'art. 86, stabilisce che 'non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente'; in giurisprudenza si considera invalido il matrimonio celebrato successivamente. Si tratta di una specifica ipotesi di nullità del matrimonio celebrato successivamente, che può essere fatta valere ai sensi del successivo art. 117 c.c., secondo il quale «il matrimonio contratto con violazione degli articoli 86 [c.p. 556), 87 e 88 può essere impugnato dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano per impugnar/o un interesse legittimo e attuale». A conferma della scelta culturale, l'art. 556 del codice penale incrimina la condotta di chi, essendo già legato in matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro.
1.1. Ai sensi dell'art. 115 cod. civ. il matrimonio contratto da un cittadino italiano all'estero, anche con persona straniera, secondo le forme ivi stabilite, ha piena e immediata validità in Italia (Cass. civ. Sez. 1, n. 3599 del 28/04/1990, Rv. 466923, Sez. 1, n. 9578 del 17/09/1993, Rv. 483779 - 01; Sez. 1, n. 10351 del 19/10/1998,Rv. 519862) - quantunque sia stato contratto - in violazione dell'art. 86 c.c. - da chi non aveva libertà di stato - in virtù del principio del favor matrimoni, esso è destinato a produrre effetti finché non sia impugnato per una delle ragioni indicate dagli artt. 117e ss. c.c., da uno dei soggetti legittimati (tra cui anche il pubblico ministero) e non sia emessa la pronuncia del giudice di nullità o di annullamento (Cass. civ. Sez. 1 n. 5537 del 14/04/2001). Nondimeno, le condizioni e i requisiti previsti dalla legge straniera per il cittadino straniero non devono comunque contrastare con i principi fondamentali dall'ordinamento italiano. Per unanime considerazione, la bigamia (e ancor più la poligamia) non può trovare riconoscimento in Italia per contrasto con l'ordine pubblico, ovvero con quei principi dell'ordinamento ritenuti fondamentali e inderogabili, dato che il principio monogamico, in forza del quale il vincolo di coniugio può instaurarsi esclusivamente tra un solo uomo e una sola donna, è principio radicato senza eccezione in Italia, come in tutti gli ordinamenti europeo occidentali. Il principio di nullità di matrimonio contratto in condizione di bigamia è sovranazionale, e la bigamia, pur consentita in diversi Paesi del mondo, in Italia, e nell'Europa occidentale, costituisce un delitto contro la famiglia, che resta integrato anche se il secondo matrimonio viene celebrato all'estero, trattandosi di reato commesso da cittadino italiano all'estero. Si ritiene, infatti, che «è configurabile il delitto di bigamia nei confronti di persona che abbia contratto matrimonio all'estero con cittadino straniero, non rilevando, in contrario, la nazionalità del coniuge, né l'ignoranza della legge extrapenale, integrativa del precetto penale, che regola la validità del matrimonio» (Sez. 6, n. 9743 del 13/12/2006 (dep. 2007 ) Rv. 235912).
1.2. Nello scrutinio della vicenda all'attenzione della Corte - attinente alla utilizzazione di un atto - sentenza di divorzio pronunciata da uno Stato estero - quale elemento probante nella causa di nullità di un matrimonio e nelle successive questioni successorie, dal momento che si discute della nullità di un matrimonio contratto e cancellato all'estero, si pone un problema di prova, e di ricezione di prova nell'ordinamento italiano degli accertamenti svolti all'estero. Per quanto si dirà, la Corte di appello ha denegato giustizia, sottraendosi all'onere probatorio nell'interesse della persona offesa, sempre più modificato nel nostro ordinamento (cfr. Sez. Un. n. 46982 del 25/10/2007 Cc. (dep. 18/12/2007) Rv. 237855 nel senso che la persona offesa riveste, nei delitti contro la fede pubblica la qualità di persona offesa dal reato e, in quanto tale, è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione), e riconosciuto in sede convenzionale (da ultimo la sentenza CEDU nel caso Petrella c. Italia).
1.3. Nell'ambito del fenomeno di matrimoni e, conseguentemente, di divorzi tra soggetti aventi una diversa cittadinanza - il tema del riconoscimento di sentenze e provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione ha trovato una compiuta disciplina con l'entrata in vigore, il 31 dicembre 1996, del Titolo IV della Legge n. 218 del 31 maggio 1995, con la quale è stata approvata la "Riforma del sistema Italiano di diritto internazionale privato".
1.4. Per quanto concerne gli Stati membri dell'Unione Europea, la materia contemplata dall'art. 65 della L. 218/1995, coincide in larga misura con quella di cui al Regolamento CE 2201/2003, denominato Bruxelles II, relativo alla competenza, al riconoscimento ed all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di responsabilità genitoriale che, all'art. 21, dispone come le decisioni pronunciate in uno Stato membro siano riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento che ne riesamini il merito.
1.5. Con riguardo alla validità del divorzio pronunciato all'estero - che è l'aspetto rilevante nel presente scrutinio - in conformità del principio della circolazione internazionale dei provvedimenti giudiziari, con l'entrata in vigore della legge n. 218 del 1995, il riconoscimento di quelle sentenze e di quei provvedimenti stranieri che possiedono determinati requisiti è divenuto automatico, purché siano rispettati i parametri legali del luogo e nel limite dell'ordine pubblico per il dispiegarsi dei suoi effetti in Italia ( artt. 64, 65,66 I. n. 218/1995). In virtù del riconoscimento automatico di cui agli artt. 64, 65, 66 I. n. 218/95, la trascrizione dell'atto di matrimonio o della sentenza pronunciata all'estero non ha natura costitutiva, ma meramente certificativa e scopo di pubblicità di un atto già di per sé valido. (Cass. Civ. sez. I, 19.10.1998, n. 10351; Cass. Civ. n. 17620 del 18.7.2013) purché - si ripete - siano rispettati i parametri legali del luogo e nel limite dell'ordine pubblico per il dispiegarsi dei suoi effetti in Italia. Questo vuol dire che, indipendentemente dalla trascrizione, non può ammettersi alcuna valida vigenza di due matrimoni contemporanei, l'uno valido in Italia e l'altro, non trascritto in Italia, limitato nell'efficacia al luogo di celebrazione. Il diritto privato e il diritto internazionale privato italiani considerano il matrimonio istituto fondamentale della vita di una persona, non relegabile ad un determinato territorio, ma intrinsecamente legato al soggetto che lo contrae, sì da essere in grado di valicare ogni frontiera territoriale, anche se celebrato altrove e non trascritto in Italia.
1.6. Va altresì, considerato che il combinato disposto di cui agli artt.67 comma 1 ("In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata, chiunque vi abbia interesse può chiedere a/l'autorità giudiziaria ordinaria l'accertamento dei requisiti del riconoscimento"), 14 comma 1 ("L'accertamento della legge straniera è compiuto d'ufficio dal giudice. A tal fine questi può avvalersi, oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite del Ministero di grazia e giustizia; può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate"), e 64 della legge n.218/1995, pone a carico del Giudice italiano l'onere di svolgere l'indagine relativa alla sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della sentenza straniera e di accertare la portata della legge straniera applicabile. Con riguardo ai rapporti tra le disposizioni normative di cui agli artt.64 e 65 della legge n.218/1995, questa Corte ha precisato che «il nuovo complesso della disciplina del riconoscimento delle sentenze straniere in Italia, così come configurato dalla legge di riforma del sistema italiano di diritto privato italiano n. 218/95, non ha delineato un trattamento esclusivo e "differenziato" delle controversie in tema di rapporti di famiglia riconducendo/e obbligatoriamente nell'ambito operativo della disciplina di cui all'art. 65 ( e perciò anche dei suoi presupposti), ma ha descritto, con l'art. 64, un meccanismo di riconoscimento di ordine generale ( riservato in sé alle sole sentenze), valido per tutti tipi di controversie, ivi comprese perciò anche quelle in tema di rapporti di famiglia e presupponente il concorso di tutta una serie di requisiti descritti nelle lettere da a) a g) di questa ultima disposizione normativa», cosicché «rispetto ad un tale modello operativo di ordine generale, la legge ha affidato poi, all'art. 65, la predisposizione di un meccanismo complementare più agile di riconoscimento - allargato, di per sè e questa volta, alla più generale categoria dei "provvedimenti" - riservato a/l'esclusivo ambito delle materie della capacità delle persone, dei rapporti di famiglia o dei diritti della personalità - il quale, nel richiedere il concorso dei soli presupposti della "non contrarietà all'ordine pubblico" e dell'avvenuto "rispetto dei diritti essenziali della difesa", esige tuttavia il requisito aggiuntivo per cui i "provvedimenti" in questione siano stati assunti dalle autorità dello Stato la cui legge sia quella richiamata dalle norme di conflitto» (Sez. 1, n. 17463 del 17/07/2013, Rv. 627440). Con la precisazione che, in sede di delibazione di sentenza straniera, il giudice deve valutare gli "effetti" della decisione nel nostro ordinamento, alla luce del contenuto costituzionale e di derivazione CEDU del diritto stesso, e non la correttezza della soluzione adottata alla luce dell'ordinamento straniero o della legge italiana, non essendo consentita un'indagine sul merito del rapporto giuridico dedotto (Cass. Civ. Sez. 1, n. 9483 del 18/04/2013, Rv. 626615). Sempre questa Corte, da ultimo (Cass. Civ. Sez. 1 ordinanza n. 19453 del 18/07/2019 (Rv. 654667- 01), ha chiarito che il riconoscimento automatico delle sentenze straniere presuppone che quelle decisioni siano state adottate nel rispetto delle garanzie processuali fondamentali e dei diritti essenziali di difesa sin dalla costituzione del rapporto processuale, e quindi sin dalla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ai fini della dichiarazione di contumacia e, nel caso di condanna in contumacia, non si può prescindere dalla notificazione (o dalla comunicazione) della domanda giudiziale (o di un atto equivalente) che sia stata effettuata in tempo utile e in modo tale da consentire al convenuto di presentare le proprie difese (cfr. anche Cass. Civ. Sez. 1 n. 16804 del 07/08/2020, Rv. 658805). 4. Ciò posto, osserva il Collegio che, in modo condivisibile, la Difesa ricorrente ha rilevato la illogicità delle argomentazioni con le quali la Corte di appello ha rinunciato a ogni approfondimento istruttorio sul rilievo della impossibilità concreta - in ragione dell'ampio lasso temporale trascorso - di escutere persone informate (il personale degli Uffici Giudiziari dominicani), e, comunque, di accertare le responsabilità soggettive.
4.1. Ad evidenziare il vizio argomentativo che affligge la sentenza, è sufficiente osservare, in primis, che - con ogni verosimiglianza - la dedotta falsificazione è avvenuta, non già nel 1980, ovvero all'epoca di apparente pronuncia della sentenza di divorzio, ma in un tempo molto più recente, coincidente approssimativamente con il momento in cui ( 2010) essa venne prodotta all'Ufficiale dello Stato civile di Roma per la trascrizione. Cosicché, si tratterebbe di svolgere accertamenti - tramite rogatoria internazionale o mediante la escussione del personale diplomatico, rinnovando l'istruttoria dibattimentale, ex art. 603 cod. proc. pen. - finalizzati all'individuazione e alla escussione del personale amministrativo o anche della magistratura, assegnato all'Ufficio giudiziario di Duarte circa 10 anni fa. Individuazione ed escussione finalizzate non già, come si legge in sentenza - e qui sta l'ulteriore illogicità - a "scoprire" i responsabili della "falsificazione", questione del tutto irrilevante nel presente giudizio, ma, piuttosto, a ricostruire se e quale iter processuale abbia condotto alla pronuncia della sentenza di divorzio ( se sia stato rispettato il procedimento previsto dalla legislazione di quello Stato per la emanazione di una sentenza di divorzio, e se la sentenza sia stata effettivamente emessa), e, ancor prima, all'accertamento del valore attribuito, dalla legislazione di quello Stato, al documento prodotto dalla Difesa di parte civile, nella quale si dà atto di accertamenti già svolti dall'autorità estera e degli esiti di tali attività ispettive. Sotto tale ultimo profilo, del resto, propria la difesa ricorrente ha già dimostrato come la via diplomatica, pur compulsata dalla parte privata, abbia replicato con accertamenti i cui esiti sono stati già allegati nel presente giudizio, i quali, a maggior ragione, avrebbero dovuto essere effettuati dall'Autorità giudiziaria.
4.2. Il discorso giustificativo con il quale i giudici di merito hanno argomentato il diniego di rinnovazione della istruttoria soffre di evidenti cadute logiche, cosicché la motivazione risulta sprovvista di una solida struttura razionale e finisce per essere, a tratti, solo apparente, proprio per essere mancati accertamenti doverosi per la conoscenza della legge straniera, in particolare per quanto attiene alle modalità di svolgimento del processo di divorzio dinanzi alla autorità Giudiziaria dello Stato caraibico, al fine di vagliare se il divorzio sia stato effettivamente pronunciato, e se sia stata osservata e applicata la legge straniera, sostanziale e processuale, nell'adozione della sentenza di divorzio.
4.3. Risulta, dunque, del tutto omesso l'accertamento, suggerito dalla allegazione di elementi fattuali oggettivamente inquinanti della veridicità dell'atto prodotto in giudizio, circa l'effettivo espletamento, presso l'Autorità giudiziaria dominicana, del rituale iter giudiziale che, secondo la legislazione di quello Stato, conduce alla pronuncia di una valida sentenza di divorzio. Al di là della considerazione che, nell'ambito del riconoscimento (degli effetti) della sentenza straniera o del provvedimento straniero, occorre, invero, anche verificarne la compatibilità con i principi giuridici fondamentali tratti dai principi sovranazionali, dalla Costituzione ma, non ultimo, anche dalle leggi ordinarie e dalle norme codicistiche che regolano gli istituti in Italia, occorre, invero, considerare che, secondo i principi affermati da questa Corte, l'indagine sulla contrarietà o meno di una sentenza di divorzio emessa all'estero con l'ordine pubblico italiano implica una valutazione delle ragioni della decisione (Cass. Civ. Sez. 1, n. 10378 del 28/05/2004 (Rv. 573282 - 01).
5. L'epilogo del presente scrutinio di legittimità è l'annullamento della sentenza impugnata, agli effetti civili, con rinvio al Giudice civile competente per valore, in grado di appello, che, nel rinnovato giudizio, si atterrà ai principi ora evocati, valutando l'approfondimento istruttorio tramite rogatoria internazionale o mediante l'ausilio dell'autorità diplomatica in Italia, onde acquisire necessari elementi di prova in ordine alla effettiva esistenza della sentenza di divorzio della quale si discute.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.