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30 giugno 2022
La Consulta sulla decurtazione della pensione di reversibilità in caso di cumulo con redditi aggiuntivi

Con la sentenza in commento, la Corte costituzionale ha stabilito che, in presenza di altri redditi, la pensione di reversibilità può essere decurtata solo fino a concorrenza dei redditi stessi.

La Redazione

Con la sentenza n. 162 del 30 giugno 2022, la Corte costituzionale ha accolto una questione sollevata dalla Corte dei conti del Lazio dichiarando l'illegittimità costituzionale del combinato disposto del terzo e quarto periodo dell'art. 1, c. 41, L. n. 335/1995 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), e della connessa Tabella F, «nella parte in cui, in caso di cumulo tra il trattamento pensionistico ai superstiti e i redditi aggiuntivi del beneficiario, non prevede che la decurtazione effettiva della pensione non possa essere operata in misura superiore alla concorrenza dei redditi stessi».

Nel caso di specie, la titolare di una pensione di reversibilità, che per due annualità aveva beneficiato di propri redditi aggiuntivi, si era vista decurtare il trattamento pensionistico di una somma superiore all'importo di questi redditi. Per la Consulta tale situazione appare irragionevole: esse infatti contrasta con la finalità solidaristica sottesa all'istituto della reversibilità, volta a valorizzare il legame familiare che univa, in vita, il titolare della pensione con chi, alla sua morte, ha beneficiato del trattamento di reversibilità. Quel legame familiare, aggiunge la Corte, «anziché favorire il superstite, finisce paradossalmente per nuocergli, privandolo di una somma che travalica i propri redditi personali».

Pertanto, la Corte costituzionale introduce dei limiti nel cumulo tra pensione e redditi aggiuntivi stabilendo che, in presenza di altri redditi, la pensione di reversibilità può essere decurtata solo fino a concorrenza dei redditi stessi.

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