La riadozione di provvedimenti repressivi può aversi solo quando, a causa di un nuovo provvedimento esplicito e per via del suo contenuto, risulti definitivamente vanificata l'operatività del pregresso provvedimento demolitorio.
Con la sentenza n. 2596 dell'8 aprile 2022, il Consiglio di Stato ha ribadito che la presentazione di un'istanza di sanatoria non implica l'inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendo automatica l'adozione da parte dell'Amministrazione di un nuovo provvedimento di demolizione. Nel caso in cui venga presentata una domanda che miri all'accertamento di...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. I fratelli XXX sono proprietari, jure successionis, di un terreno sito in XXX, via XXX, foglio mappa n. 2, particella n. 686, sul quale veniva realizzato nel 2002 senza titolo edilizio un prefabbricato destinato a deposito.
2. Per tale opera, mai autorizzata, nel 2004 veniva presentata al Comune di XXX una domanda di condono ai sensi dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003 (c.d. terzo condono).
3. Successivamente, il Comune di XXX adottava l’ordinanza di demolizione n. 32/2004 , notificata in data 28.5.2004. L’inottemperanza all’ingiunzione a demolire veniva accertata con verbale di inottemperanza prot. 12897 del 19.10.2017 e notificato il 20.10.2017. L’ente locale con nota prot. n. 2017/15402 del 13.12.2017 notificava infine ai sigg. XXX anche il provvedimento di diniego della predetta domanda di condono edilizio. Con determinazione n. 7 del 23 ottobre 2019, il Comune di XXX prendeva atto dell’avvenuto trasferimento ope legis dell’immobile e dell’area di sedime per procedere alla trascrizione dell’immobile presso i registri immobiliari della competente conservatoria in favore del Comune.
4. I signori XXX, ritenendo alcuni di questi atti illegittimi, hanno impugnato il diniego dell’istanza di condono dinanzi al TAR della Campania, domandandone l’annullamento.
Con motivi aggiunti hanno successivamente censurato anche la dichiarazione di avvenuto trasferimento della proprietà del loro bene in capo al patrimonio del Comune.
Sono invece rimasti non gravati l’ordinanza di demolizione ed il verbale di accertamento della relativa inottemperanza.
5. Con sentenza n. 31/2021 il TAR ha respinto il ricorso introduttivo, ritenendolo infondato, ma ha accolto il ricorso per motivi aggiunti, respingendo le eccezioni del Comune resistente sulla carenza di interesse ed annullando la dichiarazione di acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale.
6. Il Comune di XXX ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, in particolare avverso il capo che ha accolto i motivi aggiunti, ponendo a fondamento dell’appello due motivi di censure.
7. I signori XXX si sono costituiti in giudizio, al fine di resistere all’impugnazione.
8. La Sezione, con ordinanza n. 3472 del 25.6.2021, ha accolto l’istanza formulata dal Comune appellante, limitatamente alla sollecita fissazione dell’udienza di merito.
9. Le parti hanno depositato, in vista dell’udienza di merito, una memoria ex art. 73 cod. proc. amm., insistendo nelle loro avversarie conclusioni.
10. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 31 marzo 2022.
11. Con il primo motivo di impugnazione il Comune appellante deduce:
ERROR IN JUDICANDO E PROCEDENDO. MOTIVAZIONE ERRONEA E PERPLESSA IN ORDINE ALLA CARENZA DI INTERESSE DEI RICORRENTI.
12.1 L’ente locale censura il capo della sentenza che ha respinto l’eccezione, sollevata in primo grado, in merito alla mancanza di interesse dei ricorrenti, che non avevano impugnato né l’ordinanza di demolizione, né il verbale di accertamento di inottemperanza, ma invece la dichiarazione di avvenuta acquisizione dell’immobile, che non sarebbe nella tesi del Comune titolo per l’acquisizione al patrimonio comunale.
Il TAR avrebbe confuso il provvedimento di acquisizione tout court (risalente alla presa d’atto dell’inottemperanza) con la predetta dichiarazione secondo il Comune non lesiva essendo un atto ricognitivo risolventesi nella mera ricognizione dell’effetto acquisitivo legato all’avvenuta inottemperanza all’ordine di demolizione nel termine di novanta giorni, accertato con verbale di inottemperanza non impugnato.
La lesività del provvedimento non potrebbe essere riconducibile alla dichiarazione di avvenuta acquisizione essendo un atto endoprocedimentale, e non a valenza provvedimentale, stante la natura dichiarativa di detto atto che discende dall’avvenuta inottemperanza alla ingiunzione a demolire nel termine di 90 giorni.
Invece i ricorrenti non avrebbero né impugnato l’ordinanza, né il verbale di inottemperanza che aveva accertato tale situazione.
Sarebbe inoltre errata la statuizione del primo giudice in merito all’inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione dell’ordinanza di demolizione. Il TAR avrebbe accertato erroneamente che a seguito della presentazione della domanda di condono il procedimento repressivo edilizio subisce un definitivo arresto, sorgendo l'obbligo del Comune di esaminare tale domanda prima di ogni altro provvedimento repressivo in materia edilizia, con la conseguenza della perdita di efficacia dell'eventuale provvedimento di demolizione già adottato e della improcedibilità delle eventuali impugnazioni ad esso rivolte per sopravvenuta carenza di interesse, dovendo essere adottato un nuovo provvedimento di demolizione successivamente all'esame negativo della domanda di condono.
L’iter argomentativo del primo giudice sarebbe sviato in quanto l’ordinanza di demolizione n. 32/2004 sarebbe stata adottata e notificata in data 28.5.2004, ossia successivamente all’istanza di condono del 30.4.2004 prot. 3425.
Il richiamo alla “costante giurisprudenza” sarebbe dunque inconferente e non sovrapponibile al caso di specie, poiché detto orientamento si riferirebbe all’ipotesi in cui l’ente comunale notifichi l’ordine di demolizione prima dell’istanza di condono edilizio, e non dopo.
12.2 La censura è fondata per quanto di ragione.
In merito alla prima questione, relativa alla valenza lesiva dell’atto dichiarativo della acquisizione dell’immobile, va rilevato che tale atto è lesivo ed, in astratto, autonomamente impugnabile per vizi propri ( anche in assenza dell’impugnazione della demolizione e della impugnazione della presa d’atto dell’inottemperanza alla demolizione ) in quanto specifica l’area acquisita dall’amministrazione dopo il verificarsi dell’effetto ex lege. La dichiarazione di acquisizione del 2019 infatti è un ulteriore passaggio di concretizzazione nel procedimento sanzionatorio tra l’altro necessario ai fini della trascrizione immobiliare. I veri atti lesivi dell’interesse azionato dal ricorrente in primo grado consistono nel verbale di accertamento della inottemperanza pur impugnato con i motivi aggiunti ma tardivamente (trattandosi di atto del 2017) e nell’atto di demolizione (mai impugnato).
I motivi aggiunti sono in sostanza incentrati sulla mancata previa definizione del procedimento di condono ed essi dovevano essere proposti avverso il provvedimento di demolizione.
Risulta inoltre non contestato che l’ordinanza di demolizione è stata adottata successivamente alla presentazione dell’istanza di condono, e non prima.
L’ordine di demolizione n. 32/2004, notificato successivamente alla domanda di condono presentata dai sigg. XXX, rimasta inoppugnata, non ha quindi perso efficacia e doveva essere impugnata nel termine decadenziale.
L’omessa impugnazione di entrambi gli atti, ovvero dell’ordinanza di demolizione prima e del verbale di inottemperanza dopo comporta l’inammissibilità dell’impugnazione della mera dichiarazione di acquisizione dell’area di sedime impugnata con motivi aggiunti che avrebbero dovuto rivolgersi avverso atti rimasti inoppugnati.
13. Il secondo motivo d’appello dell’ente locale è così rubricato: ERROR IN JUDICANDO (VIOLAZIONE E DISTORTA APPLICAZIONE DELL’ART. 44 DELLA L. N. 47/85 IN RELAZIONE ALL’ART. 32 D.L. 269/2003 CONV. IN LEGGE N. 326 DEL 2003). MOTIVAZIONE ERRONEA E SVIATA. ERRONEA PRESUPPOSIZIONE DI FATTO E DIRITTO - DIFETTO DEL PRESUPPOSTO. CONTRADDITTORIETÀ.
13.1 Il Comune ritiene che la pronuncia di primo grado sia anche errata per aver accertato che prima di procedere alla eventuale acquisizione, l’ente locale avrebbe dovuto riordinare la demolizione delle opere abusive, assegnando un nuovo termine per adempiere alla demolizione, e solamente allo spirare del nuovo termine il Comune avrebbe quindi potuto accertare la situazione di fatto, ed in caso di inottemperanza procedere con l’acquisizione, previo verbale di accertamento dell’inottemperanza.
La sopravvenuta formazione di un nuovo provvedimento di rigetto del condono non comporterebbe invece, contrariamente a quanto ha statuito il TAR, il dovere per l'Amministrazione comunale di emettere una nuova ordinanza di demolizione rimanendo la stessa sospesa.
13.2 La doglianza ha pregio.
13.3 Deve rilevarsi che, per giurisprudenza pacifica, “la presentazione di una istanza di sanatoria non comporta l'inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendoci pertanto un'automatica necessità per l'amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione; nel caso in cui venga presentata una domanda di accertamento di conformità in relazione alle medesime opere (da verificare nel caso di specie da parte degli organi comunali), l'efficacia dell'ordine di demolizione subisce un arresto, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 16/03/2020 , n. 1848)” (Cons. Stato, Sez. VI, n. 4829/2020). In caso di abusi edilizi, l'ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato, sez. VI, n. 1552/2021).
Ne consegue che, rigettato il condono, la demolizione, temporaneamente inefficace in pendenza del procedimento di sanatoria, riprende vigore.
13.4 Inoltre come accertato infra, l’ordine di demolizione n. 32/2004 non risulta antecedente all’istanza di condono, ma l’istanza di condono ha preceduto (30.3.2004) l’ordine di demolizione (30.4.2004), difettando quindi i presupposti dell’art. 44 della legge n. 47/1985 (richiamata dall’art. 39 della L. n. 724 del 1994 e dall’art. 32 del D.L. n. 269 del 2003, convertito nella L. n. 326 del 2003) invocata dal TAR e non rilevante nella specie.
L’ordinanza di demolizione non avrebbe poi mai potuto perdere definitivamente efficacia per l’applicazione dell’art. 44, in quanto detta norma si riferisce testualmente alla sospensione dei provvedimenti sanzionatori pregressi e quindi dell’ordine di demolizione adottato precedentemente alla presentazione della domanda di condono (l’ordine di demolizione successivo dovendo essere impugnato deducendone l’illegittimità per mancata previa definizione dell’istanza di condono – che paralizza temporaneamente l’esecuzione delle sanzioni - circostanza – questa dell’impugnazione della demolizione - non verificatasi nella specie essendosi fatta questione solo dell’impugnativa del diniego di condono e, omisso medio, del provvedimento di acquisizione del manufatto abusivo e dell’area di sedime).
Ma v’è di più.
Stante la non accoglibilità della domanda di condono, essendo priva degli elementi essenziali (avvenuta ai sensi della legge n. 326/2003, la cui sanatoria è riferita solo ad abusi di natura residenziale, ma oggetto dell’opera sine titulo è un deposito), l’esito del procedimento non poteva essere diverso, come ha chiarito lo stesso TAR Napoli respingendo il ricorso introduttivo e confermando il diniego della medesima istanza di condono.
Non sussistono pertanto, nella presente fattispecie, nemmeno i presupposti per l’applicazione dell’ orientamento giurisprudenziale invocato dal ricorrente e relativo solo ai provvedimenti di condono (non agli accertamenti di conformità) secondo il quale la presentazione della domanda di condono successivamente alla impugnazione dell’ordinanza di demolizione (e nel caso di specie mai avvenuta) produce l’effetto di rendere inefficace tale provvedimento, e quindi improcedibile l’impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse, perché tale orientamento – comunque revocabile in dubbio nel caso in cui il procedimento di condono si concluda con un rigetto a distanza di tempo ragionevole dalla demolizione sospesa dal condono – non può trovare applicazione nei casi come quello in esame, in cui sia palese la mancanza dei presupposti minimi di ammissibilità della stessa domanda di condono.
L’obbligo di riesaminare l’abusività delle opere provocato dalla domanda di condono con la riadozione dei provvedimenti repressivi ha senso solo in presenza di un intervento astrattamente sanabile, ossia quando per effetto della formazione di un nuovo provvedimento esplicito e per il suo concreto contenuto risulti definitivamente vanificata l’operatività del precedente provvedimento demolitorio, adottato senza tener conto della (astratta) condonabilità del bene.
Ha pregio l’assunto del Comune che ricorda il principio di speditezza e non aggravamento dei procedimenti amministrativi repressivi, con una inutile riedizione ex novo di esso, atteso l’identico provvedimento repressivo da adottare in sede di rinnovo, stante la natura abusiva del manufatto e dell’impossibilità di condonarla, non rientrando per l’oggettività della sua natura nelle categorie previste dalla normativa di condono.
14. L’appello deve, dunque, essere accolto con conseguente riforma della sentenza gravata e il rigetto dei motivi aggiunti proposti in primo grado. Le spese del giudizio, stante la particolarità della vicenda, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR Napoli, n. 31/2021, respinge il ricorso per motivi aggiunti sub r.g. 1095 del 2018.
Spese compensate.