Con le sentenze in oggetto, il Consiglio di Stato conferma in via definitiva le nomine del Primo Presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio e del Presidente Aggiunto Margherita Cassano.
Con le sentenze n. 5788 e n. 5789, il Consiglio di Stato ha confermato le nomine del Primo Presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio e del Presidente Aggiunto Margherita Cassano, come deliberate lo scorso 20 gennaio.
Il Consiglio di Stato comunica che le due decisioni hanno contenuto analogo e arrivano dopo che erano stati accolti con le sentenze n. 267 e n. 268 del 14 gennaio 2022 i ricorsi in appello proposti da un Presidente di Sezione della Suprema Corte che aspirava agli stessi incarichi, annullando i provvedimenti di nomina sulla base dell'insufficienza motivazionale delle delibere del CSM, le quali non erano state in grado di specificare con chiarezza la preferenza accordata ai due magistrati che possedevano una minore anzianità di servizio rispetto a quella del ricorrente.
Ebbene, al termine di una nuova istruttoria, il CSM ha provveduto al rinnovo tempestivo delle nomine impugnate dal ricorrente in sede di ottemperanza, dunque la Settima Sezione del Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi e confermato in via definitiva la legittimità delle due delibere.
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza (ud. 3 e 11 maggio 2022) 11 luglio 2022, n. 5788
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Il ricorrente agisce “per la corretta ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 14 gennaio 2022, n. – (omissis)-/2022 (notificata il 2.2.2022) e per l’accertamento della nullità, per elusione della predetta sentenza, della delibera del Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura del 20 gennaio 2022, con la quale è stata nominata Presidente Aggiunto della Corte di Cassazione la Dott.ssa -(omissis)-, e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, in particolare della proposta della V Commissione del medesimo Consiglio Superiore della Magistratura (poi approvata dal Plenum) del 18 gennaio 2022 e dell’atto di concerto in pari data espresso dal Ministro della Giustizia su tale proposta”.
2. La vicenda trae origine dalla decisione assunta dal Plenum del CSM nella seduta del 15 luglio 2020, con la quale si è deliberata la nomina della controinteressata a Presidente Aggiunto della Corte di cassazione, previo conferimento delle funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità.
Il ricorrente ha impugnato la suddetta nomina e ne ha censurato la legittimità sotto svariati profili di violazione di legge ed eccesso di potere.
Con la sentenza n. -(omissis) -del 2021, il TAR per il Lazio, Roma, Sezione I, ha respinto il ricorso.
A quel punto, il ricorrente ha interposto appello.
Con la sentenza del 14 gennaio 2022, n. -(omissis)-, di cui oggi si chiede l’ottemperanza, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, il ricorso originario, annullando di conseguenza la delibera impugnata.
3. Nell’instaurare l’odierno giudizio, il ricorrente sostiene che la nuova delibera, assunta dal Plenum del CSM nella seduta del 20 gennaio 2022, non eseguirebbe correttamente la sentenza di appello, ed anzi la eluderebbe.
Secondo la sua prospettazione difensiva, il “manifesto intento elusivo” dell’operato del CSM sarebbe evincibile già sulla base delle “modalità con cui la motivazione è stata acconciata … attraverso un collage o un patchwork delle medesime argomentazioni già precedentemente esposte, vagliate nel giudizio e ritenute del tutto insoddisfacenti.
La semplice lettura comparata delle due delibere dimostra che sia la struttura, sia l’ordito motivazionale della seconda, sono esattamente i medesimi della prima. Una cospicua serie di copia/incolla ha consentito di utilizzare e replicare più volte gli stessi argomenti già spesi nel 2020 e (come si vedrà in seguito) di spostarli sotto la luce degli indicatori attitudinali specifici (siccome la sentenza del Consiglio di Stato più volte ne ha affermato lo “speciale rilievo”).
Al centro della compagine di entrambe è posto il profilo della dr.ssa -(omissis)-, i cui titoli,
nella delibera del 2022 sono i medesimi già considerati nella delibera del 2020 – ma amplificati
e più volte ribaditi, anche con ridondanze e la massima enfatizzazione delle aggettivazioni.
Invece, quelli a favore del dr. -(omissis)-sono addirittura contratti nelle parti che evidentemente
ponevano maggiore imbarazzo al redigente e le pagine dedicate al suo profilo sono ridotte
dalle 8 della delibera 2020 alle 6 della delibera 2022 (si vedrà in seguito che sono stati compiuti
tagli di passaggi che evidentemente non giovavano al preordinato fine e sono stati inseriti dati
falsi e/o contraddittori).
Nella motivazione della seconda sono aggiunti alcuni elementi di contorno, i quali: o
offrono stravaganti ed improbabili interpretazioni della stessa circolare; o si pongono in senso
esattamente contrario rispetto a quanto affermato dal Consiglio di Stato; oppure mostrano il
palese intento di aggirare le statuizioni della sentenza di annullamento …”.
In sostanza, a parere del ricorrente, lungi dal prospettarsi la riedizione del potere secondo i canoni dettati dal giudice amministrativo, ci si troverebbe “al cospetto della mera e capziosa ripetizione di una delibera già resa ed annullata, e di una scelta pregiudizialmente già fatta ed ostinatamente confermata”.
4. Il ricorrente censura, inoltre, la proposta della Quinta Commissione, in quanto atto presupposto rispetto alla delibera impugnata, dalla quale mutuerebbe le medesime ragioni di nullità, e l’atto di concerto espresso dal Ministro della giustizia sulla ridetta proposta, ritenendolo, anch’esso, affetto da nullità, in quanto il Ministro avrebbe dovuto esprimere un nuovo concerto, anziché limitarsi a rinnovarlo.
5. Il CSM ed il Ministero della giustizia hanno difeso il proprio operato ed hanno chiesto la reiezione del ricorso.
6. La controinteressata ha anch’essa resistito al ricorso, argomentando circa la sua inammissibilità e, comunque sia, anche in ordine alla sua infondatezza nel merito.
7. In data 29 marzo 2022, il ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare, attesa la prossimità della udienza fissata per la decisione definitiva della causa.
8. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di documenti, memorie integrative e memorie di replica.
9. La causa è stata decisa all’esito della discussione delle parti svoltasi all’udienza del 3 maggio 2022, ed anche a seguito della riconvocazione della camera di consiglio il successivo 11 maggio, ai sensi dell’art. 75, comma 2, cod. proc. amm.
10. La Sezione ritiene che il ricorso non sia fondato e che debba essere, pertanto, respinto.
11. Nel caso in cui sia denunciata, come nel caso di specie, l’elusività del comportamento serbato dall’Amministrazione rispetto alla pronuncia da ottemperare, il giudizio di ottemperanza si svolge attraverso una triplice operazione logico-giuridica, comprensiva delle seguenti fasi:
a) interpretazione del decisum giurisdizionale, al fine di individuare il comportamento doveroso per l’Amministrazione;
b) accertamento del comportamento in effetti tenuto dall’Amministrazione;
c) valutazione della conformità del comportamento tenuto dall’Amministrazione rispetto a quello che la medesima avrebbe dovuto tenere.
12. L’operazione sub a), ossia l’attività di interpretazione del decisum giurisdizionale, si sostanzia anzitutto attraverso la descrizione del contenuto dispositivo dei capi di pronuncia rispetto ai motivi di impugnazione dell’atto, secondo il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ma non si esaurisce in essa.
L’attività interpretativa è infatti indirizzata all’individuazione del contenuto precettivo della ‘regola del caso deciso’, con effetto conformativo sulla futura riedizione del potere, che potrà esprimersi senza limitazioni nel tratto lasciato libero dal decisum giurisdizionale, mentre resterà astretta dai vincoli nascenti dalla decisione, ovverossia dalle regole e principi sulla base dei quali il giudice della cognizione ha stabilito che il rapporto giuridico in contestazione fra le parti debba trovare la propria regolazione.
In questo senso, l’attività di interpretazione del decisum è sempre attività di regolazione del rapporto giuridico, perché nel giudizio di cognizione la regula iuris è stabilita, mentre nel giudizio di ottemperanza, quella medesima regola è concretamente applicata.
È noto, a questo proposito, l’indirizzo esegetico, costantemente seguito dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui la dinamicità e relativa flessibilità che caratterizzano la sentenza amministrativa (anche quella non ancora passata in giudicato purché, come nel caso di specie, non sospesa nella sua efficacia esecutiva), nel costante dialogo che la stessa instaura con il successivo esercizio del potere amministrativo, permettono al giudice dell'ottemperanza non solo di completare la decisione con nuove statuizioni integrative della pronuncia, ma anche di specificarne la portata e gli effetti conformativi (ex multis, Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenze del 15 gennaio 2013, n. 2 e del 9 giugno 2016, n. 11, e la giurisprudenza ivi citata).
Il suddetto meccanismo non opera al di fuori del sistema, e cioè in maniera straordinaria e avulsa dalle regole ordinarie che governano il processo di cognizione, ma solo nei limiti in cui sia predicabile la cognizione esecutiva.
La sentenza amministrativa costituisce, infatti, titolo per l'azione esecutiva, non per la prosecuzione del giudizio di cognizione, e il giudizio di cui agli artt. 112 e seguenti del cod. proc. amm. è volto a tradurre in atto le statuizioni già contenute, ancorché implicitamente o prospetticamente, nella sentenza definitiva (o in quella non sospesa nella sua efficacia esecutiva), senza che si possa incidere sui tratti liberi dell'azione amministrativa, lasciati ‘impregiudicati’ dalla decisione, e nei limiti in cui l’ulteriore svolgimento dell’azione sia comunque già desumibile, nei suoi tratti essenziali, dalla sentenza da portare ad esecuzione (fra le tante, Consiglio di Stato, Sezione V, 8 luglio 2021, n. 5196).
13. Sotto il primo profilo, e cioè quello concernente il contenuto dispositivo, la sentenza di cui si lamenta l’inottemperanza è sufficientemente chiara nel descrivere quali siano le eccezioni e le domande accolte, e quali, invece, quelle respinte.
Più in particolare, la sentenza:
a) ha in parte respinto, ed in parte assorbito, le eccezioni preliminari di inammissibilità dell’appello per violazione del divieto dei nova in appello e per mancanza di specificità dei motivi di gravame;
b) ha accolto il primo motivo di appello, con cui si censurava la contraddittorietà in generale della motivazione per la mancata considerazione degli elementi di fatto rilevanti;
c) ha accolto il secondo motivo di appello, nella parte in cui si sosteneva la specifica illogicità della motivazione in relazione al giudizio di equivalenza espresso sui candidati negli indicatori di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 21, T.U. Dirigenza, nonché con riferimento al giudizio di prevalenza della controinteressata nell’indicatore di cui alla lettera d), del medesimo T.U.;
d) ha respinto il secondo motivo di appello, nella parte in cui si prospettava che le esperienze e competenze organizzative maturate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, considerate dall’art. 12, comma 11, del decreto legislativo n. 160 del 2006, siano soltanto quelle di legittimità;
e) ha accolto il terzo motivo di appello, nella parte in cui si criticava il riconoscimento della ragione di preferenza espressa nei confronti della controinteressata ai sensi dell’art. 34, comma 2, T.U. per l’esperienza ordinamentale maturata quale componente del CSM e Presidente del Consiglio Giudiziario di Firenze;
f) ha respinto il terzo motivo di appello, nella parte in cui si sosteneva che l’esperienza presso il CSM sia valutabile ai soli fini del conferimento degli uffici direttivi di merito, e non anche per quelli di legittimità;
g) infine, la sentenza ha assorbito i rilievi mossi dall’appellante in ordine alla mancata valorizzazione di tutti i profili della propria esperienza, motivando incidentalmente come il CSM ne abbia “comunque conto (cfr. spec. pag. 57-62 della proposta)”.
14. Va soggiunto che la sentenza ottemperanda è sufficientemente chiara anche per quel che riguarda il secondo profilo, ossia l’enunciazione delle regole precettive sulla base delle quali la futura attività amministrativa dovrà essere riesercitata per regolare il rapporto giuridico in contestazione, essendo state chiaramente e adeguatamente esposte le ragioni, giuridiche e di fatto, che hanno determinato l’accoglimento del ricorso: trattasi, come si vedrà più dettagliatamente nel prosieguo della motivazione, di ragioni che pertengono quasi esclusivamente al riscontro di carenze e insufficienze della motivazione dell’atto.
14.1. Più in particolare, l’accoglimento del primo e di parte del secondo motivo di appello è stato incentrato sulla motivazione che “si appalesa manifestamente irragionevole e difettosamente motivata la ritenuta equivalenza dei profili dei candidati in relazione agli indicatori specifici sub lett. a), b) e c) dell’art. 21 del Testo unico.
È infatti palese la (consistente) maggior esperienza del dott. -(omissis)-sul parametro di cui alla lett. a), rispetto al quale la stessa proposta della V Commissione dà conto che l’appellante “ha svolto per più di venti anni le funzioni di legittimità […]”, mentre la dott.ssa -OMISSIS- può vantare analoga esperienza “per oltre tredici anni”.
Lo stesso è a dirsi per l’indicatore sub lett. b), considerato che l’appellante “È stato per circa otto anni (dal 2008 al 2016) componente delle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione” e “nel corso di questo ampio periodo […] ‘ha steso ben 172 sentenze per le Sezioni Unite, dalle quali risultano estratte 103 massime’”, e “Dal 9 marzo 2018 ne fa di nuovo parte come Presidente Titolare della Terza Sezione civile”; mentre la dott.ssa -OMISSIS- ha fatto parte delle Sezioni Unite Penali della Corte di cassazione “dal giugno 2010” - assumendo successivamente le funzioni di
Presidente della Corte di appello di Firenze dal 26 gennaio 2016 - per un periodo dunque di circa cinque anni e sette mesi, in relazione al quale vengono richiamate nella proposta sette sentenze redatte. Alla luce di ciò, al di là delle difese dell’appellata, con cui si deduce la minor frequenza nella celebrazione di udienze per le Sezioni Unite Penali, emerge chiaramente e obiettivamente, dalla semplice lettura dei dati, una netta prevalenza quantitativo-temporale dell’esperienza dell’odierno appellante in relazione ai parametri sub lett. a) e b) dell’art. 21, anche in ordine alla partecipazione (oltreché redazione di sentenze) in Sezioni Unite … Quanto all’indicatore specifico di cui alla lett. c) dell’art. 21, risulta l’esperienza maturata dal dott. -(omissis)-all’ufficio spoglio quale Presidente non titolare delle Terza Sezione civile, coadiuvando il Presidente titolare nella formazione dei ruoli d’udienza; e la delibera menziona anche l’attività svolta all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di cassazione dal 19 marzo 1992 al 10 dicembre 1996 con funzioni di magistrato di Tribunale applicato, e successivamente dall’11 dicembre 1996 al 1° ottobre 2002 quale magistrato d’appello applicato al Massimario della Corte di cassazione …; la dott.ssa -(omissis)- risulta invece aver svolto attività d’esame preliminare dei ricorsi di competenza della Prima Sezione penale dal febbraio 2007, in media per due giorni alla settimana, oltreché di classificazione dei processi assegnati alla Sezione Lavoro dal 2003 in avanti … Rispetto a tale indicatore non emerge una altrettanto netta e manifesta prevalenza quantitativa dell’uno sull’altro candidato; in ogni caso, la valutazione di equivalenza è unitariamente e complessivamente eseguita dal Csm sui tre indicatori nonostante i considerevoli divari riscontrabili in relazione a quelli di cui alle lett. a) e b)”.
La sentenza ha ulteriormente argomentato che “il giudizio complessivo di sostanziale equivalenza formulato dal Csm in relazione ai suddetti indicatori specifici sub lett. a), b) e c) dell’art. 21 si appalesa irragionevolmente e carentemente motivato: non vale infatti, al riguardo, limitarsi ad affermare che “anche la dott.ssa -OMISSIS- può vantare una lunga esperienza nelle funzioni di legittimità, per oltre tredici anni, periodo tale da integrare pienamente l’indicatore specifico di cui all’art. 21, lett. a), T.U.”. Al di là, infatti, del periodo minimo di adeguatezza previsto dall’art. 21, lett. a) del Testo unico («periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi anche se non continuativi», oltre al requisito minimo prescritto dalla legge di aver svolto le suddette funzioni per almeno quattro anni, ex art. 12, comma 11, d.lgs. n. 160 del 2006) resta indubbia la maggior esperienza (e dunque il possesso in misura più elevata) dell’indicatore sub lett. a) da parte dell’appellante, peraltro in termini quantitativamente considerevoli.
Lo stesso è a dirsi rispetto all’indicatore specifico sub lett. b), in relazione al quale il Csm non fornisce alcuna specifica motivazione giustificativa della conclusione accolta.
In tale contesto, l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alla conclusione di ritenuta equivalenza dei profili dei candidati, conclusione che non risulta invece allo stato esplicabile né ragionevolmente intellegibile alla luce dello scarno passaggio motivazionale speso dal Csm al riguardo.”.
Quindi, rispetto agli indicatori specifici di cui alle lettere a, b) e c), la sentenza ha concluso nel senso della “illegittimità della delibera, considerato del resto che il vizio ravvisato in relazione ai suddetti indicatori specifici - cui compete, insieme a quello di cui alla lett. d) dell’art. 21, lo speciale rilievo nella valutazione di cui all’art. 26, comma 3, (oltreché art. 33) Testo unico - risulta di suo efficiente ai fini dell’alterazione dell’equilibrio motivazionale posto a fondamento della delibera”.
Con riguardo, invece, all’indicatore specifico di cui alla lettera d), la sentenza, dopo avere escluso che le esperienze e competenze organizzative maturate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e considerate dall’art. 12, comma 11, del decreto legislativo n. 160 del 2006 siano soltanto quelle di legittimità, ha ravvisato il difetto motivazionale sotto il profilo del rispetto (recte, mancato rispetto) del “parametro generale delle «esigenze funzionali» di cui all’art. 25, comma 1, del Testo unico, che vale anch’esso a conformare gli oneri di adeguatezza motivazionale ravvisabili in capo al Csm.
In particolare, considerato l’ufficio messo a concorso (i.e., Presidente aggiunto della Corte di cassazione), nonché apprezzato il relativo preminente ruolo nomofilattico … di cui la figura del presidente aggiunto può essere preminente attore, potendogli competere di presiedere le Sezioni Unite civili o penali (ivi andando a partecipare alla funzione nomofilattica rinforzata dell’art. […] 374, terzo comma, Cod. proc. civ. o dell’art. 618 Cod. proc. pen.), manca una ragionevole e adeguata motivazione sulle ragioni per le quali sia stata ritenuta prevalente l’esperienza organizzativa della controinteressata di direzione di uno degli uffici d’appello sul territorio … In tale prospettiva, la motivazione della delibera si appalesa lacunosa - e allo stato irragionevole - sul perché l’esperienza organizzativa (pur ripercorsa dal Csm) presso una Corte territoriale sia da ritenere “più pregnante rispetto all’attività organizzativa e direttiva compiuta dal dott. Spirito”, alla luce della natura e dei tratti specifici dell’ufficio da conferire, da valorizzare (anche) nel prisma del principio di funzionalità di cui all’art. 25, comma 1, Testo unico … Al contempo, il richiamo alla “esperienza organizzativa e direttiva decisamente superiore rispetto a quella degli altri candidati, in quanto [n.d.r. la controinteressata] è stata vertice unico dell’intera Corte di Appello […] dovendo pertanto gestirne ogni aspetto organizzativo in piena autonomia ed essendone l’unica effettiva rappresentante [mentre] gli altri candidati hanno svolto funzioni direttive che, se pur significative, sono del tutto peculiari, in quanto caratterizzate dalla piena gestione solamente di una Sezione della Suprema Corte” non vale a fornire ragionevole e adeguata motivazione della poziorità della suddetta esperienza organizzativa territoriale su quella della singola Sezione della Corte di cassazione a fronte del criterio funzionale posto dall’art. 25, comma 1, Testo unico, da applicare in specie rispetto all’incarico di Presidente aggiunto.
Né tanto meno potrebbe spiegare sic et simpliciter - alla luce del suddetto criterio funzionale e della peculiarità del suindicato ruolo di Presidente aggiunto della Corte - il complessivo giudizio di prevalenza formulato, considerato il peso spettante anche agli altri indicatori specifici (su cui retro, spec. al precedente §), peraltro tutti in sé rilevanti e aventi posizione pariordinata (cfr., in termini generali, l’art. 33, comma 1, del Testo unico)”.
Alla luce delle suddette argomentazioni, le regulae iuris che si ricavano in via esegetica sono le seguenti:
i) rispetto agli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b) dell’art. 21, T.U. Dirigenza, esiste, in fatto, un divario quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori medesimi;
ii) il divario, in sé, non ha valore assorbente e insuperabile, né implica esiti valutativi automatici e scontati;
iii) rispetto ai ridetti indicatori specifici, occorre una motivazione ragionevole ed adeguata, che dia conto sia delle emergenze dei dati oggettivi, sia degli elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione;
iv) rispetto all’indicatore specifico di cui alla lettera c), del medesimo art. 21, non emerge una altrettanto netta e manifesta prevalenza quantitativa dell’uno sull’altro candidato;
v) rispetto all’indicatore specifico di cui alla lettera d), il preminente ruolo nomofilattico dell’incarico da conferire non esclude che sia dato rilievo alle esperienze organizzative presso le Corti di Appello territoriali, ma impone una motivazione stringente in termini di ‘pregnanza’ dei giudizi espressi sui profili curriculari messi a confronto, rispetto alle esigenze funzionali dell’ufficio da conferire, ai sensi dell’art. 25, T.U. Dirigenza.
14.2. L’accoglimento di parte del terzo motivo è stato incentrato, invece, sulla base della non corretta applicazione che la delibera aveva fatto circa la ragione di preferenza accordata alla controinteressata per l’attività svolta quale componente del CSM e quale Presidente del Consiglio Giudiziario di Firenze, ai sensi dell’art. 34, comma 2, T.U. Dirigenza.
In particolare, la sentenza ha motivato che “In tal modo, il Csm ha espressamente attribuito valore in prospettiva preferenziale a dati esperienziali di natura ordinamentale, esogeni all’esercizio della funzione giudiziaria in sé.
Tuttavia, come correttamente posto in risalto dall’appellante, tali elementi non possono essere nella specie valorizzati nei suddetti termini preferenziali, considerato che - come reso esplicito dal suddetto art. 34, comma 2, Testo unico, e in linea già con il criterio di cui all’art. 25, comma 1, nonché in virtù della stessa ratio generale di adeguatezza e coerenza funzionale fra le pregresse esperienze maturate e i connotati dell’incarico da ricoprire - è possibile dare un rilievo preferenziale alla detta esperienza ordinamentale agli specifici fini del conferimento delle funzioni direttive «apicali» di legittimità, è cioè di Primo Presidente della Corte di cassazione … La partecipazione quale componente del Csm (oltreché Presidente del Consiglio Giudiziario) rimane dunque ricompresa, nella specie, fra gli indicatori generali, ai sensi dell’art. 11, comma 1, Testo unico, col diverso valore che essi assumono.”.
La sentenza ha escluso la fondatezza, invece, del capo di doglianza con cui l’appellante sosteneva che la ridetta attività ordinamentale potesse essere valutata ai soli fini del conferimento degli uffici direttivi di merito, e non anche per quelli di legittimità.
Anche in questo caso, le regulae iuris che si ricavano dallo sviluppo logico-argomentativo della pronuncia, sono sufficientemente chiare:
i) rispetto al conferimento dell’incarico di Presidente Aggiunto della Corte di cassazione, l’attività ordinamentale svolta quale componente del CSM e quale Presidente del Consiglio Giudiziario non è valutabile ai fini del riconoscimento del giudizio di preferenza di cui all’art. 34, comma 2, T.U. Dirigenza;
ii) la ridetta attività è valutabile, invece, ai sensi dell’indicatore generale di cui all’art. 11, comma 1, del medesimo testo unico.
15. Le regole conformative appena illustrate torneranno utili quando si affronterà la questione sub c), mentre occorre ora concentrarsi sulla questione sub b), essendo logicamente prioritario stabilire quale sia stato il comportamento in effetti serbato dall’Amministrazione in sede di spontaneo riesercizio del potere.
Ciò implica lo scrutinio del contenuto della nuova delibera assunta dal CSM.
La delibera si apre con l’illustrazione sintetica del percorso professionale del ricorrente e del controinteressato, secondo l’ordine di anzianità nel ruolo, ai sensi della circolare del CSM denominata P-14858-2015 del 28 luglio 2015, recante il nuovo Testo Unico sulla Dirigenza giudiziaria:
“2.1) dott. -(omissis)-Nominato con D.M. 30.12.1977, è stato dal 20.02.1979 pretore alla
Pretura di -(omissis)-; dal 23.05.1983 giudice al Tribunale di Napoli; dal 19.3.1992 magistrato di
tribunale destinato all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione;
dall’11.12.1996 magistrato di appello destinato alla Corte di Cassazione; dal 2.10.2002 consigliere
della Corte di Cassazione; è dal 23.6.16 Presidente di Sezione della Corte di Cassazione;
2.2) dott.ssa -(omissis)-Nominata con D.M. 13.5.1980, la dott.ssa -(omissis)- dal
28.9.1981 è stata Sostituto Procuratore presso la Procura di Firenze; dal 31.7.1998 è stata fuori
ruolo quale componente del C.S.M., dal 16.1.2003 è stata magistrato di appello destinato alla Corte di Cassazione; dal 12.7.2006 è stata consigliere presso la Corte di Cassazione; dal 26.1.2016 è Presidente della Corte d’Appello di Firenze”.
Illustra poi i principi generali della materia, come recati dal ridetto Testo Unico: in particolare, espone i criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali ed i parametri del merito e delle attitudini e, tra questi ultimi, gli indicatori generali e specifici.
Passa, dunque, a descrivere nel dettaglio, separatamente per ciascuno dei candidati, il percorso professionale e di carriera.
Infine, previa comparazione fra i candidati, conferma i giudizi di equivalenza secondo gli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b) dell’art. 21, T.U., e il giudizio di prevalenza della controinteressata secondo l’indicatore specifico di cui alla lettera d) del medesimo articolo 21, mentre esprime un giudizio di prevalenza della controinteressata nell’indicatore specifico di cui alla lettera c) del ridetto testo unico, innovando sul punto il precedente giudizio di cui alla delibera annullata, che si era attestata, invece, su un giudizio di equivalenza fra i candidati.
Scendendo più nel dettaglio:
15.1. con riguardo all'indicatore specifico di cui alla lettera a) “l'adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi anche se non continuativi”), la delibera circostanzia i fatti rilevanti e le esperienze maturate dalla controinteressata: “Al riguardo, deve rilevarsi come la dott.ssa -OMISSIS- abbia esercitato, per tredici anni, le funzioni di legittimità, dapprima quale Magistrato d’appello applicato, poi quale consigliere della Corte di Cassazione.
Presso l’ufficio del Massimario e del Ruolo la dott.ssa - (omissis)- ha, dal 16 gennaio 2003 al maggio
2004 compreso, svolto funzioni contemporaneamente nel settore penale e in quello civile, attese le
improrogabili necessità dell’Ufficio, complessivamente considerate.
Nel settore penale del Massimario ha svolto le seguenti attività: 1) attività di spoglio di tutte le
sentenze pronunziate dalla Prima Sezione penale; tale attività è stata svolta dapprima insieme con
altri due colleghi e poi, a partire dall’aprile 2005, con un solo altro collega, attese le sopravvenute
scoperture dell’organico; tale attività ha comportato la lettura e lo studio dell’intera produzione
giurisprudenziale della Prima Sezione penale ai fini della segnalazione per la massimazione, nonché della predisposizione di abstract, destinati alla diffusione informatica mediante il Servizio Novità, operativo dal novembre 2004; 2) attività di massimazione delle sentenze pronunziate dalle singole Sezioni e dalle Sezioni Unite sia per quanto concerne le problematiche sostanziali che per quanto attiene a quelle di natura processuale, secondo le previsioni tabellari; 3) attività di redazione delle segnalazioni di orientamento e di contrasto di giurisprudenza; 4) attività di redazione delle relazioni per le Sezioni Unite penali in tema di immigrazione, rapporti giurisdizionali con Autorità straniere con specifico riferimento all’istituto dell’estradizione, impugnazioni con specifico riguardo al divieto di reformatio in peius; 5) attività di segnalazione per il Servizio Novità; 6) attività di redazione di studi monografici in tema di terrorismo, regime penitenziario differenziato (art. 41-bis ord.penit.), immigrazione, rapporti giurisdizionali con Autorità straniere, giudizio in contumacia e restituzione nel termine.
Nel settore civile del Massimario ha svolto attività di classificazione dei processi assegnati alla
Sezione Lavoro della Corte di Cassazione. Tale attività ha comportato lo studio: 1) dal 3 marzo
2003, di novanta ricorsi a settimana; 2) dall’aprile 2003, di centodieci ricorsi a settimana; 3) dal 20 ottobre 2003 di centoventi ricorsi a settimana.
La trattazione di tutti i ricorsi è sempre avvenuta nel rispetto di quattordici giorni, termine assegnato dal Direttore dell’Ufficio.
Dagli inizi del 2005 è stata altresì incaricata dal Direttore del Massimario e del Ruolo di seguire,
insieme con altri due colleghi del settore penale, la produzione giurisprudenziale della Corte
europea dei diritti dell’uomo, ai fini della pronta segnalazione e della diffusione informatica delle
decisioni di maggiore rilievo tramite il Servizio Novità; tale attività ha comportato la lettura e lo studio delle sentenze in lingua straniera (inglese e francese), in quanto solo per le cause in cui è
parte lo Stato italiano è prevista la traduzione ufficiale in lingua italiana.
Ha collaborato all’avvio del nuovo servizio denominato “Servizio Novità”, sito informatico
collocato in Italgiureweb, destinato alla diffusione immediata, mediante una sintesi della
motivazione delle sentenze redatta con linguaggio comprensibile anche a un’utenza non
professionale, delle decisioni di legittimità più significative o per l’assenza di precedenti o per il
mutamento di orientamento esegetico o, infine, per la rilevanza delle questioni trattate.
Dal 12 luglio 2006, nominata consigliere di Cassazione, ha proseguito la sua attività presso la Prima Sezione Penale fino al 25 gennaio 2016.
In tale Sezione si è occupata della redazione di provvedimenti in tema di reati associativi (associazione per delinquere di stampo mafioso e assimilate, associazioni per delinquere finalizzate
a traffici di sostanze stupefacenti, associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine
democratico), delitti contro la vita e l’incolumità individuale, delitti contro l’incolumità pubblica,
contro la personalità dello Stato, delitti di comune pericolo mediante violenza e frode, violazioni in
materia di armi, reati militari, misure di prevenzione personali e patrimoniali, reati in materia di
immigrazione, violazioni al testo unico di pubblica sicurezza, reati fallimentari e societari, delitti
contro l’onore, esecuzione, ordinamento penitenziario, conflitti di competenza, rapporti
giurisdizionali con Autorità straniere.
In numerose sentenze ha affrontato questioni giuridiche di particolare complessità per la novità dei
temi trattati, per la vastità e l’articolazione del disegno criminoso perseguito dalle associazioni
mafiose e per il numero delle persone coinvolte, per la risonanza mediatica.
Da tali sentenze sono state ricavate 653 massime, come risulta dal prospetto informatico del servizio curato dal C.E.D. della Corte di Cassazione, contenente anche l’indicazione delle sentenze
pubblicate e/o annotate sulle riviste Foro Italiano, Cassazione Penale, Guida al diritto, Archivio
della nuova procedura penale, Diritto penale e processo.
Tutte le sentenze sono state depositate nei termini, nonostante la loro complessità e nonostante
abbia usufruito solo parzialmente degli esoneri che le spettavano quale magistrato addetto all’esame preliminare dei ricorsi e vicedirettore del C.E.D.
Riferisce, inoltre, che la controinteressata ha messo a frutto le proprie competenze informatiche, sia al fine di “conseguire il virtuoso obiettivo della definizione tempestiva di un cospicuo numero di procedimenti … controllando la scadenza dei termini previsti per il deposito dei provvedimenti e organizzando un archivio delle decisioni adottate”, sia collaborando “alla creazione di un sistema di dialogo telematico fra tutti i componenti della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, per favorire l’immediata conoscenza dei dispositivi delle decisioni emesse – soprattutto se concernenti questioni nuove o questioni rimesse alle Sezioni Unite – e per scongiurare contrasti inconsapevoli di giurisprudenza.
Questo canale di comunicazione informatica assolve, peraltro, alla funzione di rendere edotti tutti i
componenti della Sezione della qualità e natura delle sopravvenienze, di nuove questioni
interpretative prospettate dai ricorrenti con i motivi di ricorso per cassazione, sì da favorire il
preventivo studio delle stesse e l’organizzazione di assemblee sezionali o dell’Ufficio per dare una
risposta meditata e tempestiva e vagliare la sussistenza dei presupposti per la tempestiva rimessione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618, comma 2, c.p.p.”.
La delibera si sofferma poi sui profili organizzativi dell’esercizio della funzione di legittimità, sottolineando che “Nello svolgimento dell’attività di esame preliminare dei ricorsi ha mantenuto un costante raccordo con il Presidente titolare della Prima Sezione Penale, con i Presidenti non titolari, con i Consiglieri della medesima Sezione, nonché con il Presidente della Settima Sezione Penale, con il Segretario generale della Corte di Cassazione e con il coordinatore delle Sezioni Unite Penali. Tale raccordo è stato finalizzato a contribuire alla formazione razionale dei ruoli, concentrare la trattazione delle questioni analoghe, rafforzare la funzione nomofilattica, consentire l’individuazione delle questioni ripetitive oggetto di orientamenti consolidati e, quindi, suscettibili di contraddittorio cartolare dinanzi alla Settima Sezione Penale, segnalare contrasti di giurisprudenza e selezionare le questioni nuove di particolare rilievo meritevoli di un particolare approfondimento o dell’intervento immediato delle Sezioni Unite”.
15.2. In relazione all'indicatore specifico di cui all'art. 21, lettera b), T.U. Dirigenza ("la partecipazione alle Sezioni Unite"), la delibera precisa anche in questo caso gli elementi di fatto rilevanti (la controinteressata “è stata componente delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione dal giugno 2010; in tale qualità ha curato la redazione di complesse sentenze in tema di recidiva, reato continuato, rapporti tra associazione mafiosa e delitti di riciclaggio e reimpiego di capitali, giudizio immediato, rito abbreviato, patteggiamento, difesa tecnica dell’imputato.
Nel corso della sua lunga e significativa esperienza giudiziaria quale componente delle Sezioni
Unite penali, la dott.ssa -(omissis)- ha elaborato e redatto sentenze di assoluta eccellenza, anche assai rilevanti per l’opera nomofilattica della Corte.”), ed illustra sinteticamente le pronunce di cui la controinteressata è stata estensore, maggiormente significative in termini di qualità e impatto sulla successiva giurisprudenza, di legittimità e di merito.
15.3. Con riguardo all’indicatore specifico di cui all'art. 21, lettera c), T.U. Dirigenza ("l'esperienza maturata all'ufficio spoglio"), la delibera sottolinea che “nell’attività di esame preliminare dei ricorsi rientranti nella competenza della Prima Sezione Penale svolta dal febbraio 2007, la dott.ssa -(omissis)- ha assicurato il servizio in media per due giorni alla settimana, occupandosi di valutare la fondatezza o meno dei singoli ricorsi, facendo la cernita fra quelli destinati alla trattazione dinanzi alla Settima Sezione Penale e quelli da trattenere in Sezione, calcolando per ciascun procedimento i termini di prescrizione e i termini massimi di custodia cautelare, attribuendo ad ogni fascicolo il valore ponderale, segnalando al Presidente della Sezione le questioni nuove o quelle oggetto di contrasto giurisprudenziale.
La valutazione attenta delle singole questioni oggetto dei ricorsi ha consentito di individuare
tempestivamente e di sottoporre immediatamente al giudizio delle Sezioni Unite (art. 610 c.p.p.) le
questioni riguardanti le ricadute della sentenza della C.E.D.U. nel caso Scoppola c. Italia sui
processi definiti con condanna all’ergastolo in cui era stata avanzata richiesta di giudizio abbreviato, i nuovi confini tra dolo eventuale e colpa cosciente (caso Thyssen), la compatibilità di taluni profili della nuova disciplina dei reati in materia di immigrazione (artt. 6, 10, 13, commi 13, 14, comma 5-ter, D.l.vo n. 286/98 e successive modifiche) con le fonti sovranazionali, l’incidenza delle declaratorie di parziale incostituzionalità della L. n. 251/05, nonché di taluni aspetti dei reati in materia di stupefacenti sui reati oggetto di processi in corso o già definiti con sentenza irrevocabile.
Ha permesso, inoltre, di individuare prontamente tutte le complesse e nuove problematiche interpretative poste dalla previsione di rimedi risarcitori conseguenti a comprovate condizioni
detentive disumane e degradanti.
15.4. In riferimento all'indicatore specifico di cui all'art. 21, lettera d), T.U. Dirigenza ("le esperienze e le competenze organizzative maturate nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza di collegi"), la delibera espone anche in questo caso, in modo dettagliato, le specifiche esperienze organizzative maturate dalla controinteressata, sia nelle funzioni di legittimità, sia in quelle di merito: “Nel caso di specie, con riferimento all’attività svolta nelle funzioni di legittimità, e segnatamente la presidenza dei collegi, deve rilevarsi che la dott.ssa -(omissis)-, dal 2014 al 25 gennaio 2016, ha presieduto presso la Settima Sezione Penale i collegi deputati alla trattazione dei ricorsi rientranti nella competenza tabellare della Prima Sezione Penale. Negli anni 2012 e 2014 ha presieduto taluni collegi della Sezione Feriale.
Ancora, sempre presso la Corte di cassazione, la dott.ssa -(omissis)- è stata componente del gruppo di lavoro denominato “scrivania virtuale”, istituito presso la Corte e finalizzato ad offrire ai magistrati della Corte il necessario supporto per semplificare lo svolgimento delle attività ripetitive più gravose, per migliorare l’accesso alle banche dati, per ridurre i tempi per la ricerca e la selezione del precedente e per la loro utilizzazione nel corpo della motivazione, per disporre di modalità di redazione dei testi idonee a consentire il pieno sfruttamento delle attuali potenzialità tecniche, riducendo al minimo i tempi necessari, nonché per utilizzare sistemi alternativi alla digitazione del testo.
Ancora, la dott.ssa -(omissis)-, come detto, si è distinta per il ruolo di Vicedirettore del C.E.D. Trattasi di una struttura di assoluta importanza per lo svolgimento della funzione nomofilattica della Corte.
Il Centro Elettronico di Documentazione (C.E.D.) costituisce, infatti, nell'ambito della Corte di
cassazione, una struttura autonoma, i cui compiti consistono: a) nel fornire a tutti i magistrati italiani (ed in particolare a quelli della Corte di cassazione), ai magistrati europei che ne facciano richiesta ed al pubblico degli abbonati (avvocati, istituzioni pubbliche e private, quali Ministeri, Università, etc.) servizi informatici aventi ad oggetto la realizzazione, la gestione e la messa a disposizione per la consultazione degli archivi di giurisprudenza e di legislazione (c.d. informatica giuridica); b) nel fornire alle strutture amministrative e ai magistrati della Corte servizi informatici destinati concernenti la gestione informatica dei processi (sia civili che penali) dal momento del deposito del ricorso al momento della pubblicazione della sentenza e della restituzione degli atti al giudice a quo (c.d. informatica giudiziaria).
Tramite il C.E.D., dunque, la Corte di cassazione realizza e aggiorna costantemente la più
importante e completa banca dati nazionale della giurisprudenza di legittimità, attuando in maniera significativa la funzione nomofilattica della Corte.
Con riferimento, invece, all’attività svolta nelle funzioni di merito, deve rilevarsi che dal 26 gennaio 2016 la dott.ssa -(omissis)- è Presidente della Corte d’Appello di Firenze.
Si tratta di esperienza di assoluta importanza che mette in luce le elevatissime attitudini della
candidata, la quale ha diretto la Corte d’Appello di Firenze, ufficio di grandi dimensioni e
grandemente complesso, con capacità elevate, adottando moduli organizzativi assolutamente
innovativi sia nel settore civile sia in quello penale.
Nello svolgimento delle funzioni direttive, infatti, la dott.ssa -(omissis)- ho svolto molteplici attività
sotto il profilo organizzativo e ordinamentale, attività che connotano l’assoluta eccellenza del
profilo esaminato in ordine alle elevatissime capacità di direzione e che dunque confermano la
particolare pregnanza di tale esperienza ai fini dell’art. 21 T.U., come emerge in modo chiaro,
peraltro, anche dal parere attitudinale reso dal Consiglio Giudiziario di Firenze in occasione del
procedimento di conferma della dott.ssa -(omissis)- nelle funzioni direttive.
Occorre, peraltro, premettere che la Corte d’Appello di Firenze è un ufficio di grandi dimensioni,
essendo composta da quarantasette consiglieri, di cui sei appartenenti alla Sezione Lavoro, oltre ad
otto Presidenti di Sezione, di cui un Presidente della Sezione Lavoro, e al Presidente della Corte.
Ancora, deve rilevarsi che la Corte d’Appello di Firenze è giudice di secondo grado di nove
Tribunali, ossia quelli dell’intera Regione Toscana, ad eccezione del Tribunale di Massa, oltre al
Tribunale di Sorveglianza e al Tribunale per i minorenni. Il distretto conta complessivamente un
organico di 340 magistrati. I Tribunali sono quelli di Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca,
Pisa, Pistoia, Prato e Siena, sui quali è esercitata la competenza del Consiglio giudiziario di Firenze, presieduto dalla dott.ssa -(omissis)-.
Ne consegue, evidentemente, che l’attività di presidenza si caratterizzi per la particolare complessità organizzativa, sempre affrontata con brillanti risultati dalla dott.ssa -(omissis)-.
La candidata, infatti, ha – nel corso del quadriennio di presidenza – svolto numerose attività e
adottato diversi moduli organizzativi innovativi ed efficaci. Fra i moltissimi risultati raggiunti
possono essere qui richiamati i seguenti.
A livello generale, occorre segnalare che, in primo luogo, la dott.ssa -(omissis)- si è spesa per ottenere un aumento della dotazione organica della Corte. Nel 2016, infatti, la pianta organica della Corte d’Appello comprendeva il posto di Presidente, otto Presidenti di Sezione e quarantatré consiglieri. Il 22 maggio 2017, nel formulare le osservazioni sull’aumento della pianta organica, la dott.ssa -(omissis)- chiedeva un aumento di 4 unità, sulla base di un’analisi puntuale e comparata dei flussi di lavoro di Corti d’Appello di caratteristiche analoghe a quella di Firenze. Il C.S.M. faceva propria la richiesta e il Ministero della Giustizia, con D.M. 2 agosto 2017, disponeva l’aumento di organico come richiesto.
In secondo luogo, degno di nota è il fatto che – nonostante le molteplici incombenze su di lei
gravanti in qualità di Dirigente – la dott.ssa -(omissis)-, a livello giudiziario, ha seguito personalmente il settore degli incidenti di esecuzione, delle procedure di riparazione per ingiusta detenzione, di restituzione nel termine, di rescissione del giudicato e ha provveduto quotidianamente all’attività di assegnazione tabellare alle varie Sezioni. Inoltre, nei periodi di congedo straordinario per malattia di alcuni consiglieri, ha presieduto le udienze penali (cinque presso la Prima e la Seconda Sezione penale) e ha preso in carico i fascicoli originariamente assegnati al consigliere impedito, provvedendo, dopo la decisione dei processi, alla redazione della motivazione. Ha, infine, presieduto stabilmente il collegio ricusazioni e in tale veste concorre alla decisione delle diverse procedure e provvede al controllo delle motivazioni dei provvedimenti.
Ancora, sovraintende al settore elettorale, presiedendo con cadenza mensile il Collegio regionale di garanzia per il controllo delle spese sostenute dai candidati alle competizioni elettorali politiche a amministrative; presiede stabilmente con cadenza mensile la Conferenza Permanente dei servizi per la gestione del palazzo di giustizia di Firenze e presiede stabilmente con cadenza quindicinale il Consiglio giudiziario.
A livello organizzativo – premesso che la Corte d’Appello di Firenze è articolata internamente in
due Sezioni civili, una Sezione Lavoro, tre Sezioni penali, due Sezioni di Corte d’Assise d’Appello,
una Sezione minorenni, una Sezione agraria, una Sezione specializzata in materia d’impresa, un
Tribunale regionale delle acque pubbliche – la dott.ssa -(omissis)- ha elaborato, per il triennio
2017/2019, un articolato progetto tabellare di organizzazione della Corte, che contempla una
premessa di carattere generale, dieci parti e si compone di 132 paragrafi, contenenti la specifica
regolamentazione di tutti gli aspetti previsti dalla vigente disciplina primaria e secondaria. Il
progetto ha ricevuto il parere favorevole del Consiglio Giudiziario ed è stato approvato dal C.S.M.
con delibera del settembre 2018.
La dott.ssa -(omissis)-, poi, ha predisposto le proposte di modifica tabellare, ha puntualmente redatto il Documento di organizzazione dell’ufficio allegato al provvedimento di organizzazione tabellare per il triennio citato, ha redatto annualmente le prescritte relazioni ex art. 4, D.l.vo 25 luglio 2006 n. 240, ha redatto tutti i rapporti di sua competenza, ha promosso presso i vari Tribunali del distretto assemblee aperte alla partecipazione di magistrati, avvocati, personale amministrativo per affrontare tutte le questioni correlate al funzionamento dei suddetti uffici. Ha stabilito, nel provvedimento di organizzazione della Corte per il triennio 2017-2019 e nei programmi di gestione ex art. 37, D.L. 6.7.2011 n. 98, convertito in L. 15.7.2011, n. 111., precise regole per lo svolgimento dell’esame preliminare delle impugnazioni civili e penali.
Nello specifico, per mezzo del progetto tabellare, il dirigente ha provveduto alla riorganizzazione
del settore civile, prevedendo, per ciascuna Sezione, due distinti collegi, attribuendo a ciascuno
materie omogenee e predeterminate, per valorizzare il ruolo dei Presidenti di Sezione (in numero di
due per ogni Sezione), affinare le competenze specialistiche dei giudici, garantire professionalità
sempre più qualificate, rendere più efficace e celere la risposta giudiziaria e, al contempo, favorire
la prevedibilità e stabilità degli orientamenti giurisprudenziali. La specializzazione dei collegi di
ciascuna Sezione è divenuta operativa, a partire dall’anno 2018, solo per le cause di nuova
iscrizione per consentire un graduale passaggio al nuovo modello e una congrua programmazione,
nonché per favorire l’adozione di ogni opportuna misura organizzativa.
Ancora, sempre in riferimento al settore civile, la dott.ssa -(omissis)-, di concerto con i Presidenti e i
consiglieri addetti a tale settore, con i componenti di un tavolo tecnico paritetico appositamente
costituito per studiare un’ulteriore razionalizzazione organizzativa dello stesso, nonché con il
personale amministrativo, ha elaborato un ulteriore progetto di riorganizzazione del settore civile
che tiene conto anche delle analisi condotte dal c.d. cruscotto di controllo. Il progetto, sottoposto
alla preventiva interlocuzione con l’Ordine distrettuale degli Avvocati, è operativo a partire dal 1°
gennaio 2020.
Esso prevede una ricollocazione immediata di tutti i fascicoli pendenti secondo criteri di
specializzazione, con accorpamento delle Sezioni specializzate pertinenti (Imprese, Minorenni,
Agraria, Tribunale regionale delle acque pubbliche). Poiché l’attuale organico non consente la
costituzione di quattro Sezioni autonome di uguale consistenza, è stata prevista l’istituzione di tre di esse, con la precisazione che l’istituenda Terza Sezione civile comprenderà al suo interno due
distinti collegi specializzati autonomi, competenti, rispettivamente, per la materia dei diritti reali (e
relativi contratti costituitivi o a essi riconducibili) e per la responsabilità extracontrattuale (oltre alla responsabilità professionale e al contratto d’opera).
Peraltro, ai fini della distribuzione proporzionale del carico di lavoro tra tutti i magistrati addetti al settore civile – nella prospettiva della ridistribuzione degli affari – il parametro quantitativo delle pendenze è stato integrato dalla valutazione del grado di complessità in base a coefficienti
ponderali. Dal 1° aprile 2020 è pienamente operativo il nuovo progetto che ha coinvolto anche le
cancellerie civili nell’attività di riorganizzazione del lavoro e dei servizi.
Ancora, nel settore civile ha provveduto a promuovere l’esame preliminare delle impugnazioni,
svolto dalle due Sezioni secondo modelli omogenei, al fine di avere contezza in tempo reale della
qualità del lavoro, di individuare gravami afferenti al medesimo provvedimento decisorio di primo grado, di individuare cause suscettibili di decisione immediata o con motivazione contestuale o con
ordinanza di inammissibilità, di selezionare i procedimenti civili destinati alla trattazione prioritaria per espressa previsione normativa o in attuazione delle previsioni tabellari, di organizzare in maniera razionale i ruoli, di adottare le decisioni in tempi ragionevoli.
Ha costituito, inoltre, un gruppo di lavoro sulla mediazione in appello al fine di stimolare specifici
approfondimenti scientifici dell’istituto, di verificare l’effettivo spazio applicativo officioso, anche
nel giudizio d’appello, dell’istituto della mediazione, il quale, in primo grado, ove esercitato con
professionalità e strumenti culturali adeguati, ha una significativa incisività ai fini della positiva e
celere definizione della causa. All’esito di tali approfondimenti ha promosso riunioni fra tutti i
consiglieri addetti al settore civile per verificare la sussistenza dei presupposti per mutuare nel
giudizio d’appello la positiva esperienza di dialogo possibile, in primo grado, con le parti al fine di
ricercare, insieme a loro e ancora una volta, una via di uscita più duttile e sollecita alle loro
problematiche. All’esito di un puntuale esame della disciplina si è giunti alla individuazione di linee guida per la redazione dei provvedimenti con i quali viene disposta la mediazione.
Quanto al settore penale, nell’esercizio delle funzioni di Presidente della Corte, la dott.ssa -OMISSIS-
sta svolgendo, a partire dal 1° giugno 2016, l’attività di esame preliminare di tutte le impugnazioni
pervenute nel settore penale e rientranti nella competenza delle Sezioni penali o della Corte
d’Assise d’Appello, quale strumento per assicurare la verifica tempestiva della rispondenza
dell’impugnazione al paradigma normativo, garantire l’esatta e tempestiva applicazione dei criteri
tabellari di ripartizione degli affari tra le diverse Sezioni della Corte, nonché per conseguire i
seguenti ulteriori obiettivi:
-analisi del grado di complessità delle questioni giuridiche poste dalla sentenza di primo grado
e delle doglianze prospettate dalla parte che ha proposto impugnazione;
-attribuzione conseguente di un coefficiente ponderale di complessità, a sua volta funzionale
alia razionale formazione dei ruoli, all’equa distribuzione degli affari ai singoli magistrati, al
rispetto di carichi esigibili di lavoro che consentano di coniugare il dato quantitativo con quello
qualitativo;
-calcolo dei termini di prescrizione del reato sì da permettere una cernita ragionata dei
processi che possono essere utilmente celebrati nel rispetto dei termini di legge e quelli, invece, in
cui la prescrizione è già maturata o è prossima a compiersi;
-sollecito computo della data di scadenza dei termini di fase della custodia cautelare in modo
da dare la precedenza nella fissazione a quei processi in cui lo stato di privazione della libertà
personale dell’imputato attuale o pregresso impone, ai sensi rispettivamente delle lett. c) e d)
dell’art. 132-bis disp. att. cod. proc. pen., una trattazione prioritaria;
-individuazione rapida dei processi concernenti reati di particolare allarme sociale che, ai
sensi delle lett. a), a-bis), b) dell’art. 132-bis disp. att. cod. proc. pen. devono essere trattati in via
prioritaria e possono ragionevolmente richiedere plurime udienze;
- programmazione dei ruoli e delle udienze finalizzata a distribuire in maniera ordinata nel
tempo la celebrazione dei processi indicati al punto che precede in modo da evitare la
contemporanea assegnazione allo stesso giudice di processi che richiedono un particolare impegno e di predisporre calendari che consentano al medesimo magistrato di conciliare gli impegni derivanti dalla redazione di una sentenza particolarmente impegnativa con quelli correlati alla trattazione degli ulteriori processi;
-selezione dei processi e delle questioni seriali che possono essere oggetto di udienze monotematiche;
- individuazione di problematiche giuridiche nuove conseguenti a modifiche normative o a
decisioni degli organi di giustizia sovranazionali che richiedono uno studio preventivo approfondito e l’organizzazione di riunioni sezionali per discuterle a livello teorico;
- cernita dei motivi d’impugnazione riguardanti i soli profili attinenti al trattamento
sanzionatorio che, in quanto riguardanti un perimetro cognitivo circoscritto, consentono la
fissazione di un maggior numero di processi incentrati esclusivamente su questo profilo;
- sollecita fissazione dei processi nel cui ambito la Corte di Cassazione abbia pronunciato
sentenza di annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio con conseguente
preclusione delle questioni attinenti alla responsabilità dell’imputato;
- individuazione dei processi che, per il loro rilievo o la loro risonanza, impongono particolari
misure organizzative da parte del Capo dell’Ufficio giudiziario di concerto con il Presidente della
Sezione incaricata tabellarmente della trattazione del processo;
-adozione delle opportune segnalazioni anche di tipo informatico per rendere avvisati i giudici
e il personale di cancelleria che il processo contiene, in base alia normativa vigente, dati sensibili
che devono essere oscurati in caso di diffusione della sentenza.
Nella medesima ottica e sempre di concerto con i Presidenti di Sezione la dott.ssa -OMISSIS- ha
provveduto alla schedatura dei fascicoli penali pendenti presso ogni Sezione, non ancora esaminati
dai Presidenti e per questo non fissati, annotando sulla copertina di ciascuno di essi (copertina
redatta manualmente e in maniera sommaria sino agli inizi del 2016) il titolo del reato, l’epoca di
consumazione dello stesso, la data di prescrizione, gli eventuali periodi di sospensione della
prescrizione. Tale attività è strumentale alla ricognizione della qualità e quantità del lavoro gravante su ciascuna Sezione penale, alla selezione dei fascicoli ancor utilmente suscettibili di trattazione, alla individuazione di quelli da trattare in via prioritaria e da fissare prontamente, nonché all’accorpamento di quelli suscettibili di definizione de plano previa acquisizione del parere del Procuratore Generale.
Dal punto di vista giuridico e propriamente giurisdizionale, nell’esercizio delle funzioni presidenziali, nel settore civile, la dott.ssa -(omissis)- ha approfondito le problematiche poste dal rito
civile riformato nel 2012 con particolare riferimento all’interpretazione del novellato art. 342 c.p.c., alla individuazione dei presupposti per l’adozione dell’ordinanza di inammissibilità ex art. 348-bis c.p.c., per la pronuncia della sentenza contestuale ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., nonché le questioni relative all’applicabilità della mediazione in appello.
Quanto al settore penale, in particolare: ha esaminato tutte le problematiche poste dalla riforma del processo penale; partecipa ad un tavolo tecnico promosso dalla Regione Toscana per l’esame di tutte le questioni teorico-pratiche poste dalla chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari con
particolare riferimento allo status libertatis delle persone ritenute parzialmente o totalmente
incapaci di intendere o di volere e portatrici di specifica pericolosità, contribuendo, al riguardo, a
redigere un apposito Protocollo; ha analizzato i profili esegetici posti dal D.lvo. 15 febbraio 2016, n. 37 in tema di attuazione della decisione quadro 2005/214/Gai del Consiglio, del 24 febbraio 2005, sull’applicazione tra gli Stati membri dell’Unione Europea del principio del reciproco
riconoscimento alle sanzioni pecuniarie; ha approfondito le problematiche poste dal D.lvo. 15
dicembre 2015, n.212 di attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e
protezione delle vittime di reato; ha approfondito le problematiche poste visto dall’art. 16 del
Trattato di Lisbona, dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo (General Data
Protection Regulation) e dal Regolamento del Consiglio d’Europa in data 27 aprile 2016 in tema di
trattamento dei dati personali e loro circolazione, provvedendo a redigere un articolato
provvedimento contenente le misure di sicurezza per la protezione dei dati.
Nel corso della sua presidenza, la dott.ssa -(omissis)- ha poi provveduto alla costituzione di numerosi
gruppi di lavoro (o ne è stata membro).
In particolare, ha costituito, in conformità alle disposizioni impartire dal C.S.M., un gruppo di
lavoro composto da magistrati addetti, presso ciascun Tribunale del distretto, al settore civile e
penale, gruppo destinato ad affiancare i Referenti per l’Archivio di merito della giurisprudenza e,
d’intesa con lo stesso, ha elaborato criteri per la selezione dei provvedimenti e il loro inserimento
nella predetta banca dati.
Ancora, ha promosso sin dal maggio 2016 la costituzione di un gruppo di lavoro sulla motivazione
dei provvedimenti civili e penali d’appello con l’intento di individuare un modello di
provvedimento decisionale della Corte che riesca a coniugare i criteri di necessaria sinteticità, completezza e chiarezza espositiva, e consenta, da un lato, ai magistrati un lavoro più agile, pur nel
rispetto dell’obbligo di completezza ed esaustività della motivazione e consenta agli altri operatori
del diritto cui e naturalmente destinato il provvedimento, una parallela identica agilità di lettura del documento, utile per individuare rapidamente e senza equivoci l’effettivo contenuto decisorio e i
suoi passaggi motivazionali. Il gruppo di lavoro si è articolato in due sottogruppi che, dopo
un’ampia ricognizione delle problematiche, hanno sviluppato bozze di proposta di protocollo sulla
redazione delle motivazioni dei provvedimenti della Corte d’Appello da condividere con i Colleghi
delle sezioni civili e penali e ciò al fine di ottimizzare le risorse destinate alla scrittura e nel
contempo sostenere la qualità e la resistenza dei provvedimenti.
Ancora, ha istituito un tavolo tecnico sull’istituto della messa alla prova, tavolo aperto alla
partecipazione di magistrati, avvocati, personale UEPE, Dirigenti dell’INAIL. L’istituto della messa alla prova, che ha finora dato ottimi risultati applicativi, rischia, infatti, di essere vanificato dalle incertezze circa l’obbligo della copertura assicurativa INAIL per ciascuna persona ammessa al lavoro di pubblica utilità.
Ancora, ha istituito un gruppo di lavoro per la corretta tenuta dei fascicoli processuali. Un apposito gruppo di lavoro, costituito nel primo semestre 2016 fra il personale di cancelleria che opera in primo e in secondo grado sia in campo civile che penale negli uffici giudiziari fiorentini ha
individuato le principali problematiche poste da una non corretta compilazione dei fogli notizie, dei
moduli riguardanti le spese di giustizia e i corpi di reato. All’esito di tale ricognizione il gruppo ha
provveduto a redigere un protocollo delle regole da seguire, nelle varie fasi di giudizio, per una
corretta tenuta dei fascicoli processuali con riferimento ai suddetti profili e a diffonderne la
conoscenza fra tutti gli uffici giudiziari del distretto in vista dell’adozione di prassi uniformi in
grado di incidere positivamente sulla correttezza dei vari adempimenti e sulla completezza delle
informazioni offerte dai registri informatici e dai fascicoli processuali.
Infine, è stata designata dal C.S.M. a comporre il gruppo di lavoro per l’approfondimento delle
problematiche poste dall’esame preliminare delle impugnazioni civili e penali ed è stata, altresì,
designata dal Ministero della giustizia a comporre il gruppo di lavoro per l’approfondimento delle
problematiche poste dalle modifiche normative in tema di gestione degli Uffici giudiziari da parte
delle Corti d’Appello su delega del Ministero della giustizia.
Numerosi ed importanti sono stati poi i Protocolli sottoscritti dalla Presidente -OMISSIS-.
In particolare, ha promosso, nel settore civile, la stipula di tre Protocolli con gli Ordini degli
Avvocati del distretto:
1) il protocollo delle udienze civili al fine di assicurare la programmazione del lavoro e di
organizzare in maniera efficace il lavoro delle cancellerie, scongiurando inutili attese degli
Avvocati;
2) il protocollo sul front office civile per programmare le richieste degli Avvocati e i tempi di
evasione delle stesse, evitare accessi personali alle cancellerie, garantire la concentrazione del
personale amministrativo nello svolgimento dei vari incombenti;
3) il protocollo sulla restituzione dei fascicoli di parte per scongiurare l’intasamento degli
archivi e un inutile accumulo di incarti processuali presso il Palazzo di giustizia.
Quanto al settore penale, ha stipulato anche in questo caso tre Protocolli con gli Ordini distrettuali
degli Avvocati, la Camera Penale di Firenze e il Coordinamento toscano delle Camere penali:
1) il protocollo delle udienze penali allo scopo di consentire l’ordinato svolgimento delle
udienze, di contenere i tempi di attesa degli avvocati, di promuovere il rispetto di parametri
predeterminati alla cui stregua svolgere la relazione introduttiva nell’ottica di una dialettica
processuale improntata alla razionalizzazione dei tempi processuali senza alcuna compressione dei
diritti della difesa;
2) il protocollo sul front office penale per programmare le richieste degli avvocati e i tempi di
evasione delle stesse, evitare accessi personali alle cancellerie, garantire la concentrazione del
personale amministrativo nello svolgimento dei vari incombenti;
3) il Protocollo sulla liquidazione dei compensi degli Avvocati delle parti ammesse al
patrocinio a spese dello Stato avente ad oggetto l’individuazione di parametri predeterminati di
liquidazione correlati al grado di complessità del processo e difficolta delle questioni prospettate in
vista di una sollecita attività di liquidazione.
Ancora, ha promosso, d’intesa con i magistrati del settore civile della Corte, con gli organismi
rappresentativi dell’avvocatura e con l’Università degli studi di Firenze, Dipartimento di
Giurisprudenza, uno studio sul tema della media-conciliazione, sfociato nella sottoscrizione di un
Protocollo.
Ha promosso, poi, d’intesa con i magistrati della Corte, con gli altri magistrati del distretto, con la
Procura Generale, con la struttura territoriale di formazione della Scuola della Magistratura della
Corte, con l’Università degli Studi di Bologna, un gruppo di lavoro sul tema della motivazione dei
provvedimenti giudiziari e sulle tecniche di redazione dei capi d’imputazione sfociato nella
elaborazione di Linee guida condivise dall’intera magistratura toscana. Tali linee guida sono state
corredate da prototipi di dispositivo.
Ancora, ha elaborato, d’intesa con i magistrati della Corte, con l’avvocatura e con diversi altri
soggetti istituzionali, un Protocollo sulla corretta gestione delle udienze civili; un Protocollo sulla liquidazione dei compensi in favore dei difensori delle persone ammesse al patrocinio a spese dello
Stato; un Protocollo sulla corretta gestione delle udienze penali; un innovativo Protocollo
contenente regole condivise per l’accesso al Palazzo di giustizia di giornalisti e telecineoperatori.
Ancora, ha elaborato, d’intesa con i componenti del Consiglio Giudiziario, un innovativo
Regolamento che affronta il complesso e controverso problema giuridico del c.d. “diritto di tribuna” degli avvocati rispetto alla trattazione delle pratiche rientranti nella competenza del Consiglio Giudiziario in composizione ristretta.
Infine, allo scopo di ovviare alle croniche e sempre più drammatiche scoperture degli organici
amministrativi ha promosso la conclusione di Protocolli con le Associazioni degli appartenenti alle
Forze ordine (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia Municipale), che consentano forme di apporto volontario e gratuito all’operatività della Corte in settori coerenti con le loro pregresse esperienze professionali. I volontari sono stati inseriti nelle cancellerie per coadiuvare il personale amministrativo nella gestione informatica dei dati e dei fascicoli.
Di grandissima importanza è stata, ancora, l’attività informatica svolta dalla dott.ssa -OMISSIS- presso la Corte di Appello.
Ha promosso, in particolare, d’intesa con la D.G.S.I.A. e la Regione Toscana, un Protocollo per la
comunicazione informatica tra uffici giudiziari di primo e di secondo grado e la Corte di Cassazione delle sentenze civili quale fattore di stabilizzazione e prevedibilità degli orientamenti
giurisprudenziali e riduzione del carico di lavoro in appello. Il Protocollo muove dall’esigenza di
create un sistema di comunicazione informatica tra gli uffici giudiziari di primo e di secondo grado
e la Corte di Cassazione per consentire al giudice del grado inferiore, assegnatario della singola
causa, di essere informato automaticamente, al termine della successiva fase processuale, dell’esito
del processo in modo da avere piena contezza dell’esito ulteriore del proprio impegno professionale, consapevolezza di eventuali orientamenti giurisprudenziali difformi maturati sulle questioni trattate, conoscenza di vizi attinenti a violazioni di legge e/o a patologie della motivazione riscontrate, con riferimento al provvedimento impugnato, nei gradi successivi di giudizio.
Infine, rilevantissima è stata anche l’attività formativa svolta dalla dott.ssa –(omissis)-.
In particolare, ha riorganizzato i tirocini formativi in modo da conferire loro maggiore organicità, sì da elaborare un quadro di riferimento generale secondo regole e scansioni procedimentali condivise, da orientare in modo consapevole le scelte dei giovani laureati, da assicurare la loro presenza anche presso la Corte d’Appello, disciplinare tempi e tipologia delle attività riservate ai predetti giovani, modalità di assegnazione ai magistrati, criteri di valutazione degli esiti dei tirocini stessi.
Così riassunta, nelle sue linee essenziali e più significative, l’attività di presidenza della controinteressata, la delibera ha qualificato come determinante il contributo dato all’efficienza dell’attività della Corte di Appello di Firenze.
In particolare, “Con riferimento all’attività giurisdizionale, un oggettivo e sicuro indice di capacità di organizzazione e programmazione delle attività della Corte si rinviene nel raggiungimento degli
obiettivi di rendimento fissati nei programmi di gestione ex art. 37 D.L. 67.2011 n. 98, convertito in
L. n. 111/11, puntualmente predisposti sia per il settore civile sia per il settore penale, pur se non
previsti per quest’ultimo ambito.
Siffatti programmi hanno sempre ricevuto il parere favorevole del Consiglio Giudiziario e sono stati approvati dal C.S.M. con delibere del 13 gennaio 2017, del 21 dicembre 2017, del 20 dicembre 2018, del 19 gennaio 2019.
Con riferimento al settore civile, merita di essere rilevato che l’indice di ricambio delle due Sezioni
civili nel corso del quadriennio ha fatto registrare un costante aumento, così come l’indice di
smaltimento. I provvedimenti depositati annualmente dai magistrati addetti al settore civile (esclusi
i giudici ausiliari), inoltre, hanno fatto registrare un costante aumento, nonostante il grave
sottodimensionamento dell’organico e le costanti vacanze dei posti.
Quanto al settore penale il quadro che emerge dalle rilevazioni statistiche è altrettanto positivo,
caratterizzandosi per il costante aumento dell’indice di ricambio e dell’indice di smaltimento.”.
A questo proposito, la delibera non manca di sottolineare come in entrambi i settori, civile e penale, il numero dei provvedimenti depositati annualmente dai magistrati sia stato di assoluto rilievo, il che è certamente frutto dell’impegno dei singoli consiglieri, ma anche dell’attività di organizzazione dell’ufficio posta in essere dalla controinteressata.”.
15.5. La delibera completa, poi, il giudizio sulla pregnanza del profilo professionale della controinteressata, menzionando, quale elemento di valutazione positiva ai sensi dell’art. 34, comma 1, T.U. Dirigenza, la possibilità per il candidato di assicurare la permanenza nell’incarico per almeno due anni dalla data della vacanza, decorrente in questo caso dall’11 giugno 2020: sotto questo aspetto, la delibera esprime un giudizio ampiamente positivo, in quanto la controinteressata può garantire la permanenza nell’esercizio delle funzioni per ben più del biennio richiesto, dovendo essere collocata a riposo nel 2025.
15.6. Infine, la delibera motiva circa la rilevanza delle esperienze ordinamentali della controinteressata quale componente del CSM e Presidente del Consiglio Giudiziario ai sensi dell’indicatore generale di cui all’art. 11, comma 2, T.U. Dirigenza, che ha un ambito di applicazione esteso a tutti gli incarichi direttivi, e non solo quelli apicali, secondo la ristretta previsione contenuta, invece, nell’art. 34, comma 2, del medesimo T.U.
Più nel dettaglio, la delibera chiarisce le ragioni di siffatta rilevanza, ovverossia che, nell’effettivo svolgimento dell’incarico, il Presidente Aggiunto viene investito di plurime deleghe organizzative da parte del Primo Presidente, le quali implicano l’approfondita conoscenza del sistema ordinamentale di funzionamento degli uffici giudiziari, nonché è il sostituto del Primo Presidente
nelle sue fondamentali attribuzioni, tra le quali anche quella di Presidente del Consiglio Direttivo.
15.7. A questo punto, la delibera esamina partitamente il profilo personale, curriculare e professionale del ricorrente, evidenziando come “Particolarmente elevato risulta il parametro attitudinale, vantando il dott. - (omissis)-il possesso di pregnanti indicatori specifici ex art. 21 T.U.
In particolare, con riferimento alla permanenza nelle funzioni di legittimità (lettera a), svolge da 23
anni e mezzo, avuto riguardo alla data della vacanza, funzioni di legittimità (dal 1996 per sei anni
quale magistrato di appello destinato alla Corte di Cassazione - con autorizzazione a svolgere
attività presso le sezioni per due udienze al mese continuando a prestare servizio al Massimario -, e
quindi dal 2002 quale consigliere, assegnato inizialmente alla prima sezione civile e quindi alla
terza sezione civile, con esperienza anche nella presidenza di collegi della sezione tributaria), dal
2016 anche con funzioni direttive.
In relazione alla partecipazione alle Sezioni Unite (lettera b), è stato per circa otto anni (dal 2008 al 2016) componente delle Sezioni unite civili e, in tale veste, ha fornito un grande apporto alla
giurisprudenza di legittimità. Nel corso di questo ampio periodo ha steso ben 172 sentenze per le
Sezioni Unite, dalle quali risultano estratte 103 massime. Dal 9 marzo 2018 ne fa di nuovo parte
come Presidente Titolare della Terza Sezione Civile e ha presieduto il collegio delle Sezioni Unite
in relazione a 211 provvedimenti.
Con riferimento all'esperienza maturata all’ufficio spoglio (lettera c), nel parere attitudinale si
evidenzia che quale Presidente non titolare della terza Sezione civile il dott. -(omissis)-ha coadiuvato il presidente titolare nella formazione dei ruoli d’udienza di detta sezione.
Va poi valutato, in conformità della statuizione del giudice amministrativo, come il dott. -(omissis)-nel
periodo in servizio all'Ufficio del massimario ha svolto un’attività di “cosiddetta fogliettazione (che
consisteva nella redazione di una relazione per ognuno dei ricorsi da trattare) per le tre sezioni civili cosiddette generaliste e poi esclusivamente al servizio della Prima sezione civile e alla redazione di relazioni per le Sezioni Unite in ipotesi di contrasto di giurisprudenza, "sostanzialmente accostabile a quella di spoglio".
Con riferimento alle esperienze e competenze organizzative maturate nell'esercizio delle funzioni
giudiziarie (lettera d), dal giugno 2016 è Presidente di sezione della Corte di Cassazione e in tale
qualità ha fornito stretta collaborazione al Presidente Titolare nell’organizzazione della sezione. Su sua autorizzazione ha gestito il proprio ruolo e ha provveduto all’assegnazione delle cause ai
relatori. Con un gruppo di consiglieri ha sperimentato con successo un diverso metodo nella
formazione dei ruoli d’udienza, individuando a tal fine o contrasti, incertezze, obsolescenze e
inadeguatezze nella precedente giurisprudenza della sezione, provvedendo a fissare nella stessa
udienza (preferibilmente pubblica) più cause aventi il medesimo oggetto. Risolta la tematica,
attraverso arresti di grande spessore e chiarezza, ha provveduto a fissare nelle successive udienze
tutte le altre cause reperite nei ruoli. Ha ripetutamente presieduto collegi della sezione tributaria.
Dal marzo 2018 è Presidente Titolare della Terza sezione civile, e in tale ruolo ha posto in essere
una importante attività organizzativa. Ha introdotto una nuova prassi organizzativa nella formazione dei ruoli d’udienza, definita il “metodo progettuale” della Terza sezione civile, caratterizzata dall’individuazione delle questioni che assumono valore nomofilattico (dovuta a controversie interpretative o questioni con impatto sistematico e ricadute quotidiane sulle procedure pendenti). Si tratta del reperimento in sezione delle cause pendenti sulla stessa o sulle stesse questioni, dell’accorpamento di quelle controversie in un’unica udienza, della divulgazione agli operatori del settore di un calendario che faccia menzione dei temi trattati, così che i giudici di merito possano gestire razionalmente il ruolo. Finora le materie sono state: responsabilità civile (con particolare riguardo a quella sanitaria), esecuzioni e locazioni. É in corso di elaborazione il progetto relativo alla materia della Protezione internazionale. Va dato atto che la Terza sezione civile, per espresso riconoscimento del Primo Presidente e come risulta dalle statistiche, ha raggiunto il miglior risultato in termini di produttività e di indice di ricambio rispetto a tutte le altre sezioni civili.
Anche quale consigliere della Corte di Cassazione ha sviluppato esperienze organizzative. Ha
prestato stretta collaborazione sia ai Primi Presidenti, sia ai Presidenti Aggiunti, sia ai Presidenti
Titolari delle sezioni presso le quali ha prestato servizio. È stato parte attiva anche nello studio delle riforme del giudizio di Cassazione che hanno portato alle novelle processuali del 2006, 2009 e 2012. Ha partecipato all’organizzazione dell’ufficio nell’attuazione del nuovo art. 375 c.p.c.,
all’ideazione delle cosiddette strutture come filtro d’ammissibilità del ricorso, nell’istituzione della
Sesta sezione civile della Corte di Cassazione. In particolare, subito dopo l'introduzione dell'art. 375 c.p.c. è stato inserito in un gruppo di lavoro per l'attuazione del nuovo rito camerale, dalla cui
esperienza sono nate nelle sezioni civili della Corte gruppi di lavoro per la celebrazione del rito
camerale.
Nelle funzioni di merito, all'inizio della carriera è stato pretore mandamentale, con i correlati
compiti di direzione.
Vanta significative esperienze nel settore informatico. Se già nell’attività di coordinamento
investigativo ha sperimentato nuove tecniche investigative, nell’aprile del 1989, al Tribunale di
Napoli, è stato nominato componente della Commissione di studio per l’organizzazione degli uffici
del settore penale in previsione dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. In
ragione delle sue competenze informatiche, sperimentate nell'attività svolta in relazione a complessi procedimenti, alla Corte d’Appello di Napoli nel dicembre del 1990 è stato nominato componente della Commissione per l’Automazione dei Servizi di Cancelleria. Nel luglio del 1991 è stato nominato dal C.S.M. componente di un gruppo di lavoro “composto da magistrati che da tempo si occupano d’informatica giudiziaria, incaricato di formulare pareri al CSM su problemi di
automazione”. A corredo della propria attività al Massimario, è stato assegnato anche al CED
(allora nell’autonomo centro della Balduina), poiché già anni prima aveva conseguito il titolo di magistrato istruttore per l’informatica. In quell’occasione, in collaborazione con il personale
tecnico, ha ideato nuovi sistemi di ricerca (quelli originari erano particolarmente macchinosi e
riservati a una ristretta cerchia di utenti) che hanno condotto successivamente all'attuale
ITALGIURE WEB.
In relazione all'elemento di cui all'art. 34, comma 1, TU, garantisce due anni di servizio (tenuto
conto della data della vacanza) … Quanto poi agli indicatori generali, innanzitutto plurime sono le esperienze professionali maturate dal dott. Spirito, come già descritte nel parametro del merito, nelle funzioni giudicanti di merito di primo grado e nella legittimità. Peraltro, vanta anche esperienze di coordinamento investigativo.
Infatti, agli inizi degli anni ‘80, con l’ausilio della Direzione Generale del Ministero della Giustizia, è stata organizzata e sperimentata una rete d’informazione tra i giudici istruttori e procuratori della Repubblica dei maggiori uffici giudiziari. Periodiche riunioni sono state organizzate a Roma.
Insieme al dott. -OMISSIS-vi hanno partecipato magistrati allora impegnati in analoghe indagini (o che prima avevano svolto indagini sul terrorismo).
Può far valere una rilevante esperienza nella formazione anche del Supremo Collegio. Infatti, nel
gennaio 2005 è stato nominato referente distrettuale per la formazione decentrata per il 2005/2007
della Corte di Cassazione.
È stato componente della Commissione permanente per la creazione e l'aggiornamento dell'archivio informatico dei quesiti della prova preliminare del concorso per uditore giudiziario.
Nel 2012 è stato nominato componente della Commissione per la valutazione della capacità
scientifica e di analisi delle norme, ai fini del conferimento delle funzioni di legittimità, ex art. 12
D.lgs. n. 160/06; nell’espletamento di tale incarico ha proceduto all’esame dei titoli ed alla
valutazione di aspiranti a due concorsi per il posto di consigliere di Cassazione.
Nel dicembre 1997 il Ministro della Giustizia lo ha nominato componente della “Commissione
permanente per la creazione e l’aggiornamento dell’archivio informatico dei quesiti della prova
preliminare del concorso per uditore giudiziario” di cui all’art. 123-quater dell’OG, introdotto
dall’art. 4 del D.L.gvo. n. 398 del 1997, nomina reiterata nel dicembre 2000 per un ulteriore
triennio.
Dal settembre 2003, su designazione del Primo Presidente della Corte di Cassazione, è stato
componente della Commissione Tributaria Centrale, per poi (all’esito della cessazione della predetta Commissione) essere inserito nei ruoli dei giudici tributari (attualmente è Presidente di sezione della Commissione Tributaria Regionale).
Il 23.6.2016 il Primo Presidente l’ha designato, come Presidente di sezione della Corte, a comporre la Commissione esaminatrice del concorso per cinque posti Consigliere di Stato e il 12.9.16 il Presidente del Consiglio dei Ministri lo ha nominato componente della predetta Commissione; il 31.8.2017 il Primo Presidente lo ha nuovamente designato a comporre la Commissione esaminatrice per tre posti di Consigliere di Stato.”.
15.8. All’esito della esposizione, la delibera procede a comparare i profili dei due candidati ed esprime un giudizio sintetico di prevalenza della controinteressata a ricoprire l’incarico di Presidente Aggiunto della Corte di cassazione, ritenendo che la medesima, rispetto al ricorrente:
i) abbia maggiormente approfondito la conoscenza dei meccanismi di funzionamento della Corte di cassazione e della funzione nomofilattica cui la stessa assolve, anche rispetto al sistema delle Corti sovranazionali e delle relative fonti;
ii) abbia raggiunto un maggiore grado di consapevolezza circa l’importanza dei nessi organizzativi che intercorrono (e che devono sempre più intercorrere), all’interno della Corte di cassazione, fra l’attività dei singoli consiglieri e quella dei Presidenti di Sezione - anche non titolari, con riferimento, in particolare, all’attività di spoglio nella singola Sezione - nonché fra le singole Sezioni, e anche rispetto alle strutture informatiche, nonché, all’esterno, nei rapporti fra la Corte di legittimità e le Corti di Appello, ai fini della stabile interlocuzione per la efficace amministrazione del servizio giustizia;
iii) abbia messo a frutto in modo più efficace la capacità di funzionalizzare le attitudini organizzative e le conoscenze informatiche per il progressivo miglioramento, in termini quantitativi e qualitativi, dell’essenziale funzione nomofilattica della Corte, oltre che per ragioni di celerità nella risposta alla domanda di giustizia;
iv) abbia più proficuamente diversificato le esperienze professionali nel corso della carriera, con particolare riferimento allo svolgimento delle funzioni giudicanti, requirenti, di appello e di legittimità, queste ultime tanto nel settore civile, quanto in quello penale.”.
16. A questo punto, la Sezione ritiene di disporre di tutti gli elementi utili, in fatto e in diritto, per esaminare la questione sub c), ovverossia per stabilire se il comportamento dell’Amministrazione, in sede di riesercizio del potere, sia stato effettivamente conforme alla sentenza di appello, ovvero se ne sia discostato, violando o eludendo le regulae iuris e precettive ivi contenute.
17. La Sezione ritiene che la nuova delibera impugnata sia conforme, secondo i principi della cognizione esecutiva, ai contenuti precettivi della sentenza ottemperanda, in quanto l’atto [che pure è pervenuto al medesimo esito decisionale di quello annullato in relazione al giudizio di equivalenza negli indicatori di cui alle lettere a) e b), T.U. Dirigenza e al giudizio di prevalenza nell’indicatore della lettera d), e che si è invece discostato dal precedente giudizio soltanto relativamente all’indicatore di cui alla lettera c), migliorandolo anzi con un giudizio di prevalenza], ha argomentato il rinnovato giudizio in senso coerente e conseguente rispetto alle indicazioni pronunciate, ancorché in modo implicito, nella decisione, traducendole in atto nell’immutato quadro fattuale e normativo di riferimento.
Le regole precettive e di giudizio enunciate nel giudizio di cognizione tracciano, infatti, la disciplina futura del rapporto che il giudice, nell’annullare l’atto impugnato, si prefigura attraverso lo sviluppo logico-argomentativo della sentenza, frapponendo degli ostacoli, dunque, non rispetto alla riedizione del medesimo (o parzialmente diverso) esito decisionale oggetto di annullamento giurisdizionale, ma rispetto al percorso logico-giuridico che nuovamente vi riconduce.
18. Ciò considerato, il ricorrente critica sia la struttura, sia l’ordito motivazionale della nuova delibera.
In particolare, a suo avviso, il “manifesto intento elusivo” dell’operato del CSM sarebbe evincibile già sulla base delle “modalità con cui la motivazione è stata acconciata … attraverso un collage o un patchwork delle medesime argomentazioni già precedentemente esposte, vagliate nel giudizio e ritenute del tutto insoddisfacenti.
La semplice lettura comparata delle due delibere dimostra che sia la struttura, sia l’ordito motivazionale della seconda, sono esattamente i medesimi della prima. Una cospicua serie di copia/incolla ha consentito di utilizzare e replicare più volte gli stessi argomenti già spesi nel 2020 e (come si vedrà in seguito) di spostarli sotto la luce degli indicatori attitudinali specifici (siccome la sentenza del Consiglio di Stato più volte ne ha affermato lo “speciale rilievo”).
Al centro della compagine di entrambe è posto il profilo della dr.ssa -OMISSIS-, i cui titoli,
nella delibera del 2022 sono i medesimi già considerati nella delibera del 2020 – ma amplificati
e più volte ribaditi, anche con ridondanze e la massima enfatizzazione delle aggettivazioni.
Invece, quelli a favore del dr. -(omissis)-sono addirittura contratti nelle parti che evidentemente
ponevano maggiore imbarazzo al redigente e le pagine dedicate al suo profilo sono ridotte
dalle 8 della delibera 2020 alle 6 della delibera 2022 (si vedrà in seguito che sono stati compiuti
tagli di passaggi che evidentemente non giovavano al preordinato fine e sono stati inseriti dati
falsi e/o contraddittori).
Nella motivazione della seconda sono aggiunti alcuni elementi di contorno, i quali: o
offrono stravaganti ed improbabili interpretazioni della stessa circolare; o si pongono in senso
esattamente contrario rispetto a quanto affermato dal Consiglio di Stato; oppure mostrano il
palese intento di aggirare le statuizioni della sentenza di annullamento …”.
La Sezione ritiene che le censure non siano fondate.
Innanzitutto, per ciò che concerne la struttura della nuova delibera, occorre sottolineare come in nessuna parte della sentenza sia stabilita una regola precettiva idonea a vincolare la futura riedizione del potere attraverso una determinata architettura dell’atto, potendo dunque il CSM, come poi in effetti si è verificato, emanare una delibera rinnovata anche sotto l’aspetto strutturale, oltre che su quello valutativo, essendo rimasto pienamente libero il tratto di azione amministrativa che conduce alla scelta di diversamente articolare, e motivare, la rinnovata decisione.
In secondo luogo, per quel che concerne la doglianza relativa alla difettosa valutazione del proprio profilo professionale, che il ricorrente stima essere stato anche considerato in misura minore rispetto alla precedente delibera annullata, va ricordato che il giudizio di ottemperanza non è la prosecuzione del giudizio di cognizione, né una sua estensione additiva per denunciare nuovi, diversi o ulteriori motivi di impugnazione dell’atto, ma piuttosto rappresenta il giudizio che scaturisce dal riconoscimento, in capo alla parte vittoriosa, dell’azione volta ad ottenere l’esecuzione dei dicta giurisdizionali, nei limiti dell’accoglimento degli specifici motivi di impugnazione e sulla base delle regulae iuris ivi stabilite.
Pertanto, eventuali motivi di doglianza con cui si denunciano profili di possibile illegittimità dell’atto così rieditato, nuovi, ulteriori o diversi rispetto a quelli già censurati nel giudizio di cognizione, sfuggono al perimetro applicativo del giudizio di esecuzione.
Ad ogni modo, va anche considerato che la sentenza di cognizione ha assorbito i rilievi mossi dall’odierno ricorrente (in quel giudizio, appellante) in ordine alla mancata valorizzazione di tutti i profili della propria esperienza, sicché non sarebbe comunque possibile far derivare, da una pronuncia di mero assorbimento dei motivi, una statuizione positiva suscettibile di essere portata ad esecuzione o di passare in cosa giudicata, atteso che l’esecutività e, di conseguenza, l’esecutorietà, non possono che formarsi in relazione ad una espressa declaratoria di accoglimento del motivo di impugnazione.
19. Sotto diverso e autonomo profilo, il ricorrente prospetta che la nuova struttura in cui si è articolata la delibera sarebbe funzionale, con palese intento elusivo, a simulare una nuova decisione, quando in realtà, invece, la stessa ripeterebbe la medesima decisione annullata, dissimulata attraverso lo spostamento grafico di parti di delibera e la ripetizione, anche ridondante, dei medesimi elementi fattuali già considerati, anche tramite l’utilizzo di diverse espressioni linguistiche, che riprodurrebbero, in realtà, le medesime circostanze di fatto.
La Sezione ritiene che anche questa doglianza non sia fondata.
La sentenza ottemperanda ha caducato la delibera impugnata esclusivamente per vizi motivazionali (cfr. il paragrafo 3.3.6. e i sottoparagrafi 3.3.6.1., 3.3.6.2.), ossia per una tipologia di vizi che afferisce al procedimento logico-argomentativo, e che si riverbera sulla decisione finale, viziandola, nei limiti in cui la carenza, insufficienza, inadeguatezza, genericità o frettolosità dell’esposizione dei fatti e delle ragioni giuridiche, impediscano od ostacolino la comprensione della logica sottesa alle valutazioni e alle scelte compiute dall’organo di autogoverno.
Non è dunque corretta sul piano logico, prima ancora che su quello giuridico, la pretesa del ricorrente di derivare da un giudizio annullatorio, fondato esclusivamente su vizi motivazionali dell’atto impugnato, impedimenti, limitazioni o restrizioni in capo all’Amministrazione in ordine alla rivalutazione proprio di quegli elementi e fatti giuridici rilevanti, la cui originaria insufficiente considerazione ha dato luogo al vizio motivazionale che ha determinato, a sua volta, la caducazione dell’atto.
Inoltre, se è vero che l’effetto caducatorio ha riguardato la delibera nel suo complesso, è tuttavia corretto precisare che il sindacato giurisdizionale sulla compiutezza, logicità e ragionevolezza della motivazione, si è svolto in ordine a quella parte specifica della delibera che ha illustrato e argomentato le ragioni giuridiche a sostegno dei giudizi espressi sui candidati.
Del resto, la sentenza non sarebbe potuta andare alla ricerca di altri elementi di fatto desumibili da diverse collocazioni nel corpo nella delibera, né avrebbe potuto esprimere considerazioni diverse in ordine ad elementi già valutati, ma tuttavia suscettibili di essere interpretati in maniera diversa.
Occorre considerare, infatti, che un conto sono i fatti giuridici, e un altro conto sono le valutazioni e le considerazioni che da essi, o sulla base di essi, si possono trarre.
La correttezza delle anzidette considerazioni è avvalorata anche dalla piana lettura del testo della sentenza ottemperanda, ove si afferma che “l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alla conclusione di ritenuta equivalenza dei profili dei candidati, conclusione che non risulta invece allo stato esplicabile né ragionevolmente intellegibile alla luce dello scarno passaggio motivazionale speso dal Csm al riguardo.
Tanto in più in un caso, quale quello in esame, in cui l’importanza del posto a concorso, gli eccellenti profili dei candidati in competizione e la indiscutibile rilevanza dei loro curricula impongono - oltre all’attenta, accurata e completa ricognizione di tutti gli aspetti della rispettiva carriera, anche attraverso la opportuna comparazione - un particolare obbligo di motivazione, puntuale ed analitico, tale da far emergere in modo quanto più preciso ed esauriente le ragioni
della prevalenza di un candidato sull’altro”.
Inoltre, che “l’accoglimento dell’appello implica la rieffusione del potere amministrativo, nel rispetto delle competenze e attribuzioni proprie del Csm, in conformità con le superiori statuizioni” e che “Va infatti ribadito il principio generale, già affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che l’annullamento degli atti non esautora il Consiglio Superiore della Magistratura dall’esercizio delle funzioni attribuite dalla Costituzione e dalla legge, in particolare - nel caso di specie - di conferire gli incarichi direttivi degli uffici giudiziari, comportando invece l’obbligo di riprovvedere, tenendo conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento, restando pertanto piena (ed esclusiva) la discrezionalità delle valutazioni di merito sulla prevalenza di un candidato rispetto agli altri (cfr. Cons. Stato, n. 4584 del 2020, cit.)”.
È evidente, dunque, come il giudice della cognizione non abbia mai enunciato una regola precettiva e di giudizio per orientare il futuro riesercizio dell’azione amministrativa nel senso che l’organo di autogoverno avrebbe potuto/dovuto necessariamente prendere in considerazione elementi, fatti e circostanze nuovi e diversi, per l’innanzi non considerati, bensì, all’esatto opposto, abbia spronato il suddetto organo ad esprimersi con una motivazione “diversa” (cioè “adeguata” e “ragionevole”) proprio sulla medesima realtà materiale già valutata (“l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati”), con “l’obbligo di riprovvedere, tenendo conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento”.
In quest’ottica prospettica, la sentenza ottemperanda non si è limitata ad esprimere un principio generale dell’azione amministrativa (ovverossia che i provvedimenti amministrativi debbono essere motivati), ma ha anche indirizzato all’organo di autogoverno una indicazione di metodo, e cioè l’auspicio che, nell’illustrare i contenuti materiali, nel valutarli e nel trarre le conseguenti considerazioni, sia sempre osservata la massima precisione, cura, completezza e oculatezza possibile. Proprio per evitare che collocazioni inadeguate di fatti rilevanti, dalle quali potrebbero derivare, come è accaduto nel caso di specie, illustrazioni incomplete e superficiali delle corrette considerazioni che si sarebbe potuto/dovuto trarre fin dall’inizio, facciano apparire come insussistenti ragioni giuridiche che, invece, sulla base di un giudizio ex post, si è poi scoperto sussistere già ex ante.
A questo specifico proposito, va anche soggiunto che, correttamente, la sentenza ottemperanda ha arretrato il proprio sindacato fino alla soglia della macroscopica illegittimità dell’atto, senza esautorare il CSM dall’esercizio delle funzioni attribuitegli dalla Costituzione e dalla legge, e stabilendo, quale unico limite all’obbligo di riprovvedere, di tenere conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento.
È noto, infatti, che, con riguardo alle controversie concernenti il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, nemmeno il giudice dell’ottemperanza, il quale pure esercita una giurisdizione estesa al merito, può, in caso di accoglimento del ricorso, ordinare l’attuazione del giudicato secondo le modalità di cui all’art. 114, comma 4, lettere a) e c), cod. proc. amm., in quanto l’art. 17, comma 2, della legge 24 marzo 1958, n. 195 prevede che “La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo. Per la tutela giurisdizionale nei confronti dei provvedimenti concernenti il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi si segue, per quanto applicabile, il rito abbreviato disciplinato dall'articolo 119 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Nel caso di azione di ottemperanza, il giudice amministrativo, qualora sia accolto il ricorso, ordina l'ottemperanza ed assegna al Consiglio superiore un termine per provvedere. Non si applicano le lettere a) e c) del comma 4 dell'articolo 114 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010” (comma così sostituito dall'art. 4 della legge 12 aprile 1990, n. 74, e, successivamente, dall'art. 3, comma 1, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, a decorrere dal 16 settembre 2010, e successivamente modificato dall'art. 2, comma 4, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114).
La suddetta previsione si pone in linea di continuità con il previgente sistema delle leggi di giustizia amministrativa (art. 27, n. 4, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054), secondo cui la ratio della collocazione del giudizio di ottemperanza nell'ambito della giurisdizione di merito trova origine non nella specialità della materia, ma nel principio della necessaria conformazione dell’Amministrazione pubblica al dictum giurisdizionale.
Inoltre, la previsione è in linea di continuità anche rispetto alla giurisprudenza costituzionale (v. sentenze n. 419 e n. 435 del 1995), secondo cui gli atti del CSM sono sindacabili dal giudice amministrativo per vizi di legittimità, malgrado la sua natura di organo di rilevanza costituzionale, nei limiti in cui il contenuto tipico della pronuncia giurisdizionale sia quello di esprimere la volontà concreta della legge (secondo la prospettiva ermeneutica del giudicato quale “normativa per il caso concreto”).
20. A quest’ultimo proposito, prima di esporre i fatti e le considerazioni che depongono per l’infondatezza delle questioni concernenti i giudizi espressi sulla base degli indicatori specifici di cui alle lettere a), b), c) e d), dell’art. 21 T.U. Dirigenza, la Sezione ritiene necessario delineare il quadro normativo di riferimento, sulla cui base è stata pronunciata la sentenza di cognizione, e sulla cui base deve essere decisa anche l’odierna controversia.
21. Il nuovo ordinamento giudiziario ha introdotto due sostanziali novità ai fini del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi:
i) il forte ridimensionamento del parametro dell'anzianità, oggi non più criterio di selezione, bensì di legittimazione alla partecipazione al concorso, cui si è accompagnata la contestuale valorizzazione dei parametri del merito e delle attitudini;
ii) la temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi.
Queste novità sono state espressamente volute dalla riforma dell'ordinamento giudiziario a norma dell’art. 1, comma 1, lettera a), della legge delega 25 luglio 2005, n. 150, attuata con il decreto legislativo n. 160 del 2006 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati), poi modificata dalla legge n. 111 del 2007.
Per quanto concerne, nello specifico, l’oggetto dell’odierno giudizio, l’incarico di Presidente Aggiunto della Corte di cassazione rientra fra le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità, ai sensi dell’art. 10, comma 15, del citato d.lgs. n. 160 del 2006.
Per tale incarico, il successivo art. 12, comma 11, prevede che “oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3 e 5, il magistrato, alla data della vacanza del posto da coprire, deve avere svolto funzioni di legittimità per almeno quattro anni; devono essere, inoltre, valutate specificamente le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati anche prima dell’accesso alla magistratura nonché ogni altro elemento che possa evidenziare la specifica attitudine direttiva”.
Il successivo comma 12 stabilisce, poi, che “Ai fini di quanto previsto dai commi 10 e 11, l’attitudine direttiva è riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l’attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell’ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; è riferita altresì alla propensione all’impiego di tecnologie avanzate, nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo di gestione sull’andamento generale dell’ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare”.
22. Con la circolare del CSM P-14858-2015 del 28 luglio 2015, recante il nuovo Testo Unico sulla Dirigenza giudiziaria, sono stati conseguentemente riscritti i criteri di valutazione per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, valevoli quali atti di auto-vincolo amministrativi, attuativi o integrativi delle summenzionate previsioni di legge statale, nell’ottica di garantire ai singoli magistrati coinvolti nei processi valutativi, adeguata tutela sotto i profili della trasparenza, comprensibilità e certezza delle decisioni consiliari.
L’idea di base che affiora dal T.U. è che, attraverso le specifiche linee guida prefissate (razionalizzazione e semplificazione del testo; apertura massima dell’accesso alla dirigenza; valorizzazione della cultura dell’organizzazione e delle nuove competenze maturate nella gestione di realtà complesse; distinzione e specificazione dei requisiti attitudinali in base alle tipologie di ufficio direttivo; indicazione di criteri chiari e precisi per il giudizio di comparazione tra candidati; semplificazione massima del procedimento e standardizzazione dei tempi e dei moduli valutativi), la meritocrazia diventi il valore fondante di ogni scelta selettiva, e che l'autonomia valutativa del CSM venga preservata da criteri e parametri idonei a minare la discrezionalità propria di un organo di rilevanza costituzionale.
Il T.U. indica chiaramente le modalità attraverso le quali si raggiunge il delicato punto di equilibrio fra il principio di legalità e il potere di autodeterminazione consiliare: le esigenze di trasparenza, comprensibilità e certezza delle decisioni consiliari vengono presidiate attraverso la valorizzazione delle attitudini, del merito e della temporaneità degli incarichi, mentre il potere di decisione del CSM, significativamente definito dalla relazione illustrativa come “irrinunciabile”, è orientato alla scelta del migliore dirigente da preporre al posto da coprire, e non al conferimento del “premio alla carriera”: ai sensi dell’art. 25, comma 1, T.U. “La valutazione comparativa degli aspiranti è effettuata al fine di preporre all'ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare e, ove esistenti, a particolari profili ambientali.”.
In altre parole, nel contesto, ampio e di sistema, dei rapporti ordinamentali fra gli organi posti ai massimi vertici dello Stato e dotati di rilievo costituzionale, la preoccupazione del T.U. è quella di arginare il pericolo che la discrezionalità consiliare degradi a mera discrezionalità tecnica.
Al fine di evitare ciò, il giudizio meritocratico, che fa perno sulla maggiore idoneità del candidato al conseguimento dell’incarico direttivo, è sempre controbilanciato, in un meccanismo di complessi equilibri, con le esigenze funzionali da soddisfare, ovverossia con gli obiettivi che l’organo di autogoverno, quale garante istituzionale dell’assetto ordinamentale della magistratura e della sua indipendenza, nell’interesse della collettività intera, definisce concretamente, in stretta aderenza alle peculiari caratteristiche dell’ufficio di direzione da conferire.
In questa prospettiva, non è il munus publicum a doversi attagliare al suo futuro titolare, bensì è il candidato che deve dimostrare di possedere, nell’ambito di una competizione data, il miglior profilo curriculare possibile, laddove ‘migliore’ significa “più idoneo per attitudini e merito”, e dunque più adatto rispetto alle esigenze da soddisfare, e senza che ciò si traduca in un giudizio (negativo) in termini di ‘non idoneità’, nei confronti del candidato che presenta un profilo semplicemente ‘meno pregnante’ per attitudini e merito.
23. Nello specifico, le valutazioni dei candidati aspiranti all’incarico di Presidente Aggiunto della Corte di cassazione vengono effettuate attraverso i seguenti parametri:
a) requisiti di carattere generale: l’indipendenza, imparzialità ed equilibrio del giudice sono condizioni (recte, precondizioni) che costituiscono da sempre il caposaldo e il connotato distintivo dell’attività giurisdizionale, e che debbono necessariamente essere presenti in ogni magistrato;
b) merito: investe la verifica dell’attività giudiziaria svolta ed ha lo scopo di ricostruire in maniera completa la figura professionale del magistrato (il T.U. rinvia per relationem ai parametri della capacità, laboriosità, diligenza ed impegno, così come definiti dall’art. 11, del decreto legislativo n. 160 del 2006);
c) attitudini: il T.U. affianca agli indicatori generali, disciplinati nella Sezione I, della Parte II, alcuni indicatori specifici, ai quali è dedicata la Sezione II.
24. Gli indicatori generali (artt. 7-13) costituiscono elementi oggettivi di valutazione comuni alle procedure di conferimento di tutti gli incarichi dirigenziali e riguardano le esperienze giudiziarie e quelle maturate al di fuori della giurisdizione, che hanno consentito al magistrato di sviluppare competenze organizzative, abilità direttive, anche in chiave prognostica, e conoscenze ordinamentali.
Gli indicatori specifici (artt. 15-23), invece, si differenziano in ragione della tipologia degli uffici messi a concorso, individuando, per ogni tipologia di incarico, le esperienze giudiziarie che siano espressione di una particolare idoneità a ricoprire quelle funzioni.
Per quanto rileva ai fini della causa, l’art. 21 (Indicatori specifici per gli Uffici direttivi giudicanti di legittimità) prevede che costituiscono specifici indicatori di attitudine direttiva:
a) l’adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi anche se non continuativi;
b) la partecipazione alle Sezioni Unite;
c) l’esperienza maturata all’ufficio spoglio;
d) le esperienze e le competenze organizzative maturate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza dei collegi.
Speciale rilievo è attribuito agli indicatori individuati negli articoli da 15 a 23 in relazione a ciascuna delle tipologie di ufficio (art. 26, comma 3, cit.), mentre gli indicatori di cui agli articoli da 7 a 13 sono utilizzati quali ulteriori elementi costitutivi del giudizio attitudinale (art. 26, comma 4, cit.).
Per il conferimento della dirigenza di uffici giudicanti e requirenti di legittimità assumono speciale rilievo, in posizione pariordinata tra loro, gli indicatori di cui agli articoli 21 e 22 (art. 33, T.U.).
Per il conferimento delle funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità (Presidente Aggiunto della Corte di cassazione, Presidente del Tribunale Superiore delle Acque e Procuratore Generale Aggiunto) e delle funzioni apicali giudicanti e requirenti di legittimità (Primo Presidente della Corte di cassazione e Procuratore Generale della Corte di cassazione), costituisce elemento di valutazione positiva la possibilità che l’aspirante assicuri, alla data della vacanza dell'ufficio, la permanenza nello stesso per un periodo non inferiore a due anni, salvo che ricorrano particolari circostanze ed esigenze che facciano ritenere necessario un periodo più lungo o adeguato un periodo più breve (art. 34, comma 1, T.U.); costituisce, di regola, elemento preferenziale per il conferimento delle funzioni direttive apicali di legittimità il positivo esercizio, negli ultimi quindici anni, per almeno un biennio, di funzioni direttive di legittimità nonché le significative esperienze in materia ordinamentale (art. 34, comma 2, cit.).
La valutazione comparativa delle attitudini è condotta secondo il metodo analitico (art. 26, comma1, T.U.), mentre il giudizio finale attitudinale è formulato in maniera complessiva ed unitaria, e deve essere il frutto della valutazione integrata e non meramente cumulativa degli indicatori (art. 26, comma 2, cit.).
Ciò è vero sia nel momento in cui l’Amministrazione emana per la prima volta l’atto nell’esercizio del proprio potere di amministrazione attiva, sia quando, all’esito di un giudizio di impugnazione conclusosi con l’annullamento dell’atto medesimo, riesercita il potere ad essa spettante, nei limiti della portata conformativa delle statuizioni rese.
La ratio iuris della previsione è insita nella finalità stessa del conferimento del munus publicum: il sistema si prefigge l’obiettivo di preporre all'ufficio il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare e, ove esistenti, a particolari profili ambientali (art. 25, comma 1, T.U.).
In altre parole, il sistema è costruito in maniera tale da assicurare la lettura unitaria e coordinata delle disposizioni contenute nei summenzionati artt. 25, comma 1 e 26, comma 2.
Viceversa, in nessuna parte del T.U., così come anche rispetto alla normativa di rango primario, si rinvengono elementi per sostenere che gli indicatori siano serventi (o anche solo in parte serventi), al conferimento di giusti e meritati riconoscimenti al cursus honorum del magistrato.
Il sistema delle progressioni di carriera si fonda, inoltre, sul principio relativistico del tempo: in via generale si prescinde dalla materiale durata delle esperienze.
Di regola, infatti, è rilevante la durata minima di permanenza nelle funzioni, salvo che per quelle espresse fattispecie in cui ha un rilievo il computo della complessiva, effettiva durata dell’esperienza.
Sotto questo profilo, la riforma del 2005 ha superato il principio della automaticità legata al possesso dell’anzianità, prevedendo, di regola, che:
i) l’anzianità non rileva quale parametro di valutazione ai fini del conferimento degli incarichi dirigenziali;
ii) la durata rilevante ai fini dell’indicatore, e che produce effetti come parametro di valutazione, è la durata minima prevista;
iii) la maggiore durata dell’esperienza rappresenta criterio di validazione dei requisiti delle attitudini e del merito, di cui attesta la costanza e persistenza, e perciò lo specifico valore.
La distinzione fra parametro di valutazione e criterio di validazione è decisiva ai fini della previsione contenuta nell'art. 21, lett. a), T.U., che costituisce indicatore specifico di attitudine direttiva, anche apicale, di legittimità ("l'adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi, anche se non continuativi").
L’uso dell’avverbio “almeno” denota (quale limite negativo) che la durata dell’esperienza, per essere significativa nel senso voluto dall’indicatore, e dunque per costituire specifico parametro di valutazione curriculare, non può essere inferiore a sei anni, dovendo essere, infatti, perlomeno pari. Viceversa, l’indicatore specifico non attribuisce (in positivo) un valore maggiore alle esperienze di durata più ampia.
In tal caso, la maggiore durata è valutata sulla base del criterio di validazione, ovverossia quale attestazione di costanza e persistenza e, perciò, di specifico valore.
Altre norme del T.U. sono costruite con la stessa tecnica, quali quelle contenute all’art. 24, comma 3, e all’art. 34, commi 1 e 2.
La presenza di queste norme, peraltro direttamente applicabili alla fattispecie all’esame (si tratta, in particolare, dell’art. 34, comma 1, in quanto la sentenza di cognizione ha escluso che possa applicarsi il suo secondo comma), comprova che, in generale, non esistono automatismi valutativi assoluti, come anche espressamente acclarato dalla sentenza ottemperanda.
E infatti:
- l’art. 24, comma 3, prevede che “In applicazione del criterio generale di cui all’articolo 192, comma 4, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nel caso in cui la valutazione comparativa fra due o più aspiranti al medesimo incarico si concluda con giudizio di equivalenza dei rispettivi profili professionali è dato rilievo, in via meramente residuale, alla maggiore anzianità nel ruolo”;
- l’art. 34, comma 1, prevede che “Per il conferimento delle funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità (Presidente Aggiunto della Corte di cassazione, Presidente del Tribunale Superiore delle Acque e Procuratore Generale Aggiunto) e delle funzioni apicali giudicanti e requirenti di legittimità (Primo Presidente della Corte di cassazione e Procuratore Generale della Corte di cassazione), costituisce elemento di valutazione positiva la possibilità che l’aspirante assicuri, alla data della vacanza dell'ufficio, la permanenza nello stesso per un periodo non inferiore a due anni, salvo che ricorrano particolari circostanze ed esigenze che facciano ritenere necessario un periodo più lungo o adeguato un periodo più breve”;
- l’art. 34, comma 2, prevede invece che “Costituisce, di regola, elemento preferenziale per il conferimento delle funzioni direttive apicali di legittimità il positivo esercizio, negli ultimi quindici anni, per almeno un biennio, di funzioni direttive di legittimità nonché le significative esperienze in materia ordinamentale”.
Inoltre, nel T.U. si rinvengono ulteriori esempi di norme che qualificano la durata delle esperienze come criteri di validazione anche in riferimento ad altre tipologie di uffici, tra cui: l’art. 15 (per gli uffici semidirettivi di primo grado); l’art. 16 (per gli uffici semidirettivi di secondo grado); l’art. 17 (per gli uffici direttivi giudicanti e requirenti di primo grado di piccole e medie dimensioni); e l’art. 19 (per gli per gli Uffici direttivi giudicanti e requirenti specializzati).
Le fattispecie che invece costituiscono eccezione alla suddetta regola sono espressamente previste dal T.U. Dirigenza.
Così, l'art. 27 rispetto ai criteri di valutazione degli indicatori specifici da applicare per il conferimento degli uffici semidirettivi giudicanti, che valorizza “la maggiore durata di esercizio delle funzioni nel settore specifico in cui si colloca il posto da conferire”; analogamente, l'art. 32, lett. b), per determinati uffici requirenti.
Il sistema giuridico appena decritto è conforme alla legge primaria statale, la quale prevede anch’essa un periodo minimo di permanenza nelle funzioni di legittimità, individuandolo però con un termine ancora inferiore: l’art. 12, comma 11, del decreto legislativo n. 160/2006 prevede, infatti, che “Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 14, 15 e 16, oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3 e 5, il magistrato, alla data della vacanza del posto da coprire, deve avere svolto funzioni di legittimità per almeno quattro anni (...)”; l'art. 10, comma 15, del medesimo decreto riguarda, specificamente, l'incarico direttivo apicale).
25. La sentenza ottemperanda ha caducato la delibera impugnata per vizi della motivazione (cfr. il paragrafo 3.3.6. e i sottoparagrafi 3.3.6.1. e 3.3.6.2.), sulla premessa della vigenza del quadro giuridico appena illustrato (cfr. i paragrafi 3.3.1., 3.3.2., 3.3.3. e 3.3.4.).
Dopo la pubblicazione della sentenza, non sono sopravvenute novelle.
Pertanto, è a tale cornice che occorre fare riferimento per valutare la conformità del comportamento tenuto dall’Amministrazione rispetto a quello che la medesima avrebbe dovuto tenere sulla base del decisum giurisdizionale, in quanto la regola precettiva del caso concreto si riempie di contenuto anche rispetto al precetto normativo applicato.
26. Nel procedere a questa valutazione, per maggiore chiarezza, si seguirà l’ordine espositivo contenuto nella sentenza ottemperanda, a sua volta seguito dalla nuova delibera del CSM.
26.1. Nel precedente paragrafo 14.1. sono stati illustrati i vincoli nascenti dall’annullamento della delibera in relazione al difetto di motivazione per tutti gli indicatori specifici di cui all’art. 21 cit.
In particolare, la sentenza ottemperanda ha statuito che l’Amministrazione, nel riesercitare l’azione, dovrà considerare che:
i) rispetto agli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b) dell’art. 21, T.U. Dirigenza, esiste, in fatto, un divario quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori medesimi;
ii) il divario, in sé, non ha valore assorbente e insuperabile, né implica esiti valutativi automatici e scontati;
iii) rispetto ai ridetti indicatori specifici, occorre una motivazione ragionevole ed adeguata, che dia conto sia delle emergenze dei dati oggettivi, sia degli elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione;
iv) rispetto all’indicatore specifico di cui alla lettera c), del medesimo art. 21, non emerge una altrettanto netta e manifesta prevalenza quantitativa dell’uno sull’altro candidato;
v) rispetto all’indicatore specifico di cui alla lettera d), il preminente ruolo nomofilattico dell’incarico da conferire non esclude che sia dato rilievo alle esperienze organizzative presso le Corti di Appello territoriali, ma impone una motivazione stringente in termini di ‘pregnanza’ dei giudizi espressi sui profili curriculari messi a confronto, rispetto alle esigenze funzionali dell’ufficio da conferire, ai sensi dell’art. 25, T.U. Dirigenza.
26.2. Nel precedente paragrafo 14.2. sono stati illustrati, invece, i vincoli nascenti dall’annullamento della delibera in relazione alla non corretta applicazione dell’art. 34, comma 2, T.U. Dirigenza.
La sentenza ottemperanda ha statuito che l’Amministrazione, nel riesercitare l’azione, dovrà considerare che:
i) rispetto al conferimento dell’incarico di Presidente Aggiunto della Corte di cassazione, l’attività ordinamentale svolta quale componente del CSM e quale Presidente del Consiglio Giudiziario non è valutabile ai fini del riconoscimento del giudizio di preferenza di cui all’art. 34, comma 2, T.U. Dirigenza;
ii) la ridetta attività è valutabile, invece, ai sensi dell’indicatore generale di cui all’art. 11, comma 1, del medesimo testo unico.
27. Sull’adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi anche se non continuativi [art. 21, lettere a), T.U. Dirigenza].
La Sezione ritiene che la nuova delibera, nel riconfermare il giudizio di equivalenza, abbia correttamente eseguito le statuizioni conformative contenute nella sentenza ottemperanda.
Anzitutto, la delibera illustra in modo sufficientemente chiaro ed adeguato gli elementi di fatto oggetto di valutazione.
Il ricorrente svolge funzioni di legittimità da ventitre anni e mezzo circa, rispetto all’odierna vacanza, inizialmente come magistrato di appello destinato alla Corte di cassazione con autorizzazione a svolgere attività presso le Sezioni per due udienze al mese - continuando a prestare servizio al Massimario -, e quindi dal 2002 quale consigliere, assegnato inizialmente alla prima Sezione civile e quindi alla terza Sezione civile, dal 2016 anche con funzioni direttive inizialmente come presidente non titolare e dal 2018 come Presidente titolare alla terza sezione civile, con presidenze anche del collegio tributario.
La controinteressata ha esercitato le funzioni di legittimità per tredici anni, dapprima quale magistrato d’appello applicato (dal 2003 al 2006), poi quale consigliere della Corte di Cassazione
(dal 2006 al 2016), assegnata alla I Sezione penale.
Quale magistrato di appello applicato all’Ufficio del Massimario e del Ruolo ha, dal 16 gennaio
2003 al maggio 2004 compreso, svolto funzioni contemporaneamente nel settore penale e in quello
civile.
Nel settore civile del Massimario ha svolto attività di classificazione dei processi assegnati alla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione.
Dagli inizi del 2005 è stata altresì incaricata dal Direttore del Massimario e del Ruolo di seguire, insieme con altri due colleghi del settore penale, la produzione giurisprudenziale della Corte europea dei diritti dell’uomo ai fini della pronta segnalazione e della diffusione informatica delle decisioni di maggiore rilievo tramite il Servizio Novità.
Dal 12 luglio 2006, nominata consigliere di Cassazione, ha proseguito la sua attività presso la
Prima Sezione penale fino al 25 gennaio 2016.
Nello svolgimento delle funzioni di consigliere, ha presieduto inoltre i collegi della VII Sezione
penale, dal 2014 al 25 gennaio 2016.
Dal maggio 2009 è stata nominata dal Primo Presidente componente del gruppo di lavoro
denominato “scrivania virtuale”; ha collaborato per offrire ai magistrati della Corte di Cassazione il
necessario supporto per semplificare lo svolgimento delle attività ripetitive più gravose, migliorare
l’accesso alle banche dati, ridurre i tempi per la ricerca e la selezione del precedente con
l’inserimento dello stesso nel corpo della motivazione, disporre di modalità di redazione dei testi
idonee a consentire il pieno sfruttamento delle attuali potenzialità tecniche, riducendo al minimo i
tempi necessari, nonché per utilizzare i sistemi alternativi alla digitazione del testo.
Nel 2015, inoltre, è stata nominata dal Primo Presidente componente della Commissione per il
trattamento dei dati personali incaricata di emanare regole in tema di patrimonio informatico di
natura giuridica.
Nella qualità di consigliere della Corte di cassazione, inoltre, è stata Vicedirettore del C.E.D. dal 1° marzo 2012 al 25 gennaio 2016.
Sotto questo profilo, pertanto, la delibera è pienamente consapevole e rispettosa della circostanza di fatto, acclarata dalla sentenza ottemperanda, che esiste un effettivo divario temporale fra le esperienze dei candidati nelle funzioni di legittimità.
Tuttavia, come ancora acclarato dalla sentenza ottemperanda, il divario temporale, in sé, non ha valore assorbente e insuperabile, né implica esiti valutativi automatici e scontati.
Questa circostanza è stata espressamente valutata dalla nuova delibera, che ha infatti appropriatamente richiamato il quadro giuridico ritraibile dal T.U. Dirigenza, come illustrato nel precedente paragrafo.
La nuova delibera ne ha tratto, di conseguenza, una considerazione logica e ragionevole, e cioè che i candidati svolgono eccellentemente funzioni di legittimità da un periodo ben superiore ai sei anni previsti dalla richiamata disposizione e quindi sono egualmente in possesso dell'indicatore specifico.
Ciò significa che, essendo entrambi i candidati nel pieno possesso del medesimo indicatore specifico, la maggiore permanenza nelle funzioni di legittimità non può essere oggetto di valutazione ai sensi dell’indicatore specifico, ma soltanto, al limite, quale criterio di validazione, di per sé solo non attributivo di una maggiore pregnanza di giudizio.
In particolare, la delibera riconosce al ricorrente il merito di avere trattato, nell’esercizio delle funzioni di legittimità, numerose e complesse questioni in materia civile, fornendo un importantissimo contributo alla giurisprudenza di legittimità, come emerge dall’elevato numero di massime tratte dai suoi provvedimenti nel corso dei diciotto anni di attività come Consigliere (1051).
Nei dieci anni di svolgimento delle funzioni di consigliere della Prima Sezione penale, risultano invece estratte 653 massime dai provvedimenti redatti dalla controinteressata.
Sempre sul piano dei numeri, la delibera illustra che il dato relativo al numero complessivo dei provvedimenti redatti dai due candidati: la controinteressata, nel periodo dal 1° marzo 2003 al 25 gennaio 2016, ha redatto 3236 sentenze (cui sono da aggiungere le ordinanze della Settima Sezione); nel medesimo periodo, il ricorrente ha redatto 1762 provvedimenti, a cui se ne aggiungono 20 nell’anno 2017.
Al di là degli aspetti aritmetici, tuttavia, la delibera spiega in maniera puntuale, congrua e convincente le ragioni per le quali l’attività svolta dalla controinteressata, seppure nell’arco di un periodo di tempo complessivamente inferiore, abbia rivestito una importanza e una pregnanza tale, sotto il profilo organizzativo, oltre che sul quello giuridico, da farla sostanzialmente equivalere rispetto al ricorrente, e soprattutto perché la padronanza così acquisita non sia suscettibile di arricchirsi in via ulteriore, per effetto del mero decorso del tempo.
In particolare, la delibera argomenta l’assoluta padronanza delle funzioni di legittimità in relazione ai seguenti specifici e circostanziati elementi di fatto.
In primo luogo, il contributo della controinteressata al rafforzamento della funzione nomofilattica è stato essenziale in ottica interdisciplinare, avendo ella interpretato la funzione di legittimità non solamente rispetto all’attività delle Sezioni Unite, bensì anche rispetto a quella, ordinaria, delle Sezioni semplici della Corte, sia attraverso la creazione di un sistema di dialogo telematico fra tutti i componenti della I Sezione penale (ciò al fine di favorire l’immediata conoscenza dei dispositivi delle decisioni emesse, per scongiurare possibili contrasti di giurisprudenza e per favorire la soluzione di nuove questioni interpretative da parte delle Sezioni Unite), sia nel curare, nell’ambito dell’esame preliminare dei ricorsi, il raccordo con il Presidente titolare della Prima Sezione Penale, con i Presidenti non titolari, con i Consiglieri della medesima Sezione, nonché con il Presidente della Settima Sezione Penale, con il Segretario generale della Corte di Cassazione e con il Coordinatore delle Sezioni Unite Penali.
In secondo luogo, la controinteressata ha svolto funzioni sia nel settore civile, sia in quello penale, mentre il ricorrente sempre ed esclusivamente nelle funzioni civili, anche presso l’Ufficio del massimario.
La delibera trae da questa circostanza una considerazione logica, e dunque razionalmente comprensibile, e cioè che la controinteressata abbia maturato una più ampia conoscenza dei diversi settori in cui si articola la giurisdizione di legittimità, amplificata anche dalla contemporaneità dello svolgimento delle funzioni eterogenee, a differenza del ricorrente, che ha invece sempre svolto le funzioni presso la medesima Sezione civile della Corte.
In particolare, presso l’ufficio del Massimario e del Ruolo, la controinteressata ha svolto funzioni, dal 16 gennaio 2003 al maggio 2004 compreso, contemporaneamente nel settore penale e in quello civile. Nel settore civile del Massimario, ha svolto attività di classificazione dei processi assegnati alla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione.
In questo modo – approfondisce ulteriormente la motivazione - la controinteressata è giunta a sviluppare una completa, poliedrica e simultanea competenza nelle funzioni tipiche della Corte di cassazione, dando prova di una non comune versatilità in relazione proprio all’attività specifica della Corte.
In terzo luogo, la delibera espone che la padronanza delle funzioni emerge anche dal fatto che, nello svolgimento delle funzioni di consigliere, la controinteressata si è distinta per il ruolo di
Vicedirettore del C.E.D., che è notoriamente conosciuta come una struttura di assoluta importanza per lo svolgimento della funzione nomofilattica della Corte. Il Centro Elettronico di Documentazione (C.E.D.) costituisce, infatti, nell'ambito della Corte di cassazione, una struttura autonoma, i cui compiti consistono:
a) nel fornire a tutti i magistrati italiani (ed in particolare a quelli della Corte di cassazione), ai magistrati europei che ne facciano richiesta ed al pubblico degli abbonati (avvocati, istituzioni pubbliche e private, quali Ministeri, Università, etc.) servizi informatici aventi ad oggetto la realizzazione, la gestione e la messa a disposizione per la consultazione degli archivi di giurisprudenza e di legislazione (c.d. informatica giuridica);
b) nel fornire alle strutture amministrative e ai magistrati della Corte servizi informatici destinati concernenti la gestione informatica dei processi (sia civili che penali) dal momento del deposito del ricorso al momento della pubblicazione della sentenza e della restituzione degli atti al giudice a quo (c.d. informatica giudiziaria).
Tramite il C.E.D., dunque, la Corte di cassazione realizza e aggiorna costantemente la più importante e completa banca dati nazionale della giurisprudenza di legittimità, attuando in maniera
significativa la funzione nomofilattica della Corte.
In quarto luogo, la delibera rinviene un’ulteriore conferma dell’assoluta padronanza della funzione di legittimità, nel fatto che la controinteressata abbia messo a frutto con grande efficacia e spirito di organizzazione, le proprie competenze informatiche, creando un sistema circolare di scambio di informazioni e comunicazioni, agevolando in tal modo la formazione dei ruoli e la celebrazione delle udienze tematiche, e che in tale ottica, sostanzialmente nomofilattica, abbia interpretato anche la funzione dello spoglio.
La Sezione ritiene, in definitiva, che la delibera abbia adeguatamente e sufficientemente motivato le ragioni circa l’eccellente sviluppo della carriera nelle funzioni di legittimità, anche perché simultaneo e variegato, il che conferma la completa padronanza delle funzioni di legittimità nella sua massima intensità possibile, tale da non potersi ipotizzare alcun ulteriore arricchimento determinato da un ulteriore decorso del tempo.
In altre parole, quando è dimostrata, come nel caso di specie, l’assoluta padronanza delle funzioni di legittimità della controinteressata, si deve escludere che “la minore durata delle funzioni di legittimità svolte corrisponda ad una minore padronanza delle funzioni” (Consiglio di Stato, sentenza n. 913 del 2021), sia in considerazione del fatto che ai fini della valutazione secondo l’indicatore specifico ciò che conta è la maturazione del periodo minimo di permanenza nelle funzioni pari ad almeno sei anni; sia perché l’esperienza maturata oltre questo periodo può essere considerata solo ai fini di validazione del mantenimento della padronanza delle funzioni; sia perché, ad opinare diversamente, si correrebbe il rischio di creare una presunzione assoluta, non prevista dalla legge e in opposizione al chiaro quadro normativo di riferimento sopra delineato, che il mero decorso del tempo determini ex sé un giudizio di maggiore pregnanza nell’indicatore specifico, indirettamente vincolando l’azione amministrativa a non potere esprimere giudizi (di puro merito amministrativo) circa la particolare eccellenza di un profilo professionale rispetto a quello di un altro candidato, pure anch’esso indubbiamente eccellente.
In quest’ottica, però, il focus dell’atto del conferimento della nomina si sposterebbe sull’interesse particolare del singolo ad ottenere il riconoscimento della carriera certamente meritoriamente svolta, piuttosto che sull’interesse pubblico generale ad individuare, tra tutti gli eccellenti profili a disposizione, quello che maggiormente appare, nell’ambito di una competizione data, il profilo che meglio può sintetizzare e rappresentare le esigenze funzionali dell’ufficio da conferire (art. 25, comma 1, T.U. Dirigenza).
28. Sulla partecipazione alle Sezioni Unite [art. 21, lettera b), T.U. Dirigenza].
La Sezione ritiene che la delibera, nel riconfermare anche in questo caso il giudizio di equivalenza, abbia correttamente eseguito le statuizioni conformative contenute nella sentenza ottemperanda.
Anzitutto, la delibera illustra in modo sufficientemente chiaro ed adeguato gli elementi di fatto oggetto di valutazione, e cioè entrambi i candidati hanno maturato esperienze egualmente significative sotto il profilo attitudinale, essendosi cimentati validamente e a lungo nell’esercizio della massima funzione nomofilattica, e che, sotto il profilo temporale, la diversa durata dell’applicazione alle Sezioni Unite non è particolarmente marcata, dal momento che il ricorrente
ha composto i collegi delle Sezioni Unite civili per circa otto anni (dal 2008 al 2016), facendone
nuovamente parte dal 2018 come Presidente titolare, mentre la controinteressata ha composto quelli
delle Sezioni Unite penali per poco meno di sei anni (dal 7 giugno 2010 sino al 25 gennaio del
2016).
Più in particolare, la delibera spiega le ragioni per le quali, a fronte di uno scarto temporale comunque sia non particolarmente significativo, il giudizio venga espresso in termini di equivalenza.
Innanzitutto, ai fini della corretta ponderazione dal dato numerico, la delibera rimarca la significativa differenza esistente fra le funzioni delle Sezioni Unite civili e quelle penali, che ha fatto sì che il ricorrente, nel corso del periodo alle Sezioni Unite, abbia esteso 172 sentenze per le Sezioni Unite, dalle quali risultano estratte 103 massime, mentre la controinteressata ne ha redatte solamente 7.
A questo specifico proposito, la delibera spiega che l’ordinamento riserva alle Sezioni Unite civili competenze più ampie di quelle riservate alle Sezioni Unite penali, le quali comprendono anche le decisioni in tema di acque pubbliche, riparto di giurisdizione e impugnazioni disciplinari (dei magistrati e delle libere professioni).
Inoltre, la delibera illustra, con motivazione ragionevole ed adeguata, che non sempre l’elevata mole del lavoro determina una significatività dal punto di vista nomofilattico, potendo assumere valori assoluti soltanto sul piano statistico.
Per un verso, dunque, i dati oggetto di raffronto dovrebbero essere i medesimi, sul piano numerico, per esprimere giudizi in termini di maggiore o minore produttività; per un altro verso, invece, la diversa modalità di esercizio delle funzioni nomofilattiche non condiziona in termini aprioristici il giudizio medesimo, in quanto il mero dato aritmetico non restituisce adeguatamente la descrizione della importanza e consistenza delle funzioni stesse, con evidente disparità di trattamento tra magistrati di legittimità addetti al settore penale e al settore civile nell’accesso ai vertici della Corte di cassazione.
Le capacità acquisite devono dunque - spiega la delibera - essere apprezzate in concreto e, laddove sia dimostrata, come nel caso di specie, l’eccellenza dell’esperienza svolta presso le Sezioni Unite, è ragionevole ritenere che la medesima possa controbilanciare il dato della maggior durata temporale, risolvendosi in un giudizio di equivalenza.
La delibera, a questo proposito, approfondisce l’analisi effettiva della qualità della partecipazione della controinteressata alle Sezioni Unite, illustrando l’importanza delle sentenze di cui la stessa è stata estensore, aventi ad oggetto questioni cruciali del diritto penale, sostanziale e processuale, come quelle relative alla recidiva, al reato continuato, ai rapporti tra il delitto di associazione mafiosa e i reati di riciclaggio e reimpiego di capitali, al giudizio abbreviato, al patteggiamento, alla difesa tecnica dell’imputato.
Inoltre, la delibera illustra l’elevatissimo apporto documentato dalle statistiche della controinteressata nel periodo di permanenza presso le Sezioni Unite: nel periodo dal 1° gennaio 2010 al 31 marzo 2015, il magistrato si è posto ai vertici della Sezione, avuto riguardo al numero delle udienze tenute, alle assegnazioni ed alle pronunzie in pubblica udienza e in camera di consiglio. Per contro, nell’ottica del giudizio comparativo, la delibera segnala che nel periodo dal 1° gennarìio 2011 al 29 settembre 2015, in cui il ricorrente ancora non ricopriva le funzioni presidenziali, la produttività del medesimo, con riferimento al numero complessivo di sentenze redatte presso le Sezioni Unite, si è collocato soltanto nell’ambito della media della Sezione.
La Sezione ritiene, in definitiva, che la delibera, rivalutando i medesimi fatti, come supportati dai dati statistici, abbia questa volta fatto trasparire, in modo adeguato e compiuto, il ragionamento logico giuridico idoneo a supportare la conclusione che il livello di eccellenza dell'esperienza maturata dal controinteressato alle Sezioni Unite, pur nel più breve arco temporale, sia valsa a fargli conquistare la sicura acquisizione della padronanza nella funzione nomofilattica, non suscettibile di ulteriori arricchimenti determinati dal decorso del tempo.
29. Sull’esperienza maturata all’ufficio spoglio [art. 21, lettera c), T.U. Dirigenza].
Nel paragrafo 14.1. si è precisato come la sentenza di cognizione, rispetto all’indicatore specifico di cui alla lettera c), dell’art. 21, T.U. Dirigenza, abbia rilevato che non appariva “una altrettanto netta e manifesta prevalenza quantitativa dell’uno sull’altro candidato”, ed ha motivato l’annullamento dell’atto impugnato sulla scorta del fatto che “la valutazione di equivalenza è unitariamente e complessivamente eseguita dal Csm sui tre indicatori nonostante i considerevoli divari riscontrabili in relazione a quelli di cui alle lett. a) e b)”.
Rispetto alle statuizioni giurisdizionali che hanno avuto ad oggetto gli altri indicatori specifici di cui alle lettere a), b) e d), quella che ha riguardato, dunque, la lettera c), non ha espresso un preciso contenuto precettivo rispetto alla futura riedizione del potere, nemmeno sul piano motivazionale.
La nuova delibera ha compiuto una nuova valutazione dei candidati, questa volta giudicando prevalente il profilo della controinteressata.
La verifica che spetta al giudice dell’esecuzione investe, dunque, il controllo sulla logicità, ragionevolezza e razionalità della motivazione in ordine agli elementi di fatto e alle ragioni giuridiche che hanno indotto il CSM a ritenere manifestamente prevalente, questa volta, il profilo della controinteressata.
La Sezione ritiene che la nuova delibera abbia adeguatamente motivato le ragioni della manifesta prevalenza, attraverso il riferimento a specifici elementi di fatto.
Nel dettaglio, la controinteressata è stata addetta all’Ufficio per l’esame preliminare dei ricorsi della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione dal febbraio 2007 al gennaio 2016 ed ha maturato, nello svolgimento di tale attività, un’esperienza protrattasi per quasi nove anni. Per contro, il ricorrente non vanta specifiche esperienze di “spoglio sezionale” nel corso della sua pluriennale permanenza in Corte di Cassazione.
Inoltre, la delibera dà conto dell’entità dell’impegno, precisando che la controinteressata ha assicurato l’espletamento del servizio, in media, per almeno due giorni alla settimana, con una media di fascicoli esaminati settimanalmente dai magistrati addetti allo spoglio, di alcune centinaia.
La delibera circostanzia le specificità dello spoglio sezionale, il quale, nel settore penale della Corte, costituisce l’espressione più pregnante dell’attività valorizzata dall’indicatore specifico in esame, in quanto le specifiche competenze attribuite alla VII sezione penale sono assimilabili solo per alcuni profili all’attività di spoglio propriamente intesa, non risultando ad essa, quanto meno integralmente, riconducibili. In particolare, la delibera illustra le ragioni per le quali nel settore penale l’attività di spoglio viene svolta in misura del tutto prevalente a livello sezionale: la VII sezione si occupa infatti di valutare l’eventuale ricorrenza di profili di inammissibilità del
ricorso, adottando la relativa pronuncia in caso affermativo, e restituendo gli atti alla sezione
competente negli altri casi; di contro, l’Ufficio Spoglio sezionale ha il compito di provvedere
all’esame dei procedimenti assegnati alle sezioni, di individuare i ricorsi da trasmettere alla VII
sezione e, ove non siano rilevate cause di inammissibilità e verificata la competenza interna della
sezione, di attribuire a ciascun ricorso un “valore ponderale di difficoltà” (anche determinato dalla
natura delle questioni sottese e dal loro carattere di novità); vengono calcolati, inoltre, i termini di
scadenza della custodia cautelare e quelli di prescrizione dei reati; infine, all’esito dello spoglio, è previsto che i magistrati segnalino al Primo Presidente le questioni da rimettere alle Sezioni Unite in presenza di orientamenti giurisprudenziali difformi).
È innegabile nei fatti, quindi, la maggiore complessità dell'attività dell'Ufficio Spoglio sezionale rispetto a quella demandata alla VII sezione penale, atteso che l’individuazione di eventuali profili di inammissibilità dei ricorsi – oggetto esclusivo della valutazione rimessa alla VII Sezione – costituisce solo uno dei segmenti di attività richiesti ordinariamente ai consiglieri addetti all’Ufficio Spoglio sezionale.
La delibera evidenzia, ulteriormente, che nel settore penale i ricorsi vengono assegnati alle singole sezioni, e da queste eventualmente rimessi alla VII sezione, senza una preliminare selezione ed attività di spoglio da parte di quest’ultima, come avviene invece per la VI sezione civile.
In definitiva, la Sezione ritiene che la nuova delibera abbia adeguatamente dato conto del perché l’attività svolta dalla controinteressata sia nei fatti più pregnante di quella svolta dal ricorrente: e cioè non per ragioni legate all’aspetto nominalistico dell’essersi assegnati ad una determinata struttura, ma per ragioni sostanziali legate alla quantità e qualità del lavoro svolto.
A questo specifico proposito, la delibera, che pure rimarca l’importanza dell’attività di fogliettazione svolta per svariati anni dal ricorrente, chiarisce che la ridetta attività è consistita nella redazione di una relazione per ognuno dei ricorsi da trattare per le tre Sezioni civili c.d. generaliste, e poi esclusivamente al servizio della Prima Sezione civile, e nella redazione di relazioni per le Sezioni Unite in ipotesi di contrasto di giurisprudenza, di questioni di massima di particolare importanza e di conflitti di giurisdizione. Inoltre, non manca di sottolineare che il ricorrente, quale Presidente di Sezione non titolare in Cassazione, ha coadiuvato il Presidente titolare nella formazione dei ruoli di udienza in relazione allo spoglio e nel 2002 è stato componente del gruppo di magistrati designati alla sperimentazione della primigenia attività di “filtro”, lavoro che ha poi condotto all’istituzione della Sesta Sezione Civile della Corte.
Tuttavia, conclude la delibera con motivazione logica e razionale, che pure accedendo ad una interpretazione “sostanzialistica” dell’indicatore dello spoglio, volta a valorizzare l’attività di spoglio in sé più che la formale assegnazione all’Ufficio Spoglio, vengono in rilievo attività ed esperienze certamente degne di considerazione e menzione in sede di valutazione dell’indicatore qui in disamina, ma che, da un lato, non possono bilanciare il prolungato periodo (quasi 9 anni) di assegnazione della controinteressata all’Ufficio Spoglio della Prima Sezione Penale e che, dall’altro, sono comunque in gran parte presenti anche nel profilo professionale della medesima con riferimento alle attività assimilabili allo spoglio svolte presso l’Ufficio del Massimario (spoglio delle sentenze della Prima Sezione penale; redazione delle segnalazioni di orientamento e di contrasto di giurisprudenza; redazione delle relazioni per le Sezioni Unite penali; segnalazioni per il Servizio Novità; classificazione dei processi assegnati alla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione).
Inoltre, la delibera motiva circa il fatto che, sotto il profilo della laboriosità, risultano documentati i risultati di eccellenza conseguiti dalla controinteressata nell’attività di spoglio (a titolo esemplificativo, vengono richiamati i dati statistici relativi al triennio dal 25.3.2012 al 25.3.2015, che evidenziano come la controinteressata risulta essere stata il magistrato che in assoluto ha registrato il maggior numero di ricorsi esaminati, pari a 6.821, a fronte di soglie decisamente inferiori ai 3.000 ricorsi raggiunte dagli altri colleghi che si sono occupati di analoga attività).
30. Sulle esperienze e le competenze organizzative maturate nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza di collegi [art. 21, lettera d), T.U. Dirigenza].
Nel paragrafo 14.1. sono state illustrate, alfine, le regole conformative per la riedizione del potere in relazione all’ultimo indicatore specifico.
Più in particolare, la sentenza di cognizione ha stabilito che il preminente ruolo nomofilattico dell’incarico da conferire non esclude che sia dato rilievo alle esperienze organizzative presso le Corti di Appello territoriali, ma impone una motivazione stringente in termini di ‘pregnanza’ dei giudizi espressi sui profili curriculari messi a confronto, rispetto alle esigenze funzionali dell’ufficio da conferire, ai sensi dell’art. 25, T.U. Dirigenza.
Anche in questo caso, la Sezione ritiene che la delibera abbia colmato il difetto motivazionale che ha portato all’annullamento dell’atto, con motivazione adeguata e logica, specificamente parametrata sotto l’aspetto della funzionalità dell’ufficio.
Per un verso, infatti, la delibera evidenzia le competenze della controinteressata sotto il profilo della sua esperienza nomofilattica; per un altro verso invece, fa rilevare come sia la legge sull’ordinamento giudiziario a prevedere, anche attraverso le tabelle allegate, qual sia la
consistenza strutturale degli organici di tutti gli uffici giudiziari del territorio nazionale, ivi
compresa la Corte di cassazione, la cui pianta organica, attualmente, per effetto dell’ultimo
ampliamento introdotto dalla legge n. 145/2018, conta 356 Consiglieri, 59 Presidenti di Sezione e
67 Magistrati addetti all’Ufficio del Massimario e del Ruolo.
La delibera sottolinea, poi, le difficoltà gestionali, dal punto di vista strutturale e operativo, di un ufficio di dimensioni così rilevanti, paragonabile ai più grandi uffici giudiziari metropolitani. Il rilevantissimo dato delle sopravvenienze e pendenze, pari, secondo la Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2020, a più di 32.000 sopravvenienze nel settore civile e a più di 120.000 pendenze nel medesimo settore, nonché pari, nel settore penale, a circa 40.000 sopravvenienze e 25.000 pendenze, attesta senza dubbio alcuno l’estrema difficoltà di assicurare l’effettività della funzione nomofilattica in assenza di capacità gestionali e di coordinamento fra i diversi settori, uffici e Sezioni di un grande ufficio giudiziario.
È innegabile, sotto quest’angolo prospettico, che l’effettività della funzione nomofilattica viene a dipendere dall’efficacia della struttura organizzativa.
La controinteressata ha dato ampia dimostrazione, alla prova pratica dei fatti, di essere nel pieno possesso degli strumenti organizzativi più adeguati per assicurare un efficace coordinamento tra strutture complesse.
Proprio in considerazione di tale aspetto, dunque, la funzione nomofilattica della Corte non può che essere assicurata attraverso la piena ed efficace conoscenza dei meccanismi complessi di organizzazione che possono garantire l’efficace coordinamento tra varie articolazioni strutturali di un ufficio di così rilevanti dimensioni e di tale importante carico di lavoro, nonché la piena e sicura padronanza ed esperienza di coordinamento fra tutte le varie articolazioni interne.
Inoltre, la delibera motiva le ragioni per le quali la piena realizzazione della funzione nomofilattica non può che passare attraverso una significativa riduzione dell’arretrato, la quale richiede altrettante indubbie capacità comprovate sul campo.
Sotto questo profilo, assume rilevanza la conoscenza di meccanismi del funzionamento di uffici
strutturalmente complessi e l’acquisizione di una sicura padronanza della gestione di meccanismi
organizzativi che la controinteressata ha acquisito nell’esercizio delle funzioni direttive giudicanti di secondo grado svolte dal 26 gennaio 2016 quale Presidente della Corte d’Appello di Firenze.
Si tratta di esperienza di assoluta importanza che mette in luce le elevatissime attitudini della
candidata, la quale ha diretto la Corte d’Appello di Firenze, ufficio di grandi dimensioni e
grandemente complesso, con capacità elevate, adottando moduli organizzativi assolutamente
innovativi sia nel settore civile sia in quello penale.
Scendendo più nel dettaglio, la delibera descrive le attività organizzative e gestionali maturate dalla controinteressata sul campo: ha promosso sistematicamente riunioni; ha favorito la specializzazione nei settori civili e penali ai fini di omogeneizzare la produzione giurisprudenziale; ha provveduto alla riorganizzazione dei fascicoli pendenti e ad una distribuzione omogenea nel settore civile; ha istituito l’esame preliminare dei ricorsi strutturando e riorganizzando le strutture della Corte nel settore penale; ha provveduto alla costituzione del gruppo di lavoro sulla motivazione; ha creato un meccanismo di coordinamento fra i giudici e personale amministrativo; ha promosso la creazione dell’archivio di merito per garantire omogeneità della giurisprudenza.
Le ridette attività risultano, inoltre, debitamente documentate: in particolare, la delibera menziona il
raggiungimento degli obiettivi di rendimento fissati sia per il settore civile, sia per il settore penale; l’indice di ricambio e l’indice di smaltimento; le rilevazioni statistiche.
Oltre a ciò, la delibera evidenzia l’attività organizzativa nomofilattica svolta dalla controinteressata anche presso la Corte di cassazione, in qualità di Vicedirettore del C.E.D.
Ancora, sempre presso la Corte di cassazione, la controinteressata è stata componente del gruppo di
lavoro denominato “scrivania virtuale”.
Di contro, il ricorrente, che pure ha svolto le funzioni di Presidente di Sezione della Cassazione e padroneggia certamente i meccanismi di gestione della funzione nomofilattica all’interno della propria Sezione, è tuttavia privo della vasta esperienza organizzativa posseduta dalla controinteressata, la quale è imprescindibile proprio ai sensi dell’art. 25, comma 1, T.U. Dirigenza, dovendo il candidato attagliarsi alle esigenze funzionali dell’ufficio.
Alla luce delle considerazioni appena illustrate, la Sezione ritiene che la delibera abbia correttamente dato esecuzione al decisum giurisdizionale, colmando le lacune motivazionali attraverso la descrizione di un rinnovato percorso logico-giuridico, puntando correttamente il focus, questa volta, sul legame che sussiste fra la funzione nomofilattica della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 65 dell’ordinamento giudiziario, la scelta del miglior candidato possibile rispetto alle esigenze funzionali dell’ufficio da conferire ai sensi dell’art. 25, comma 1, T.U. Dirigenza, e il possesso, in concreto, delle necessarie attitudini per far fronte ad un sistema di giustizia che, diversamente rispetto al passato, pone pressanti obiettivi di adeguamento delle strutture organizzative per far fronte all’impatto delle sopravvenienze e all’abbattimento dell’arretrato, fermo l’irrinunciabile ruolo nomofilattico della Corte nel garantire risposte omogenee.
In questo senso, non comprendere l’inscindibile legame che le necessità pratiche impongono fra funzione nomofilattica e funzione organizzativa, si risolve, in definitiva, in una mancata, completa comprensione dell’imponente macchina che la Corte di cassazione si trova a gestire, sia all’interno dei propri uffici, sia nei riguardi delle articolazioni territoriali che applicano la sua nomofilachia.
31. Sull’attività svolta quale componente del CSM e quale Presidente del Consiglio Giudiziario [art. 11, comma 1, T.U. Dirigenza].
Nel paragrafo 14.2. si è detto che l’accoglimento di parte del terzo motivo è stato incentrato sulla base della non corretta applicazione che la delibera aveva fatto circa la ragione di preferenza accordata alla controinteressata per l’attività svolta quale componente del CSM e quale Presidente del Consiglio Giudiziario di Firenze, ai sensi dell’art. 34, comma 2, T.U. Dirigenza.
Anche in questo caso, le regulae iuris che si ricavano dallo sviluppo logico-argomentativo della pronuncia, sono sufficientemente chiare:
i) rispetto al conferimento dell’incarico di Presidente Aggiunto della Corte di cassazione, l’attività ordinamentale svolta quale componente del CSM e quale Presidente del Consiglio Giudiziario non è valutabile ai fini del riconoscimento del giudizio di preferenza di cui all’art. 34, comma 2, T.U. Dirigenza;
ii) la ridetta attività è valutabile, invece, ai sensi dell’indicatore generale di cui all’art. 11, comma 1, del medesimo testo unico.
La Sezione rileva che la nuova delibera ha correttamente espunto le ridette esperienze ordinamentali dal percorso logico-giuridico afferente al riconoscimento di una preferenza di giudizio ai sensi dell’art. 34, comma 2, T.U., collocandole, conformemente alla statuizione giurisdizionale, nel segmento argomentativo relativo all’indicatore generale di cui all’art. 11, comma 1, T.U.
L’indicatore in esame rafforza senza dubbio il giudizio di prevalenza della controinteressata negli indicatori specifici, attraverso un giudizio complessivo e unitario, che è il frutto della valutazione integrata, e non meramente cumulativa, degli indicatori.
31. La reiezione dell’impugnativa avverso la delibera adottata dal Plenum del CSM comporta la reiezione anche delle censure prospettate avverso la proposta formulata dalla Quinta Commissione, in quanto atto logicamente e giuridicamente presupposto.
32. Vanno pure respinte le censure articolate avverso l’atto di concerto del Ministro, sia in ragione della natura giuridica e del contenuto sostanziale dell’atto, che ha espresso il concerto in senso pienamente rinnovatorio dell’intero percorso logico-argomentativo seguito dalla nuova delibera, sia in considerazione della univoca giurisprudenza costituzionale in materia, secondo cui “Al di fuori delle … fattispecie radicalmente ostative all'ulteriore corso del procedimento, il Ministro della giustizia non ha un generale potere di sindacato intrinseco, né tanto meno di riesame, sul contenuto degli apprezzamenti e scelte discrezionali operate dal Consiglio superiore della magistratura rispetto a valutazioni attribuite alla definitiva deliberazione del Consiglio stesso”, in conformità con i principi ricavabili dagli artt. 105 e 110 della Costituzione (Corte costituzionale, 30 dicembre 2003, n. 380).
33. In definitiva, alla luce delle considerazioni che si sono illustrate, il ricorso va respinto.
34. La complessità delle questioni trattate rappresenta un giustificato motivo per compensare integralmente le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Settima, definitivamente pronunciando sul ricorso per l’ottemperanza n. 1591 del 2022, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa fra le parti le spese di giudizio
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza (ud. 3 e 11 maggio 2022) 11 luglio 2022, n. 5789
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Il ricorrente agisce “per la corretta ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 14 gennaio 2022, n. –((omissis))-/2022 (notificata il 2.2.2022) e per l’accertamento della nullità, per elusione della predetta sentenza, della delibera del Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura del 20 gennaio 2022, con la quale è stato nominato Primo Presidente della Corte di Cassazione il dr.- ((omissis))-, e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, in particolare della proposta della V Commissione del medesimo Consiglio Superiore della Magistratura (poi approvata dal Plenum) del 18 gennaio 2022 e dell’atto di concerto in pari data espresso dal Ministro della Giustizia su tale proposta”.
2. La vicenda trae origine dalla decisione assunta dal Plenum del CSM nella seduta del 15 luglio 2020, con la quale si è deliberato di conferire al controinteressato le funzioni giurisdizionali apicali di legittimità di Primo Presidente della Corte di cassazione.
Il ricorrente ha impugnato la suddetta delibera e ne ha censurato la legittimità sotto svariati profili di violazione di legge ed eccesso di potere.
Con la sentenza n. -((omissis))-del 2021, il TAR per il Lazio, Roma, Sezione I, ha respinto il ricorso.
A quel punto, il ricorrente ha interposto appello.
Con la sentenza del 14 gennaio 2022, n. -((omissis))-, di cui oggi si chiede l’ottemperanza, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, il ricorso originario, annullando di conseguenza la delibera impugnata.
3. Nell’instaurare l’odierno giudizio, il ricorrente sostiene che la nuova delibera, assunta dal Plenum del CSM nella seduta del 20 gennaio 2022, non eseguirebbe correttamente la sentenza di appello, ed anzi la eluderebbe.
Secondo la sua prospettazione difensiva, il “manifesto intento elusivo” dell’operato del CSM sarebbe evincibile già sulla base del raffronto della struttura fra la vecchia e la nuova delibera.
Più precisamente, la delibera annullata aveva una struttura singolare: dopo il richiamo ai riferimenti normativi, erano elencati i candidati e si riassumevano per ciascuno di essi “i tratti salienti della carriera professionale”. Subito dopo, ma prima della valutazione comparativa dei candidati, la delibera motivava che il controinteressato “risulta senza dubbio il magistrato più idoneo, per attitudini e merito, al conferimento dell’ufficio messo a concorso”. Seguiva l’esame del fascicolo personale del solo controinteressato: un esame analitico che si estendeva da pagina 6 a pagina 20. Dopodiché, vi era il paragrafo intitolato “Comparazione con gli altri candidati”, in cui si dava atto della recessività del profilo di ciascuno dei predetti candidati rispetto al profilo del controinteressato, e si passava così ad illustrare i titoli del controinteressato, subito dopo “confrontandoli” con quelli di ogni concorrente.
La nuova delibera sarebbe stata redatta, invece, con una tecnica diversa: anziché far precedere la valutazione comparativa dall’illustrazione della carriera professionale del controinteressato, il CSM ha proceduto direttamente alla valutazione comparativa dei due candidati e, “al fine di dare l’apparenza di aver ottemperato alle statuizioni del Consiglio di Stato, ha implementato la motivazione per giustificare la prevalenza del dott. -((omissis))-. Tuttavia – salvo che per i riferimenti alla sentenza n. -((omissis))-/2022 del Consiglio di Stato e per alcuni emendamenti meramente “stilistici” – le parti della motivazione che sono state aggiunte sono sostanzialmente le medesime che, nella delibera del 15/7/2020, erano contenute nella lunga illustrazione della carriera del controinteressato. In pratica, con un sapiente e malizioso uso della tecnica del “copia/incolla” (adoperata anche per le difese svolte nel giudizio), il CSM ha adottato una delibera che è, nella sostanza, la mera ripetizione della delibera già annullata dal Consiglio di Stato”.
In sostanza, a parere del ricorrente, il CSM avrebbe adottato (anzi, ri-adottato) una delibera che sarebbe la mera ripetizione di quella già annullata dal Consiglio di Stato, semplicemente spostando graficamente l’esposizione dei dati, in maniera tale da fare risultare più, o meglio motivata, la parte giudicata carente ed annullata, ed utilizzando una nuova terminologia, senza, tuttavia, che il senso delle parole sia valso a tramutare in un nuovo giudizio la precedente (annullata) valutazione dei fatti, rimasti anch’essi, nella sostanza, i medesimi.
4. Il ricorrente censura, inoltre, la proposta della Quinta Commissione, in quanto atto presupposto rispetto alla delibera impugnata, dalla quale mutuerebbe le medesime ragioni di nullità, e l’atto di concerto espresso dal Ministro della giustizia sulla ridetta proposta, ritenendolo, anch’esso, affetto da nullità, in quanto il Ministro avrebbe dovuto esprimere un nuovo concerto, anziché limitarsi a rinnovarlo.
5. Il CSM ed il Ministero della giustizia hanno difeso il proprio operato ed hanno chiesto la reiezione del ricorso.
6. Il controinteressato ha anch’esso resistito al ricorso, argomentando circa la sua inammissibilità e, comunque sia, anche in ordine alla sua infondatezza nel merito.
7. In data 29 marzo 2022, il ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare, attesa la prossimità della udienza fissata per la decisione definitiva della causa.
8. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di documenti, memorie integrative e memorie di replica.
9. La causa è stata decisa all’esito della discussione delle parti svoltasi all’udienza del 3 maggio 2022, ed anche a seguito della riconvocazione della camera di consiglio il successivo 11 maggio, ai sensi dell’art. 75, comma 2, cod. proc. amm.
10. La Sezione ritiene che il ricorso non sia fondato e che debba essere, pertanto, respinto.
11. Nel caso in cui sia denunciata, come nel caso di specie, l’elusività del comportamento serbato dall’Amministrazione rispetto alla pronuncia da ottemperare, il giudizio di ottemperanza si svolge attraverso una triplice operazione logico-giuridica, comprensiva delle seguenti fasi:
a) interpretazione del decisum giurisdizionale, al fine di individuare il comportamento doveroso per l’Amministrazione;
b) accertamento del comportamento in effetti tenuto dall’Amministrazione;
c) valutazione della conformità del comportamento tenuto dall’Amministrazione rispetto a quello che la medesima avrebbe dovuto tenere.
12. L’operazione sub a), ossia l’attività di interpretazione del decisum giurisdizionale, si sostanzia anzitutto attraverso la descrizione del contenuto dispositivo dei capi di pronuncia rispetto ai motivi di impugnazione dell’atto, secondo il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ma non si esaurisce in essa.
L’attività interpretativa è infatti indirizzata all’individuazione del contenuto precettivo della ‘regola del caso deciso’, con effetto conformativo sulla futura riedizione del potere, che potrà esprimersi senza limitazioni nel tratto lasciato libero dal decisum giurisdizionale, mentre resterà astretta dai vincoli nascenti dalla decisione, ovverossia dalle regole e principi sulla base dei quali il giudice della cognizione ha stabilito che il rapporto giuridico in contestazione fra le parti debba trovare la propria regolazione.
In questo senso, l’attività di interpretazione del decisum è sempre attività di regolazione del rapporto giuridico, perché nel giudizio di cognizione la regula iuris è stabilita, mentre nel giudizio di ottemperanza, quella medesima regola è concretamente applicata.
È noto, a questo proposito, l’indirizzo esegetico, costantemente seguito dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui la dinamicità e relativa flessibilità che caratterizzano la sentenza amministrativa (anche quella non ancora passata in giudicato purché, come nel caso di specie, non sospesa nella sua efficacia esecutiva), nel costante dialogo che la stessa instaura con il successivo esercizio del potere amministrativo, permettono al giudice dell'ottemperanza non solo di completare la decisione con nuove statuizioni integrative della pronuncia, ma anche di specificarne la portata e gli effetti conformativi (ex multis, Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenze del 15 gennaio 2013, n. 2 e del 9 giugno 2016, n. 11, e la giurisprudenza ivi citata).
Il suddetto meccanismo non opera al di fuori del sistema, e cioè in maniera straordinaria e avulsa dalle regole ordinarie che governano il processo di cognizione, ma solo nei limiti in cui sia predicabile la cognizione esecutiva.
La sentenza amministrativa costituisce, infatti, titolo per l'azione esecutiva, non per la prosecuzione del giudizio di cognizione, e il giudizio di cui agli artt. 112 e seguenti del cod. proc. amm. è volto a tradurre in atto le statuizioni già contenute, ancorché implicitamente o prospetticamente, nella sentenza definitiva (o in quella non sospesa nella sua efficacia esecutiva), senza che si possa incidere sui tratti liberi dell'azione amministrativa, lasciati ‘impregiudicati’ dalla decisione, e nei limiti in cui l’ulteriore svolgimento dell’azione sia comunque già desumibile, nei suoi tratti essenziali, dalla sentenza da portare ad esecuzione (fra le tante, Consiglio di Stato, Sezione V, 8 luglio 2021, n. 5196).
13. Sotto il primo profilo, e cioè quello concernente il contenuto dispositivo, la sentenza di cui si lamenta l’inottemperanza è sufficientemente chiara nel descrivere quali siano le eccezioni e le domande accolte, e quali, invece, quelle respinte.
Più in particolare, la sentenza, dopo avere respinto alcune eccezioni preliminari di inammissibilità del gravame sollevate dal controinteressato, ha rigettato anche il primo motivo di appello, ossia il motivo con cui il ricorrente ha lamentato il mancato accoglimento, in primo grado, della censura con cui si contestava l’illegittimità della delibera per la mancanza di una vera e propria valutazione comparativa fra i candidati.
La sentenza ha accolto, invece, il secondo, il terzo ed il quarto motivo di appello, ovverossia le censure con cui si contestavano, rispettivamente:
i) il giudizio di equivalenza espresso dal CSM sui candidati in relazione agli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b) dell’art. 21, T.U. Dirigenza;
ii) il giudizio di prevalenza espresso dal CSM sul profilo del controinteressato in relazione agli indicatori specifici di cui alle lettere c) e d) del medesimo T.U.;
iii) l’omessa disamina incrociata degli indicatori specifici.
La sentenza ha assorbito, invece, i rilievi mossi dall’appellante in ordine alla mancata valorizzazione ed erronea qualificazione dei profili riguardanti la propria esperienza, in specie quella di natura ordinamentale ed organizzativa, con la motivazione che il CSM ne aveva dato comunque conto nel paragrafo 4.2 della delibera, e che l’accoglimento dell’appello avrebbe portato alla rieffusione “del potere amministrativo, nel rispetto delle competenze e attribuzioni proprie del Csm, in conformità con le superiori statuizioni”.
14. Va soggiunto che la sentenza ottemperanda è sufficientemente chiara anche per quel che riguarda il secondo profilo, ossia l’enunciazione delle regole precettive sulla base delle quali la futura attività amministrativa dovrà essere riesercitata per regolare il rapporto giuridico in contestazione, essendo state chiaramente e adeguatamente esposte le ragioni, giuridiche e di fatto, che hanno determinato l’accoglimento del ricorso: trattasi, come si vedrà più dettagliatamente nel prosieguo della motivazione, di ragioni che pertengono unicamente al riscontro di carenze e insufficienze della motivazione dell’atto.
14.1. Più in particolare, l’accoglimento del secondo motivo di appello è stato incentrato sulla motivazione che “si appalesa manifestamente irragionevole e difettosamente motivato il giudizio espresso dal Csm in relazione agli indicatori specifici sub lett. a) e b) dell’art. 21 del Testo unico. È infatti palese la (consistente) maggior esperienza del dott. -(omissis)-sul parametro di cui alla lett. a), rispetto al quale la stessa delibera dà conto che mentre l’appellante “svolge funzioni di legittimità da lungo tempo (dal 1996 come applicato e poi dal 2002 come consigliere)”, e dunque “da quasi venticinque anni”, “dal 2016 anche con funzioni direttive”, il dott. -((omissis))- “svolge funzioni di legittimità dal 2007”, cioè “da circa tredici anni”.
Lo stesso è a dirsi per l’indicatore sub lett. b), considerato che l’appellante ha preso parte alle Sezioni Unite “dal 2008 al 2016 [periodo nel corso del quale “ha steso ben 172 sentenze per le Sezioni Unite, dalle quali risultano estratte 103 massime”] e quindi dal 2018 quale Presidente titolare” (avendo anche presieduto il collegio “quale facente funzioni del Primo Presidente” in relazione a 211 provvedimenti), mentre il controinteressato ne è componente “dal marzo 2014 quale consigliere, dal giugno 2016 quale presidente di sezione, e dal gennaio 2018 quale presidente titolare della Sesta sezione civile”, avendo svolto anche “durante l’anno 2019 […] in più occasioni le funzioni di presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente”.
La sentenza ha poi proseguito a motivare che “Quanto all’indicatore sub lett. a) non vale infatti limitarsi ad affermare che “il fatto che il dott. -((omissis))-svolga funzioni di legittimità da più tempo del dott. -((omissis))- non appare significativo, in considerazione dell’assoluta padronanza da parte del dott. -((omissis))- delle funzioni di legittimità, attestata da tutte le valutazioni che sottolineano l’eccezionale professionalità dimostrata anche in tali funzioni”, stante l’aspecificità e astrattezza del riferimento, non in grado di fornire spiegazione concreta e circostanziata della ragione per cui esperienze (così consistentemente) diverse possano ritenersi sostanzialmente equivalenti. Lo stesso è a dirsi per l’affermazione della maggior completezza dell’esperienza del dott. -(omissis)-, “avendo inizialmente per oltre un anno svolto funzioni penali, sottoscrivendo importanti sentenze, per poi venire assegnato alla Sezione lavoro e alle Sezioni Unite civili”: il richiamo a “oltre un anno” di funzioni penali – peraltro non estranee all’esperienza complessiva del dott. -((omissis))-- non consente infatti di motivare, da solo, secondo canoni di ragionevolezza e piena intellegibilità, la conclusione di sostanziale equivalenza a fronte di un così considerevole divario quantitativo-temporale nell’esercizio delle funzioni di legittimità. Né vengono del resto forniti altri elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione.
Lo stesso è a dirsi rispetto all’indicatore specifico sub lett. b), in relazione al quale - anche al di là del suddetto errore denunciato dall’appellante in ordine alla quantificazione degli anni trascorsi dal dott. -((omissis))- in Sezioni Unite, avendo comunque la stessa amministrazione riconosciuto come l’esperienza dell’appellato ammonti a 4 anni e 10 mesi (cfr. memoria, pag. 22) - sussiste un oggettivo e considerevole divario di fronte al quale la delibera si limita ad affermare che “non pare la differenza temporale particolarmente significativa, considerato che peraltro entrambi hanno svolto in più occasioni con autorevolezza le funzioni di Presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente, sottoscrivendo molteplici decisioni”: il che non vale a offrire ragionevole e compiuta spiegazione dell’esito valutativo, finendo invece per sminuire il significato concreto dell’indicatore specifico. In tale contesto, l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm: seppure il dato quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici non ha infatti valore assorbente e insuperabile, né implica di per sé alcun automatismo sull’esito valutativo, occorre nondimeno una motivazione ragionevole e adeguata per poter giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi.”.
Alla luce delle suddette argomentazioni, le regulae iuris che si ricavano in via esegetica sono le seguenti:
i) esiste, in fatto, un divario quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b), dell’art. 21, T.U. Dirigenza;
b) il divario, in sé, non ha valore assorbente e insuperabile, né implica esiti valutativi automatici e scontati;
c) occorre una motivazione ragionevole ed adeguata, che dia conto sia delle emergenze dei dati oggettivi, sia degli elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione.
14.2. L’accoglimento del terzo motivo è stato incentrato, invece, sulla base della non corretta motivazione circa l’applicazione dell’indicatore di cui alla lett. c), dell’art. 21, T.U., in relazione all’attività di spoglio.
In particolare, la sentenza, partendo dalla premessa di fatto per cui “il dottor -(omissis)-dal marzo 1992 al dicembre 1996 è stato destinato, quale magistrato di tribunale, all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione, ove è stato addetto al servizio civile”, e che ivi ha svolto un’attività di “cosiddetta fogliettazione (che consisteva nella redazione di una relazione per ognuno dei ricorsi da trattare) per le tre sezioni civili cosiddette generaliste e poi esclusivamente al servizio della Prima sezione civile e alla redazione di relazioni per le Sezioni Unite in ipotesi di contrasto di giurisprudenza, di questioni di massima di particolare importanza e di conflitti di giurisdizione”, venendo poi addetto alla massimazione delle sentenze delle Sezioni Unite e della Prima Sezione civile. La delibera pone in risalto altresì che l’appellante ha successivamente svolto “le funzioni di magistrato d’appello destinato alla Corte di Cassazione [continuando] il servizio presso il Massimario […]”, è giunta alla conclusione che la funzione che il magistrato assolveva in quegli anni presso l’Ufficio del Massimario era tale da ricomprendere, nella sostanza, l’attività di spoglio, “a prescindere dalla formale assegnazione ad un’unità organizzativa a ciò appositamente deputata”.
Anche in questo caso, le regulae iuris che si ricavano dallo sviluppo logico-argomentativo della pronuncia, sono sufficientemente chiare:
i) ai fini dell’indicatore specifico, lo spoglio rileva non come funzione, ma come attività;
ii) l’espletamento dell’attività prevale rispetto alla formale assegnazione ad un’unità organizzativa a ciò appositamente deputata;
iii) occorre una motivazione ragionevole ed adeguata, che dia conto sia delle emergenze dei dati oggettivi, sia degli elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione.
14.3. Infine, il quarto motivo di appello è stato accolto sulla base della inadeguata motivazione circa l’applicazione dell’indicatore specifico di cui alla lettera d), dell’art. 21, T.U., in relazione all’attività svolta presso la Sesta Sezione civile della Corte di cassazione.
Partendo, anche in questo caso, da una precisa premessa di fatto, ossia che il giudizio di prevalenza espresso dal CSM si era incentrato sulle peculiarità della Sesta Sezione civile, sia in virtù del ruolo essenziale e strategico che la stessa presenta quale Sezione “filtro”, sia alla luce delle sue caratteristiche organizzative, trattandosi di Sezione articolata in più sottosezioni richiedenti un’attività di raccordo e coordinamento tale da far acquisire una visione d’insieme sull’intero ufficio, la sentenza è giunta alla conclusione che la delibera impugnata esorbitasse dai margini di discrezionalità riconosciuti al CSM, risolvendosi in una preferenza precostituita per l’esperienza maturata presso una specifica Sezione dell’ufficio, in assenza di criteri predeterminati in tal senso dal T.U. Dirigenza, e ben al di là del significato proprio del principio funzionalistico di cui all’art. 25, comma 1, Testo unico. In particolare, secondo la sentenza, “La valutazione espressa finisce infatti per prediligere staticamente (e in termini aprioristici) una Sezione dell’ufficio rispetto alle altre; e sebbene non si possa neppure pervenire ad obliterare tout court - altrettanto acriticamente - la rilevanza dell’attività svolta presso la Sesta Sezione (la quale partecipa comunque all’elaborazione della giurisprudenza di legittimità, oltreché all’individuazione delle questioni da rimettere alle altre sezioni, a prescindere peraltro dal sistema d’assegnazione dei magistrati alla Sezione), la motivazione sostanzialmente incentrata sulla superiorità dell’attività direzionale di una Sezione anziché delle altre non risulta di per sé adeguata a sorreggere il giudizio di prevalenza, e va al di là della opinabilità, e cioè del fisiologico esercizio della discrezionalità spettante all’amministrazione nel quadro degli indicatori previsti dal Testo unico. In tale prospettiva, la motivazione spesa si esaurisce e viene a coincidere invero con un (autonomo e postumo) criterio valutativo - incentrato sulla posizione attitudinale privilegiata riconosciuta all’esercizio delle funzioni direttive in una data Sezione della Corte - privo delle necessarie garanzie di predeterminazione e sorvegliabilità della ponderazione e del nesso fra premesse e risultati conclusivi: il che conduce evidentemente ben oltre la discrezionalità valutativa nell’apprezzamento dell’uno o dell’altro profilo curriculare”.
Anche in questo caso, le regulae iuris per il futuro riesercizio del potere amministrativo sono state adeguatamente enunciate:
i) non è consentito prediligere, staticamente ed in termini aprioristici, una Sezione dell’ufficio rispetto alle altre;
ii) è consentito, invece, motivare circa la struttura, la funzione e le caratteristiche oggettive dell’attività svolta presso le diverse Sezioni che compongono l’ufficio;
iii) la motivazione adeguata a sorreggere il giudizio di prevalenza è quella che ha natura ‘relazionale’, ovverossia quella che rappresenta la sintesi della comparazione fra le attività materialmente svolte presso le Sezioni dell’ufficio, senza cioè che si possa predicare una astratta e precostituita superiorità di un’articolazione funzionale rispetto alle altre, che sono dunque tutte pari ordinate.
15. Le regole conformative appena illustrate torneranno utili quando si affronterà la questione sub c), mentre occorre ora concentrarsi sulla questione sub b), essendo logicamente prioritario stabilire quale sia stato il comportamento in effetti serbato dall’Amministrazione in sede di spontaneo riesercizio del potere.
Ciò implica lo scrutinio del contenuto della nuova delibera assunta dal CSM.
La delibera si apre con l’illustrazione sintetica del percorso professionale del ricorrente e del controinteressato, secondo l’ordine di anzianità nel ruolo, ai sensi della circolare del CSM denominata P-14858-2015 del 28 luglio 2015, recante il nuovo Testo Unico sulla Dirigenza giudiziaria:
“2.1) dott. -((omissis))-Nominato con D.M. 30.12.1977, è stato dal 20.02.1979 pretore alla Pretura di -((omissis))-; dal 23.05.1983 giudice al Tribunale di Napoli; dal 19.3.1992 magistrato di tribunale destinato all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione; dall’11.12.1996 magistrato di appello destinato alla Corte di Cassazione; dal 2.10.2002 consigliere della Corte di Cassazione; è dal 23.6.16 Presidente di Sezione della Corte di Cassazione;
2.2) dott. - ((omissis)) -Nominato con D.M. 27.6.1978, è stato dal 19.9.1979 Pretore mandamentale a -((omissis))-; dall'11.6.1984 pretore a Bari; dall’1.7.1993 sostituto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari; dal 4.4.2000 consigliere alla Corte d’appello di Bari; dal 15.10.2007 consigliere della Corte di Cassazione; è dal 23.6.2016 Presidente di Sezione della Corte di Cassazione”.
Illustra i principi generali della materia, come recati dal ridetto Testo Unico: in particolare, espone i criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali ed i parametri del merito e delle attitudini e, tra questi ultimi, gli indicatori generali e specifici.
Passa a descrivere, separatamente, il percorso professionale dei candidati.
Infine, previa comparazione fra i candidati, conferma i giudizi di equivalenza secondo gli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b) dell’art. 21, T.U., nonché i giudizi di prevalenza del controinteressato secondo gli indicatori specifici di cui alle lettere c) e d) del medesimo articolo 21.
Scendendo più nel dettaglio:
15.1. nel confermare l'equivalenza dell'indicatore specifico di cui alla lettera a) “l'adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi anche se non continuativi”), la delibera dà atto sia della circostanza, fattuale, che la delibera annullata aveva motivato che “il fatto che il dott. -((omissis))-svolga funzioni di legittimità da più tempo del dott. -((omissis))- non appare significativo, in considerazione dell'assoluta padronanza da parte del dott. -((omissis))- delle funzioni di legittimità, attestata da tutte le valutazioni che sottolineano l'eccezionale professionalità dimostrata anche in tali funzioni”, sia del fatto che il Consiglio di Stato aveva ritenuto la ridetta motivazione insufficiente a sostenere l’atto impugnato, considerando “manifestamente irragionevole e difettosamente motivato il giudizio espresso dal CSM in relazione all'indicatore specifico di cui alla lett. a) dell'art. 21 TU, perché "l'aspecificità e astrattezza del riferimento, non è in grado di fornire spiegazione concreta e circostanziata della ragione per cui esperienze (così consistentemente) diverse possano ritenersi sostanzialmente equivalenti" e che “il richiamo a “oltre un anno” di funzioni penali - peraltro non estranee all’esperienza complessiva del dott. -((omissis))-- non consente ... di motivare, da solo, secondo canoni di ragionevolezza e piena intellegibilità, la conclusione di sostanziale equivalenza a fronte di un così considerevole divario quantitativo-temporale nell’esercizio delle funzioni di legittimità. Né vengono del resto forniti altri elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione … In tale contesto, l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm: seppure il dato quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici non ha infatti valore assorbente e insuperabile, né implica di per sé alcun automatismo sull’esito valutativo, occorre nondimeno una motivazione ragionevole e adeguata per poter giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi. Tanto in più in un caso, quale quello in esame, in cui l'importanza del posto a concorso, gli eccellenti profili dei candidati in competizione e la indiscutibile rilevanza dei loro curricula impongono - oltre ad un’attenta, accurata e completa ricognizione di tutti gli aspetti della rispettiva carriera, anche attraverso la opportuna comparazione - un particolare obbligo di motivazione, puntuale ed analitico, tale da far emergere in modo quanto più preciso ed esauriente le ragioni della prevalenza di un candidato sull'altro”.
Per superare le ridette insufficienze motivazionali, la delibera motiva circa il fatto che “non si può non evidenziare come entrambi i candidati svolgono eccellentemente funzioni di legittimità da un periodo ben superiore ai sei anni previsti dalla richiamata disposizione e quindi sono egualmente in possesso dell'indicatore specifico.
Il dott. -((omissis))-svolge funzioni di legittimità da quasi venticinque anni, per la precisione dal 1996, inizialmente come magistrato di appello destinato alla Corte di Cassazione con autorizzazione a svolgere attività presso le sezioni per due udienze al mese - continuando a prestare servizio al Massimario -, e quindi dal 2002 quale consigliere, assegnato inizialmente alla prima sezione civile e quindi alla terza sezione civile, dal 2008 anche alle Sezioni unite civili, dal 2016 con funzioni direttive inizialmente come presidente non titolare e dal 2018 come presidente titolare della terza sezione civile, con presidenze anche del collegio tributario. Peraltro, va pure evidenziato come il dott. -((omissis))-dal 1996 al 2002, e quindi per sei anni ha svolto sì funzioni di legittimità, ma come magistrato di appello applicato alle sezioni per due udienze al mese, svolgendo contemporaneamente anche l'attività (di merito) presso l'ufficio del Massimario. Pertanto per sei anni le funzioni di legittimità sono state svolte solo quale applicato e non in via esclusiva, venendo quindi in rilievo per tale periodo un'esperienza con un livello di professionalità inferiore a quello dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali di legittimità, e quindi complessivamente meno pregnante di quella sviluppata come consigliere della Corte di Cassazione dal 2002.
Il dott. -((omissis))- vanta funzioni di legittimità per quasi tredici anni, e quindi può far valere un esercizio di funzioni di legittimità significativamente superiore ai sei anni previsti dall'art. 21 lettera a) TU, pari ad oltre il doppio del periodo previsto da tale disposizione. In particolare, svolge funzioni di legittimità dall’ottobre 2007, inizialmente assegnato alla seconda sezione penale, quindi alla sezione lavoro, dal luglio 2010 quale componente della sesta sezione civile con il ruolo dal gennaio 2014 di coordinatore della sottosezione lavoro, dal marzo 2014 anche alle Sezioni unite civili, dal 2016 come Presidente di sezione, inizialmente non titolare e dal 2018 come Presidente di sezione titolare. In tale arco temporale il dott. -((omissis))- ha sviluppato una professionalità di assoluta eccellenza nello svolgimento delle funzioni di legittimità, come evidenziato nel parere attitudinale che sottolinea l'"eccellente preparazione tecnico-professionale sia nel campo del diritto sostanziale che quello processuale", e di come "l'attività espletata ha costantemente rivelato doti di eccellente preparazione giuridica e particolare propensione allo studio e all'approfondimento scientifico". Il parere sottolinea peraltro come il dott. -(omissis)- è autore di numerosissime sentenze pubblicate anche in riviste scientifiche, e dopo la nomina a presidente di sezione ha redatto tra le altre ulteriori sentenze di grande rilievo sistematico e nomofilattico, e durante l’anno 2019 ha svolto in più occasioni le funzioni di Presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente, sottoscrivendo in tale qualità numerose sentenze delle Sezioni unite civili. Alla Corte di cassazione il dott. -(omissis)- è stato assegnato inizialmente alla seconda sezione penale ove ha prestato servizio per oltre un anno e ha trattato procedimenti di particolare complessità, redigendo numerose sentenze relative a maxi processi di mafia, camorra e ‘ndrangheta. Trasferito poi alla sezione lavoro, anche in tali funzioni il dott. -((omissis))- ha dimostrato un'eccellente professionalità, come dimostrato dal conferimento dopo solo sei anni (nel gennaio 2014) del ruolo di coordinatore della sottosezione lavoro della sesta sezione civile. Pare sufficiente a tal proposito rinviare al rapporto del Presidente titolare della Sezione Lavoro per il conferimento dell'incarico di presidente di sezione, richiamato nella delibera di nomina a Presidente di Sezione, secondo il quale: "Il contributo all’attività della Sezione è dimostrato anche dalla nomina a Coordinatore della Sottosezione, ove ha rivelato un'efficienza provata dai dati statistici. Nelle camere di consiglio il dott. -(omissis)- dà sempre un prezioso contributo di sapienza giuridica, particolarmente nelle materie riguardanti i licenziamenti, il sistema pensionistico e il diritto sindacale: i suoi interventi sono caratterizzati da una capacità persuasiva che deriva dall’attitudine all’approfondimento delle questioni e alla capacità di rivolgersi ai colleghi in modo signorile ed affabile. Notevole è il suo apporto alla formazione dei colleghi, specie quelli di recente nomina a consigliere di cassazione, che egli sa introdurre alle peculiarità del giudizio di legittimità".
Inoltre, proprio in considerazione dell'eccellente professionalità dimostrata nelle funzioni di legittimità il dott. -((omissis))-, sempre nel 2014, e quindi dopo sei anni di funzioni di legittimità nel settore civile, è stato nominato componente delle Sezioni Unite civili. Sul punto va rilevato come la nomina a componente delle Sezioni Unite avviene all'esito di una procedura concorsuale nella quale assume rilievo l'attitudine, la capacità dimostrata proprio nell'esercizio delle funzioni di legittimità (cfr. da ultimo art. 22 delle tabelle 2020-2022, ma in termini sostanzialmente analoghe le precedenti tabelle).
Ulteriormente, il livello di assoluta eccellenza dimostrato dal dott. -((omissis))- nelle funzioni di legittimità è attestato dalla sua nomina a Presidente di Sezione della Corte di Cassazione nel 2016, dopo (soli) nove anni di esperienza nella legittimità, venendo poi nel 2018 nominato Presidente titolare della Sesta sezione civile e nel marzo 2020 Presidente titolare della Sezione lavoro. Va inoltre sottolineato come in veste di presidente di sezione ha partecipato alla Sezioni unite non solo come presidente titolare, ma anche come presidente non titolare.”.
Conclude, alfine, che “È proprio il carattere di assoluta eccellenza della professionalità del dott. -((omissis))- nelle funzioni di legittimità, attestata non solo nei diversi pareri ma anche proprio dallo sviluppo della carriera nelle funzioni di legittimità, particolarmente rapido nelle sue tappe, che conferma la completa padronanza delle funzioni di legittimità nella sua massima intensità possibile, tale da non potersi ipotizzare alcun ulteriore arricchimento determinato da un ulteriore decorso del tempo. Il che vale a giustificare, appunto, la sua equivalenza con il dott. Spirito, pur a fronte di esperienze temporali così consistentemente diverse. D'altra parte, lo stesso Consiglio di Stato ha affermato che, laddove sia dimostrata “l’assoluta padronanza delle funzioni di legittimità del controinteressato”, si deve escludere che “la minore durata delle funzioni di legittimità svolte corrisponda ad una minore padronanza delle funzioni” (v. C.d.S., sentenza n. 913/2021).
Peraltro sotto il profilo della completezza della esperienza di legittimità, se il dott. -((omissis))-ha sempre svolto funzioni nel solo settore civile, il dott. -(omissis)- per oltre un anno è stato assegnato anche al settore penale, ove come si è detto ha redatto numerose sentenze relative a maxi processi di mafia, camorra e‘ndrangheta. In particolare, ha redatto la sentenza sul clan -((omissis))-di Napoli (26 novembre 2008); varie sentenze sulle cosche calabresi e, fra queste, le sentenze a carico di esponenti del clan -(omissis)-(6 maggio 2008), del clan -((omissis))-(3 luglio 2008), dei fratelli -(omissis)-nonché di -((omissis))-più altri associati, relative alla responsabilità per l’omicidio del dott. -(omissis)-, vice-presidente del Consiglio regionale calabrese. Ha altresì redatto alcune sentenze di particolare rilievo tecnico giuridico, come quella relativa alle conseguenze sulla prescrizione del reato dell’astensione dalle udienze degli avvocati, che ha portato ad un nuovo orientamento della Corte di cassazione, poi adottato anche dalle altre sezioni e dall’ufficio che si occupa dello spoglio (Cass., 12 febbraio 2008, Rosano, in Foro it., 2009, II, 59). Pertanto l'esperienza nelle funzioni penali pur sviluppata per un periodo temporale limitato dal dott. -((omissis))- è stata particolarmente significativa. Considerato il ruolo del Primo Presidente di direzione della Corte di Cassazione nel suo complesso, quindi sia in relazione al settore civile (comprensivo del settore lavoro) che a quello penale, lo sviluppo delle esperienze in entrambi i settori appare significativo proprio l'acquisizione della piena consapevolezza delle funzioni da dirigere nelle sue diverse articolazioni.”.
15.2. La nuova delibera conferma pure l'equivalenza dell'indicatore specifico di cui all'art. 21, lettera b), T.U. Dirigenza ("la partecipazione alle Sezioni Unite"). Nel fare ciò, parte da una specifica premessa di fatto, ossia che “Il Consiglio di Stato ha ritenuto in relazione a tale indicatore come "manifestamente irragionevole e difettosamente motivato il giudizio espresso dal CSM in relazione agli indicatori specifici sub lett. … b) dell'art. 21 TU", evidenziando come, richiamando le analoghe argomentazioni sviluppate in ordine all’art. 21 lettera a) TU, “Lo stesso è a dirsi rispetto all’indicatore specifico sub lett. b), in relazione al quale ...sussiste un oggettivo e considerevole divario di fronte al quale la delibera si limita ad affermare che “non pare la differenza temporale particolarmente significativa, considerato che peraltro entrambi hanno svolto in più occasioni con autorevolezza le funzioni di Presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente, sottoscrivendo molteplici decisioni”: il che non vale a offrire ragionevole e compiuta spiegazione dell’esito valutativo, finendo invece per sminuire il significato concreto dell’indicatore specifico. In tale contesto, l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm: seppure il dato quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici non ha infatti valore assorbente e insuperabile, né implica di per sé alcun automatismo sull’esito valutativo, occorre nondimeno una motivazione ragionevole e adeguata per poter giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi. Tanto in più in un caso, quale quello in esame, in cui l'importanza del posto a concorso, gli eccellenti profili dei candidati in competizione e la indiscutibile rilevanza dei loro curricula impongono - oltre ad un attenta, accurata e completa ricognizione di tutti gli aspetti della rispettiva carriera, anche attraverso la opportuna comparazione - un particolare obbligo di motivazione, puntuale ed analitico, tale da far emergere in modo quanto più preciso ed esauriente le ragioni della prevalenza di un candidato sull'altro”.
La delibera ripercorre poi le esperienze professionali dei candidati, osservando che “il dott. -(omissis)-è stato componente delle Sezioni unite civili quale consigliere per circa otto anni (dal 2008 al 2016) e dal marzo 2018 ne fa di nuovo parte come Presidente Titolare della Terza Sezione Civile, presiedendo numerose volte il collegio (quale facente funzioni del Primo Presidente), vantando quindi complessivamente un periodo di dieci anni di Sezioni Unite; il dott. -((omissis))- vanta un periodo di circa cinque anni di Sezioni Unite, dal marzo 2014 al settembre 2016 quale consigliere, dal novembre 2017 quale presidente di sezione, prima non titolare e poi dal gennaio 2018 quale presidente titolare della Sesta sezione civile, presiedendo in più occasioni le funzioni di Presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente”, per poi concludere che, “Anche in questo caso, come in relazione all'indicatore di cui all'art. 21 lettera a TU, è il carattere di assoluta eccellenza dell'esperienza maturata dal dott. -((omissis))- che conferma il possesso, da parte del medesimo, di quella pienezza di esperienza nella "partecipazione alle Sezioni Unite" che è richiesta come indicatore specifico di attitudine direttiva (anche apicale) di legittimità”, e che ciò, “necessariamente, porta ad un giudizio di equivalenza con il dott. Spirito, pur a fronte di periodi temporali significativamente differenti.”. Più nello specifico, la delibera valorizza l’argomentazione secondo cui “il dott. -((omissis))-, dopo due anni e mezzo di partecipazione alle Sezioni Unite quale consigliere è stato nominato Presidente di Sezione, proprio valutando l'esperienza sviluppata nelle Sezioni Unite (l'art. 21 lettera b TU costituisce indicatore specifico anche per il conferimento delle funzioni direttive di legittimità). Quindi, pur in un periodo temporale di due anni e mezzo, il dott. -(omissis)- ha dimostrato una eccellente professionalità anche alle Sezioni Unite, tanto da venire nominato come Presidente di Sezione. Nella delibera di nomina a Presidente di Sezione si sottolinea come alle Sezioni Unite il dott. -((omissis))- "è stato estensore di numerose sentenze, molte delle quali pubblicate su riviste scientifiche. Tra queste vanno ricordate le sentenze emesse a risoluzione di contrasti: sul concetto di “novità ed indispensabilità” della prova in appello con l’affermazione del “principio di non dispersione della prova” (S.U. 14475/15); sui principi fondamentali che reggono il sistema della “previdenza complementare” (S.U. 477/15); su alcuni principi fondamentali in materia di illeciti disciplinari dei magistrati (S.U. 4953 e 4954 del 2015)". Inoltre, il dott. -((omissis))- dopo la nomina a Presidente di Sezione, ha partecipato alle Sezioni Unite inizialmente dal novembre 2017 quale Presidente non titolare e quindi dal gennaio 2018 quale Presidente titolare. E sul punto va precisato che mentre tutti i Presidenti titolari compongono di diritto le Sezioni Unite, i semplici consiglieri cessano dall'appartenenza alle sezioni unite una volta nominati presidenti di sezione, potendone far parte come presidenti non titolari solo a seguito di interpello (cfr. art. 18 delle tabelle 2017-2019 vigenti al momento della sua nomina alle Sezioni Unite quale presidente non titolare). Quindi il dott. -((omissis))-, proprio a dimostrazione dell'eccellente professionalità dimostrata alle Sezioni Unite, è stato nominato componente delle Sezioni Unite anche come presidente non titolare (cfr. l’art. 19.7 delle richiamate tabelle prevede come ai fini della nomina del presidente non titolare alle sezioni unite vanno considerati, oltre i requisiti attitudinali per la nomina alle Sezioni unite – fondati innanzitutto sulla spiccata attitudine al giudizio di legittimità -, la pregressa attività di componente delle Sezioni unite e, solo in subordine, l'anzianità di servizio nella funzione e le attività svolte su delega del presidente titolare), mentre il dott. -((omissis))-vanta l'esperienza di partecipazione alle Sezioni Unite unicamente in qualità di presidente titolare (la cui partecipazione è assicurata di diritto, e quindi senza una specifica valutazione dedicata). Inoltre, l'assoluta eccellenza dell'attività svolta dal dott. -((omissis))- (anche) alle Sezioni Unite è messa in evidenza nel parere attitudinale, che sottolinea come "ha redatto, anche dopo la nomina a presidente di sezione, importanti sentenze di grande rilievo sistematico"”.
Sulla base di queste considerazioni, conclude che “anche in relazione a tale indicatore è proprio il livello di eccellenza dell'esperienza maturata dal dott. -((omissis))- alle Sezioni Unite, pur nel più breve arco temporale, a dimostrare l’avvenuta acquisizione di una padronanza nella funzione nomofilattica, non suscettibile di ulteriori arricchimenti determinati dal decorso del tempo, e tale da giustificare la sua equivalenza con il dott. Spirito”.
15.3. La delibera conferma la prevalenza del controinteressato anche in relazione all'indicatore specifico di cui all'art. 21, lettera c), T.U. Dirigenza ("l'esperienza maturata all'ufficio spoglio").
Pure in questo caso, la delibera parte da una precisa premessa di fatto, ovverossia che la sentenza ottemperanda ha statuito che "La stessa delibera dà conto che il dott. -(omissis)-“Dal marzo 1992 al dicembre 1996 è stato destinato, quale magistrato di tribunale, all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione, ove è stato addetto al servizio civile”, e che ivi ha svolto un’attività di “cosiddetta fogliettazione (che consisteva nella redazione di una relazione per ognuno dei ricorsi da trattare) per le tre sezioni civili cosiddette generaliste e poi esclusivamente al servizio della Prima sezione civile e alla redazione di relazioni per le Sezioni Unite in ipotesi di contrasto di giurisprudenza, di questioni di massima di particolare importanza e di conflitti di giurisdizione venendo poi addetto alla massimazione delle sentenze delle Sezioni Unite e della Prima Sezione civile. La delibera pone in risalto altresì che l’appellante ha successivamente svolto “le funzioni di magistrato d’appello destinato alla Corte di Cassazione [continuando] il servizio presso il Massimario [...]". Emerge da tale descrizione una cospicua attività svolta dal dott. Spirito, sostanzialmente accostabile a quella di spoglio (cfr. il riferimento alla “fogliettazione” e alle “relazioni” per le Sezioni Unite della Corte), che il Csm trascura in fase di valutazione comparativa in relazione all’indicatore specifico di cui all’art. 21, lett. c). Testo unico". Alla luce di ciò, la motivazione della delibera in ordine alla valutazione comparata e sull’indicatore specifico sub lett. c). dell’art. 21 del Testo unico - con l’affermazione che il dott. -((omissis))-“non ha pur tuttavia sviluppato concreta attività di esame preliminare dei ricorsi – si appalesa erronea, contraddittoria rispetto alla descrizione preliminare dell’esperienza dell’appellante, o comunque gravemente lacunosa, non fornendo spiegazione delle ragioni di tale assunto, e dunque non valendo a sorreggere ex se le conclusioni comparative accolte”.
La delibera spiega che “le tabelle della Cassazione relativamente al settore civile - risultando entrambi i candidati civilisti - prevedono uno spoglio preliminare effettuato dalla Sesta sezione civile (la cd. Sezione filtro) e uno spoglio sezionale. In particolare, alla sezione sesta, articolata in cinque sottosezioni, è demandata la verifica preliminare prevista dall'art. 376, primo comma, c.p.c.; tutti i ricorsi aventi ad oggetto materie non rientranti nelle competenze delle sezioni unite sono demandati a tale sezioni, che vengono quindi trasmessi ai coordinatori delle sottosezioni che provvedono a trasmetterli ai consiglieri delle sottosezioni; i consiglieri procedono quindi al sommario esame dei fascicoli, all'esito del quale, se ravvisano un’ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o fondatezza del ricorso, redigono la proposta di cui all’art. 380 bis c.p.c., strutturata secondo il modello predisposto dal presidente della sezione, ovvero provvedono alla rimessione alla sezione semplice. Ulteriormente, una volta trasmessi i ricorsi alle singole sezioni, questi sono esaminati dall’ufficio spoglio sezionale, che pone in essere un'attività costituita dalla selezione dei fascicoli, secondo una metodologia (per materia, data di iscrizione, ecc.) individuata dal Presidente titolare, previa consultazione del coordinatore, fermi restando lo spoglio diacronico e la priorità dello spoglio degli affari più risalenti; finalizza la selezione alla formazione di ruoli di udienza omogenei, alla individuazione del contenzioso seriale, di possibili accorpamenti, di questioni con soluzioni giurisprudenziali non univoche, provvedendo anche all'attribuzione di un valore ponderale ai ricorsi. Pertanto per quanto attiene al settore civile, lo spoglio presso il Supremo Collegio ha una duplice portata, quale spoglio preliminare alla VI sezione civile e quale spoglio sezionale, comportando in entrambi i casi un'attività complessa di esame dei fascicoli e di loro valutazione e ragionata selezione, alla sesta sezione ai fini della valutazione dell'inammissibilità o manifesta infondatezza o fondatezza dei ricorsi, alle singole sezioni per l'attribuzione di un peso ponderale e la formazione dei ruoli. Va inoltre ricordato come la VI sesta è stata introdotta con la L. n. 69/2009, mentre in precedenza presso la Corte di Cassazione era stata creata una struttura centralizzata per l'esame preliminare dei ricorsi.”. La delibera osserva pure che “il dott. -((omissis))- ha iniziato l’attività di spoglio dei ricorsi nel 2009, quale componente della "Struttura centralizzata" per lo spoglio dei processi civili, e tale attività è proseguita ininterrottamente dal luglio 2010 quale componente della Sesta Sezione civili, con funzioni, dal gennaio 2014, di Coordinatore della Sottosezione Lavoro, conseguendo ottimi risultati qualitativi e quantitativi; dal gennaio 2018 al marzo 2020 è stato Presidente Titolare della Sesta sezione civile” e che “Il dott. -((omissis))-alla Corte di cassazione quale presidente non titolare ha soltanto coadiuvato il Presidente titolare nella formazione di ruoli di udienza in funzione dello spoglio, oltre ad avere concorso alla ideazione della Sesta sezione civile, venendo subito dopo l'introduzione dell'art. 375 c.p.c. inserito in un gruppo di lavoro per l'attuazione del nuovo rito camerale. Ulteriormente, durante il periodo del Massimario ha svolto un’attività di cosiddetta fogliettazione (che consisteva nella redazione di una relazione per ognuno dei ricorsi da trattare) per le tre sezioni civili cosiddette generaliste e poi esclusivamente al servizio della Prima sezione civile e alla redazione di relazioni per le Sezioni Unite in ipotesi di contrasto di giurisprudenza”. La delibera spiega le ragioni per le quali l’attività di fogliettazione sia accostabile alla funzione di spoglio, senza tuttavia identificarsi con essa: “D'altronde l'attività di fogliettazione si caratterizza per un’attività di preparazione di una relazione dei ricorsi, e quindi in un'attività meramente di studio e preparatoria della decisione, senza tuttavia quell'ulteriore attività di natura valutativa e di selezione dei ricorsi, ai fini delle pronunce di inammissibilità o manifesta fondatezza o infondatezza e della formazione dei ruoli, che caratterizza lo spoglio in senso tecnico”.
Rileva, a questo proposito, che “Per quanto attiene poi alla collaborazione prestata dal dott. -(omissis)-all’organizzazione dell’ufficio in attuazione dell’art. 375 c.p.c. e alla conseguente ideazione di ‘strutture filtro’ che hanno poi condotto all’istituzione della Sesta Sezione Civile, sia all’introduzione, già quando era presidente non titolare della III Sezione, dei nuovi criteri di formazione dei ruoli di udienza, tali esperienze non si sostanziano nel materiale svolgimento di attività di ‘spoglio’, rivelando, eventualmente, valenza attitudinale sotto il diverso profilo delle capacità organizzative” e aggiunge che “anche a voler ricondurre tali attività allo spoglio, tali esperienze appaiono comunque recessive rispetto a quelle del dott. -(omissis)-, che associa una lunga attività di materiale svolgimento dell'attività di spoglio a esperienze anche organizzative di primaria valenza rispetto allo spoglio, prima come coordinatore di una sottosezione sesta sezione civile e poi come titolare della sesta sezione, quindi proprio della sezione spoglio”.
Sulla base di queste considerazioni, conclude che è “alquanto più pregnante l'attività svolta dal dott. -(omissis)- dal 2009 prima come componente della "Struttura centralizzata" per lo spoglio dei processi civili, poi quale componente della Sesta Sezione civili, con funzioni di Coordinatore della Sottosezione Lavoro, e quindi come Presidente Titolare della Sesta sezione civile, che ha quindi ha sviluppato una oltremodo consolidata e pregnante esperienza nello spoglio non solo nel ruolo di consigliere ma anche nel ruolo di coordinamento e direttivo, quest'ultimo proprio quale titolare della sezione demandata allo spoglio”.
15.4. Infine, la delibera conferma la prevalenza del controinteressato in relazione all'indicatore specifico di cui all'art. 21, lettera d), T.U. Dirigenza ("le esperienze e le competenze organizzative maturate nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza di collegi").
Nel giungere a questa conclusione, la delibera parte dalla premessa secondo cui la sentenza ottemperanda ha statuito che "La motivazione espressa nella delibera esorbita infatti dai margini, di discrezionalità riconosciuti al Csm, risolvendosi in una preferenza precostituita per l’esperienza maturata presso una specifica Sezione dell’ufficio (in specie, la Sesta Sezione civile) in assenza di criteri (predeterminati) in tal senso nell’ambito del Testo unico, e ben al di là del significato proprio del principio funzionalistico di cui all’art. 25, comma 1, Testo unico. La valutazione espressa finisce infatti per prediligere staticamente (e in termini aprioristici) una Sezione dell’ufficio rispetto, alle altre; e sebbene non si possa neppure pervenire ad obliterare tout court - altrettanto acriticamente - la rilevanza dell’attività svolta presso la Sesta Sezione (la quale, partecipa comunque all’elaborazione della giurisprudenza di legittimità, oltreché all’individuazione delle questioni da rimettere alle altre sezioni, a prescindere peraltro dal sistema d’assegnazione dei magistrati alla Sezione), la motivazione sostanzialmente incentrata sulla superiorità dell’attività direzionale di una Sezione anziché delle altre non risulta di per sé adeguata a sorreggere il giudizio di prevalenza, e va al di là della opinabilità, e cioè del fisiologico esercizio della discrezionalità spettante all’amministrazione nel quadro degli indicatori previsti dal Testo unico. In tale prospettiva, la motivazione spesa si esaurisce e viene a coincidere invero con un (autonomo e postumo) criterio valutativo - incentrato sulla posizione attitudinale privilegiata riconosciuta all’esercizio delle funzioni direttive in una data Sezione della Corte – privo delle necessarie garanzie di predeterminazione e sorvegliabilità della ponderazione e del nesso fra premesse e risultati conclusivi: il che conduce evidentemente, ben oltre la discrezionalità valutativa nell’apprezzamento dell’uno o dell’altro profilo, curriculare””.
Illustra poi la circostanza che entrambi i candidati svolgono il ruolo di presidente di sezione dal 2016 e di Presidente titolare dal 2018: “Il dott. -(omissis)-è titolare della Terza Sezione civile, e in tale ruolo si è distinto, come si è dato conto nel parametro delle attitudini (a cui si rinvia), per l'introduzione di una nuova prassi organizzativa nella formazione dei ruoli di udienza definita "metodo progettuale", che ha portato al raggiungimento del miglior risultato tra le sezioni civili in termini di produttività e di indice di ricambio. Nel profilo del dott. -(omissis)- vi è la titolarità di due Sezioni - la Sesta sezione civile e, più di recente, la Sezione lavoro. Si è dato conto nel parametro delle attitudini di come il dott. -(omissis)- quale Titolare della Sesta sezione civile, si è distinto per l'eccellente capacità di direzione della Sesta sezione, la cd. Sezione filtro, distinguendosi per la capacità di elaborare e adottare moduli organizzativi mirati che hanno ottimizzato la struttura, sia per quanto riguarda l'attività dei magistrati, sia per il funzionamento dei servizi amministrativi, così aumentando sensibilmente la produttività della sezione, e diminuendo al contempo la durata media dei procedimenti. I risultati sono stati raggiunti grazie alla valorizzazione dei contributi individuali (sia dei magistrati che del personale amministrativo) e alla verifica costante dell'andamento complessivo delle attività della Sezione nei rapporti con le altre Sezioni della Corte.”.
Espone nello specifico i risultati conseguiti dalla Sesta Sezione civile, ricordando come “il Primo Presidente nel “Programma di gestione dei procedimenti civili” del 7 gennaio 2019 ha dato atto che la Sesta sezione civile, nel corso del 2018, ha incrementato la sua produttività giungendo, cosa mai accaduta negli anni precedenti, a definire il 40% dei ricorsi civili che sono giunti in Corte. Il Consiglio direttivo, a sua volta, ha affermato, con riferimento ai dati del 2018, come: “La Sesta Sezione Civile ha fatto registrare risultati ancora migliori di quelli dell’anno precedente”. Nella relazione dell’Ufficio statistico della Corte depositata l’8.1.2020, si dà atto del fatto che negli anni 2018 e 2019 la “durata media dei procedimenti definiti” in Sesta sezione civile si è progressivamente ridotta. Infatti, nel 2017 fu di 1 anno, 8 mesi e 20 giorni; nel 2018 è stata di 1 anno, 5 mesi e 20 giorni, nel 2019 è stata di 1 anno, 4 mesi e 24 giorni. Nel giro di due anni, pertanto, sotto la direzione del dott. -(omissis)-, la riduzione è stata di quasi 4 mesi, passando da 20 a 16 mesi, con una riduzione quindi del 20%. E tutto ciò, nonostante che le sopravvenienze siano notevolmente aumentate, passando dalle 28.796 del 2017, alle 36.819 del 2018, alle 37.666 del 2019, e nonostante che la Sesta sezione abbia perso in questi anni il contributo per la composizione dei collegi dei magistrati del Massimario in precedenza applicati, che per imposizione di legge, sono stati tutti spostati alla V Sezione civile (Tributaria).”.
Evidenzia pure il fatto che quando il controinteressato ha assunto la titolarità della presidenza della Sezione lavoro, “questo ha coinciso con l'emergenza sanitaria e ha dato prova anche in questa fase delle capacità direttive e organizzative, garantendo, con la collaborazione del dirigente e del personale amministrativo, nel quadro della normativa emergenziale e dei decreti del Primo Presidente, oltre alla sicurezza, il funzionamento dei necessari presidi degli uffici di cancelleria e la preparazione e fissazione di adunanze camerali alla fine del mese di giugno e a luglio.”.
Motiva, dunque, in ordine alle caratteristiche di entrambe le Sezioni, principiando dalla particolare complessità organizzativa della Sesta sezione civile e dalle modalità con le quali è stata presieduta dal controinteressato: “la cd. Sezione Filtro diretta dal dott. -(omissis)- è composta da cinque sottosezioni corrispondenti alle sezioni ordinarie, da cinque Presidenti di sezione non titolari, da circa 70 consiglieri e da una cancelleria di 30 persone, che ogni anno riceve e tratta circa 35.000 ricorsi in tutte le materie civili, compreso il tributario, smistandoli alle sezioni ordinarie previa valutazione della loro ammissibilità. Pertanto il dott. -(omissis)- ha diretto una struttura di una significativa complessità organizzativa, composta da sottosezioni corrispondenti a tutte le sezioni civili della Corte, organizzando il lavoro sia di cinque presidenti non titolari che di un numero veramente rilevante di magistrati (settanta), oltre che di un numero considerevole di personale amministrativo da gestire. Peraltro l'attività è stata particolarmente composita anche nell'organizzazione dei magistrati considerando che alcuni componenti sono assegnati in via esclusiva a tale sezione, altri sono coassegnati. Inoltre l'organizzazione ha riguardato la gestione di un flusso enorme dei ricorsi, pari a tutti quelli del settore civile. Ulteriormente, considerato che una volta esaminati i ricorsi dalla sesta questi sono trasmessi alle sezioni ordinarie, l'attività organizzativa della Sesta comporta il necessario raccordo, coordinamento con tutte le Sezioni ordinarie, assumendo la Sesta un ruolo di valenza organizzativa attinente all'intero assetto del settore civile della Corte. E sotto questo aspetto del tutto peculiare è il ruolo di coordinamento generale che il Presidente della sesta deve garantire in relazione all'intero settore civile, ruolo che è stato svolto con autorevolezza dal dott. -(omissis)-, sia nell'organizzazione dei presidenti non titolari assegnati alla Sesta sia nei rapporti con i presidenti titolari delle singole sezioni. Inoltre proprio per il ruolo strategico della Sesta sezione nell'organizzazione della Corte di cassazione, essa richiede moduli organizzativi particolarmente mirati per accelerare i tempi di esame dei ricorsi, e anche sotto tale profilo il dott. -(omissis)- si è distinto per l'adozione di iniziative che hanno ottimizzato la struttura organizzativa, sia per quanto riguarda l'attività dei magistrati, sia per il funzionamento dei servizi amministrativi (cfr. parere attitudinale del 29.4.2020 per il conferimento dell'ufficio direttivo superiore di legittimità). È pertanto in relazione a tale complessità organizzativa e all'attività organizzativa che conseguentemente è stata posta in essere proprio per regolamentare tale complessità, che devono essere valutati gli eccellenti risultati conseguiti dal dott. -(omissis)-, con il potenziamento significativo dell'attività di filtro.”.
Prosegue, quindi, con la descrizione delle caratteristiche della Terza sezione civile: “A fronte di ciò il dott. -(omissis)-ha diretto la Terza sezione civile della Corte di cassazione, una sezione composta da circa trenta consiglieri, oltre che quattro presidenti di sezione non titolari. Viene quindi in rilievo una sezione con una complessità organizzativa, anche solo quanto a numero di persone da dirigere, non equiparabile alla Sesta sezione diretta dal dott. -(omissis)- (inferiore della metà). Ulteriormente, va evidenziato come la Terza sezione riceve i ricorsi dopo il vaglio preliminare della Sesta sezione civile, dovendo, quindi, gestire organizzativamente un carico di lavoro non paragonabile alla Sesta sezione civile alla quale, come sopra evidenziato, vanno inizialmente tutti i ricorsi nel settore civile. Inoltre anche sotto il profilo del coordinamento organizzativo con le altre sezioni, alquanto più semplici sono i rapporti da gestire, nella fisiologia sostanzialmente con la corrispondente sottosezione della sesta sezione civile. In vero, proprio per la diversa complessità organizzativa delle due sezioni, nella Sesta sezione civile l'aspetto strettamente organizzativo assume quella assoluta centralità, peraltro per il funzionamento dell'intera Corte, che non è rinvenibile nella Terza sezione civile”. Considera, inoltre, che “il dott. -(omissis)-, a differenza del dott. Spirito, ha diretto due sezioni della Corte, inizialmente la Sesta sezione e dal marzo 2020 la Sezione lavoro, vantando quindi complessivamente un'esperienza organizzativa più completa, essendosi confrontato con due strutture organizzative significativamente diverse. È pur vero che l'esperienza del dott. -(omissis)- alla Sezione lavoro è limitata a qualche mese (tenuto conto della data della vacanza), pur tuttavia, dato conto del fatto che viene anche in questo caso una sezione di una certa complessità organizzativa (basti sul punto ricordare come la sezione lavoro è divisa in tre aree distinte per competenze ed è oggetto autonoma regolamentazione tabellare rispetto alle sezioni ordinarie proprio in considerazione della sua complessità), tale esperienza è concisa con la fase della piena emergenza sanitaria da "Covid 19", e nel parere attitudinale di evidenzia come pur nel periodo di tempo limitato il dott. -(omissis)- ha dato prova di capacità organizzativa, garantendo, con la collaborazione del dirigente e del personale amministrativo, nel quadro della normativa emergenziale e dei decreti del primo presidente, oltre alla sicurezza, il funzionamento dei necessari presidi degli uffici di cancelleria e la preparazione e fissazione di udienze camerali. Peraltro nel parere attitudinale si evidenzia come già prima della nomina a presidente titolare della Sezione lavoro, come presidente della Sezione sesta, ha contribuito significativamente alla riorganizzazione della Sezione lavoro effettuata dal Presidente titolare.”.
Motiva anche in ordine alle ulteriori esperienze organizzative maturate sempre nell'ufficio di legittimità dai candidati: “In particolare, il dott. -(omissis)- già prima di essere nominato Presidente di Sezione ha sviluppato significative competenze organizzative, venendo nel gennaio 2014 nominato come coordinatore della sottosezione lavoro della Sesta sezione civile. Il parere attitudinale evidenzia come anche in tale ruolo ha dimostrato elevata capacità organizzativa, avendo dato impulso al funzionamento della struttura, che ha significativamente incrementato i ritmi di esame e la definizione dei ricorsi assegnati, sottolineando come ha collaborato attivamente alla stesura del documento programmatico di riorganizzazione della Sesta sezione. Quindi sin da tale incarico organizzativo il dott. -(omissis)- si è distinto per la capacità di elaborare efficienti moduli organizzativi, collaborando attivamente alla stesura del Documento programmatico e di riorganizzazione della sezione. A fronte di tale significativa esperienza, le esperienze maturate dal dott. -(omissis)-appaiono ben meno rilevanti. Come si è dato conto il dott. Spirito, oltre ad avere collaborato nell'organizzazione delle sezioni di appartenenza, è stato parte attiva anche nello studio delle riforme del giudizio di Cassazione che hanno portato alle novelle processuali del 2006, 2009 e 2012 e ha partecipato all’organizzazione dell’ufficio nell’attuazione del nuovo art. 375 c.p.c., all’ideazione delle cosiddette strutture come filtro d’ammissibilità del ricorso, nell’istituzione della Sesta sezione civile della Corte di Cassazione. Vengono in rilievo nel profilo del dott. -(omissis)-esperienze di collaborazione senza ruoli di responsabilità organizzativa, a differenza dell'esperienza maturata dal dott. -(omissis)- nel ruolo di coordinatore della sottosezione lavoro della sesta sezione civile. Inoltre se entrambi poi vantano importanti esperienze nel settore informatico, solo il dott. -(omissis)- ha ricoperto presso l'ufficio di legittimità il ruolo di responsabile per l'informatica, incaricato di curare il lavoro di informatizzazione denominato "La scrivania del giudice". Infine, nelle funzioni di merito, tutti e due vantano l'esercizio di funzioni direttive all'inizio della carriera, quali pretori mandamentali.”.
Sulla base di queste considerazioni, conclude, pertanto, nel senso che “In definitiva la maggiore attitudine direttiva dimostrata dal dott. -(omissis)- nelle funzioni direttive di legittimità e nelle ulteriori esperienze di collaborazione nell'ufficio di legittimità porta ad un giudizio di prevalenza del dott. -(omissis)- in relazione all'indicatore in esame.”.
16. A questo punto, la Sezione ritiene di disporre di tutti gli elementi utili, in fatto e in diritto, per esaminare la questione sub c), ovverossia per stabilire se il comportamento dell’Amministrazione, in sede di riesercizio del potere, sia stato effettivamente conforme alla sentenza di appello, ovvero se ne sia discostato, violando o eludendo le regulae iuris e precettive ivi contenute.
17. La Sezione ritiene che la nuova delibera impugnata sia conforme, secondo i principi della cognizione esecutiva, ai contenuti precettivi della sentenza ottemperanda, in quanto la medesima delibera, pur pervenendo al medesimo esito decisionale di quella annullata, argomenta il rinnovato giudizio in senso coerente e conseguente rispetto alle indicazioni pronunciate, ancorché in modo implicito, nella decisione, e le traduce in atto, nell’immutato quadro fattuale e normativo di riferimento.
Le regole precettive e di giudizio enunciate nel giudizio di cognizione tracciano, infatti, la disciplina futura del rapporto che il giudice, nell’annullare l’atto impugnato, si prefigura attraverso lo sviluppo logico-argomentativo della sentenza, frapponendo degli ostacoli, dunque, non rispetto alla riedizione del medesimo esito decisionale oggetto di annullamento giurisdizionale, ma rispetto al percorso logico-giuridico che nuovamente vi riconduce.
18. Ciò considerato, il primo profilo da esaminare concerne la struttura della delibera, sospettata dal ricorrente di essere essa stessa, anzitutto, elusiva della decisione.
La Sezione ritiene che la doglianza non sia fondata.
Nel giudizio di appello, il ricorrente si è lamentato del mancato accoglimento, da parte del giudice di prime cure, del motivo che censurava la legittimità della delibera per la mancanza di una vera e propria valutazione comparativa fra i candidati, considerato che l’atto impugnato prendeva le mosse dal curriculum del candidato proposto (ossia il controinteressato), e poi riproduceva i profili curriculari degli altri candidati, così falsando di fatto, secondo la sua prospettazione, l’attività di confronto.
La censura è stata respinta dal Consiglio di Stato con la motivazione che “la comparazione eseguita muovendo dal profilo del dott. -(omissis)- non dà luogo ex sé ad alcun profilo d’illegittimità, trattandosi di mera tecnica redazionale in sé non illegittima né pregiudizievole purché sfociante, sul piano sostanziale, in una valutazione comparata dei profili dei candidati adeguata e sufficientemente approfondita”.
Questo specifico capo di pronuncia non ha prodotto alcun effetto conformativo in vista della futura riedizione del potere, trattandosi di pronuncia meramente reiettiva del motivo di gravame e del corrispondente motivo di ricorso originario, e dunque il CSM ben avrebbe potuto, come poi in effetti si è verificato, emanare una delibera rinnovata anche sotto l’aspetto strutturale, oltre che su quello valutativo, essendo rimasto pienamente libero il tratto di azione amministrativa che conduce alla scelta di diversamente articolare, o motivare, la rinnovata decisione.
Peraltro, il ricorrente non avrebbe nemmeno motivo di dolersi, dal punto di vista dell’interesse ad agire, del fatto che il CSM, rieditando il potere, abbia strutturato la delibera proprio nel senso che in origine egli stesso auspicava, ed anzi invocava a fondamento dell’accoglimento del primo motivo di appello.
19. Sotto diverso e autonomo profilo, il ricorrente prospetta che la nuova struttura in cui si è articolata la delibera sarebbe funzionale, con palese intento elusivo, a simulare una nuova decisione, quando in realtà, invece, la stessa ripeterebbe la medesima decisione annullata, dissimulata attraverso l’irrobustimento del profilo personale del controinteressato, derivante dal solo spostamento grafico delle parti che nella delibera annullata erano contenute nella premessa espositiva, anche tramite l’utilizzo di diverse espressioni linguistiche, che riprodurrebbero, in realtà, le medesime circostanze di fatto.
La Sezione ritiene che anche questa doglianza non sia fondata.
La sentenza ottemperanda ha caducato la delibera impugnata esclusivamente per vizi motivazionali (cfr. il paragrafo 3.3.6. e i sottoparagrafi 3.3.6.1., 3.3.6.2., 3.3.6.3.), ossia per una tipologia di vizi che afferisce al procedimento logico-argomentativo, e che si riverbera sulla decisione finale, viziandola, nei limiti in cui la carenza, insufficienza, inadeguatezza, genericità o frettolosità dell’esposizione dei fatti e delle ragioni giuridiche, impediscano od ostacolino la comprensione della logica sottesa alle valutazioni e alle scelte compiute dall’organo di autogoverno.
Non è dunque corretta sul piano logico, prima ancora che su quello giuridico, la pretesa del ricorrente di derivare da un giudizio annullatorio, fondato esclusivamente su vizi motivazionali dell’atto impugnato, impedimenti, limitazioni o restrizioni in capo all’Amministrazione in ordine alla rivalutazione proprio di quegli elementi e fatti giuridici rilevanti, la cui originaria insufficiente considerazione ha dato luogo al vizio motivazionale che ha determinato, a sua volta, la caducazione dell’atto.
Inoltre, se è vero che l’effetto caducatorio ha riguardato la delibera nel suo complesso, è tuttavia corretto precisare che il sindacato giurisdizionale sulla compiutezza, logicità e ragionevolezza della motivazione, si è svolto in ordine a quella parte specifica della delibera che ha illustrato e argomentato le ragioni giuridiche a sostegno dei giudizi espressi sui candidati.
Del resto, la sentenza non sarebbe potuta andare alla ricerca di altri elementi di fatto desumibili da diverse collocazioni nel corpo nella delibera, né avrebbe potuto esprimere considerazioni diverse in ordine ad elementi già valutati, ma tuttavia suscettibili di essere interpretati in maniera diversa.
Occorre considerare, infatti, che un conto sono i fatti giuridici, e un altro conto sono le valutazioni e le considerazioni che da essi, o sulla base di essi, si possono trarre.
La correttezza delle anzidette considerazioni è avvalorata anche dalla piana lettura del testo della sentenza ottemperanda, ove si afferma che “l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm: seppure il dato quantitativo-temporale sul possesso degli indicatori specifici non ha infatti valore assorbente e insuperabile, né implica di per sé alcun automatismo sull’esito valutativo, occorre nondimeno una motivazione ragionevole e adeguata per poter giustificare una conclusione difforme dalle (univoche) emergenze dei dati oggettivi.
Tanto in più in un caso, quale quello in esame, in cui l’importanza del posto a concorso, gli eccellenti profili dei candidati in competizione e la indiscutibile rilevanza dei loro curricula impongono - oltre all’attenta, accurata e completa ricognizione di tutti gli aspetti della rispettiva carriera, anche attraverso la opportuna comparazione - un particolare obbligo di motivazione, puntuale ed analitico, tale da far emergere in modo quanto più preciso ed esauriente le ragioni
della prevalenza di un candidato sull’altro”.
Inoltre, che “l’accoglimento dell’appello implica la rieffusione del potere amministrativo, nel rispetto delle competenze e attribuzioni proprie del Csm, in conformità con le superiori statuizioni” e che “Va infatti ribadito il principio generale, già affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che l’annullamento degli atti non esautora il Consiglio Superiore della Magistratura dall’esercizio delle funzioni attribuite dalla Costituzione e dalla legge, in particolare - nel caso di specie - di conferire gli incarichi direttivi degli uffici giudiziari, comportando invece l’obbligo di riprovvedere, tenendo conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento, restando pertanto piena (ed esclusiva) la discrezionalità delle valutazioni di merito sulla prevalenza di un candidato rispetto agli altri”.
È evidente, dunque, come il giudice della cognizione non abbia mai enunciato una regola precettiva e di giudizio per orientare il futuro riesercizio dell’azione amministrativa nel senso che l’organo di autogoverno avrebbe potuto/dovuto necessariamente prendere in considerazione elementi, fatti e circostanze nuovi e diversi, per l’innanzi non considerati, bensì, all’esatto opposto, abbia spronato il suddetto organo ad esprimersi con una motivazione “diversa” (cioè “adeguata” e “ragionevole”) proprio sulla medesima realtà materiale già valutata (“l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati”), con “l’obbligo di riprovvedere, tenendo conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento”.
In quest’ottica prospettica, la sentenza ottemperanda non si è limitata ad esprimere un principio generale dell’azione amministrativa (ovverossia che i provvedimenti amministrativi debbono essere motivati), ma ha anche indirizzato all’organo di autogoverno una indicazione di metodo, e cioè l’auspicio che, nell’illustrare i contenuti materiali, nel valutarli e nel trarre le conseguenti considerazioni, sia sempre osservata la massima precisione, cura, completezza e oculatezza possibile. Proprio per evitare che collocazioni inadeguate di fatti rilevanti, dalle quali potrebbero derivare, come è accaduto nel caso di specie, illustrazioni incomplete e superficiali delle corrette considerazioni che si sarebbe potuto/dovuto trarre fin dall’inizio, facciano apparire come insussistenti ragioni giuridiche che, invece, sulla base di un giudizio ex post, si è poi scoperto sussistere già ex ante.
A questo specifico proposito, va anche soggiunto che, correttamente, la sentenza ottemperanda ha arretrato il proprio sindacato fino alla soglia della macroscopica illegittimità dell’atto, senza esautorare il CSM dall’esercizio delle funzioni attribuitegli dalla Costituzione e dalla legge, e stabilendo, quale unico limite all’obbligo di riprovvedere, di tenere conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento.
È noto, infatti, che, con riguardo alle controversie concernenti il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, nemmeno il giudice dell’ottemperanza, il quale pure esercita una giurisdizione estesa al merito, può, in caso di accoglimento del ricorso, ordinare l’attuazione del giudicato secondo le modalità di cui all’art. 114, comma 4, lettere a) e c), cod. proc. amm., in quanto l’art. 17, comma 2, della legge 24 marzo 1958, n. 195 prevede che “La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo. Per la tutela giurisdizionale nei confronti dei provvedimenti concernenti il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi si segue, per quanto applicabile, il rito abbreviato disciplinato dall'articolo 119 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Nel caso di azione di ottemperanza, il giudice amministrativo, qualora sia accolto il ricorso, ordina l'ottemperanza ed assegna al Consiglio superiore un termine per provvedere. Non si applicano le lettere a) e c) del comma 4 dell'articolo 114 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010” (comma così sostituito dall'art. 4 della legge 12 aprile 1990, n. 74, e, successivamente, dall'art. 3, comma 1, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, a decorrere dal 16 settembre 2010, e successivamente modificato dall'art. 2, comma 4, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114).
La suddetta previsione si pone in linea di continuità con il previgente sistema delle leggi di giustizia amministrativa (art. 27, n. 4, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054), secondo cui la ratio della collocazione del giudizio di ottemperanza nell'ambito della giurisdizione di merito trova origine non nella specialità della materia, ma nel principio della necessaria conformazione dell’Amministrazione pubblica al dictum giurisdizionale.
Inoltre, la previsione è in linea di continuità anche rispetto alla giurisprudenza costituzionale (v. sentenze n. 419 e n. 435 del 1995), secondo cui gli atti del CSM sono sindacabili dal giudice amministrativo per vizi di legittimità, malgrado la sua natura di organo di rilevanza costituzionale, nei limiti in cui il contenuto tipico della pronuncia giurisdizionale sia quello di esprimere la volontà concreta della legge (secondo la prospettiva ermeneutica del giudicato quale “normativa per il caso concreto”).
20. A quest’ultimo proposito, prima di esporre i fatti e le considerazioni che depongono per l’infondatezza delle questioni concernenti i giudizi espressi sulla base degli indicatori specifici di cui alle lettere a), b), c) e d), dell’art. 21 T.U. Dirigenza, la Sezione ritiene necessario delineare il quadro normativo di riferimento, sulla cui base è stata pronunciata la sentenza di cognizione, e sulla cui base deve essere decisa anche l’odierna controversia.
21. Il nuovo ordinamento giudiziario ha introdotto due sostanziali novità ai fini del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi:
i) il forte ridimensionamento del parametro dell'anzianità, oggi non più criterio di selezione, bensì di legittimazione alla partecipazione al concorso, cui si è accompagnata la contestuale valorizzazione dei parametri del merito e delle attitudini;
ii) la temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi.
Queste novità sono state espressamente volute dalla riforma dell'ordinamento giudiziario a norma dell’art. 1, comma 1, lettera a), della legge delega 25 luglio 2005, n. 150, attuata con il decreto legislativo n. 160 del 2006 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati), poi modificata dalla legge n. 111 del 2007.
Per quanto concerne, nello specifico, l’oggetto dell’odierno giudizio, l’incarico di Primo Presidente della Corte di cassazione rientra fra le funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità, ai sensi dell’art. 10, comma 16, del citato d.lgs. n. 160 del 2006.
Per tale incarico, il successivo art. 12, comma 11, prevede che “oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3 e 5, il magistrato, alla data della vacanza del posto da coprire, deve avere svolto funzioni di legittimità per almeno quattro anni; devono essere, inoltre, valutate specificamente le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati anche prima dell’accesso alla magistratura nonché ogni altro elemento che possa evidenziare la specifica attitudine direttiva”.
Il successivo comma 12 stabilisce, poi, che “Ai fini di quanto previsto dai commi 10 e 11, l’attitudine direttiva è riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l’attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell’ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale; è riferita altresì alla propensione all’impiego di tecnologie avanzate, nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo di gestione sull’andamento generale dell’ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare”.
22. Con la circolare del CSM P-14858-2015 del 28 luglio 2015, recante il nuovo Testo Unico sulla Dirigenza giudiziaria, sono stati conseguentemente riscritti i criteri di valutazione per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, valevoli quali atti di auto-vincolo amministrativi, attuativi o integrativi delle summenzionate previsioni di legge statale, nell’ottica di garantire ai singoli magistrati coinvolti nei processi valutativi, adeguata tutela sotto i profili della trasparenza, comprensibilità e certezza delle decisioni consiliari.
L’idea di base che affiora dal T.U. è che, attraverso le specifiche linee guida prefissate (razionalizzazione e semplificazione del testo; apertura massima dell’accesso alla dirigenza; valorizzazione della cultura dell’organizzazione e delle nuove competenze maturate nella gestione di realtà complesse; distinzione e specificazione dei requisiti attitudinali in base alle tipologie di ufficio direttivo; indicazione di criteri chiari e precisi per il giudizio di comparazione tra candidati; semplificazione massima del procedimento e standardizzazione dei tempi e dei moduli valutativi), la meritocrazia diventi il valore fondante di ogni scelta selettiva, e che l'autonomia valutativa del CSM venga preservata da criteri e parametri idonei a minare la discrezionalità propria di un organo di rilevanza costituzionale.
Il T.U. indica chiaramente le modalità attraverso le quali si raggiunge il delicato punto di equilibrio fra il principio di legalità e il potere di autodeterminazione consiliare: le esigenze di trasparenza, comprensibilità e certezza delle decisioni consiliari vengono presidiate attraverso la valorizzazione delle attitudini, del merito e della temporaneità degli incarichi, mentre il potere di decisione del CSM, significativamente definito dalla relazione illustrativa come “irrinunciabile”, è orientato alla scelta del migliore dirigente da preporre al posto da coprire, e non al conferimento del “premio alla carriera”: ai sensi dell’art. 25, comma 1, T.U. “La valutazione comparativa degli aspiranti è effettuata al fine di preporre all'ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare e, ove esistenti, a particolari profili ambientali.”.
In altre parole, nel contesto, ampio e di sistema, dei rapporti ordinamentali fra gli organi posti ai massimi vertici dello Stato e dotati di rilievo costituzionale, la preoccupazione del T.U. è quella di arginare il pericolo che la discrezionalità consiliare degradi a mera discrezionalità tecnica.
Al fine di evitare ciò, il giudizio meritocratico, che fa perno sulla maggiore idoneità del candidato al conseguimento dell’incarico direttivo, è sempre controbilanciato, in un meccanismo di complessi equilibri, con le esigenze funzionali da soddisfare, ovverossia con gli obiettivi che l’organo di autogoverno, quale garante istituzionale dell’assetto ordinamentale della magistratura e della sua indipendenza, nell’interesse della collettività intera, definisce concretamente, in stretta aderenza alle peculiari caratteristiche dell’ufficio apicale da conferire.
In questa prospettiva, non è il munus publicum a doversi attagliare al suo futuro titolare, bensì è il candidato che deve dimostrare di possedere, nell’ambito di una competizione data, il miglior profilo curriculare possibile, laddove ‘migliore’ significa “più idoneo per attitudini e merito”, e dunque più adatto rispetto alle esigenze da soddisfare, e senza che ciò si traduca in un giudizio (negativo) in termini di ‘non idoneità’, nei confronti del candidato che presenta un profilo semplicemente ‘meno pregnante’ per attitudini e merito.
23. Nello specifico, le valutazioni dei candidati aspiranti all’incarico di primo presidente della Corte di Cassazione vengono effettuate attraverso i seguenti parametri:
a) requisiti di carattere generale: l’indipendenza, imparzialità ed equilibrio del giudice sono condizioni (recte, precondizioni) che costituiscono da sempre il caposaldo e il connotato distintivo dell’attività giurisdizionale, e che debbono necessariamente essere presenti in ogni magistrato;
b) merito: investe la verifica dell’attività giudiziaria svolta ed ha lo scopo di ricostruire in maniera completa la figura professionale del magistrato (il T.U. rinvia per relationem ai parametri della capacità, laboriosità, diligenza ed impegno, così come definiti dall’art. 11, del decreto legislativo n. 160 del 2006);
c) attitudini: il T.U. affianca agli indicatori generali, disciplinati nella Sezione I, della Parte II, alcuni indicatori specifici, ai quali è dedicata la Sezione II.
24. Gli indicatori generali (artt. 7-13) costituiscono elementi oggettivi di valutazione comuni alle procedure di conferimento di tutti gli incarichi dirigenziali e riguardano le esperienze giudiziarie e quelle maturate al di fuori della giurisdizione, che hanno consentito al magistrato di sviluppare competenze organizzative, abilità direttive, anche in chiave prognostica, e conoscenze ordinamentali.
Gli indicatori specifici (artt. 15-23), invece, si differenziano in ragione della tipologia degli uffici messi a concorso, individuando, per ogni tipologia di incarico, le esperienze giudiziarie che siano espressione di una particolare idoneità a ricoprire quelle funzioni.
Per quanto rileva ai fini della causa, l’art. 21 (Indicatori specifici per gli Uffici direttivi giudicanti di legittimità) prevede che costituiscono specifici indicatori di attitudine direttiva:
a) l’adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi anche se non continuativi;
b) la partecipazione alle Sezioni Unite;
c) l’esperienza maturata all’ufficio spoglio;
d) le esperienze e le competenze organizzative maturate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza dei collegi.
Speciale rilievo è attribuito agli indicatori individuati negli articoli da 15 a 23 in relazione a ciascuna delle tipologie di ufficio (art. 26, comma 3, cit.), mentre gli indicatori di cui agli articoli da 7 a 13 sono utilizzati quali ulteriori elementi costitutivi del giudizio attitudinale (art. 26, comma 4, cit.).
Per il conferimento della dirigenza di uffici giudicanti e requirenti di legittimità assumono speciale rilievo, in posizione pariordinata tra loro, gli indicatori di cui agli articoli 21 e 22 (art. 33, T.U.).
Per il conferimento delle funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità (Presidente Aggiunto della Corte di cassazione, Presidente del Tribunale Superiore delle Acque e Procuratore Generale Aggiunto) e delle funzioni apicali giudicanti e requirenti di legittimità (Primo Presidente della Corte di cassazione e Procuratore Generale della Corte di cassazione), costituisce elemento di valutazione positiva la possibilità che l’aspirante assicuri, alla data della vacanza dell'ufficio, la permanenza nello stesso per un periodo non inferiore a due anni, salvo che ricorrano particolari circostanze ed esigenze che facciano ritenere necessario un periodo più lungo o adeguato un periodo più breve (art. 34, comma 1, T.U.); costituisce, di regola, elemento preferenziale per il conferimento delle funzioni direttive apicali di legittimità il positivo esercizio, negli ultimi quindici anni, per almeno un biennio, di funzioni direttive di legittimità nonché le significative esperienze in materia ordinamentale (art. 34, comma 2, cit.).
La valutazione comparativa delle attitudini è condotta secondo il metodo analitico (art. 26, comma1, T.U.), mentre il giudizio finale attitudinale è formulato in maniera complessiva ed unitaria, e deve essere il frutto della valutazione integrata e non meramente cumulativa degli indicatori (art. 26, comma 2, cit.).
Ciò è vero sia nel momento in cui l’Amministrazione emana per la prima volta l’atto nell’esercizio del proprio potere di amministrazione attiva, sia quando, all’esito di un giudizio di impugnazione conclusosi con l’annullamento dell’atto medesimo, riesercita il potere ad essa spettante, nei limiti della portata conformativa delle statuizioni rese.
La ratio iuris della previsione è insita nella finalità stessa del conferimento del munus publicum: il sistema si prefigge l’obiettivo di preporre all'ufficio il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare e, ove esistenti, a particolari profili ambientali (art. 25, comma 1, T.U.).
In altre parole, il sistema è costruito in maniera tale da assicurare la lettura unitaria e coordinata delle disposizioni contenute nei summenzionati artt. 25, comma 1 e 26, comma 2.
Viceversa, in nessuna parte del T.U., così come anche rispetto alla normativa di rango primario, si rinvengono elementi per sostenere che gli indicatori siano serventi (o anche solo in parte serventi), al conferimento di giusti e meritati riconoscimenti al cursus honorum del magistrato.
Il sistema delle progressioni di carriera si fonda, inoltre, sul principio relativistico del tempo: in via generale si prescinde dalla materiale durata delle esperienze.
Di regola, infatti, è rilevante la durata minima di permanenza nelle funzioni, salvo che per quelle espresse fattispecie in cui ha un rilievo il computo della complessiva, effettiva durata dell’esperienza.
Sotto questo profilo, la riforma del 2005 ha superato il principio della automaticità legata al possesso dell’anzianità, prevedendo, di regola, che:
i) l’anzianità non rileva quale parametro di valutazione ai fini del conferimento degli incarichi dirigenziali;
ii) la durata rilevante ai fini dell’indicatore, e che produce effetti come parametro di valutazione, è la durata minima prevista;
iii) la maggiore durata dell’esperienza rappresenta criterio di validazione dei requisiti delle attitudini e del merito, di cui attesta la costanza e persistenza, e perciò lo specifico valore.
La distinzione fra parametro di valutazione e criterio di validazione è decisiva ai fini della previsione contenuta nell'art. 21, lett. a), T.U., che costituisce indicatore specifico di attitudine direttiva, anche apicale, di legittimità ("l'adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi, anche se non continuativi").
L’uso dell’avverbio “almeno” denota (quale limite negativo) che la durata dell’esperienza, per essere significativa nel senso voluto dall’indicatore, e dunque per costituire specifico parametro di valutazione curriculare, non può essere inferiore a sei anni, dovendo esse, infatti, perlomeno pari. Viceversa, l’indicatore specifico non attribuisce (in positivo) un valore maggiore alle esperienze di durata più ampia.
In tal caso, la maggiore durata è valutata sulla base del criterio di validazione, ovverossia quale attestazione di costanza e persistenza e, perciò, di specifico valore.
Altre norme del T.U. sono costruite con la stessa tecnica, quali quelle contenute all’art. 24, comma 3, e all’art. 34, commi 1 e 2.
Sebbene l’applicazione delle suddette norme non rilevi direttamente ai fini della decisione, non facendosene questione sotto il profilo curriculare, esse rivestono, tuttavia, decisiva portata esegetica per chiarire l’effetto conformativo delle statuizioni rese, perché comprovano che non esistono automatismi valutativi assoluti, come anche espressamente acclarato dalla sentenza ottemperanda.
E infatti:
- l’art. 24, comma 3, prevede che “In applicazione del criterio generale di cui all’articolo 192, comma 4, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nel caso in cui la valutazione comparativa fra due o più aspiranti al medesimo incarico si concluda con giudizio di equivalenza dei rispettivi profili professionali è dato rilievo, in via meramente residuale, alla maggiore anzianità nel ruolo”;
- l’art. 34, comma 1, prevede che “Per il conferimento delle funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimità (Presidente Aggiunto della Corte di cassazione, Presidente del Tribunale Superiore delle Acque e Procuratore Generale Aggiunto) e delle funzioni apicali giudicanti e requirenti di legittimità (Primo Presidente della Corte di cassazione e Procuratore Generale della Corte di cassazione), costituisce elemento di valutazione positiva la possibilità che l’aspirante assicuri, alla data della vacanza dell'ufficio, la permanenza nello stesso per un periodo non inferiore a due anni, salvo che ricorrano particolari circostanze ed esigenze che facciano ritenere necessario un periodo più lungo o adeguato un periodo più breve”;
- l’art. 34, comma 2, prevede invece che “Costituisce, di regola, elemento preferenziale per il conferimento delle funzioni direttive apicali di legittimità il positivo esercizio, negli ultimi quindici anni, per almeno un biennio, di funzioni direttive di legittimità nonché le significative esperienze in materia ordinamentale”.
Inoltre, nel T.U. si rinvengono ulteriori esempi di norme che qualificano la durata delle esperienze come criteri di validazione anche in riferimento ad altre tipologie di uffici, tra cui: l’art. 15 (per gli uffici semidirettivi di primo grado); l’art. 16 (per gli uffici semidirettivi di secondo grado); l’art. 17 (per gli uffici direttivi giudicanti e requirenti di primo grado di piccole e medie dimensioni); e l’art. 19 (per gli per gli Uffici direttivi giudicanti e requirenti specializzati).
Le fattispecie che invece costituiscono eccezione alla suddetta regola sono espressamente previste dal T.U. Dirigenza.
Così, l'art. 27 rispetto ai criteri di valutazione degli indicatori specifici da applicare per il conferimento degli uffici semidirettivi giudicanti, che valorizza “la maggiore durata di esercizio delle funzioni nel settore specifico in cui si colloca il posto da conferire”; analogamente, l'art. 32, lett. b), per determinati uffici requirenti.
Il sistema giuridico appena decritto è conforme alla legge primaria statale, la quale prevede anch’essa un periodo minimo di permanenza nelle funzioni di legittimità, individuandolo però con un termine ancora inferiore: l’art. 12, comma 11, del decreto legislativo n. 160/2006 prevede, infatti, che “Per il conferimento delle funzioni di cui all’articolo 10, commi 14, 15 e 16, oltre agli elementi desunti attraverso le valutazioni di cui all’articolo 11, commi 3 e 5, il magistrato, alla data della vacanza del posto da coprire, deve avere svolto funzioni di legittimità per almeno quattro anni (...)”; l'art. 10, comma 16, del medesimo decreto riguarda, specificamente, l'incarico direttivo apicale).
25. La sentenza ottemperanda ha caducato la delibera impugnata per vizi della motivazione (cfr. il paragrafo 3.3.6. e i sottoparagrafi 3.3.6.1., 3.3.6.2., 3.3.6.3.), sulla premessa della vigenza del quadro giuridico appena illustrato (cfr. i paragrafi 3.3.1., 3.3.2., 3.3.3., 3.3.4.).
Dopo la pubblicazione della sentenza, non sono sopravvenute novelle.
Pertanto, è a tale cornice che occorre fare riferimento per valutare la conformità del comportamento tenuto dall’Amministrazione rispetto a quello che la medesima avrebbe dovuto tenere sulla base del decisum giurisdizionale, in quanto la regola precettiva del caso concreto si riempie di contenuto anche rispetto al precetto normativo applicato.
26. Nel procedere a questa valutazione, per maggiore chiarezza, si seguirà l’ordine espositivo contenuto nella sentenza ottemperanda, a sua volta seguito dalla nuova delibera del CSM.
27. Sull’adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi anche se non continuativi [art. 21, lettere a), T.U. Dirigenza].
Nel precedente paragrafo 14.1. sono stati illustrati i vincoli nascenti dall’annullamento della delibera in relazione al difetto di motivazione per entrambi gli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b), art. 21 cit.
In particolare, la sentenza ottemperanda ha statuito che l’Amministrazione, nel riesercitare l’azione, dovrà considerare che:
i) esiste, in fatto, un divario quantitativo-temporale sul possesso dei ridetti indicatori specifici;
ii) il divario, in sé, non ha valore assorbente e insuperabile, né implica esiti valutativi automatici e scontati;
iii) per superare il divario temporale, occorre una motivazione ragionevole ed adeguata che dia conto sia delle emergenze dei dati oggettivi, sia degli elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione.
La Sezione ritiene che la nuova delibera, nel riconfermare il giudizio di equivalenza, abbia correttamente eseguito le statuizioni conformative contenute nella sentenza ottemperanda.
Anzitutto, la delibera illustra in modo sufficientemente chiaro ed adeguato gli elementi di fatto oggetto di valutazione: il ricorrente svolge funzioni di legittimità da quasi venticinque anni, per la precisione dal 1996, inizialmente come magistrato di appello destinato alla Corte di cassazione (con autorizzazione a svolgere attività presso le Sezioni per due udienze al mese e continuando a prestare servizio al Massimario), e quindi dal 2002 quale consigliere, assegnato inizialmente alla Prima Sezione civile e poi alla Terza Sezione civile, dal 2008 anche alle Sezioni unite civili, dal 2016 con funzioni direttive inizialmente come Presidente non titolare e dal 2018 come Presidente titolare della Terza Sezione civile, con presidenze anche del collegio tributario.
Il controinteressato vanta funzioni di legittimità da quasi tredici anni, per la precisione dall’ottobre 2007, inizialmente assegnato alla Seconda Sezione penale, quindi alla Sezione lavoro, dal luglio 2010 quale componente della Sesta Sezione civile, con il ruolo dal gennaio 2014 di Coordinatore della Sottosezione lavoro, dal marzo 2014 anche alle Sezioni unite civili, dal 2016 come Presidente di Sezione, inizialmente non titolare e dal 2018 come Presidente di sezione titolare.
Sotto questo profilo, pertanto, la delibera è pienamente consapevole e rispettosa della circostanza di fatto, acclarata dalla sentenza ottemperanda, che esiste un effettivo divario temporale fra le esperienze dei candidati nelle funzioni di legittimità.
Tuttavia, come ancora acclarato dalla sentenza ottemperanda, il divario temporale, in sé, non ha valore assorbente e insuperabile, né implica esiti valutativi automatici e scontati.
Questa circostanza è stata espressamente valutata dalla nuova delibera, che ha infatti appropriatamente richiamato il quadro giuridico ritraibile dal T.U. Dirigenza, come illustrato nel precedente paragrafo.
La nuova delibera ne ha tratto, di conseguenza, una considerazione logica e ragionevole, e cioè che “non si può non evidenziare come entrambi i candidati svolgono eccellentemente funzioni di legittimità da un periodo ben superiore ai sei anni previsti dalla richiamata disposizione e quindi sono egualmente in possesso dell'indicatore specifico.”.
Ciò significa che, essendo entrambi i candidati nel pieno possesso del medesimo indicatore specifico, la maggiore permanenza nelle funzioni di legittimità non può essere oggetto di valutazione ai sensi dell’indicatore specifico, ma soltanto, al limite, quale criterio di validazione, di per sé solo non attributivo di una maggiore pregnanza di giudizio.
Inoltre, la nuova delibera motiva in modo convincente anche in ordine alla effettiva natura delle funzioni, o perlomeno della loro valenza, in riferimento ad un periodo di tempo delimitato, e precisamente dal 1996 al 2002, durante il quale il ricorrente ha svolto sì funzioni di legittimità, ma come magistrato di appello applicato alle sezioni per due udienze al mese, in quanto il medesimo svolgeva contemporaneamente anche l'attività (di merito) presso l'ufficio del Massimario. Ciò significa che, per sei anni, le funzioni di legittimità sono state svolte dal magistrato solo quale applicato, e non in via esclusiva, venendo quindi in rilievo per tale periodo un'esperienza con un livello di professionalità inferiore a quello dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali di legittimità, e quindi complessivamente meno pregnante rispetto alla stessa esperienza sviluppata dal medesimo magistrato come consigliere della Corte di Cassazione dal 2002.
La delibera motiva, inoltre, in maniera del tutto convincente, in ordine alle caratteristiche che contraddistinguono la professionalità del controinteressato in termini di assoluta eccellenza rispetto alle esigenze funzionali dell’ufficio da conferire.
Più in particolare, assumono un decisivo rilievo l'eccellente preparazione tecnico professionale, sia nel campo del diritto sostanziale, sia in quello processuale; la particolare propensione allo studio e all'approfondimento scientifico, comprovato anche dalla notevole quantità di sentenze pubblicate sulle riviste scientifiche.
Inoltre, dopo la nomina a Presidente di Sezione, il controinteressato ha redatto sentenze di grande rilievo sistematico e nomofilattico, e durante l’anno 2019 ha svolto in più occasioni le funzioni di Presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente, sottoscrivendo in tale qualità numerose sentenze delle Sezioni unite civili.
Rilevano, inoltre, le modalità, la tempistica e la varietà delle funzioni di legittimità svolte: assegnato inizialmente alla Seconda Sezione penale, ove ha prestato servizio per oltre un anno, ha trattato procedimenti di particolare complessità, redigendo numerose sentenze relative a maxi processi di mafia, camorra e ‘ndrangheta. Trasferito poi alla Sezione lavoro, anche in tali funzioni il controinteressato ha dimostrato un'eccellente professionalità, come dimostrato dal conferimento dopo solo sei anni (nel gennaio 2014) del ruolo di Coordinatore della sottosezione lavoro della sesta sezione civile, ove ha rivelato un'efficienza provata dai dati statistici. Inoltre, proprio in considerazione dell'eccellente professionalità dimostrata nelle funzioni di legittimità, il dott. -(omissis)-, sempre nel 2014, e quindi dopo sei anni di funzioni di legittimità nel settore civile, è stato nominato componente delle Sezioni Unite civili. Sul punto, la nuova delibera approfondisce la motivazione e rileva come la nomina a componente delle Sezioni Unite avviene all'esito di una procedura concorsuale nella quale assume rilievo l'attitudine, ossia la capacità dimostrata proprio nell'esercizio delle funzioni di legittimità.
Ulteriormente, la delibera motiva come il livello di assoluta eccellenza dimostrato dal controinteressato nelle funzioni di legittimità sia attestato dalla sua nomina a Presidente di Sezione della Corte di Cassazione nel 2016, dopo soli nove anni di esperienza nella legittimità, venendo poi nel 2018 nominato Presidente titolare della Sesta sezione civile e nel marzo 2020 Presidente titolare della Sezione lavoro. Inoltre, motiva in ordine al fatto che, in veste di Presidente di sezione, ha partecipato alla Sezioni unite non solo come Presidente titolare, ma anche come Presidente non titolare.
La Sezione ritiene, in definitiva, che la delibera abbia adeguatamente e sufficientemente motivato le ragioni circa l’eccellente sviluppo della carriera nelle funzioni di legittimità, anche particolarmente rapido nelle sue tappe, il che conferma la completa padronanza delle funzioni di legittimità nella sua massima intensità possibile, tale da non potersi ipotizzare alcun ulteriore arricchimento determinato da un ulteriore decorso del tempo.
In altre parole, quando è dimostrata, come nel caso di specie, l’assoluta padronanza delle funzioni di legittimità del controinteressato, si deve escludere che “la minore durata delle funzioni di legittimità svolte corrisponda ad una minore padronanza delle funzioni” (Consiglio di Stato, sentenza n. 913 del 2021), sia in considerazione del fatto che ai fini della valutazione secondo l’indicatore specifico ciò che conta è la maturazione del periodo minimo di permanenza nelle funzioni pari ad almeno sei anni; sia perché l’esperienza maturata oltre questo periodo può essere considerata solo ai fini di validazione del mantenimento della padronanza delle funzioni; sia perché, ad opinare diversamente, si correrebbe il rischio di creare una presunzione assoluta, non prevista dalla legge e in opposizione al chiaro quadro normativo di riferimento sopra delineato, che il mero decorso del tempo determini ex sé un giudizio di maggiore pregnanza nell’indicatore specifico, indirettamente vincolando l’azione amministrativa a non potere esprimere giudizi (di puro merito amministrativo) circa la particolare eccellenza di un profilo professionale rispetto a quello di un altro candidato, pure anch’esso indubbiamente eccellente.
In quest’ottica, però, il focus dell’atto del conferimento della nomina si sposterebbe sull’interesse particolare del singolo ad ottenere il riconoscimento della carriera certamente meritoriamente svolta, piuttosto che sull’interesse pubblico generale ad individuare, tra tutti gli eccellenti profili a disposizione, quello che maggiormente appare, nell’ambito di una competizione data, il profilo che meglio può sintetizzare e rappresentare le esigenze funzionali dell’ufficio da conferire (art. 25, comma 1, T.U. Dirigenza).
Infine, la delibera motiva in modo completo, esaustivo e convincente, anche sulle ragioni per le quali l’eccellenza del profilo curriculare del controinteressato lo rende particolarmente idoneo rispetto alle esigenze funzionali dell’incarico da conferire.
In particolare, sotto il profilo della completezza della esperienza di legittimità, è decisivo che il ricorrente abbia sempre svolto funzioni nel solo settore civile, mentre il controinteressato, per oltre un anno, è stato assegnato anche al settore penale, ove ha redatto numerose sentenze relative a maxi processi di mafia, camorra e ‘ndrangheta (la sentenza sul clan -(omissis)-di Napoli del 26 novembre 2008; varie sentenze sulle cosche calabresi e, fra queste, le sentenze a carico di esponenti del clan -(omissis)- del 6 maggio 2008, del clan -(omissis)-del 3 luglio 2008, dei fratelli -(omissis)-nonché di -(omissis)-più altri associati, relative alla responsabilità per l’omicidio del dottor -(omissis)-, vice presidente del Consiglio regionale calabrese).
È indubbio e dimostrato per tabulas che l'esperienza nelle funzioni penali sviluppata in questo periodo sia stata particolarmente significativa.
Nell’approfondire la motivazione, la nuova delibera spiega adeguatamente, fra l’altro, il perché la considerazione dell’esperienza nel settore penale sia così significativa ai fini del conferimento dell’incarico, ovverossia che, considerato il ruolo del Primo Presidente, quale vertice apicale al massimo grado di direzione della Corte di cassazione nel suo complesso, e quindi sia in relazione al settore civile (comprensivo del settore lavoro, ove il controinteressato è pure stato impiegato), sia a quello penale, lo sviluppo delle esperienze in entrambi i settori appare significativo proprio ai fini dell'acquisizione della piena consapevolezza delle funzioni da dirigere nelle sue diverse articolazioni.
28. Sulla partecipazione alle Sezioni Unite [art. 21, lettera b), T.U. Dirigenza].
Nel precedente paragrafo 14.1. sono stati illustrati i vincoli nascenti dall’annullamento della delibera in relazione al difetto di motivazione per entrambi gli indicatori specifici di cui alle lettere a) e b), art. 21 cit.
In particolare, la sentenza ottemperanda ha statuito che l’Amministrazione, nel riesercitare l’azione, dovrà considerare che:
i) esiste, in fatto, un divario quantitativo-temporale sul possesso dei ridetti indicatori specifici;
ii) il divario, in sé, non ha valore assorbente e insuperabile, né implica esiti valutativi automatici e scontati;
iii) per superare il divario temporale, occorre una motivazione ragionevole ed adeguata che dia conto sia delle emergenze dei dati oggettivi, sia degli elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione.
La Sezione ritiene che la nuova delibera, nel riconfermare il giudizio di equivalenza anche sull’indicatore b), abbia correttamente eseguito le statuizioni conformative contenute nella sentenza ottemperanda.
Anche in questo caso, la delibera ripercorre le esperienze professionali dei candidati, illustrando in modo sufficientemente chiaro ed adeguato gli elementi di fatto oggetto di valutazione.
In particolare, la delibera motiva che il ricorrente è stato componente delle Sezioni unite civili quale consigliere per circa otto anni (dal 2008 al 2016) e dal marzo 2018 ne fa di nuovo parte come Presidente titolare della Terza Sezione civile, presiedendo numerose volte il collegio (quale facente funzioni del Primo Presidente), vantando quindi complessivamente un periodo di dieci anni di Sezioni Unite.
Il controinteressato vanta un periodo di circa cinque anni di Sezioni Unite, dal marzo 2014 al settembre 2016 quale consigliere, dal novembre 2017 quale Presidente di sezione, prima non titolare e poi dal gennaio 2018 quale Presidente titolare della Sesta sezione civile, presiedendo in più occasioni le funzioni di Presidente facente funzioni su delega del Primo Presidente.
Il divario temporale non ha comportato, tuttavia, nemmeno in questo caso, una maggiore pregnanza del profilo professionale del ricorrente rispetto a quello del concorrente, a maggior ragione per questo tipo di indicatore specifico, che prescinde del tutto dalla fissazione di un periodo di durata minima.
Ciò significa che la pregnanza, o maggiore pregnanza, di un profilo rispetto ad un altro debbono essere ricercate nell'esperienza maturata nella specifica funzione.
Nel caso di specie, la nuova delibera ha motivato in maniera soddisfacente, adeguata e congruente le ragioni che conducono a giudicare il profilo del controinteressato in senso eccellente, portandolo così ad ottenere un giudizio di equivalenza con il ricorrente, e cioè che il controinteressato, dopo due anni e mezzo di partecipazione alle Sezioni Unite quale consigliere, è stato nominato Presidente di Sezione, proprio valutando l'esperienza sviluppata nelle Sezioni Unite.
Inoltre, il controinteressato, dopo la nomina a Presidente di Sezione, ha partecipato alle Sezioni Unite inizialmente dal novembre 2017 quale Presidente non titolare, e quindi dal gennaio 2018 quale Presidente titolare.
A questo specifico proposito, la delibera spiega, approfondendo la motivazione, che mentre tutti i Presidenti titolari compongono di diritto le Sezioni Unite, i semplici consiglieri cessano dall'appartenenza alle sezioni unite una volta nominati presidenti di sezione, potendone far parte come presidenti non titolari solo a seguito di interpello.
Sulla base di queste specifiche circostanze di fatto, la delibera trae poi delle considerazioni ulteriori, e cioè che il controinteressato, proprio a dimostrazione dell'eccellente professionalità dimostrata alle Sezioni Unite, è stato nominato componente delle Sezioni Unite anche come Presidente non titolare, mentre il ricorrente vanta l'esperienza di partecipazione alle Sezioni Unite unicamente in qualità di Presidente titolare, la cui partecipazione è assicurata di diritto, e quindi senza una specifica valutazione dedicata.
La Sezione ritiene, in definitiva, che la delibera, rivalutando i medesimi fatti, abbia questa volta fatto trasparire, in modo adeguato e compiuto, il ragionamento logico giuridico idoneo a supportare la conclusione che il livello di eccellenza dell'esperienza maturata dal controinteressato alle Sezioni Unite, pur nel più breve arco temporale, sia valsa a fargli conquistare la sicura acquisizione della padronanza nella funzione nomofilattica, non suscettibile di ulteriori arricchimenti determinati dal decorso del tempo.
29. Sull’esperienza maturata all’ufficio spoglio [art. 21, lettera c), T.U. Dirigenza].
Nel paragrafo 14.2. sono stati illustrati i vincoli conformativi per la futura riedizione del potere, e cioè che:
i) ai fini dell’indicatore specifico, lo spoglio rileva non come funzione, ma come attività;
ii) l’espletamento dell’attività prevale rispetto alla formale assegnazione ad un’unità organizzativa a ciò appositamente deputata;
iii) occorre una motivazione ragionevole ed adeguata che dia conto sia delle emergenze dei dati oggettivi, sia degli elementi idonei a sostenere un giudizio di diversa “pregnanza” delle esperienze in comparazione.
La Sezione ritiene che la nuova delibera abbia dato corretta esecuzione al decisum anche sotto questo profilo.
In particolare, la delibera parte da una specifica premessa di fatto, ossia che le tabelle della Cassazione relativamente al settore civile, essendo entrambi i candidati civilisti, prevedono uno spoglio preliminare effettuato dalla Sesta sezione civile (la cd. Sezione filtro) e uno spoglio sezionale. In particolare, alla sezione sesta, articolata in cinque sottosezioni, è demandata la verifica preliminare prevista dall'art. 376, primo comma, c.p.c.: tutti i ricorsi aventi ad oggetto materie non rientranti nelle competenze delle sezioni unite sono demandati a tale sezioni, che vengono quindi trasmessi ai coordinatori delle sottosezioni che provvedono a trasmetterli ai consiglieri delle sottosezioni; i consiglieri procedono quindi al sommario esame dei fascicoli, all'esito del quale, se ravvisano un’ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o fondatezza del ricorso, redigono la proposta di cui all’art. 380 bis c.p.c., strutturata secondo il modello predisposto dal presidente della sezione, ovvero provvedono alla rimessione alla sezione semplice. Ulteriormente, una volta trasmessi i ricorsi alle singole sezioni, questi sono esaminati dall’ufficio spoglio sezionale, che pone in essere un'attività costituita dalla selezione dei fascicoli, secondo una metodologia (per materia, data di iscrizione, ecc.) individuata dal Presidente titolare, previa consultazione del coordinatore, fermi restando lo spoglio diacronico e la priorità dello spoglio degli affari più risalenti, finalizzata alla selezione alla formazione di ruoli di udienza omogenei, alla individuazione del contenzioso seriale, di possibili accorpamenti, di questioni con soluzioni giurisprudenziali non univoche, provvedendo anche all'attribuzione di un valore ponderale ai ricorsi.
Pertanto, per quanto attiene al settore civile, lo spoglio presso il Supremo Collegio ha una duplice portata, quale spoglio preliminare alla VI sezione civile e quale spoglio sezionale, comportando in entrambi i casi un'attività complessa di esame dei fascicoli e di loro valutazione e ragionata selezione, sia rispetto alla Sesta sezione, ai fini della valutazione dell'inammissibilità o manifesta infondatezza o fondatezza dei ricorsi, sia rispetto alle singole sezioni, per l'attribuzione del peso ponderale e la formazione dei ruoli.
Storicamente, la Sezione sesta è stata introdotta con la legge n. 69/2009, mentre in precedenza presso la Corte di Cassazione era stata creata una struttura centralizzata per l'esame preliminare dei ricorsi. La delibera motiva che il controinteressato ha iniziato l’attività di spoglio dei ricorsi nel 2009, quale componente della "Struttura centralizzata" per lo spoglio dei processi civili, e tale attività è proseguita ininterrottamente dal luglio 2010 quale componente della Sesta Sezione civili, con funzioni, dal gennaio 2014, di Coordinatore della Sottosezione Lavoro; dal gennaio 2018 al marzo 2020 è stato Presidente titolare della Sesta sezione civile.
Il ricorrente, al quale pure si riconosce il merito di avere concorso alla ideazione della Sesta sezione civile e di essere stato inserito nel gruppo di lavoro per l'attuazione del nuovo rito camerale, presso la Corte di cassazione quale presidente non titolare, ha soltanto coadiuvato il Presidente titolare nella formazione dei ruoli di udienza in funzione dello spoglio.
Al ricorrente si riconosce, inoltre, che durante il periodo del Massimario, ha svolto un’attività di redazione di una relazione per ognuno dei ricorsi da trattare per le tre sezioni civili cosiddette generaliste, e poi esclusivamente al servizio della Prima sezione civile e alla redazione di relazioni per le Sezioni Unite in ipotesi di contrasto di giurisprudenza (cd. fogliettazione).
La delibera spiega le ragioni per le quali l’attività di fogliettazione sia accostabile alla funzione di spoglio, senza tuttavia identificarsi con essa, e ciò sul piano materiale e contenutistico, a prescindere dunque dalla formale assegnazione ad una struttura organizzativa.
L'attività di fogliettazione si caratterizza per un’attività di preparazione di una relazione dei ricorsi e, quindi, si sostanzia in un'attività meramente di studio e preparatoria della decisione, senza tuttavia dare vita a quell'ulteriore attività di natura valutativa e di selezione dei ricorsi, ai fini delle pronunce di inammissibilità o manifesta fondatezza o infondatezza e della formazione dei ruoli, che caratterizza lo spoglio in senso tecnico.
Inoltre, la delibera illustra le motivazioni che portano ad escludere che le esperienze maturate dal ricorrente nell’organizzazione dell’ufficio in attuazione dell’art. 375 c.p.c., nella ideazione delle ‘strutture filtro’ che hanno poi condotto all’istituzione della Sesta Sezione Civile, e nell’introduzione, già quando era presidente non titolare della Sezione terza, dei nuovi criteri di formazione dei ruoli di udienza, si sostanzino nel materiale svolgimento di attività di ‘spoglio’.
In particolare, la delibera spiega, con motivazione logica e ragionevole, che le suddette attività rivestono una certa valenza attitudinale sotto il diverso profilo delle capacità organizzative, ma nella sostanza, a prescindere dalla formale assegnazione ad una struttura organizzativa, sono recessive rispetto alle attività materiali svolte dal controinteressato dal 2009 prima come componente della "Struttura centralizzata" per lo spoglio dei processi civili, poi quale componente della Sesta Sezione civili, con funzioni di Coordinatore della Sottosezione Lavoro, e quindi come Presidente Titolare della Sesta sezione civile.
30. Sulle esperienze e le competenze organizzative maturate nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza di collegi [art. 21, lettera d), T.U. Dirigenza].
Nel paragrafo 14.3. sono state illustrate, alfine, le regole conformative per la riedizione del potere in relazione all’ultimo indicatore specifico.
Più in particolare, la sentenza di cognizione ha stabilito che:
i) non è consentito prediligere, staticamente ed in termini aprioristici, una Sezione dell’ufficio rispetto alle altre;
ii) è consentito, invece, motivare circa la struttura, funzione e le caratteristiche oggettive dell’attività svolta presso le diverse Sezioni che compongono l’ufficio;
iii) la motivazione adeguata a sorreggere il giudizio di prevalenza è quella che ha natura ‘relazionale’, ovverossia quella che effettua la sintesi della comparazione fra le attività materialmente svolte presso le Sezioni dell’ufficio, senza cioè che si possa predicare una astratta e precostituita superiorità di un’articolazione funzionale rispetto alle altre, che sono dunque tutte pariordinate.
La Sezione ritiene che la nuova delibera abbia svolto una motivazione compiuta, adeguata e congruente delle ragioni idonee ad escludere anche il solo dubbio, che venga accordata una preferenza precostituita all’esperienza maturata presso una specifica Sezione dell’ufficio, in specie, la Sesta Sezione civile, in assenza di criteri predeterminati in tal senso dal Testo Unico Dirigenza.
Più in particolare, la delibera ha illustrato la circostanza che entrambi i candidati svolgono il ruolo di Presidente di sezione dal 2016 e di Presidente titolare dal 2018: il ricorrente è titolare della Terza Sezione civile e, in tale ruolo, si è distinto per avere introdotto una nuova prassi organizzativa nella formazione dei ruoli di udienza, definita "metodo progettuale", la quale ha portato al raggiungimento del miglior risultato tra le sezioni civili in termini di produttività e di indice di ricambio. Nel profilo del controinteressato vi è la titolarità di due Sezioni, la Sesta sezione civile e, più di recente, la Sezione lavoro. Nella Sezione Sesta civile, il controinteressato si è distinto per l'eccellente capacità di direzione della Sezione filtro, distinguendosi per la capacità di elaborare e adottare moduli organizzativi mirati, i quali hanno ottimizzato la struttura, sia per quanto riguarda l'attività dei magistrati, sia per il funzionamento dei servizi amministrativi, così aumentando sensibilmente la produttività della sezione e diminuendo, al contempo, la durata media dei procedimenti. I risultati – prosegue a chiarire la delibera - sono stati raggiunti grazie alla valorizzazione dei contributi individuali (sia dei magistrati, sia del personale amministrativo) e alla verifica costante dell'andamento complessivo delle attività della Sezione nei rapporti con le altre Sezioni della Corte.
Più nel dettaglio, la Sezione Filtro diretta dal controinteressato è composta da cinque sottosezioni corrispondenti alle sezioni ordinarie, da cinque Presidenti di sezione non titolari, da circa 70 consiglieri e da una cancelleria di 30 persone, che ogni anno riceve e tratta circa 35.000 ricorsi in tutte le materie civili, compreso il tributario, smistandoli alle sezioni ordinarie previa valutazione della loro ammissibilità. Si tratta, dunque, di una struttura di una significativa complessità organizzativa, composta da sottosezioni corrispondenti a tutte le sezioni civili della Corte, che implica l’organizzazione del lavoro di cinque presidenti non titolari, un numero rilevante di magistrati (settanta), oltre che di un numero considerevole di personale amministrativo.
L'attività è particolarmente composita anche nell'organizzazione dei magistrati, considerando che alcuni componenti sono assegnati in via esclusiva a tale sezione, altri sono coassegnati, e si proietta anche verso il necessario raccordo e coordinamento con tutte le Sezioni ordinarie.
La gestione riguarda un flusso imponente di ricorsi, pari a tutti quelli del settore civile.
Il ruolo strategico della Sesta sezione richiede moduli organizzativi particolarmente mirati per accelerare i tempi di esame dei ricorsi.
Del tutto peculiare e professionalizzante, dunque, è il ruolo di coordinamento generale che il Presidente della sesta deve garantire in relazione all'intero settore civile.
La Terza sezione civile è composta, invece, da circa trenta consiglieri, oltre che quattro presidenti di sezione non titolari. Riceve i ricorsi dopo il vaglio preliminare della Sesta sezione civile. Sotto il profilo del coordinamento organizzativo con le altre sezioni, i rapporti da gestire sono più semplici.
Il quadro motivazionale così esposto chiarisce definitivamente, secondo la Sezione, che la prevalenza nell’indicatore specifico in parola non è stata derivata dalla titolarità formale di una determinata Sezione, in specie, la Sesta, ma dalle concrete modalità di lavoro - organizzative e gestorie, nei rapporti sia con i magistrati, sia col personale amministrativo - con cui il controinteressato ha interpretato la specifica funzione, circostanza, questa, tutt’altro che scontata.
Se, infatti, si considera nel dettaglio la struttura organizzativa e funzionale delle Sezioni che compongono la Corte, come sopra meglio illustrato, il dubbio che sorge è, invece, esattamente l’opposto rispetto a quello prospettato dal ricorrente, e cioè che il presiedere una certa Sezione possa significare di trovarsi a sostenere sforzi e prove organizzative che non è detto che vengano superate, o che vengano superate in modo eccellente, potendosi così astrattamente mettere a repentaglio valutazioni di pregnanza nel profilo, che altrimenti potrebbero essere più agevolmente conquistate e fatte valere nell’ambito di una ipotetica candidatura, non preventivabile all’inizio di carriera, per una competizione data, all’epoca non conosciuta.
In questo senso, il raffronto fra Sezioni operato dalla delibera rappresenta soltanto una modalità espressiva sintetica per descrivere una determinata realtà di fatto, ma dalla quale vanno poi tratti giudizi e considerazioni autonomi, tarati sullo specifico profilo professionale dimostrato dal magistrato, alla prova pratica dei fatti.
Del resto, al di fuori di un’espressa previsione legislativa o di un atto di auto-vincolo amministrativo, quale è il T.U. Dirigenza, non si può affermare, in generale e in astratto, la prevalenza o la preponderanza di una certa Sezione rispetto alle altre, essendo, tutte, pariordinate fra di loro.
Piuttosto, il giudizio sulla pregnanza nel possesso dell’indicatore specifico si atteggia rispetto ad una competizione data, che è necessariamente una vicenda sempre singolare e caratterizzata da elementi di fatto irripetibili, posti in un raffronto particolare e soggettivo, in quanto tale non generalizzabile.
In questa specifica competizione, l’eccellenza delle capacità organizzative dimostrate dal controinteressato sono attestate da circostanze fattuali non controvertibili, e dunque pienamente affidabili.
In particolare, la delibera sottolinea come il Primo Presidente, nel “Programma di gestione dei procedimenti civili” del 7 gennaio 2019, abbia dato atto che la Sesta sezione civile, nel corso del 2018, ha incrementato la sua produttività giungendo, cosa mai accaduta negli anni precedenti, a definire il 40% dei ricorsi civili che sono giunti in Corte.
Il Consiglio direttivo, a sua volta, ha affermato, con riferimento ai dati del 2018, come la Sesta Sezione Civile abbia fatto registrare risultati ancora migliori di quelli dell’anno precedente.
Nella relazione dell’Ufficio statistico della Corte depositata l’8 gennaio 2020, si è invece atto che negli anni 2018 e 2019 la durata media dei procedimenti definiti in Sesta sezione civile si è progressivamente ridotta: nel giro di due anni, sotto la direzione del controinteressato, la riduzione è stata di quasi 4 mesi, passando da 20 a 16 mesi, con una riduzione quindi del 20%. E tutto ciò, nonostante che le sopravvenienze siano notevolmente aumentate, passando dalle 28.796 del 2017, alle 36.819 del 2018, alle 37.666 del 2019, e nonostante che la Sesta sezione abbia perso in questi anni il contributo per la composizione dei collegi dei magistrati del Massimario in precedenza applicati, spostati alla V Sezione civile (Tributaria).
Inoltre, la delibera evidenzia le capacità organizzative del controinteressato sotto il profilo dell’approntamento delle prime misure organizzative resesi necessarie a seguito della emergenza sanitaria, circostanza, questa, che ha coinciso con l’assunzione della titolarità della presidenza della Sezione lavoro.
In ultimo, occorre considerare che la delibera, sotto il profilo della varietà e completezza, aggiunge anche altri dettagli rilevanti, e cioè che il controinteressato, a differenza del ricorrente, ha diretto due sezioni della Corte, inizialmente la Sesta sezione e, dal marzo 2020, la Sezione Lavoro, vantando quindi complessivamente un'esperienza organizzativa più completa, essendosi di necessità confrontato con due strutture organizzative significativamente diverse; inoltre, che il controinteressato, già prima di essere nominato Presidente di Sezione, ha sviluppato significative competenze organizzative, venendo nel gennaio 2014 nominato come coordinatore della sottosezione lavoro della Sesta sezione civile; infine, che, se entrambi i candidati vantano importanti esperienze nel settore informatico, solo il controinteressato ha ricoperto presso l'ufficio di legittimità il ruolo di responsabile per l'informatica, incaricato di curare il lavoro di informatizzazione denominato "La scrivania del giudice".
In definitiva, anche alla luce di questi ultimi elementi, occorre senza dubbio concludere che il giudizio di prevalenza non è stato motivato sulla base della mera circostanza fattuale della presidenza di una determinata Sezione, bensì sulla base di un ragionamento logico, razionale e ponderato, di maggiore significativa esperienza e rilevanza dell’attività professionale svolta dal controinteressato.
31. La reiezione dell’impugnativa avverso la delibera adottata dal Plenum del CSM comporta la reiezione anche delle censure prospettate avverso la proposta formulata dalla Quinta Commissione, in quanto atto logicamente e giuridicamente presupposto.
32. Vanno pure respinte le censure articolate avverso l’atto di concerto del Ministro, sia in ragione della natura giuridica e del contenuto sostanziale dell’atto, che ha espresso il concerto in senso pienamente rinnovatorio dell’intero percorso logico-argomentativo seguito dalla nuova delibera, sia in considerazione della univoca giurisprudenza costituzionale in materia, secondo cui “Al di fuori delle … fattispecie radicalmente ostative all'ulteriore corso del procedimento, il Ministro della giustizia non ha un generale potere di sindacato intrinseco, né tanto meno di riesame, sul contenuto degli apprezzamenti e scelte discrezionali operate dal Consiglio superiore della magistratura rispetto a valutazioni attribuite alla definitiva deliberazione del Consiglio stesso”, in conformità con i principi ricavabili dagli artt. 105 e 110 della Costituzione (Corte costituzionale, 30 dicembre 2003, n. 380).
33. In definitiva, alla luce delle considerazioni che si sono illustrate, il ricorso va respinto.
34. La complessità delle questioni trattate rappresenta un giustificato motivo per compensare integralmente le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Settima, definitivamente pronunciando sul ricorso per ottemperanza n. 1592 del 2022, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.