La riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio Superiore della Magistratura passa il vaglio della Camera, dirigendosi ora verso l'esame dell'altro ramo del Parlamento.
La Camera approva la riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio Superiore della Magistratura con 328 sì, 41 no e 25 astenuti. Il Disegno di legge A.C. 2681-A contiene una delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, introducendo nuove disposizioni immediatamente precettive in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare e di eleggibilità, oltre al ricollocamento in ruolo dei magistrati. Inoltre, la riforma interviene sulla costituzione e sul funzionamento del CSM.
Il testo si articola in 6 Capi e 43 articoli.
In particolare, il Capo III interviene sullo status dei magistrati con riferimento alla loro eleggibilità, all'assunzione di incarichi e al ricollocamento al termine del mandato, prevedendo tra le altre cose il divieto di esercitare contemporaneamente funzioni giurisdizionali e ricoprire cariche elettive e governative, sia a livello nazionale sia a livello locale (cd. porte girevoli politica/magistratura). Allo stesso modo, i magistrati non saranno eleggibili nella Regione nella quale è compreso l'ufficio giudiziario presso cui hanno prestato servizio nell'ultimo triennio.
Per quanto riguarda il rientro, il testo prevede una disciplina articolata che parte dal fatto che i magistrati che abbiano ricoperto una carica elettiva, al termine del mandato non potranno più svolgere funzioni giurisdizionali; i magistrati candidati ma non eletti per 3 anni non potranno tornare a lavorare nella Regione che comprende la circoscrizione elettorale presso la quale era stata presentata la candidatura e nemmeno nella Regione ove si trova il distretto presso cui lo stesso lavorava, oltre al fatto che non sarà possibile assumere incarichi direttivi, né svolgere le funzioni di PM, GUP e GIP. Infine, i magistrati che abbiano ricoperto incarichi apicali presso le PP. AA. resteranno per un altro anno fuori ruolo per poi rientrare, non potendo però assumere incarichi direttivi per un triennio.
Il testo della riforma passa ora all'esame del Senato.