Con il decreto del 5 novembre 2024, il Tribunale per i Minorenni di Trento dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento in Italia della sentenza di adozione emessa dalle autorità competenti boliviane ai sensi dell'art. 36, comma 4, L. n. 184/1983. Vengono, inoltre, fornite importanti precisazioni sulla nozione di ordine pubblico internazionale, sul best interest of the child, nonché sulla procedura di riconoscimento automatico delle sentenze straniere.
Il caso
Protagonista della vicenda è un uomo in possesso della doppia
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La quaestio iuris sottoposta all'attenzione del Tribunale per i minorenni di Trento riguarda quindi la riconoscibilità in Italia di una sentenza di adozione emessa all'estero. |
Adozione perfezionata all’estero: quale giudice è competente?
Presupposto di partenza è che l'adozione del caso concreto è assimilabile, sul piano interno, al genus dell'adozione in casi particolari e, nello specifico, a quella prevista dalla lett. b) dell'
Una volta escluso che il caso de quo configuri un'
In tal senso, occorre rilevare che il Legislatore non ha previsto una competenza generale dell'organo giurisdizionale minorile in caso di adozione perfezionata all'estero, ma il suo intervento è delimitato ai soli casi regolati dal menzionato art. 36.
Tuttavia, il TM ritiene che nel caso in esame non sia applicabile l'
Dunque, la richiesta dell'istante avanzata ai sensi dell'art. 36, comma 4, Legge sull'adozione, non può essere accolta poiché manca il necessario requisito soggettivo che conduce al totale difetto di competenza in capo al Tribunale per i Minorenni di Trento.
Riconoscimento automatico delle sentenze straniere: il concetto di ordine pubblico internazionale
Chiarito quanto sopra, il TM ritiene opportuno fornire ulteriori precisazioni con riferimento alla vicenda in esame, ricordando anzitutto come l'
Nell'ambito della valutazione dei diversi requisiti, particolare importanza riveste quello presente all'
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Ebbene, il TM fa proprio il principio già espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12193/2019, secondo cui l'ordine pubblico deve valutarsi alla stregua non solo dei principi fondamentali della nostra Costituzione e di quelli contenuti nelle fonti internazionali e sovranazionali, ma altresì «del modo in cui essi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti, nonché dell'interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale ed ordinaria, la cui opera di sintesi e ricomposizione dà forma a quel diritto vivente dal quale non può prescindersi nella ricostruzione della nozione di ordine pubblico, quale insieme dei valori fondanti dell'ordinamento in un determinato momento storico». |
In tale contesto, non può non evidenziarsi come il concetto di ordine pubblico sia strettamente connesso con quello di superiore interesse del minore (best interest of the child). Ragionando in tal senso, allora, sarebbe certamente contrario all'ordine pubblico che fuori dal territorio dello Stato di nascita, in Italia il minore venga privato dei suoi riferimenti genitoriali ed esposto a una condizione giuridica differente con evidente pregiudizio dei legami familiari, finendo così per ledere il suo stesso interesse.
Conclusioni
Alla luce di quanto sopra, la sentenza di adozione di cui si chiede il riconoscimento in Italia si considera pienamente conforme all'ordine pubblico internazionale, tenendo conto della stabilità dell'ambiente familiare ove è inserita la minore, dell'assenza del padre biologico, della solidità del legame tra la piccola e l'istante e del fatto che quest'ultimo sia considerato padre a tutti gli effetti dalla prima.
Il provvedimento non può che essere allora riconosciuto automaticamente, senza la necessità di un intervento giurisdizionale, potendo l'istante rivolgersi direttamente all'ufficiale dello
Tribunale per i Minorenni di Trento, decreto 5 novembre 2024
Svolgimento del processo
L’istante, W. C. F., cittadino in possesso della doppia cittadinanza italiana e boliviana essendo iscritto all’AIRE del Comune di (omissis), è unito in matrimonio con la sig.ra C. S. C. A. (n. omissis) dal 28.10.2017, come debitamente attestato dal certificato di matrimonio n. (omissis) depositato in atti.
Nell’ambito di tale relazione, il (omissis) nasceva a (omissis) W. C. R., figlia naturale dell’istante, sig. W. C., e della moglie.
Con sentenza n. (omissis) del 13.10.2021 il Tribunale pubblico in materia di infanzia e adolescenza n. due (Juzgado publico en materia de niñez y adolescencia n. dos) di (omissis) accoglieva la richiesta di adozione nazionale presentata dal sig. W. C. nei confronti della minore H. C. C. L., figlia avuta dalla moglie in una precedente relazione, disponendo il cambio del cognome della minore in W. C. C. L.
Come rilevato dalla Corte adita, quanto al padre biologico della minore – tale A. M. H. G. – ne era stata dichiarata estinta la responsabilità genitoriale (sentenza della medesima Autorità Giudiziaria boliviana del 21.07.2020), avendo egli abbandonato la minore praticamente sin dalla nascita ed essendo i rapporti padre-figlia sostanzialmente inesistenti.
Nell’emettere la suindicata sentenza di adozione, il Tribunale straniero evidenziava come il sig. W. C. avesse soddisfatto tutti i requisiti richiesti dalle norme ivi vigenti in merito al procedimento adottivo, dava atto del fatto che la minore considerava l’odierno richiedente «come suo padre», dimostrando di avere con lui una relazione affettiva, e sottolineava la stabilità di tutte le relazioni intrafamiliari (di coppia, padre intenzionale-figlia, genitori-figlie) oltre alla solidità economica, lavorativa e psicologica dei genitori. Veniva infine evidenziato come l’istante avesse dichiarato «che la bambina C. è sua figlia, che tratta entrambe le figlie in modo uguale, che non fa nessuna differenza tra le due».
Pertanto, ricorrendo tutti i requisiti richiesti dalla legge boliviana vigente in materia veniva emanata sentenza di adozione.
Il 10.08.2024 l’Avvocata (omissis) del Foro di Rovereto presentava, in nome e per conto dell’odierno richiedente F. W. C., richiesta di riconoscimento in Italia della sentenza straniera di adozione ai sensi dell’art. 36, co. 4 l. 183/1984, allegando gli atti istruttori necessari ai fini della valutazione della richiesta: l’istanza dell’interessato, la copia originale della sentenza di adozione con traduzione autenticata, l’atto di nascita della minore coinvolta.
Motivi della decisione
L’odierna vicenda sottopone all’attenzione di questo Tribunale per i minorenni la quaestio iuris riguardante la riconoscibilità in Italia – e, in subordine, le modalità con cui tale riconoscimento debba eventualmente avvenire – di una sentenza di adozione emessa all’estero.
Più nello specifico, il caso odierno impone a questo Tribunale di pronunciarsi sul riconoscimento di una sentenza emessa dal competente Giudice boliviano nei confronti di un cittadino in possesso di doppia cittadinanza italiana e boliviana, il quale il 13.10.2021 è divenuto padre adottivo di una minore (n. omissis), nata da una precedente relazione della moglie. Tale adozione, in ragione delle caratteristiche del caso concreto, è assimilabile, sul piano interno, al genus dell’adozione c.d. “in casi particolari”, sub specie adozione del figlio del coniuge prevista e disciplinata dall’art. 44 lett. b), l. adoz.
L’adottante, nato e residente in Bolivia, è sposato con la madre biologica della minore, in favore della quale è stato emesso il provvedimento adottivo di cui si chiede il riconoscimento, dal 2017. Dei due, solo il marito è in possesso della doppia cittadinanza italo-boliviana, essendo iscritto all’AIRE del comune di (omissis), mentre la moglie è cittadina unicamente boliviana.
Non trattandosi di coppia residente in Italia, né di coppia residente all’estero da un tempo inferiore ai due anni, la sentenza emanata dalle competenti Autorità in favore dell’odierno istante non perfeziona un’adozione internazionale stricto sensu intesa ex artt. 29 ss. l. adoz., difettandone i requisiti previsti dalla legge, configurando piuttosto un’adozione nazionale integralmente compiuta all’estero e, come tale, soggetta in toto alla normativa locale quanto al suo perfezionamento.
Preliminarmente, appare opportuno precisare che nel nostro ordinamento il quadro normativo sulla base del quale è possibile dare riconoscimento agli effetti dei provvedimenti esteri di adozione di minori trova una norma di riferimento nell’art. 41 della legge 31 maggio 1995, n. 218 («Riforma del diritto internazionale privato italiano»), norma generale e di sistema su cui si innesta la legge 4 maggio 1983, n. 184 e, più nello specifico con riferimento ai profili che qui rilevano, la procedura “semplificata” di cui all’art. 36, co. 4 della legge medesima.
Come infatti evidenziato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 76 del 2016, l’art. 41 ord. internaz. priv. ha introdotto una duplice disciplina – strutturata in due procedimenti alternativi fra loro, in ragione dei diversi presupposti oggettivi e soggettivi che li distinguono – posto che «il comma 1 stabilisce, quale regola di carattere generale, un riconoscimento “automatico” dei provvedimenti stranieri in materia di adozione, attraverso il rinvio agli artt. 64, 65 e 66 della medesima legge, relativi, rispettivamente, alle sentenze straniere, ai provvedimenti stranieri e ai provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione» e che, parallelamente, il comma 2, «stabilendo che “[r]estano ferme le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori”, opera un riferimento alla disciplina contenuta nella legge n. 184 del 1983 e dunque, anzitutto, agli artt. 35 e 36 di tale legge, i quali prevedono che il riconoscimento in parola sia subordinato ad un vaglio da parte del Tribunale per i minorenni» (§ 3.1 del Considerato in diritto).
In materia di adozioni perfezionate all’estero, dunque, il legislatore non ha previsto una competenza generale dell’organo giurisdizionale minorile, ma il suo intervento è stato delimitato ai soli casi regolati dall’art. 36, co. 4, l. adoz. («L'adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al momento della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del tribunale per i minorenni, purché conforme ai principi della Convenzione»), norma volta «ad impedire l’elusione, da parte dei soli cittadini italiani, della rigorosa disciplina nazionale in materia di adozione di minori in stato di abbandono, attraverso un fittizio trasferimento della residenza all’estero» (Corte cost., sent. 76/2016, § 3.2 del Considerato in diritto).
Sul punto, è evidente che il caso sottoposto all’attenzione di questo Tribunale non integri in alcun modo un inammissibile tentativo di aggirare la normativa nazionale di settore. È sufficiente l’analisi della documentazione presente in atti per considerarsi provata non soltanto la residenzialità all’estero della coppia, prolungatasi per un periodo di tempo ben superiore al limite minimo dei due anni previsto dalla norma (requisito volto ad evitare, per l’appunto, che coppie residenti in Italia possano sottrarsi alla disciplina nazionale in materia di adozioni internazionali di cui agli artt. 29 e ss. l. adoz., recandosi temporaneamente all’estero col beneficio di normative maggiormente permissive), ma anche e soprattutto il fatto che il sig. W. C. è a tutti gli effetti cittadino boliviano: in quel Paese è infatti nato (da famiglia di origine italiana, da ciò la doppia cittadinanza), vissuto e attualmente risiede, si è sposato e da tale matrimonio ha avuto una figlia biologica. Per la coppia, perciò, la locale Autorità Giudiziaria rappresentava il giudice naturale dinnanzi al quale instaurare il procedimento adottivo di cui si richiede il riconoscimento non costituendo ciò, al contrario, l’illecita opportunità di aggiramento della disciplina prevista dalla legge italiana.
Tutto ciò posto, nonostante l’Autorità Giudiziaria italiana abbia in passato risolto situazioni analoghe facendo ricorso all’art. 36, co. 4 l. adoz. (cfr., ad esempio, Trib. Minorenni Firenze, 08.03.2017, Pres. Laera, est. Lupo), questo Tribunale non ritiene applicabile l’art. 36, co. 4 l. 184/1983, facendo proprio l’indirizzo espresso non soltanto dalla Corte costituzionale nella pronuncia già menzionata, ma anche dalla Suprema Corte di Cassazione in una recente decisione emanata a Sezioni Unite (sent. 31 marzo 2021, n. 9006, Pres. Curzio, est. Acierno) in cui, in merito alla trascrizione di una sentenza di adozione interamente perfezionata all’estero, venne esclusa la competenza del Tribunale per i Minorenni ai sensi dell’art. 36, co. 4 poiché «ai richiedenti manca[va] il requisito comune della cittadinanza italiana» (§ 10.3 della sentenza citata).
Il riferimento a tale pronuncia dell’Organo nomofilattico è pertinente, in ragione della somiglianza, in punto di fatto e di diritto, fra le vicende all’origine di quella e di questa pronuncia, e rappresenta un autorevole precedente cui questo Collegio ritiene di conformarsi, escludendo pertanto la propria competenza.
La richiesta avanzata dall’odierno istante, sig. W. C. F., basata sull’art. 36, co. 4 l. adoz. non può pertanto essere accolta, non ricadendo il caso concreto nell’ambito applicativo di tale disposizione per mancanza di un requisito soggettivo necessario, il che si traduce nel totale difetto di competenza in capo a questa Autorità Giudiziaria.
Chiarito questo primo fondamentale aspetto, la vicenda merita un maggiore approfondimento.
Come già ricordato, l’art. 41, co. 1 l. 218/1995, che invece trova applicazione nel caso di specie, disponendo che «[i] provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli articoli 64, 65 e 66 [della legge medesima]» introduce nell’ordinamento un meccanismo di riconoscimento automatico di sentenze (art. 64) e provvedimenti (artt. 65 e 66) stranieri che, qualora siano rispettati i requisiti formali, sostanziali e procedurali previsti, non richiede l’instaurazione di alcun procedimento dinnanzi all’autorità giudiziaria italiana ai fini del riconoscimento da parte degli organi competenti.
Quanto ai requisiti più strettamente formali e procedurali, il materiale istruttorio acquisito induce a ritenere, innanzitutto, che la sentenza sia stata adottata dalla competente Autorità Giudiziaria nel rispetto di quanto previsto dall’art. 64, lett. a, b e c, l. cit. La sentenza è inoltre passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunciata (art. 64, lett. d), non è contraria ad altra sentenza pronunciata da un Giudice italiano e passata in giudicato (lett. e), né pende un processo davanti al Giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima dell’instaurazione del processo straniero (lett. f).
Più complessa la valutazione in merito a quanto previsto dall’art. 64, lett. g, l. 218/1995, norma che limita il riconoscimento automatico delle sentenze straniere ai soli casi in cui ciò non produca «effetti contrari all’ordine pubblico».
Si tratta di una problematica ricorrente in materia di adozione compiuta all’estero, che si pone ogniqualvolta la richiesta di riconoscimento sia avanzata per situazioni che non presentano i requisiti ordinari di cui all’art. 6 l. adoz., su cui la giurisprudenza – tanto di merito, quanto di legittimità – ha avuto più volte occasione di esprimersi.
La declinazione di ordine pubblico cui far riferimento in una vicenda come quella sottoposta all’attenzione del Collegio è, come più volte chiarito dalla Sezioni Unite (sentenze 16601 del 2017; 12193 del 2019; 9006 del 2021), quella di “ordine pubblico internazionale”. Il contenuto di tale nozione, afferma la Suprema Corte, deve essere desunto dai principi, di rango Costituzionale e non solo, fondanti l’ordinamento, ma anche – considerata l’apertura dell’ordinamento interno al diritto sovranazionale ed il recepimento dei principi introdotti dalle convenzioni internazionali cui il nostro Paese ha aderito – dal «sempre più marcato riferimento ai valori giuridici condivisi dalla comunità internazionale ed alla tutela dei diritti fondamentali, al quale fa inevitabilmente riscontro un affievolimento dell’attenzione verso quei profili della disciplina interna che, pur previsti da norme imperative, non rispondono ai predetti canoni» (Cass. civ., ss. uu., sent. 12193/2019, Pres. Mammone, est. Mercolino, § 12.1): ne consegue che principi di ordine pubblico sono «quelli fondamentali della nostra Costituzione o […] quelle altre regole che, pur non trovando in essa collocazione, rispondono all’esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell’uomo» (ibid.). Nel formulare tale concezione aperta ed universalistica dell’ordine pubblico internazionale, un rilievo di primo piano è riconosciuto anche all’interpretazione della legge ordinaria, «che dà forma a quel diritto vivente dalla cui valutazione non può prescindersi nella ricostruzione dell’ordine pubblico, quale insieme di valori fondanti dell’ordinamento in un determinato momento storico» (id., § 12.2).
Il principio di diritto cui questo Tribunale si attiene nell’identificare il significato di ordine pubblico vigente in materia è pertanto il seguente, già espresso dalla Giurisprudenza ai suoi massimi vertici: «In tema di riconoscimento dell'efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero, la compatibilità con l'ordine pubblico, richiesta dagli artt. 64 e ss. della legge n. 218 del 1995, dev'essere valutata alla stregua non solo dei principi fondamentali della nostra Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, ma anche del modo in cui gli stessi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti, nonché dell'interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale ed ordinaria, la cui opera di sintesi e ricomposizione dà forma a quel diritto vivente dal quale non può prescindersi nella ricostruzione delle nozione di ordine pubblico, quale insieme dei valori fondanti dell'ordinamento in un determinato momento storico» (Cass. civ., ss. uu., sent. 12193/2019, cit., § 12.3).
La valutazione sulla contrarietà del provvedimento straniero comporta dunque la «verifica della compatibilità degli effetti che l’atto produce (nella specie l’attribuzione di uno status genitoriale adottivo) con i limiti non oltrepassabili, costituiti dai principi fondanti l’autodeterminazione e le scelte relazionali del minore e degli aspiranti genitori (art. 2 cost; art. 8 Cedu); dal principio del preminente interesse del minore di origine convenzionale ma ampiamente attuato in numerose leggi interne ed in particolare nella recente riforma della filiazione (legge delega n. 219 del 2012, d.lgs. n. 153 del 2013); dal principio di non discriminazione, rivolto sia a non determinare ingiustificate disparità di trattamento nello status filiale dei minori con riferimento in particolare al diritto all’identità ed al diritto di crescere nel nucleo familiare che meglio garantisca un equilibrato sviluppo psico-fisico nonché relazionale sia a non limitare la genitorialità esclusivamente sulla base dell’orientamento sessuale della coppia richiedente; dal principio solidaristico che è alla base della genitorialità sociale sulla base del quale la legge interna (l. n. 184 del 1983 come modificata dalla l. n. 149 del 2001 e dalla recente legge sulla continuità affettiva n. 173 del 2015) ed il diritto vivente (CEDU caso Zhou contro Italia sentenza 21.4.2014 e S.H. contro Italia sentenza 13.10.2015; Cass. 3643 del 2020 e 1476 del 2021) hanno concorso a creare una pluralità di modelli di genitorialità adottiva, unificati dall’obiettivo di conservare la continuità affettiva e relazionale ove già stabilizzatasi nella relazione familiare» (Cass. civ., ss. uu., sent. 9006/2021, § 16.1).
Alla luce di quanto illustrato, rileva pertanto evidenziare che – in un caso come quello sottoposto all’attenzione del procedente Collegio – il concetto di ordine pubblico non può non ritenersi strettamente connesso a quello del superiore interesse del minore (best interest of the child), cui va attribuito «rilievo determinante» (Corte cost., sent. 32/2021) nell’ordinamento giuridico minorile nel suo complesso.
Tale concetto costituisce non soltanto il principio cardine delle norme e della giurisprudenza, non solo nazionali, che si occupano del tema in oggetto, ma rappresenta anche il fondamento e la giustificazione di alcuni casi particolari di adozione, previsti in Italia, com’è noto, dall’art. 44 l. adoz.
Best interest of the child e ordine pubblico sono concetti strettamente connessi e, come sottolineato da certa giurisprudenza, il primo sarebbe addirittura il presupposto del secondo atteso che «l'ordine pubblico segnala l'esigenza imprescindibile di assicurare al minore la conservazione dello status e dei mezzi di tutela di cui possa validamente giovarsi in base alla legislazione nazionale applicabile, e in particolare del diritto al riconoscimento dei legami familiari e al mantenimento dei rapporti con chi ha legalmente assunto il riferimento della responsabilità genitoriale, garantendo la crescita, l'equilibrio affettivo e la realizzazione della persona. Contrario all'ordine pubblico risulterebbe quindi, all'opposto, che, fuori dal territorio dello stato di nascita, nel territorio dello Stato italiano […] il minore venga privato dei suoi riferimenti genitoriali e venga esposto ad una condizione giuridica del tutto diversa con evidente pregiudizio dei rapporti e riferimenti familiari, con incidenza esterna anche sulla rappresentanza e responsabilità sul minore» (App. Venezia, sez. III, 16.07.2018).
La centralità dell’interesse superiore del minore e del diritto dello stesso ad una famiglia – oltre al fondamentale interesse alla continuità degli status familiari e, conseguentemente, al pieno riconoscimento in Italia di una situazione di fatto non solo legittimamente ammessa nel Paese di residenza della famiglia, ma anche evidentemente consolidata, posto che l’odierno richiedente rappresenta ormai da tempo una figura di riferimento per la minore C. L. – non può non determinare questo Tribunale nel considerare la sentenza di adozione di cui si chiede il riconoscimento pienamente conforme all’ordine pubblico internazionale, per come interpretato dal prevalente e costante filone interpretativo giurisprudenziale menzionato.
Il rispetto del superiore interesse del minore è evidentemente provato dai diversi elementi emersi in istruttoria: la stabilità dell’ambiente familiare, che rappresenta una realtà ampiamente positiva per la minore C. L.; l’assenza del padre biologico (dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale), ormai da tempo sostituito dall’odierno istante; la solidità del legame fra padre intenzionale e figlia adottiva, considerata in tutto e per tutto alla pari della sorella, figlia naturale del sig. W. C.; la considerazione, da parte della minore, che l’odierno richiedente sia niente meno che suo padre.
Sussistendo pertanto anche quest’ultimo requisito previsto dall’art. 64, l. 218/1995, il provvedimento produce automaticamente effetti nell’ordinamento italiano ai sensi dell’art. 41, co. 1 della medesima legge, senza bisogno di alcun intervento giurisdizionale. L’odierno istante, qualora vorrà avanzare richiesta di trascrizione nei registri dello stato civile, potrà rivolgersi direttamente all’ufficiale dello stato civile del comune AIRE competente, segnatamente il comune di (omissis).
Resta salva per gli eventuali interessati la possibilità di adire, in caso di controversia originata dal rifiuto di trascrivere il provvedimento giurisdizionale estero di costituzione dello status filiationis, la Corte d’Appello territorialmente competente – organo competente in unico grado per tale genere di disputa ai sensi dell’art. 67, l. 218/1995 e dell’art. 30, d.lgs. 150/2011 – in contraddittorio con il Sindaco, in qualità di ufficiale dello stato civile destinatario della richiesta di trascrizione, ed eventualmente con il Ministero dell'interno, legittimato a spiegare intervento in causa e ad impugnare la decisione in virtù della competenza ad esso attribuita in materia di tenuta dei registri dello stato civile.
P.Q.M.
visto l’art. 41 legge 31 maggio 1995, n. 218;
rilevata l’incompetenza di questo Tribunale per i Minorenni;
DICHIARA
l’inammissibilità della domanda.